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Autore: AnnabelSwift    20/06/2012    2 recensioni
'Ho sempre amato le farfalle dipinte sul soffitto di camera mia. Passo ore intere a studiarle e, dopo un po’ che le fisso, sembra che siano sul punto di prendere il volo. Fu mia madre a dipingerle, quando era incinta. Non ho mai avuto l’opportunità di chiederle quanto tempo ci avesse impiegato, ma la nonna dice che lavorò per tre mesi, compreso l’azzurro cielo che fa da sfondo, e che avrebbe continuato, se la sua pancia non fosse stata così ingombrante.'
Margareth ha vissuto i primi sedici anni della sua vita come una ragazza normale, all'oscuro di tutto. Ma ora che i suoi poteri stanno scaturendo involontariamente da lei, non è più al sicuro a Edimburgo.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Spazio Autrice]: non so se chiamarlo già "capitolo uno". Penso sia finito, ma mi sembra corto. Le recensioni sono ben accette! Buona lettura! :)

Capitolo 1

Regalo di compleanno


Ho sempre amato le farfalle dipinte sul soffitto di camera mia. Passo ore intere a studiarle e, dopo un po’ che le fisso, sembra che siano sul punto di prendere il volo. Fu mia madre a dipingerle, quando era incinta. Non ho mai avuto l’opportunità di chiederle quanto tempo ci avesse impiegato, ma la nonna dice che lavorò per tre mesi, compreso l’azzurro cielo che fa da sfondo, e che avrebbe continuato, se la sua pancia non fosse stata così ingombrante. In totale sono sette splendenti farfalle. Non sono sparse a casaccio: due sono appoggiate dolcemente sugli steli dell’erba bagnata dalla rugiada, sopra il mio letto. Altre due sono su un iris blu, proprio come quelli che ha la nonna in giardino. Quattro sono sulla parete a sinistra in alto: due sono in volo e arrivano per metà al soffitto, e le altre due appoggiate su una rosa rossa, il fiore preferito di mia sorella Shirley, di cinque anni. La mia farfalla preferita è decisamente quella azzurra con i cerchi neri sulle ali, che sta in equilibrio sullo stelo insieme a quella arancione.
Amo l’azzurro: cielo, mare. Cosa può esserci di più bello? Persino il mio coniglio bianco ha gli occhi azzurri; sono state quelle piccole e profonde iridi a farmi innamorare di lui, un anno fa. Be’, in realtà di lei. Si chiama Amber. Anche Shirley ha un coniglio, che però è dall’altra parte della casa perché lui e Amber non vanno molto d’accordo. Per niente, in effetti. Il suo pelo è nero come i suoi occhi; si chiama Blacky. Io l’ho sempre trovato un po’ inquietante, con quegli occhioni fissi sulla mia Amber. Se tra i due conigli c’è una certa rivalità, questo non vuol dire che ci sia anche tra me e la mia sorellina. Andiamo molto d’accordo, anche se abbiamo gusti completamente diversi.
Amber e Blacky non sono gli unici animali in casa: c’è anche Jafar, il gatto tigrato che nonna Adelle e Shirley trovarono per strada un paio di mesi fa, spellacchiato e malnutrito. E’ solo un cucciolo, avrà si e no sei mesi, e si sta riprendendo alla grande! Anzi, tra un po’ non riuscirà più neanche a muoversi, con tutto il cibo che gli da Shirley.
Nonna Adelle mi fa distogliere lo sguardo dal soffitto. « Margareth, tesoro, andiamo a fare la spesa? » Oh, già, la spesa. Le ho promesso che oggi saremmo andate a fare la spesa insieme. Non ne ho una gran voglia, ma penso che lei sia felice. Non solo perché l’accompagno, ma anche perché decido io cosa mangiare. La faccio diventare pazza, con tutti questi problemi che ho con il cibo. Non mi piace quasi nulla, a parte il pesce e le verdure. Mi diverto a sgranocchiare carote e finocchi con Amber.
« Arrivo! » le sorrido. Appena chiude la porta, il mio sguardo ritorna sulle farfalle, specialmente sulla rosa rossa che mia madre dipinse un mese prima di morire, quindi tre mesi dopo la nascita di Shirley. Penso sia per questo che ama tanto le rose. Distolgo a fatica lo sguardo, mi alzo dal letto sul quale ero coricata e apro l’armadio. Decido di indossare un semplice vestito azzurro e delle scarpe bianche. Mi pettino e mi lego i capelli con un nastro dello stesso colore del vestito, poi scendo di corsa le scale e raggiungo la nonna, stampandole un sonoro bacio sulla guancia. « Pronta! » esclamo.

La spesa con la nonna risulta divertente. Era parecchio che non uscivamo insieme, io e lei. Uscite dal centro commerciale andiamo a prendere Shirley a scuola. Appena mi vede mi corre incontro. Le do un buffetto sulla guancia e le stampo un bacio sulla fronte. Quest’anno non ero ancora riuscita ad andarla a prendere a scuola, dato che le mie lezioni alla Gordon School si prolungavano fino al pomeriggio, ma per fortuna sono finite ieri. Essendo a giugno, ormai Shir non si aspettava più di vedermi davanti al cancello della sua scuola. « Sei venuta! » esclama, e ricambia il bacio.
« Te l’avevo promesso » le sorrido. Per lei l’ultimo giorno di lezione è oggi, quindi saluta le sue amiche e arriviamo a casa con un quarto d’ora di ritardo.
« Ma guarda, sono arrivate le mie due rosse! » esclama il nonno, e Shirley gli salta in braccio. Sia io che mia sorella abbiamo i capelli rosso fuoco, proprio come nostra madre, e il nonno spesso ci chiama “Rossa uno”, che sarei io, e “Rossa due”, ovvero la piccola Shir.
Mentre il nonno si diverte a fare il solletico a mia sorella, io aiuto la nonna ad apparecchiare la tavola. « Mmh, che profumino » osservo, alzando il coperchio della pentola. Non faccio in tempo a vedere quello che c’è dentro che la nonna copre subito la delizia che mangeremo. « Non si sbircia, Meg! » mi sorride. « Archie, Shir, è pronto! » urla verso la sala, da dove provengono le risate dei miei due parenti.
Qui con i nonni io e Shirley stiamo bene. I nostri nonni paterni vivono a Glasgow, mentre io e mia sorella abbiamo vissuto ad Edimburgo anche quando i nostri genitori erano vivi, perciò nonna Adelle decise di tenerci qui, nella loro casa. La mia non la vedo da cinque anni. Magari ora ci abita qualcuno. Un po’ mi manca, ma i nonni ce la mettono tutta per non farmi sentire la nostalgia. Shir non ricorda nulla, aveva solo quattro mesi quando io e lei ci trasferimmo qui, in via Rome.
« Nonna, la settimana prossima è il mio compleanno » dico mentre mangiamo.
Lei alza la testa. « Lo so, Meg, il 14 giugno » risponde semplicemente, ma aggrotta la fronte in modo interrogativo.
« Vorrei andare all’Acquario… ci terrei tanto » la supplico con gli occhi. Shirley ha la testa chinata sul piatto, mentre nonno Archie ogni tanto fa scorrere lo sguardo dai miei occhi a quelli di nonna Adelle. Questa proposta non gli è indifferente.
« Meg, lo sai che io e tuo nonno non possiamo lasciare la casa. Sai, i medicinali… »
« Lo so, nonna » la fermo subito. So quali sono i motivi, e sono del tutto giustificabili. « Vorrei andarci da sola ». La nonna strabuzza gli occhi. L’Acquario non era poi così lontano dalla casa dei nonni. Ci si arriva in un’oretta di pullman, circa.
La nonna risponde solo dopo qualche minuto. « Vediamo, Margareth » si limita a dire.
Quando abbiamo finito di mangiare scappo nell’unico posto in cui riesco ad allontanarmi dal resto della casa e a concentrarmi solo sui miei pensieri. Sono coricata sul letto, in camera mia, e sto fissando le farfalle. Sono arrabbiata ma non capisco il motivo. Ci ragiono un po’ su e arrivo ad una conclusione: la nonna mi ritiene ancora una bambina. Giovedì prossimo compirò sedici anni, e quale genitore o tutore non lascia il figlio sedicenne per andare a fare una gita? E’ solo un’ora di pullman! Adesso sono furiosa.
Qualcuno bussa alla porta. Faccio un verso di assenso, e la porta si spalanca. Nonna Adelle si siede sul letto, vicino alle mie gambe. « Stai attenta » mi supplica.
Impiego un secondo per capire che quelle due parole sono un “via libera” all’Acquario. « Grazie! » esclamo, e le salto addosso, riempiendola di baci. Forse inizio a capire perché la nonna mi veda ancora una bambina. Mi ricompongo e mi limito a sorriderle.


Il tanto atteso giovedì finalmente arriva. Mi giro nel letto e lancio un’occhiata alla sveglia: le sei e mezzo. Mi costringo a provare a dormire almeno fino alle sette, ma è un tentativo inutile. Appena la sveglia annuncia che sono le sette in punto, salto giù dal letto, mi vesto e afferro lo zaino di scuola. Lo svuoto dai libri e ci ficco dentro una maglietta, nel caso mi serva all’Acquario. Corro in camera di Shir, pur stando attenta a non svegliarla, e le stampo un muto bacio sulla guancia calda e morbida. Poi mi dirigo precipitosamente in cucina, dalla quale arrivano zaffate calde di torta al cioccolato e dove trovo la nonna intenta ad osservare il forno. Faccio colazione e metto nello zaino dei panini, una mela e un grande pezzo di torta.
Dopo un po’ arriva anche nonno Archie. Li saluto entrambi e scappo in piazza, dove trovo un pullman giallo con la scritta azzurra “Acquario”. Salgo e mi stupisco della marea di gente che già ha preso posto. Mi siedo anche io, in un posto da due vuoto, e aspetto.
Pochi minuti dopo una ragazza alta dalla corporatura esile mi chiede se il posto di fianco a me è libero. Annuisco e do un’occhiata in giro per il pullman: è pieno.
« Piacere, Caitlin Campbell » mi dice, e mi allunga la mano destra. Ha degli occhi sorprendentemente verdi, che brillano come due astri. I suoi capelli castani sono morbidi e lucenti, e sono leggermente più corti dei miei: le arrivano quasi alla vita. Dal suo cognome capisco che è scozzese.
Stringo la sua mano e mi presento. « Margareth Brown ». Sono felice di aver incontrato qualcuno, specialmente che abbia all’incirca la mia età.
  
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