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Autore: _Lou    23/06/2012    12 recensioni
Però a dirla tutta ogni singolo secondo di questa vita indesiderata e opprimente, non faccio altro che pensare a cosa sarebbe successo se io sarei rimasta fra le sue braccia quella notte e non sarei scappata, forse non sarei stata più sola.
[Incesto.]
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Kun-Kun.

 

Cercavo di nascondermi non sapendo da cosa, ma sapevo che quella caffetteria era il posto giusto lì era l’unico posto dove non mi avrebbe mai scovato, mai. D’altronde era troppo stupido e non avrebbe mai ficcato il naso oltre il suo amato teatro, ma ogni singolo centimetro di quel posto era troppo diverso a quello lasciato da me. Non potevo di certo tirarmi indietro, ormai erano passati tre anni da quel giorno e non sarebbero stati ora a distruggermi quegli stupidi frammenti di vita che tanto cerco di dimenticare, quella piccola ancora che ti lascia sospesa tra vita e dolore, i ricordi.

“Kun?” Con voce incerta mi chiamò Tessa la proprietà di quel caffè, mi conosceva da tre anni e tutti gli anni facevamo la stessa scenetta quasi fosse un gioco, quasi le divertisse.

“Sono io.” Mi alzai evitando di guardare le altre ragazze che aspiravano a diventare le nuove commesse del “Tessa caffè” ma ero io la prescelta, lo sapevo e lo sapevano anche loro.

“Tessa.” La salutai notando un uomo alto dalla corporatura massiccia affianco a lei che determinato cercava di vincere a snake sul suo noki,a forse uno dei primi che tempo addietro si affacciò sulla terra.

“Kun, presentati.” Sbuffai. Mi ero presentata l’ anno scorso e quello avvenire ormai sapevo cosa dire quasi a memoria.

“Il mio nome è Kun anche se vengo da Roma ma mia madre era molto strana, me ne sono andata via appena compiuti diciotto anni poiché trovavo la mia vita opprimente a dir la verità trovavo solo mio fratello opprimente, anzi opprimente erano i sentimenti che provavo per lui.” Volevo tacere non era quella la mia solita presentazione, ma forse l’uomo che continuava ad interessarsi di più al gioco che a me e alle mie parole, che solo ora trovavo il coraggio di sputare fuori dal mio cuore e della mia bocca mi fece innervosire quel tanto che bastò a farmi continuare senza pensare neanche per un secondo alle conseguenze.

“Derek, bel nome al contrario del mio che significa sola forse perché sarò per sempre sola. Sai Tessa sono la tipica ragazza senza amici di cui i belli non si innamorano, ma esser sinceri neanche i brutti però io per tutti i ventuno anni della mia esistenza non me ne sono mai curata, invece Derek si. Lui viveva per farsi vedere dalle persone per far vedere a tutti quanto fosse stupendo perciò quello stupido giorno ci segnò tutti a due a recitazione. Sarà divertente diceva lui, invece no. Non era affatto divertente, anzi è stata la mia distruzione. Uno spettacolo importante a quanto pareva dove io non volevo partecipare, ma era una scommessa del destino o chissà cosa che mi fu affibbiata la parte della protagonista la quale ovviamente era innamorata di suo fratello, del suo bellissimo fratello che sempre le aveva dedicato solo odio, eppure lei a furia di odiarlo se ne innamorò facendo innamorare anche lui di lei, però se non sbaglio c’erano i loro genitori assieme ai reciprochi spasimanti che ostacolavano il loro amore. Storia avvincente non è vero? Eppure io non ho mai saputo come finiva, non sono mai andata in scena perché il giorno prima del mio compleanno lo stesso in cui avrei dovuto recitare la prima io e mio fratello nella penombra del teatro nascosti dal buio dell’amore che forse ci offriva asilo incominciammo a baciarci interpretando però le penultime pagine del copione, le ultime non le ricevetti mai, ma da un semplice bacio quasi forzato finimmo per fare l’amore lì dove il giorno dopo avremmo dovuto recitare e dichiarare il nostro finto amore a tutti. Lui mi disse ti amo ed io dormii fra le sue braccia, la mattina dopo ero ufficialmente maggiorenne e scappai via. Una fuga pianificata che non era proprio una fuga visto che i miei genitori  sapevano. Loro mi avevano aiutato ad organizzare il tutto,  non gli ero mai stata simpatica. Ora non so se sono una semplice vigliacca che non ha voluto affrontare la propria vita, una stupida che ha gettato via il grande amore o solo una grande credente, visto che l’amore fra fratelli è dannato da Dio e i suoi compari lì su, che si divertono a giudicare con l’aureola in testa e le ali senza mai peccare, senza mai innamorarsi dei propri fratelli ma, non mi sono mai pentita di aver amato per la prima volta quella notte nella penombra del nostro stesso amore. Anche se  a dirla tutta ogni singolo secondo di questa vita indesiderata e opprimente non faccio altro che pensare a cosa sarebbe successo se io fossi rimasta fra le sue braccia quella notte e non sarei scappata accettando quell’amore dannato di cui si io che lui ci nutrivamo benché non ci facesse altro che male come quelle notti passati assieme dormendo senza neanche sfiorarci per paura che mamma e papà potessero scoprire qualcosa, quel qualcosa che non avevamo il coraggio di annunciare al mondo. Forse se quella notte sarei rimasta lì ad amarlo  non sarei stata più sola.”

Le lacrime rigavano inevitabilmente il mio viso per quei ricordi che si erano insinuati in me, piccoli quasi come una sfumatura di bianco appena percettibili  e mi avevano sconvolta come uno tsunami, d’un blu elettrico radendo al suolo tutto ciò che incontravano come la mia stabilità. Esaminai per un secondo i loro volti sorpresi o rattristati, per uno gioco non portato a termine ma un altro passatempo trovato in un pomeriggio che si presentava normale come gli altri; mi girai e andai via pensando di aver fatto un’ottima presentazione.

“Kun-Kun.” Una sola persona su sei miliardi mi chiamava in quel modo con quella voce sempre bassa quasi roca come un sussurro, non volevo voltarmi non’ora.

“Kun-kun girati ora.” Fermo e deciso come era sempre stato, ma non poteva essere lui, no lui ormai era diventato un attore uno di quelli famosi.

“Si?” Infatti non era lui ma solo un ragazzo un po’ cicciotto che si strozzava con la cioccolata, scoppiai a ridere scappando via lasciando in quella sala tutti i miei ricordi e tutta la mia angoscia assieme alla mia solitudine sperando di liberarmene per sempre, ma, invece per ironia della sorte mi ritrovai davanti ad uno stupido teatro. Entrai per curiosità, così simile al mio al nostro vecchio teatro di Roma dove c’eravamo amati e odiati in un unico momento sapendo di sbagliare.

“Kun?” Nessuno mai mi cercava eppure oggi tutti che sapevano il mio nome, infastidita voltai lo sguardo verso la voce calda che sillabò il mio nome come un sussulto. Quei capelli neri pece che sembravano risplendere nella propria oscurità, quegli occhi verdi splendenti che sembravano fluo, quelle labbra rosee e carnose che tanto avevano bramato le mie, quel peccato vivente che avanzava a passo incerto, ma pieno di sicurezza verso di me con quel ghigno sul volto.

“Kun-Kun ti cercavo da un po’ sai?” Kun-Kun poiché anche la parola sola ripetuta due volte trova compagnia illudendosi d’aver qualcuno accanto a se.

 

 

-Angolo me-

 

Wow c’è l’abbiamo fatta a finire *--*

Kun in danese significa solo un nome appropriato per la protagonista rassegnata al suo destino crudele, eppure in una routine che fa da tre anni si fa vincere dai ricordi da cui lotta ogni singolo secondo e parla, parla, forse cercando cosa dire sul serio, ma capisce che vive nel rimpianto e scappa via da quelle emozioni troppo dolorosi e troppo vere per poterle vivere. Scappa via trovando un teatro che le ricorda il suo e trovando una persona familiare o la sua persona?

Grazie per esser arrivati fino alla fine; e fatemi sapere cosa  ne pensate! *--*

  
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