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Autore: Brodos    25/06/2012    2 recensioni
Ero diverso. Non ero una pecora nera, neanche una normale pecora. Ero più una pecora... Rossa.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Ho paura di avere l’hiv, giuro, la settimana prossima vado a farmi le analisi perché ho una caga pazzesca. – Disse Giovanni fermando la macchina nel parcheggio davanti a casa mia.
Era un sabato normale e lui dopo una serata mi aveva dato uno strappo a casa, spesso in quelle situazioni si stava ore a parlare chiusi in macchina.  Bisogno di umanità direi, niente di speciale.
- Non dire cazzate, devi aver assimilato un qualche fluido corporeo. Con tutte le sfighe che hai ti viene in mente pure questa? – Di solito si abbandonavano tutte le forme che regolavano i rapporti tra persone. Non si addolcivano pillole, niente sviolinate. Se si pensava una cosa si diceva, punto. Avrei potuto anche ragliare, giuro, e non sarebbe cambiato nulla nella nostra amicizia. Ci conoscevamo da anni.
- Stavo camminando e ho appoggiato la mano su una pietra, c’era del sangue sopra. Secco. –
- Avevi tagli? – Risposi accomodandomi sul sedile: entrare in casa mia sarebbe stato causa di rumore, il rumore avrebbe svegliato i miei, i miei mi avrebbero martoriato le balle.
- Non ricordo, se ce l’avessi che faresti? E i miei che direbbero? –
- Nel caso fossi morto vuoi dire? – Mi guarda spalancando un po’ gli occhi, dio quanto ero cinico e privo di grazia. – Nulla, perché non ce l’hai. E poi i tuoi genitori non penserebbero ad una tua probabile omosessualità, avrebbero altro per la testa. – Era quello che intendeva: aveva una particolarità, e ogni discorso finiva col cozzare su quest’ultima.
Giovanni a 18 anni non aveva ancora cambiato voce.
- Ieri mi hanno riso in faccia, per un posto. Ho detto due parole! Due!! “ È libero?” E quella gente di merda mi ha riso in faccia. Li avrei uccisi dal primo all’ultimo! – Bingo.
Un mio sospiro.
- Sai? Anche tu se l’avessi cambiata come gli altri rideresti della tua voce. – E abbassando leggermente la voce – … Anch’io se non ti conoscessi. -
Mi guarda.
- Probabilmente è vero. -
- La tua voce fa schifo. – Mi è uscito di getto. Mi stupisco anch’io di essere stato così brutale. Di solito mi muovevo per eufemismi…
Proseguo.
- È inutile che stiamo qui a prenderci per il culo, a dire che nonostante tutto è la tua impronta e che se la gente avesse un’altra mentalità te la terresti. Siamo qui, con questa mentalità. Ed è una merda.
Non credo ci siano sfighe peggiori per un adolescente: acne? Prepuzio ristretto? Pancetta? Bassa statura? Ginecomastia? (quest’ultimo era il nome scientifico di uno di quelli che consideravo tra i miei più grandi problemi) No. Si guarisce da tutto, ma quella voce o la cambi o sei fregato. Non c’è scampo. Chissà che diventi con gli ormoni, se ti operano magari finisci a parlare come un robot. Cazzo, è da preoccuparsi. Ti considerano un omosessuale a sentirti parlare così, la gente si allontana. La nostra compagnia è una compagnia di nerd, stiamo insieme perché non abbiamo nessun altro e tra emarginati ci si ritrova, cazzo le ragazze ci schivano! A volte è difficile anche per me starti vicino… -
Piccola pausa, eravamo partiti da chissà dove per finire con un mio sfogo, un qualcosa che rimuginavo da tempo e forse l’alcool aveva liberato.
Lui mi guardava muto, era fantastico: non era uno sguardo ferito, in quel momento era dispiaciuto per quello che dovevo aver provato. IO.
Continuo.
- Vedi? I nostri problemi, le nostre debolezze si moltiplicano quando siamo tutti insieme, e ci sobbarchiamo anche le tue. Agli altri potrà non dare fastidio, ma ci si sente veramente di merda ad essere definiti sempre froci solo perché si sta con te. Due sabati fa… Ricordi? Ci hanno chiesto indicazioni, erano dei tizi in macchina, quando gli hai risposto tu hanno soffocato un sorriso e quando se ne stavano per andare hanno urlato dal finestrino: FROCI! Non è giusto… Non ti abbandono solo perché non te lo meriti, non è colpa tua. Dentro non avrei nulla se ti abbandonassi per questo, anzi, mi dispiace di farti sentire una merda. – Non l’avevo mai fatto, non gli avevo mai detto veramente le cose come stavano.
- Ti ammiro, io se fossi al posto tuo come minimo mi chiuderei in casa o mi fingerei muto… Hai più carattere tu di chiunque abbia conosciuto. –
Mi guardava con occhi lucidi, era un ragazzo facile al pianto.
- Non mi hai fatto sentire una merda… Lo sai che voglio che ci si parli sinceramente… -
Non ricordo le poche frasi che ci dicemmo prima che fossi sceso. Ma arrivato dentro alla porta di casa pensai di essere una pecora. Non nera, ma diversa. Rossa. Una pecora diversa dal solito gregge, una pecora che divideva il destino delle cosiddette pecore nere dei rapporti sociali anche se aveva le capacità di uniformarsi. Una pecora che certe volte si sfogava e non era una buona compagna. Una pecora rossa di rabbia con il destino, che brucava a capo basso un angolino del mondo. Una pecora sempre a rischio di diventare bianca o nera.
  
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