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Autore: Trick    19/06/2012    4 recensioni
"«Sei il Prefetto di Hogwarts, Remus» le spiegò Lily con un sorriso, camminando verso di lui e stringendogli con salda gentilezza la mano. «Di nuovo».
«No, Lily» ribadì con decisione lui. «Io non posso morire».
«Lo so. Lo abbiamo creduto tutti».
"
(Remus Lupin/Lily Evans).
Un'antologia di fan fiction che copre ogni ship fanon o canon della Vecchia Generazione.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Remus Lupin
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Questa storia stava marcendo nel mio hard-disk dall'anno scorso, temo. Temo anche fosse un residuo della fantastica prima edizione di I ♥ Shipping di CoS e ora che l'ho ritrovata mi dispiace un sacco non averla terminata per tempo. È sempre colpa della vita sociale da quest'altra parte dello schermo. Mi pareva fosse una sfida tristemente non portata a termine, ma non ricordo né di chi né quali fossero gli obblighi, mi dispiace tantissimo.
Tant'è che questo è ciò che brucava nella zona abbandonata dei miei documenti, mi sono sentita in colpa ed eccola qui. Con questa salgo a quota -140 altre ship da coprire. Ce la posso fare... eh, beh.


Racconti di sabbia
Fan fiction perdute nel tempo
*

Scacco matto
Remus Lupin/Lily Evans



L'eco sordo dei passi di Remus pareva risuonare all'interno di quelle pareti cupe come una marcia funebre. Camminava lentamente con quel suo incedere calmo un po' tutto suo e le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni, scrutando curiosamente le centinaia di sfere luminescenti riposte sugli alti scaffali. Ne stava cercando una, ne era certo, ma in quel momento non riusciva a ricordare quale.
Non ricordava nemmeno quando e perché fosse entrato nell'Ufficio Misteri.
Un'altra volta.
«Remus?».
Rimase impietrito. Sebbene fossero anni – secoli – che non sentiva il suono di quella voce, l'avrebbe riconosciuta fra centinaia di altre donne: tuttavia, non era possibile. Lei non poteva essere lì, alle sue spalle, all'interno dell'Ufficio Misteri... lei sarebbe dovuta essere a Godric's Hollow, sotto tre metri di terra.
Si voltò con profonda cautela e trattenne il fiato. Lily Evans era proprio lì, davanti a lui, con i capelli ramati raccolti in una treccia e la spilla da Prefetto bene in vista sulla sua divisa di Hogwarts. Quando lo vide, i suoi begli occhi verdi parvero incupirsi.
«Mi dispiace, Remus» gli disse con un sorriso mesto.
Inizialmente, Remus non riuscì a capire per quale motivo Lily dovesse dispiacersi per lui. Non capiva nemmeno perché lei fosse lì, né come fosse possibile che lui si trovasse all'interno di quel dannato Ufficio, quando pochi istanti prima era a Hogwarts a combattere.
La rivelazione lo colpì come una doccia gelida, mentre una miriade di immagini fluttuavano vorticose davanti ai suoi occhi. Hogwarts, i Mangiamorte, la Torre Nord, le Acromantule, il duello con Dolohov... Dolohov.
«Buon Godric...» mormorò fra sé. «Sono morto».
Lily annuì una volta soltanto. Stava per aggiungere qualcosa, quando Remus fu travolto dall'agghiacciante consapevolezza che non sarebbe tornato a casa, quella notte. Portò le mani al volto e premette con forza le palpebre, tentando di ricacciare indietro qualunque mostro stesse risalendo la sua gola. Tonks lo aveva supplicato di tornare con il loro bambino stretto fra le braccia. Aveva appoggiato la fronte al suo petto, irrigidita in un pianto silenzioso e fiero e lui le aveva giurato che sarebbe tornato da lei, in un modo o nell'altro e a qualunque costo.
Ed ora era morto.
Fu in quel momento che lo sguardo gli ricadde casualmente sulle proprie mani. Le sollevò davanti al volto, studiandole con aria turbata. Fissò entrambi i dorsi, i palmi e ogni singolo dito, senza riuscire a credere che quelle mani lisce e bianche appartenessero proprio a lui. Ne portò al volto una e si sfiorò titubante la mandibola: non aveva un solo filo di barba. Si toccò il naso, la bocca, la fronte e più cercava di visualizzare nella mente il proprio aspetto, più si rendeva conto di non essere più lui.
«Sei il Prefetto di Hogwarts, Remus» le spiegò Lily con un sorriso, camminando verso di lui e stringendogli con salda gentilezza la mano. «Di nuovo».
«No, Lily» ribadì con decisione lui. «Io non posso morire».
«Lo so. Lo abbiamo creduto tutti» rispose lei. «Andiamo, Remus. Ci stanno aspettando».
Lui non si mosse di un centimetro.
«Perché tu?» domandò a bruciapelo. «Perché sei venuta proprio tu, perché io ho ancora quindici anni? Perché non ci sono James e Sirius, qui?».
Lily parve ferita dalle sue domande. Assottigliò minacciosamente gli occhi e lo fissò con un moto di improvviso astio.
«Sai perfettamente il perché, Remus. D'altronde, sei sempre stato tu, il Malandrino intelligente».
Remus fece una smorfia nauseata.
«Sono passati anni, ormai, Lily...».
«Non qui. Non in questo posto. Qui il tempo non esiste più».
«Cosa ti aspetti che faccia, quindi? Devo prenderti per mano e trotterellarti dietro come se fossimo davvero due adolescenti? Devo chiederti di venire a Hogsmeade con me e fare a botte con Prongs? Devo--».
«Devi chiudere la partita. Con me, ora».
Lily alzò l'indice e indicò un punto alle spalle di Remus. Lui si girò e sul suo viso comparve un'espressione imperscrutabile. Davanti ai suoi occhi, in chissà quale momento, erano comparse due belle poltrone rosse che appartenevano alla sala comune di Grifondoro: Remus non avrebbe potuto non riconoscerle. Fra loro, c'era un piccolo treppiedi di mogano e una scacchiera dall'aspetto malandato.
Lily si avvicinò a passo sicuro e si lasciò sprofondare su una delle due poltrone.
«Ricordi, Remus? Era maggio e quella sera pioveva».
Remus si avvicinò senza nemmeno rendersene conto e prese posto davanti a lei. Da qualche parte, in lontananza, gli pareva di sentire il tintinnante rumore della pioggia che sbatteva contro i finestroni della sala grande. Eppure, erano ancora lì, nell'Ufficio Misteri, circondati da profezie e polvere vecchie di secoli.
«Non finimmo mai questa partita» continuò Lily, fissando pensierosa i pezzi della scacchiera. «Ricordi? Sirius fece esplodere una decina di Fuochi d'Artificio Freddi davanti alla porta del dormitorio delle ragazze».
Remus sorrise teneramente.
«Quell'idiota... sperava che Mary MacDonald sarebbe scesa in mutandine» commentò con una risatina rassegnata, scuotendo appena il capo. «Alfiere in C7».
Lily ridacchiò candidamente.
«Ci vollero ore prima di riuscire a spegnere il fuoco che aveva appiccato al cappello di Sturgis. Cavallo in E3».
«E delle mutandine di Mary MacDonald non vi fu nessuna traccia» terminò con tono nostalgico Remus. «Mi manca il tempo in cui bastavano un paio di Fuochi d'Artificio a strapparci una risata. Gli anni in cui nessuno aveva ancora realizzato quanto grande realmente fosse la minaccia di Lord Voldemort. Gli anni in cui eravamo tutti insieme, e il mondo ci sembrava tanto più piccolo di noi».
Lei lo fissò senza aggiungere una parola. Remus continuò a scrutare le caselle bianche e nere della scacchiera, nonostante avesse ormai dimenticato quale mossa avesse intenzione di fare. Grazie a Lily, la sua mente stava rivivendo i sette anni trascorsi ad Hogwarts ad una velocità disarmante; difficile dire come fosse possibile che non si perdesse un qualche racconto e che lui, dopo una vita e dopo una morte, ricordasse ancora ognuna delle fanciullesche avventure dei Malandrini. Era così perso nei propri pensieri che si accorse al pelo delle goccioline che avevano iniziato a bagnare la vernice della scacchiera.
Aggrottò confuso le sopracciglia e rivolse a Lily un'occhiata interrogativa. Lei alzò il capo al soffitto dell'Ufficio Misteri.
«Ricordi, Remus? Era maggio e quella sera pioveva».
Remus dischiuse le labbra, ma non trovò niente da dire. Appoggiò a sua volta la nuca al poggiatesta della poltrona e rimase lì, immobile, mentre la pioggerellina estiva gli bagnava il naso e gli zigomi, mentre l'acqua fresca gli entrava nella camicia e l'odore di bagnato si insinuava lentamente dentro di lui.
La pioggia gli aveva sempre ricordato la cittadina di Kinsale, dove aveva vissuto con la madre per gran parte della sua adolescenza. Quando pioveva, a Kinsale, Remus aveva sempre l'abitudine di spalancare il piccolo lucernario della sua camera. Sebbene s'affacciasse su Pearse St., il vento riempiva la piccola soffitta dove dormiva dell'aroma aspro del mare. L'olfatto sopraffino di Remus, poi, riusciva a cogliere l'odore delle brughiere e delle grandi vallate bagnate che circondavano la cittadina. In quei momenti, desiderava con tutto se stesso poter essere lontano da Pearse St. e dagli strilli dei pescatori che bevevano Guinnes al Blue Haven, sotto casa sua. La pioggia aveva il profumo della libertà, il retrogusto amaro di qualcosa che in un'altra vita avrebbe potuto afferrare e non mollare mai più.
«Perché non mi hai mai invitato a Hogsmeade?» domandò Lily con casualità. «Ti avrei detto di sì e tu lo sapevi. Pedone in D7».
«E tu sapevi che non avrei mai avuto il coraggio di farlo. Non a James. Torre in A3».
Lily inclinò appena il capo e appoggiò il mento alla mano con espressione impenetrabile. Remus sollevò lo sguardo su di lei, realizzando per l'ennesima volta dopo una vita intera quanto fosse bella. Aveva la bellezza frizzante e genuina delle brughiere irlandesi, la freschezza d'animo della pioggia di Kinsale. Si chiese cosa sarebbe cambiato, se solo le avesse permesso di entrare in profondità nella sua vita, di aiutarlo ad afferrare quella libertà che da sempre gli era sfuggita. Lei parve leggergli nel pensiero – e forse fu proprio quello che fece.
«Avrei davvero voluto andare a Hogsmeade con te, Remus. Una volta, due volte, dieci volte... avrei potuto chiacchierare con te per altre mille volte, e probabilmente non mi sarei mai stancata».
«Era così che doveva andare, Lily. Regina in F6».
«È così che tu hai scelto».
«Non capisco cosa tu voglia recriminarmi. Hai amato davvero James e continuerai ad amarlo esattamente come io continuerò ad amare mia moglie».
«Mi avresti amato?».
La domanda era arrivata talmente inaspettata che Remus non seppe cosa dire per diversi minuti. Lily stava insinuando un numero così grande di ipotesi e assurdità che si ritrovò a pensare che non sapesse nemmeno lei dove aveva intenzione di concludere. Dove voleva arrivare, con quelle intricate supposizioni? E lui, da quella cotta adolescenziale che aveva messo a tacere per rispetto nei confronti di James, avrebbe saputo realmente innamorarsi di lei? Le parole gli uscirono dalla bocca prima ancora che terminasse di formulare il pensiero.
«Eccome, Lily... eccome».
Lily sorrise.
«Alfiere in C6. Scacco matto, Remus».


   
 
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