Non si può sempre avere tutto.
Te lo ripetono sempre. E' quello che ti dicono quando fai i capricci, con quel tono saggio che non ti dà modo di
replicare, quel tono che si usa quando vuoi insegnare qualcosa a un bambino.
Anche se hai diciassette anni. Ma anche se ne hai venti o trenta,
sostanzialmente non cambia
nulla.
E tu dici: vabè, lo sapevo. Che me lo dici a fare? Potrei essere più ricca, ad
esempio. Potrei essere l'erede di Bill Gates, o essere la
figlia del re e della regina. Potrei vivere in un castello o avere cento ville
per ogni paese del mondo; potrei comprare le borse firmate a Ginza o frequentare
una scuola ancora più prestigiosa.
Ci sono centinaia di modi in cui la mia vita potrebbe essere migliore di quel
che è. Eppure ho accettato, diamine, il che significa che mi sono arresa
ai fatti, di essere semplicemente Shiori Sakurazawa, una ragazza sì piuttosto
bella e intelligente, ma con una vita nella media. Potrebbe andare molto peggio.
Certo. Ma anche molto meglio.
Quindi, sì, alle volte mi rendo conto che faccio i capricci, mi rendo conto che
sono un pochino esigente, ma non sono così tanto viziata. Non mi sembra di
volere chissà che cosa, di non accontentarmi, di chiedere l'impossibile.
D'accordo. Il fatto è che non dipende da me, questa volta, né da mamma e
papà. E anche se dipendesse da mamma e papà, beh, posso dire con abbastanza
certezza che sarebbe come se dipendesse da me, perché, in effetti, mamma e
papà mi hanno sempre accontentata.
I guai sono arrivati adesso. Ah, sì, adesso sono in difficoltà.
Non riesco bene a barcamenarmi in queste questioni. Non so proprio cosa fare. E'
che... beh, finora pensavo di non aver mai chiesto l'impossibile, ma
evidentemente l'ho fatto, perché non solo chiedevo, ma davo per scontato
che le teste degli altri funzionassero in base ai miei desideri, che si
regolassero in base a quelle che sono le mie esigenze.
Non va proprio così.
E il fatto è che ho scoperto l'acqua calda, perché non è mai andata così. Ma io
pensavo di sì.
Ero seriamente convinta, talmente convinta che non mi ponevo nemmeno il dubbio,
che gli altri mettessero i miei bisogni al primo posto. Del tipo: "Mamma,
mi porti a fare shopping a Shibuya?" "Tesoro, dovevo vedere Kyokosan,
non potremmo andare domani?" "Uffa, mamma! Non pensi mai a me! Le tue
amiche vengono sempre prima di me!" e non era vero, non era affatto vero.
Ma io gliel'ho sempre rimproverato, forse perché non volevo nemmeno che
prendesse in considerazione altre possibilità che non fossero 'fare ciò che
vuole Shiori'.
Ma non l'ho mai fatto con cattiveria. Per me era ovvio che mia madre dovesse
prima pensare a ciò che volevo io, e poi a sé stessa. Sono stata cresciuta
così. Lei era la mamma, e lei era quella che doveva farsi in quattro per farmi
contenta, qualunque fosse il prezzo.
Non parliamo poi di papà. Due occhioni che fanno frullare le ciglia e una
testolina corvina che ti si posa sulle spalle possono stendere chiunque,
figurarsi un papà innamorato della sua bambina. Con lui non avevo nemmeno da
rimostrare, era una sfilza di 'sì' senza quasi che dovessi chiedere.
Suppongo che, se dico questo, probabilmente sono maturata. Riconoscerlo dovrebbe
già essere una buona cosa, o no? Eppure non mi sento maturata. Mi sento
scontenta di me stessa, anzi, perché adesso c'è il dolore della
consapevolezza, e il dolore di sapere come sono fatta e di sapere che non farò
mai nulla per cambiare un po'.
Se fossi nata uguale a Kira... ecco, se fossi nata uguale a lei, e pensassi alla
mia vita, e a tutte le mie azioni, non dovrei sentirmi una ragazza cattiva.
Perché se fossi nata uguale a Kira, non avrei mai detto 'no'. Non avrei mai
preteso, non avrei mai negato, non avrei mai costretto e non avrei mai fatto
soffrire nessuno. Soprattutto: non avrei mai fatto fuggire nessuno. Mai.
Il punto è che non mi aspettavo che Rei se ne andasse. Certo, qualche volta mi
rendevo conto che stavo un po' tirando la corda, ma non concepivo assolutamente
che lui potesse avere una testa autonoma e che quella testa potesse decidere
che, beh, adesso ne aveva abbastanza.
Non ricordo bene come ragionassi, all'epoca, perché su queste cose proprio non
ci ragionavo, tanto ero sicura di me; ma probabilmente ero del tutto sicura che
lui non se ne sarebbe andato, e che, anche una volta giunto al
punto limite, avrebbe pensato 'no, senza Shiori io non posso farcela, non me ne
posso andare'.
Mi consideravo indispensabile. E pensavo che non avrebbe potuto vivere
senza di me.
Che cosa pensavo di essere..?
Pensavo che avrebbe avuto bisogno di me, ma a quanto pare, quella piena di
bisogni e di richieste e di paure ero io.
Io, che credevo di poter comandare la volontà degli altri, che pensavo fosse
sottinteso che tutti pendessero dalle mie labbra. Ero io ad avere bisogno
di tutti quanti vicini a me, per aiutarmi, per ascoltarmi, per sostenermi, per
qualsiasi stupidaggine che non ero in grado di fare perché nessuno mi aveva mai
detto 'arrangiati'.
Oh, vorrei che me l'avessero detto più spesso.
Vorrei che mi avessero trattata peggio, così che ora sarei più abituata
all'idea di non poter fare ciò che voglio, e invece no, invece mamma e papà
continuano a trattarmi come una principessa e i miei compagni continuano a
dichiararsi e Rei intanto si è innamorato di Kira.
Ok, sono amata, ok, sono ammirata, ok, sono brava, ma a che mi serve quando Rei
non c'è?
A me piace essere amata e ammirata e ritenuta intelligente, è chiaro. E' chiaro
che preferisco il mio successo, in fondo, che sarei meno felice se fossi
cresciuta senza tutta questa considerazione da parte degli Altri.
Ma è anche vero che non mi è servito a niente, e che se fossi stata meno amata
adesso non mi sentirei così rifiutata, e che se fossi stata meno amata forse
avrei saputo come rispettarlo.
E forse avrei saputo come farlo sentire amato a sua volta.
Ma che cos'hai provato, Rei, quando mi hai portato a Shiba, o quando mi hai
parlato in quel café? Che cosa vedevi quando mi guardavi? Tu non volevi le mie
grida e le mie occhiate e le mie scenate, di questo ero sicura.
Ma allora perché anche quando ho pianto, come fa lei, neanche in quel momento
sei tornato da me?
Basta una sua lacrima per farti sfrecciare per le strade di Tokyo, una sola
lacrima, un tuo sospetto. E tutte le mie, allora? Se piango io, perché non è
uguale? Perché non c'è nessun modo per farti tornare da me?
Quando mi sono chiesta questo, ho capito che
non puoi sempre avere quello che vuoi.
E quando dico 'capito', intendo assorbito, assimilato, fatto mio, intendo che si
è stampato sulla mia fronte, marchiato a fuoco.
Ho capito che puoi anche essere furba, che puoi scrutare le reazioni di un
altro, che puoi tentare tutti i mezzi per fargli fare quello che desideri, ma
appunto, alla fine rimane solo ciò che desideri tu.
Capisci che non c'è modo.
Capisci che sbatti contro un muro, che alla fine non ti resta altro da fare che
accettarlo. Non valgono le minacce, non valgono le recriminazioni, non valgono
le giornate passate a piangere, non vale aggrapparti alla sua manica e
disperarti.
E' ciò che lui vuole. E, in fondo, lui è una persona come te. Ha il tuo stesso
diritto di imporre la sua volontà sugli altri, e, per una volta, la volontà di
qualcuno è stata imposta a te.
Suppongo che sia giusto, no? Suppongo che prima o poi avrei dovuto capirlo.
Forse è un bene che sia andata così; intendo, che anch'io abbia conosciuto il
rifiuto e l'impotenza, soprattutto l'impotenza, anzi, lasciamo stare il rifiuto,
è l'impotenza a darmi fastidio.
E del resto, che cos'altro posso fare? Ti guardi intorno, in cerca di altre
possibilità, ti convinci che ce ne sono migliaia, che tutto andrà bene, ma sai
che è la voce della bambina viziata che hai dentro a parlare. Lei sa che hai
bisogno di sentirtelo dire, sa che vuoi sentirti dire 'andrà bene, devi solo
aspettare e provarci ancora', ma tu, la Shiori di diciassette anni che ha smesso
di piangere perché è stanca perfino delle lacrime, sai altrettanto bene che
non devi ascoltarla. Che non devi più darle retta, e che la cosa giusta - mi
viene da ridere - è lasciarsi sentire senza speranza.
Proprio così, devo lasciare me stessa sentirmi senza speranza, senza
possibilità. E vedere che attorno a me c'è vuoto, e guardarlo bene, quel
vuoto, starci attenta, perché lo troverò ancora. Perché quel vuoto io l'ho
creato attorno a tante persone, e non me ne rendevo conto.
Me lo immagino come una città grigia, deserta, con qualche soffio di vento,
magari. Nessuno nelle strade, ti guardi attorno ma non c'è nessuno, e hai una
paura terribile, ma devi capire che sei sola. Devi capire che tutto quello che
puoi fare è stare lì e cercare di cavartela. Alle volte devi metterti in testa
che non ti aiuterà nessuno, che non ci sono altre vie.
No, non mi piace. E' naturale, non mi piace affatto. Preferirei morire piuttosto
che affrontare questo vuoto attorno a me, questa sensazione di dover accettare
- perché in fondo, puoi forse fare altro? - quando invece a te sembra
impossibile accettare queste cose. C'è un periodo che ti serve per mandare giù
il boccone amaro. Sei in questo periodo. Sarai in questo periodo. Ma tu non puoi
accettare che Rei se n'è andato, rimarrai in questo periodo per sempre? In
questa strada vuota, così, senza la possibilità di sperare, anzi, obbligata a
impedirti di sperare?
Non è assurdo? E' assurdo. Odio tutto questo. Ma è tutto ciò che puoi fare.
E' l'unica possibilità che ti danno.
*
-Takemurakun, tu mi nascondi qualche cosa!
-Eh? Cosa? Io, no, che stai dicendo?
Sorrido a quello stupido di Takemura, che proprio non è capace di raccontare le
bugie.
-Ti sei tradito da solo. Sei troppo imbarazzato, non mi convinci. Avanti, dimmi
subito tutto quanto.
-Shiorichan, ti assicuro che è una tua impressione, io stavo solo dipingendo,
e...
-Ti sei accorto che hai dipinto la bocca al posto degli occhi? Hai fatto le
labbra tutte verdi. Tu stai pensando ad altro, Takemurakun! E io intendo
saperlo.
E' visibilmente agitato. Inizia a coprire nervosamente il verde con un color
carne, strabordando qua e là con il colore.
-Takemurakun! Guardami.
Con aria intimorita, piano piano, si volta a guardarmi.
Aggrotto le sopracciglia, arriccio le labbra.
-Non mi piace quando tieni segreti.
-E va bene. Però devi promettermi che non ti arrabbierai.
-Promesso!
-E che non andrai a fare qualche scenata.
-Oh, per chi mi hai preso?
-D'accordo. D'accordo. Beh, Shiorichan, sai, Rei si sposa.
Uuh.
D'accordo, fa male. L'ammetto, questo l'ammetto.
Ok, ricomponiti. Può darsi che cambi idea. O che riesca a fargliela cambiare. O
che Takemura gli parli. Si può sempre..
.. no. Non si può, Shiori.
Devi ricordartelo, accidenti, che adesso non si può più.
-Ehi, va tutto bene?
No, non va tutto bene, stupido. Non va tutto bene, perché non posso farci
niente, posso solo rimanere qui e, se proprio non ce la faccio, mettermi a
piangere davanti a te.
Ma è ciò che ho intenzione di fare?
-Ehm.. se posso fare qualcosa...
-Takemurakun.
-S-sì..?
-Accidenti a te!! Dovresti saperlo da solo, che queste sono cose che non vanno
dette nemmeno se insisto! Stupido insensibile!!
-Shiorichan, non arrabbiarti!
-Come faccio a non arrabbiarmi, Bakamura?! Non ho intenzione di stare un
altro solo minuto qui con te!
-Shiorichan..! Non volevo!
Mi avvio verso l'entrata della scuola, a passo spedito, e Takemura mi sta
seguendo.
.. hey. Allora posso ancora farlo. Qualche volta, me lo posso ancora concedere, no?
Ma poi il fatto è che mi volto, e vedo il suo viso, ed è affannato, ed è un
po' triste. Ed è preoccupato.
Capisci che non puoi. Non puoi concederti nemmeno questa piccola scappatella.
Forse avrei dovuto girarmi più spesso a guardare l'espressione degli altri. E
non solo quando ero io a dipenderne, ma anche quando erano loro a subire le
conseguenze delle mie decisioni.
Chissà, magari se avessi visto più visi tristi, avrei capito che non volevo
che un giorno il mio diventasse così.
Non vorrei credere che la vita sia solo fare un viso triste quando gli altri se
ne vanno, ma... perché la vita fa di tutto per farmelo credere?
Beh, comunque non importa. La bocca è mia e ci faccio quello che voglio, e se
voglio sorridere lo faccio anche subito.
Accidenti.
Mi fermo, e sorrido a Takemura, o forse un po' a nessuno.
(Nda: terza one shot che scrivo su Shiori è_é
una è ancora pubblicata, l'altra l'ho tolta - credetemi, è per il vostro bene.
Strano perché volevo fare un remake di quella vecchia e poi mi è uscito
tutt'altro tipo di argomento XD ma mi va bene così, è un lato del carattere di
Shiori che mi fa piacere trattare.
Il titolo viene dalla BELLISSIMA - nonché mia è_é - canzone di Santana e Tyler, che parla più che altro di quando sei così disperato che faresti di tutto per andarne fuori, e in un certo senso ci siamo, perché perfino Shiori si adatta a farsene una ragione pur di non stare così male, quindi significa che giunta a questo punto è anche pronta a rinnegare sé stessa e come ha vissuto finora.
Poi secondo me lei si sente così, proprio come dice la canzone... quindi così è_é.)