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Autore: serelalla    24/06/2012    3 recensioni
E se non visitassero in ordine di gravità, ma di arrivo? Siamo sempre concentrati sui nostri problemi che ci appaiono più importanti di quelli degli altri. Noi ci sentiamo più importanti. In fondo sono solo tre punti e quella è una vacchia...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dicono che dentro c’è un ragazzo con una ferita al sopracciglio.
Dicono che servono tre punti.
Io sono qui, fuori.
Ed ho paura.
Ho cominciato a non respirare bene tre giorni fa, al ricovero.
Soprattutto la notte è dura. Non ho detto nulla. Prima riuscivo ancora a dire qualcosina, a farmi capire.
Ho chiesto dei cuscini per sollevare la testa. Mi facevano sentir meglio. Ma non ho dormito. Al buio, in quella camera senza le mie cose. Le cose che sono nella mia stanza da una vita. Non cose preziose. Un comò regalo di mia madre, qualche foto dei nipoti. Le foto le ho potute portare, il comò no. Ma le foto non so dove le hanno messe. In quella stanza le mie cose non ci sono.
Ci sono altre tre nonnine, altre tre vecchie, come me. Ci chiamano nonnine, ma lo so cosa pensano. D’altra parte mi ha messo lì mia figlia. Senza le mie cose. Le foto sì, ma non so dove le hanno messe.
Puzzano.
Le vecchie, non le foto.
E non volevo dire di stare male. Mi avrebbero spogliato, davanti a loro, davanti alle vecchie.
E, forse, puzzo anche io.
E mi avrebbero toccato e tolto il pannolone.
Davanti alle vecchie.
Loro lo fanno senza pensarci.
Gli infermieri ed i medici, non le vecchie.
A me viene da piangere.
Ma sono in quella stanza, senza le mie cose. E comandano loro.
Quando spogliano le altre e le cambiano chiudo gli occhi. Cerco di girarmi dall’altra parte. Non voglio vedere e non voglio sentire quel puzzo di escrementi che si alza, potente, su un sottofondo già fetido. Di vecchiaia, di solitudine.
Ma stanotte se ne sono accorte.
Le infermiere, non le vecchie. Che stavo male.
Ed hanno chiamato quelli rossi, vestiti di rosso. La croce rossa. Che ora si chiama con un numero, che lo insegnano anche ai bambini.
Mia madre chiamò me, quando toccò a lei, non un numero.
Ma io ora sono con le vecchie, in una stanza senza le mie cose.
Ed ho paura.
Non respiro affatto bene. Stasera no.
Ed ho freddo.
Non riesco a parlare. Sento dei gorgoglii strani. Mi chiedono “Cosa?”.
Capisco che sono io che faccio questi rumori!
Perché non mi capiscono?
Non riesco a parlare?
Vi prego aiutatemi!
Mi dicono “Sì, sì. Adesso”
Dentro c’è un ragazzo.
Tre punti al sopracciglio.
Dicono.
Sto morendo.
Ed ho paura.
Non respiro.
Non respiro.
Non respiro.
Fa freddo.
C’è buio.
Ed ho paura.
Voglio tornare a casa. Alla stanza senza le mie cose. Anche quella va bene.
Sento una lacrima che cade. Dicono sia l’ultima cosa, poi è finita.
Aiuto.
Ho paura.
Datemi la mano.
Dicono che dentro c’è un ragazzo. Tre punti al sopracciglio.
  
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