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Autore: Joe McFly    21/06/2012    0 recensioni
Due ragazzi, uno Napoletano l'altra Calabrese, intendono sposarsi... Le cose, però, non andranno come speravano. Una parodia MOLTO fedele all'originale che vi racconterà avventure ai limiti del possibile. Commentate questa Opera riscritta e degna di essere rammentata dai posteri!
Genere: Parodia, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Come disse il buon Cristoforo (Colombo): “Qua dobbiamo fare 38 capitoli!”.
Per motivi di scelte di vita, ho lasciato incompiuto questo operato, che iniziava ad attirare ammiratori. Non voglio nemmeno guardare a quando risale l'ultimo capitolo. So solo che, nonostante vada la vita, non voglio rinunciare a questa: questa FF che considero speciale, perché parodia fedele al testo originale. Le scuole son finite e di Promessi Sposi non volete proprio sentir parlare. Ma ci sarà sempre qualcuno a studiarli e se presentate questa FF al vostro professore, vi metterà un bel 10! Perché, intanto, oltre alle risate con me, imparate la (quasi) vera (ironica) storia dei Promessi Sposi.
Scusate la lunga presentazione. Erano secoli che non mettevo piede qui e volevo salutarvi tutti.
A presto, aggiornerò con frequenza.
- Joe McFly -
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La porta della villa era chiusa. Segno che il padrone stava desinando (rosam, rosas, rosavi, etc.). Cristoforo si avvicinò alla porta, dove erano sdraiate 2 guardie. Una di queste, vedendo il frate indietreggiare, disse:
“Qui non si fanno aspettare i cappuccini”.
E l’altra guardia: “Col cavolo! Son 3 ore che aspettiamo il giovane del bar. Ma quando arriva, povero lui se osa chiedermi la mancia!”.
Tale guardia ricevé uno sganassone da Cristoforo il quale, poco dopo, entrò nell’immensa villa. Lo ricevé un vecchio servitore che, per il suo Padrone, dimostrava grande Fede. Appena vide Cristoforo, questi esclamò:
“Non è il Padre Cristoforo di Pescarenico?”. Ricevé uno sganassone.
“Cristoforo Colombo sono io”.
“Scusi, sul copione hanno errato personaggio”.
Cristoforo gettò lì un occhio: “Ha la vecchia edizione!”.
Attraversati 20 o 30 salotti, giunsero all’uscio della sala del convito. Per non dar fastidio, il frate voleva ritirarsi in difesa e attendere. Ma il servo disse:
“Cioè, mettiamoci d’accordo: qua già ci hanno espulso 2 attaccanti. Non possiamo rinunciare ad un altro…”.
Un certo Conte Renato Brunellio, notando il prete, vedendo in Cristoforo un amico di giuste cause, nemico di cotanta gente intesa a far rivoluzioni, lo pregò di accomodarsi. Questi si avvicinò alla tavola, notando tutti i commensali: dinnanzi a lui vi era il padrone di Casa (dedita a Delle Libertà), un certo Don Rodusconi; alla sua destra quel Conte Renato Brunellio, troppo basso per arrivar su alla tavola; a sinistra vi era Beppe Grillo, giunto lì a difendere il popolo e non per mangiar alla Casa del Padron; dinnanzi a lui sedeva quel tal D’Auria, Gennaro D’Auria. Infine, al termine della lunga tavola, alcuni convitati oscuri, che non hanno peso in questa storia e che, a buon dire, si sa solo che erano lì a “mangiare”, chinare il capo, sorridere e approvare cosa dicesse lor padrone.
Cristoforo sedette su una seggiola e chiese di poter parlare a solo a solo col padrone di Casa.
“Bene, bene, - disse Lui - parleremo, ma qui! Siamo di numero abbastanza equo per la par condicio”.
“Pensavo che lei fosse al di sopra delle leggi”.
“Ma sai, ogni tanto, per le malelingue, mi abbasso alle regole di quei popolari assassini e affamati!”.
“Ehm… i comunisti?”.
“No, che dice? I comunali! Che si mangiano tutti i soldi e non spendono 200 euro per riparare un tombino! È sempre più difficile comandare questi luoghi!”.
Cristoforo volle insistere, ma il padrone rispose: “Mi spiace: a quest’ora è usanza che io mangi!”. E al rifiuto di Cristoforo di partecipare alla mensa, esclamò:
“No, perbacco!...”. Ma prima che potesse continuare, tutti i commensali, saltati dalle sedie e saliti sul tavolo, si misero a cantare e ballare “Bacco, per bacco, eccoci qua, ridereeee…”.
Don Rodusconi guardò i commensali, che smisero subito. Poi, continuò:
“Beva!”.
“Ma… il copione era diverso!”, si stupì Padre Cristoforo.
“Si lo so, però se lo recito, questi cantano tutto l’album di Zucchero”.
Mentre beveva, sentì il Conte Brunellio dire a Grillo:
“L’autorità del Saffo non serve al suo assunto”.
“Ma che assunto e assunto! Si chiama Assunta!”.
“Ma è un uomo!!”, fece stupito il Conte.
“Più o meno – rispose l’altro – è omosessuale”.
Don Rodrusconi disse: “Lasciamo giudicare il prete”.
E lui: “Non sono cose di cui mi intenda”.
“Ne parli in salone allora, senza tenda. Dopotutto, non è la Chiesa ad essersi opposta ai matrimoni fra omosessuali?”.
“Mah, da qual che mi pare di aver capito… non ci ho capito una mazza!”.
Rodrusconi, allora, spiegò la situazione:
“Un certo Arigante, dipendente di tal podestà, è un omosessuale e si era recato dal prete che aveva mostrato accondiscendenza nel celebrar matrimonio tra lui e un altro giovine. Non avendo trovato tal prete, aveva lasciato la domanda di matrimonio al fratello, prete anch’egli, il quale, letto il dispaccio, diede sganasson al pover’omo”.
“Ben date, ben date. Quando si tratta di tirar sganassoni, son sempre favorevole!”, disse Padre Cristoforo, dandone uno al Conte Brunellio, tanto per gusto.
“Del demonio – intervenne Grillo – Battere un omosessuale, solo perché tale. E da un prete, poi...”.
Una voce provenire dal nulla (da sotto il tavolo) pronunciò un commento sarcastico. Era del Conte Brunellio, che ricevé uno sganassone come premio:
“Si, si.. proprio i preti. Persone che non solo rinnegano gli omosessuali, ma che professano e divulgano una vita priva del piacere sessuale”. (Nel manoscritto si diceva che tale affermazione costituisce una battuta a sé. Io non l'ho capita... - N.d.A.).
“Quello che non capisco è perché le premano tanto le spalle d'un mascalzone”, disse Cristoforo.
“Chi ha mai parlato di palle??? Intendiamoci...” E tutti si alzarono dal tavolo per montare tende in salotto. “Fermi voi! Intendevo: Capiamoci! Io non tocco le palle... ehm, le spalle di nessuno. Per me è sempre meglio amare una bella donna che esser frocio! Ma è comunque un essere umano. Mi dica se gli antichi Romani erano dediti a picchiar gli omosessuali”.
“Se le dicessi cosa facevano i Romani, rischio la scomunica”.
“Ma dai... risponda a questo sillogismo”.
“A che?!?”.
“Che cazz* ne so! Sto solo leggendo il copione”. E, così dicendo, Don Rodrusconi gettò all'aria i fogli che aveva accanto al piatto.
“Le dico io una cosa che non si legge sul copione: gli antichi Romani eran tutti dei froci! Giulo Cesare girava con una tunica! E a quel tempo le mutande non erano state inventate! Secondo lei, perché???”.
E il Gennaro D'Auria, con una coscia di pollo tra le gengive: “Son tutt' dei ricchioni! Vergogna! S'anna mett'r ca capa rind' o sicchio! Tenevano i cumpagn che gli volevano MOLTO bene. Luigi, Pasquale, Nicola... Chi è tutta sta gente? Omosessuali!!”.
“Piano, piano, lor signori”, intervenne Grillo Beppe. E, poi, riprese a mangiare.
“Ma quale piano? - si attizzò Rodrusconi – Chi si è permesso di ordinarlo? Uèè, io non ho mica 200 stanze e 147 bagni per far il vostro piacere?”.
E Padre Cristoforo: “Quand'è così, il mio debole parere è che non vi fossero né omosessuali, né matrimoni... ma solo sganassate! Sganassate a tutti!!!”.
E partì la guerra del cibo! Prosciutti volanti, patate al forno su catapulte rudimentali, fette di pane usati come frisbee. Colpi a destra, a sinistra. Nessuno ne uscì illeso. Tranne Brunellio, troppo basso per venir colpito.
(E con la scusa della guerra di cibo, salto passaggi noiosi e tediosi – N.d.A. - E i lettori: “Evviva!”).
E tutti si stupirono della reazione di Padre Cristoforo.
“Oh, Padre mio...”, dissero in molti.
“Che sei nei cieli!”, rispose Cristoforo.
“Con queste sue massime, con questi suoi lanci, lei vorrebbe mandare il mondo sottosopra. Senza triglie, senza bastoncini”.
“Basta parlare di triglie e filetti: mi è finito un merluzzo in un orecchio. Che volete di più?”.
“Un Lucano!”, urlò Brunellio. STATABUSH! Che sganassone ricevé da Cristoforo!
“Che avete capito? Volevo fare un brindisi a voi, o Illustrissimo Padre dalle mani vellutate”.
“Ancora? Ho commesso un disordine esagerato! Ho una melanzana nella canottiera, un fungo trifolato nella scarpa, una salsiccia... lasciamo perdere”.
“Eh, no, perbacco!”, urlò ancora Rodrusconi.
I commensali si alzarono piano piano sulla tavola. Qualcuno intonò una nota. “Bacco, per...”, ma poi si rimisero a sedere, spaventati dagli sguardi cattivi di Don Rodrusconi.
“Che ne dite, dottore?”, chiese Rodrusconi a Padre Cristoforo.
“Io faccio il curato, non il dottore!”.
“No. Intendevo dire: -che ne dite di tutto questo?- Devo smetterla di leggere sto copione vecchi di millenni. Chi l'ha scritto, poi? Alessandro Manzoni?? Ma è quello che faceva gli sketch sulla panchina con Franz? Era più divertente allora!”.
Censui, et in eam ivi sententiam”.

“Come dice?”.
“Devo andare al bagno: la salsiccia incomincia a darmi fastidio. Assunta Santissima!!!”...
   
 
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