Fanfic su attori > Cast Twilight
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Autore: MoonLilith    26/06/2012    5 recensioni
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I miei occhi verdi si spalancano, e le parole mi muoiono in gola.
Davanti a me, c'è un ragazzo. Un ragazzo con la pelle ambrata, proprio come Makena. Ha i capelli scuri, corti e scompigliati. È un bel po' più alto di me, e i lineamenti sono squadrati, eppure non riescono ad essere duri, aggressivi. Gli occhi hanno un taglio a mandorla, anch'essi sono scuri e profondamente, terribilmente penetranti.
Mi sta guardando, e mi sento sotto inquisizione.
Io resto ormai a boccheggiare in silenzio, non so che dire.
Temo di aver fatto un errore. Forse Makena non ha un fratellino, ma un fratellone. Un fratellone che mi è decisamente familiare. E mi basta fare due più due: sapevo che il cognome di Makena fosse Lautner... Ma io non avrei mai pensato a quella famiglia Lautner.
È la prima volta che il mio sguardo incrocia il suo, e se ho avuto fatica a scostarlo dalla sua foto da bambino, mi è totalmente impossibile farlo ora, che ce l'ho a meno di un metro di distanza.
[...]
« Che razza di faccia di... » inizio a dire io, poi mi blocco. Lo sorpasso, scalpitando con gli anfibi sulla moquette. Makena inizia a seguirmi, da parte di lui mi pare solo di sentire una risata divertita, il che mi fa innervosire ancora di più. Entro in camera, raccolgo la borsa, ritorno verso il corridoio. Non do retta alla ragazzina che cerca di fermarmi.
« Che poi, a me Twilight fa pure cagare! »
[...]
Io gliel'avevo detto a mia mamma che tutto questo non era una buona idea.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Taylor Lautner
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I - Here I am

Questa casa non mi piace.

Più la guardo e meno mi piace.

Più la guardo e più sento ancora, nelle mie povere orecchie, le urla di mia madre.

Lily, alzati! Devi andare a lavoro!

Lily, per piacere! Cerca di essere presentabile!

Mi raccomando, sii educata, e non fare una delle tue solite sparate!

Lily, ma non potresti vestirti decentemente per una volta?! E tingerti i capelli di un colore umano?!

Lily, Lily, Lily...

 

Sbuffo.

Io che non vorrei essere qui, io non che non dovrei neanche essere qui, mi ritrovo davanti a questo cancello enorme, di questa villa enorme. Davanti a me, un sentiero acciottolato enorme, che è costeggiato da alberi, piscina, auto... tutto troppo enorme. Suono il citofono. Suppongo ci sia una videocamera, vedo una specie di occhio nero, dall'aspetto inquietante, che sembra fissarmi. E io ricambio lo sguardo, aggrottando appena la fronte e socchiudendo le palpebre sugli occhi verdognoli. Una faccia intelligentissima.

« Chi è? » una voce metallica fuoriesce dal citofono.

« Ehm... » mi schiarisco la voce, che risulta sin troppo tremante. La mia mano si stringe convulsamente attorno alla mia cartelletta. Mia mamma mi ha messo su troppa ansia. « Sono Lily O'Neil, la figlia di Hannah. Sono qui per Makena. »

Makena, che razza di bel nome. Inspiro a fondo, schiudo le labbra e lascio fuoriuscire il respiro, e con lui un po' d'ansia. Nessuno risponde, ma il cancello inizia ad aprirsi pochi istanti dopo, solo tramite una porticina più piccola sulla destra, a misura d'uomo.

Mi dirigo verso di essa, sorpassandola in fretta e immettendomi nel sentierino, che man mano sembra allungarsi sempre più, ad ogni mio passo.

Intanto una miriade di domande frulla nella mia testa, vorticosamente.

Che tipa sarà Makena?

I miei occhi si sollevano, verso la facciata anteriore della villa.

Sarà una bambina viziata?

Col le labbra sbuffo verso l'alto, per spostare una ciocca di capelli color fragola, sfuggita alla treccia.

Si faranno problemi per me? Per come sono?

Arriccio appena il naso, gli occhiali enormi sono scesi troppo in basso, e mi iniziano a dar fastidio. Con un veloce movimento dell'indice vado a risollevarli.

Riuscirò ad essere una brava insegnante di ripetizioni?

Oggi fa caldo. Fa davvero tanto caldo. Luglio è ormai alle porte, e il sole picchia forte, nonostante non sia tardissimo.

Riuscirò a gestire un'adolescente in piena esplosione ormonale?

Sospiro. Chino appena lo sguardo, prima che l'agitarsi di una figurina vada a farmelo risollevare.

Sulla porta d'ingresso della grande casa vedo una donna con un grande e gradevole sorriso, che muove a destra e a sinistra la mano destra, allegramente, in segno di saluto. Per ricambiare, io accenno un sorrisino imbarazzato, accennando una sottospecie d'inchino.

Io gliel'avevo detto a mia mamma che non ero portata per le relazioni umane.

« Oddio, Lily! Non ci posso credere! » esclama allegramente la donna, annullando la distanza degli ultimi passi che ci separano, avvicinandosi lei per prima. « Ti ho vista l'ultima volta che eri alta così » continua, andando a simulare con la mano l'altezza media di un nano. Si sarà accorta che non sono poi così tanto alta rispetto ad allora?

« Salve, signora. » riesco a dire, incespicante. Accenno un altro orrido inchino. Realizzo che forse è meglio evitare, giusto per non sembrare una cretina assoluta.

« Oh, ti prego, non chiamarmi signora. » esclama lei di rimando. Io intanto l'osservo. È una donna energica, un po' più alta di me, con dei lunghi capelli sul castano ramato, spumosi e soffici. È vestita in modo sportivo, probabilmente si stava allenando, o è semplicemente in tenuta comoda casalinga. Fatto sta che quell'aspetto così piacevole e fresco cozza un po' con la maestosità della villa. « Chiamami pure Deborah, o Deb. Ti prego, non sentirti a disagio. » continua a dirmi, mentre mi abbraccia per un attimo, in modo tuttavia spontaneamente affettuoso, prima di farmi strada verso l'ingresso. Io intanto sono già paonazza, dello stesso colore dei miei capelli.

La seguo in silenzio, ora la cartelletta è stretta sotto entrambe le braccia. La borsa a tracolla, ormai deformata dal troppo utilizzo e cosparsa di spille varie, rimbalza allegra ad ogni mio passo.

Appena varcata la soglia d'ingresso, trattengo il respiro e mi guardo attorno, mentre le labbra vanno ad aprirsi in automatico, e il mio volto assume un'aria stupita e rapita. L'ingresso è ampio, lussuoso, ma moderno. Mi aspettavo forse una casa dalle forme più classiche, e invece è tutto molto minimal, squadrato, ricco di design. Al colore bianco che regna sovrano nell'ambiente, fanno contrasto dei soprammobili e delle decorazioni parietali veramente singolari: statuette in legno, maschere dalla forma allungata e straformata, strani gingilli dalle piume colorate.

I miei occhi si spalancano, ad osservare tutte quelle cose, e sbatto più volte le palpebre, velocemente, come a volerli mettere meglio a fuoco.

« Chiamo subito Makena. Aspetta pure qui. » mi dice Deborah, alla quale mi limito ad annuire.

Sale la rampa di scale di marmo nero di fronte a noi, costeggiate da una ringhiera in metallo cromato e le barriere in vetro trasparente, lievemente grigiastro. Intanto inizia a chiamare la ragazza.

« Makie! Scendi! » esclama la donna, arrivata a metà rampa.

« E' arrivato Tay?! » sento una voce provenire dal piano superiore. Aggrotto un attimo lo sguardo.

Di chi starà parlando?

« No, non ancora. È Lily! Scendi, ti sta aspettando! »

« Falla salire! »

Deborah si volta verso di me, sorridendomi pazientemente, e stringendosi nelle spalle con fare eloquente. Di rimando io le sorrido appena, avvicinandomi e iniziando a salire le scale.

Mi aspetta in cima alle scale, e quando la raggiungo indica il lungo corridoio verso di me.

« Arrivata in fondo va' a sinistra, è la seconda porta. Buon lavoro. » mi dice cordialmente, posandomi una mano sulla spalla a mo' d'incoraggiamento, prima di lasciarmi sulla soglia delle scale e scendere per andare chissà dove.

La guardo un attimo, prima di voltarmi e proseguire verso la strada che mi è stata indicata.

Cammino tranquilla, percorrendo il corridoio bianco con la moquette scura, quasi nera. Svolto l'angolo a sinistra, e tra le porte ne scorgo una aperta. È quando sono in prossimità di essa che una foto appesa alla parete attira la mia attenzione.

È un bambino, coi capelli corti e neri, il sorriso ampio, gli occhi dal taglio leggermente a mandorla, scuri ed intensi, brillanti. Resto un attimo a guardarlo. Mi sembra estremamente familiare. Ma non ho visto bambini in giro per la casa. Con una scrollatina di spalle mi costringo a scostare lo sguardo dal sorriso del bambino in foto, e arrivare fino alla porta della camera aperta.

Proprio quando sono quasi sulla soglia, vedo improvvisamente sbucare il viso di una ragazzina, dai lunghi capelli biondo scuro, la pelle ambrata, il taglio degli occhi uguale a quello del bambino in foto. Dev'essere il suo fratellino.

« Ciao! » esclama, festiva, allargando l'espressione in un sorriso ampio. Sì, ora ne ho la conferma, lui dev'essere decisamente suo fratello più piccolo. Eppure mamma non me ne ha mai parlato, chissà perchè.

Accenno un sorriso. « Ciao. » dico in risposta, cercando di essere il più sciolta possibile.

« Io sono Makena, molto piacere! » esclama lei, allegramente, porgendomi la mano. Io le sorrido, e vado a stringergliela.

« Lily, il piacere è mio. » rispondo di rimando.

« Entra pure! Spero davvero riuscirai a risolvere il mio problema! » esclama lei, che mi da le spalle ritornando in camera. Mi fa cenno di seguirla. Indossa un paio di shorts bianchi e una canotta rosa, su un corpo magro, ma formoso. I capelli sono vaporosi come quelli della mamma, e terminano in leggeri boccoli naturali.

La guardo e arriccio appena le labbra.

I miei New Rock e la mia t-shirt dei Joy Division, i miei occhiali da geek e i miei capelli rosso fragola, le mie unghie smaltate di nero e i miei bracciali dalle pietre protettive sembrano decisamente stonare col resto dell'ambiente e con lei, che comunque non sembra turbata dalla nostra differenza.

Si avvicina alla scrivania, bianca, illuminata dalla luce della tarda mattinata che penetra dalla grande finestra. Sono appena entrata in uno spaventoso mondo adolescenziale rosa shocking, e questo mi fa rabbrividire.

« Vieni pure! Staremo qui se per te va bene. » aggiunge, sorridendo ancora. Va a sedersi, e io mi avvicino a lei. Prendo posto sulla sedia girevole – rosa – accanto alla sua, posando la cartelletta sulla scrivania e la borsa accanto ai miei piedi. Mi schiarisco la voce, e mi volto un attimo a guardarla.

« Allora, dimmi, qual è il tuo problema più grave? Quale materia? » le chiedo, accennando un imbarazzato sorrisino d'incoraggiamento. Lei mi sorride a sua volta, ma con fare colpevole.

« Ehm... tutto? » risponde, con tono interrogativo. Sgrano gli occhi prima di inspirare, e andare a guardare la mia cartellina.

« Oook. » inizio a dire, aprendo la cartella ed estraendo alcuni fogli che avevo già preparato, con su una piccola lista degli argomenti da affrontare. « Quand'è che hai il test di recupero? » le chiedo, aggrottando appena la fronte, preoccupata.

« Il primo Settembre. »

« Bene. Sarà una lunga estate, preparati! » esclamo io, cercando di fare dell'ironia. Triste ironia.

Lei annuisce energicamente, e io inizio a mostrarle i moduli che ho preparato, partendo sicuramente dall'algebra. Iniziamo a svolgere gli esercizi, e man mano inizio a rendermi conto di quanto sia davvero indietro col programma.

Torno ad argomenti molto più semplici rispetto a quelli da cui contavo di iniziare, ma cerco di non perdermi d'animo subito. Intanto la guardo, la osservo. Hanno proprio gli stessi occhi. Ma chissà dov'è quel bambino? Mi ritrovo a pensarci spesso, e ognitanto mi volto verso l'ingresso della camera, sia mai che lo becchi a trottare in giro per il corridoio.

 

Intanto il tempo passa, e l'ora di pranzo s'avvicina. Sono tentata dal chiederle del ragazzino in foto, ma preferisco tacere alla fine.

Ad un certo punto Makena si stiracchia, lasciando fuoriuscire un lamentevole cenno di stanchezza. « Credo che tra poco sia pronto il pranzo. » borbotta lei, stropicciandosi un po' il viso.

« Oh, allora io torno a casa. Magari ci vediamo più tardi. » le rispondo, sollevandomi per iniziare a mettere via tutto quanto.

Subito la sua mano si posa sul mio braccio.

« Chee? Non ci pensare! » esclama lei, scuotendo il capo. « Resti qui a pranzo da noi, ovviamente! » aggiunge, convinta, con un tono che sembra non accettare repliche. Poi mi sorride, di un sorriso incoraggiante che non capisco. Io la guardo un attimo, poi mi schiarisco la voce e annuisco. Non con la sua stessa convinzione.

« Allora vado un attimo in bagno. » aggiungo a mezza voce.

Lei annuisce, e insieme ci avviciniamo alla porta della camera, dove mi indica il bagno alla fine del corridoio.

« Ti aspetto sotto, okay? » mi dice allegra, prima di sparire dietro l'angolo del corridoio.

Io annuisco, la guardo andar via, prima di sospirare a fondo e dirigermi verso il bagno, scuotendo appena il capo rosso. Sono appena a metà del primo giorno e sono già esausta.

Rimanere rigida, composta, paziente... per me è difficile, tremendamente difficile. Altrochè algebra. Mi sento in piena apnea, in questa casa che sembra uscita da un mondo che non è il mio, non lo è stato e mai lo sarà.

Trattengo una risata. Già il fatto di dover percorrere un corridoio intero per poter raggiungere il bagno mi fa ridere. Io che con mia madre abbiamo sempre diviso un bilocale. Sospiro, mentre un sorrisino permane sul mio viso. Sapevo che sarebbe stata dura, ma è evidente che mia mamma non mi aveva preparata abbastanza. Mi aveva parlato dello sfarzo e del lusso, ma non pensavo mi sarei trovata in un mondo totalmente l'opposto del mio.

Intanto sento un forte vociferare nel pian terreno, poco dopo l'arrestarsi di un'auto, probabilmente, vicino all'ingresso della villa.

Una porta, l'ultima prima del bagno, attira la mia attenzione. È completamente decorata da immagini, stampini e ritagli vari, più una fascia giallo evidenziatore con la scritta “Do not pass” che mi fa sorridere. Sarà la camera del bambino? O c'è qualche altro figlio di cui mia mamma non mi ha voluto parlare?

Entro in bagno, che è davvero tanto grande, con il pavimento in resina scura, e i sanitari bianchi. Mi avvicino ad uno dei tre lavabi, guardandomi poi nella piccola porzione dello specchio grande quanto la parete che mi riflette. Che brutta faccia che hai, Lily. Inumidisco le mani sotto il getto dell'acqua, vado a picchiettarle appena sul viso per rinfrescarmi, senza neanche togliere gli occhiali, poi vado a lavare per bene le mani. Le scuoto appena per rimuovere l'acqua in eccesso, e poi sbuffo. Mi guardo i piedi, o meglio, i piedi celati dagli anfibi, prima di portare di nuovo lo sguardo verso lo specchio.

Mi sento veramente inadeguata. Mi sento fuoriposto. Questo posto, questa casa, queste persone... non hanno niente a che fare con me.

Mogiamente, con lo sguardo basso, mi volto e vado a dirigermi verso l'uscita del bagno.

Immersa nei miei pensieri, non sento i passi, oltretutto attutiti dalla moquette, della persona che si sta avvicinando, e contro cui vado a sbattere improvvisamente, lasciando fuoriuscire un mezzo urlo. Indietreggio appena e porto istintivamente le mani avanti.

« Scu-scu-scu... » inizio a dire, e nel mentre vado a sollevare lo sguardo.

I miei occhi verdi si spalancano, e le parole mi muoiono in gola.

Davanti a me, c'è un ragazzo. Un ragazzo con la pelle ambrata, proprio come Makena. Ha i capelli scuri, corti e scompigliati. È un bel po' più alto di me, e i lineamenti sono squadrati, eppure non riescono ad essere duri, aggressivi. Le labbra sono grandi, carnose. Gli occhi hanno un taglio a mandorla, anch'essi sono scuri e profondamente, terribilmente penetranti.

Mi sta guardando, e mi sento sotto inquisizione.

Io resto ormai a boccheggiare in silenzio, non so che dire.

Temo di aver fatto un errore. Forse Makena non ha un fratellino, ma un fratellone. Un fratellone che mi è decisamente familiare. E mi basta fare due più due: sapevo che il cognome di Makena fosse Lautner... Ma io non avrei mai pensato a quella famiglia Lautner. Mia mamma lo sapeva.
Mia mamma la pagherà.

È la prima volta che il mio sguardo incrocia il suo, e se ho avuto fatica a scostarlo dalla sua foto da bambino, mi è totalmente impossibile farlo ora, che ce l'ho a meno di un metro di distanza.

Ed è proprio la voce della ragazza che rompe il silenzio.

« Taylor! » esclama, avvicinandosi, con un sorriso luminoso.

Lui si volta verso di lei, e le sorride, apertamente. Ed io resto lì, in silenzio, a guardare quel sorriso che mi ha già spiazzata.

« Makie » inizia a dire lui, facendo vibrare le corde vocali. Mi mordo il labbro inferiore. Sono in alto mare. Lui mi indica col pollice, accennando una risatina. « Ma chi è sta scema? » le chiede lui, con fare allegro e spontaneo. Io spalanco gli occhi, e la bocca in seguito.

Makena non fa in tempo a riprendere il fratello, che subito io sbotto ad alta voce.

« Prego?! » esclamo, protendendomi appena verso di lui. « Chi sarebbe la scema, scusa?! » aggiungo, allungandomi verso di lui.

Taylor di rimando mi guarda un attimo, poi mi sorride, divertito. Ah, si sta divertendo.

« Che razza di faccia di... » inizio a dire io, poi mi blocco. Lo sorpasso, scalpitando con gli anfibi sulla moquette. Makena inizia a seguirmi, da parte di lui mi pare solo di sentire una risata divertita, il che mi fa innervosire ancora di più. Entro in camera, raccolgo la borsa, ritorno verso il corridoio. Non do retta alla ragazzina che cerca di fermarmi.

« Che poi, a me Twilight fa pure cagare! » sbraito in direzione della fine del corridoio, dove il ragazzo non c'è più, lasciando spazio alla porta aperta della camera che prima aveva attirato la mia attenzione. Volto le spalle alla direzione verso la quale ho appena urlato senza remore, dirigendomi velocemente verso le scale, e l'uscita della villa.

Ecco.

Io gliel'avevo detto a mia mamma che tutto questo non era una buona idea.




*-*-*




Salve! Spero vi possa interessare questa nuova Fan Fiction, nata dopo un sogno delirante d'inizio estate.
Fatemi sapere!

Un bacione.

   
 
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