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Autore: alister_    29/06/2012    3 recensioni
Darebbe qualsiasi cosa per tornare indietro di dieci anni, quando ancora suonavano in piccoli locali della loro città natale, davanti a un pubblico di un centinaio di persone al massimo; quando, alla fine di ogni esibizione, andavano a bere qualcosa con Yasu, Ren e gli altri membri dei Brute, e Takumi passava ore a lamentarsi di questa o quella imprecisione, venendo spesso e volentieri a botte con il chitarrista di turno.
La Reira del presente, tra solitudine e rimorsi.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Reira Serizawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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N/A: Scritta per la Notte Bianca V di maridichallenge, con prompt Piercing al labbro. La storia è ambientata nel futuro/presente, e si rifa alle informazioni che la Yazawa ha dato al riguardo: Reira vive a Londra, mentre Shin è diventato un attore.


Ad Aika e Fiery,

che si auguravano scrivessi una Reira/Shin <3



Il chiacchiericcio di quel pub vicino a Piccadilly è un sottofondo piacevole: la fa sentire meno sola.

Reira rimescola con la cannuccia il suo drink, nel suo posto solitario accanto alla finestra.

Indossa un capello, retaggio di una vecchia abitudine a camuffarsi per uscire. Continua a farlo anche ora che non ce n'è più bisogno – ora che è dall'altra parte del mondo e nessuno la conosce – forse per un semplice e istintivo desiderio di continuità con un passato troppo lontano.

Il locale è moderatamente affollato, come si conviene a un giovedì sera. Il cameriere che l'ha servita le ha lanciato solo un'occhiata perplessa, ma non ha fatto domande. Le piacciono gli inglesi: sono educati, e non hanno la più pallida idea di chi sia. La lasciano in pace.

Aleggia un clima di allegria che quasi le fa stendere gli angoli della bocca in un sorriso. Le piace sentire parlare inglese: la fa sentire a casa e, allo stesso tempo, lontana da tutti i ricordi dolorosi che la legano al Giappone.

Cattura distrattamente i discorsi sull'ultima partita di calcio dai ragazzi seduti al tavolo più vicino al suo, sorride notando una giovane coppia seduta al bancone scambiarsi un bacio – e non riesce a reprimere una fastidiosa fitta di gelosia.

Poi l'occhio le cade sul piccolo palco in via di allestimento, dall'altra parte del pub. C'è un gruppo di ragazzi che armeggia con amplificatori e chitarre.

Uno di loro impreca a denti stretti in direzione del proprietario del locale, mentre un altro si infila una sigaretta tra le labbra, venendo prontamente redarguito da un cameriere di passaggio. C'è un ragazzo biondo alla batteria, che sistema i piatti scostandosi ciocche di capelli dalla fronte già sudata.

E' come un deja-vu.

Sono giovani, giovani e belli, e suonano per il gusto di farlo – perché amano la musica e perché amano divertirsi – e Reira li invidia da morire.

Darebbe qualsiasi cosa per tornare indietro di dieci anni, quando ancora suonavano in piccoli locali della loro città natale, davanti a un pubblico di un centinaio di persone al massimo; quando, alla fine di ogni esibizione, andavano a bere qualcosa con Yasu, Ren e gli altri membri dei Brute, e Takumi passava ore a lamentarsi di questa o quella imprecisione, venendo spesso e volentieri a botte con il chitarrista di turno.

Non era felice, all'epoca. C'erano tante piccole cose che non andavano nella sua vita, ma indossava ancora la divisa del liceo, e il sentirsi così giovane la riempiva di sogni e speranze.

Ora non vede più un futuro carico di promesse davanti a sé; riesce a scorgere solo il vuoto di tutto ciò che ha perso, e di tutto quello che non ha mai avuto – ora è consapevole che non lo avrà mai.

Il ragazzo con la sigaretta si avvia verso l'uscita, per poter fumare in santa pace prima del concerto.

Di tutto il gruppo, è il più minuto. Le maniche del cardigan a righe sono troppo lunghe, quasi coprono le dita che giocherellano con l'accendino.

Quando le passa accanto, Reira nota che ha un piercing sul labbro, e la somiglianza per un momento si fa così intensa da farle male.

Chissà se suona il basso.

Annega un sorriso carico di amarezza nel suo drink, assieme al pensiero di offrire una mazzetta di sterline a quel ragazzo per passare la notte con lei. Ormai è vecchia per certe cose – e lui non somiglia più di tanto a Shin. Non al Shin di adesso, almeno.

In effetti, non sa neppure se porti sempre il piercing al labbro. Nei drama in cui l'ha visto – unici dati in suo possesso per constatare quanto sia cresciuto e cambiato in quegli anni – non lo aveva, ovviamente, così come non aveva i tanti orecchini.

Di Shin ormai non sa proprio più niente.

Se solo lui le scrivesse, o la chiamasse, di tanto in tanto, le basterebbe. Le sarebbe sufficiente sentire la sua voce, sapere che la pensa, che ancora si ricorda di lei, per svegliarsi meno triste.

Un'email sul tempo in Giappone, sulla nuova sceneggiatura da imparare, sulla testa pelata di Yasu che non cambia di una virgola anno dopo anno, e sarebbe, se non felice, di sicuro meno sola e consumata dai ricordi di un passato che non si lascia cambiare.

Invece, l'unica cosa che ha di Shin è la certezza che dita diverse dalle sue stanno accarezzando il suo labbro inferiore come molte volte ha fatto lei, che un'altra bocca sta giocando con quel piercing che le piaceva così tanto – sempre ammesso che lo porti. E sarebbe anche capace di sopportarlo, se sapesse che si tratta di mero sesso, di istinti maschili da soddisfare per poi tornare a pensare a lei, principessa lontana, ma purtroppo non è così.

Perché Shin non ha mai chiamato. In tutti quegli anni, neppure una telefonata, un'email, a testimoniare una minima volontà di chiarire equivoci sorti quella che ora sembra una vita fa.

Reira tira fuori dalla borsa il cellulare, scorre la rubrica, fino a soffermarsi sul suo numero.

Hachi lo ha dato a Takumi, Takumi lo ha dato a lei, e lei ha risposto con una risata sprezzante e uno sguardo ferito, ma l'ha comunque accettato, e fissato migliaia di volte senza mai premere il tasto di chiamata.

Anche stasera è così. Reira lascia che gli occhi si perdano su quel nome, fino a scomporne e ricostruirne i caratteri, ma non chiama. Che cosa potrebbe dire, dopo tutto quel tempo, senza dimostrare di essere rimasta la solita donna egoista che desidera solo colmare la propria solitudine, senza curarsi dei sentimenti altrui?

Aspetterà, decide riponendo il telefono. Continuerà ad aspettare – ad illudersi – che sia lui a chiamare, perché non ha mai scordato le parole di quel vecchio messaggio, e ancora attende Junichiro.

Probabilmente aspetterà per sempre, ma non le importa: non ha nulla da perdere.

Il ragazzo rientra nel locale, sorride ai compagni che già si sono posizionati sul palco.

Poi afferra la chitarra e si avvicina al microfono.

“Buonasera a tutti! Noi siamo i Red Eyes!”

Reira applaude educatamente, inclinando il capo interessata.

La prima canzone è una cover dei Nirvana. Anche se il cantante e chitarrista non è all'altezza del suo adorato Kurt Cobain, si muove sul palco con una tale vitalità da farle venir voglia di alzarsi e mettersi a ballare, e gli altri membri del gruppo si scambiano le stesse occhiate complici che tante volte ha condiviso con Ren.

Se ancora avesse una band così, è sicura che le tornerebbe la voglia di cantare.

   
 
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