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Autore: Holly Rosebane    01/07/2012    16 recensioni
Perché facevo sempre così? Mi passai stancamente la mano sul volto, quasi a voler cancellare tutto quello che vedessi.
Ma non ci riuscii.
Lei era ancora lì, il respiro regolare, l’espressione serena,
i lunghi capelli scuri che le ricadevano dolcemente sul volto.
Ma lei non era te.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Drowning

 
 


“I’ll be drowning,
In our memories…
I’d rather be there… than here”

 
 
 

Mi voltai verso la ragazza che riposava tranquilla accanto a me.
C’era solo il bianco lenzuolo del letto dell’albergo a coprire il suo corpo. I ricordi della nottata appena trascorsa mi travolsero come un’onda. Una gigantesca e soffocante onda.
 

Maledizione.

 
Perché facevo sempre così? Mi passai stancamente la mano sul volto, quasi a voler cancellare tutto quello che vedessi. Ma non ci riuscii. Lei era ancora lì, il respiro regolare, l’espressione serena, i lunghi capelli scuri che le ricadevano dolcemente sul volto.

Ma lei non era te.

 
Scostai piano il lenzuolo, facendo attenzione a non svegliarla, e mi alzai. Raccattai i miei boxer e i pantaloni sparsi sul pavimento, indossandoli. Avevo bisogno di aria fresca.
Aprii le imposte del balcone, uscendo fuori. Erano le cinque del mattino, l’aurora sfiorava i grattacieli di Brooklyn con le sue dita rosate, addolcendo i contorni di tutto ciò che guardassi. E mi venisti in mente tu.
 

Perché quella ragazza che giaceva nel mio letto ti somigliava, aveva la tua stessa voce, mi stringeva allo stesso modo… ma ero così confuso,
perché non ti somigliava per nulla.

Ed ecco che annegavo di nuovo. Sì, annegavo.
Annegavo nei ricordi.
Quanto avrei voluto essere lì, nella mia memoria di te, piuttosto che qui.

 
A cosa mi serviva esibirmi la sera, trovare una ragazza identica a te e portarmela a letto, quando sapevo perfettamente che non eri tu?
 

Ieri, ieri. Era lì che credevo fossero finiti tutti i momenti passati insieme.

 
Troppo lontana dai miei occhi, dalle mie mani, da me. Tirai fuori dalla tasca dei jeans il pacchetto di sigarette e l’accendino. Estrassi una Lucky Strike, me la portai alle labbra.
Il rumore dello scatto dell’accendino mi riempì le orecchie per lo spazio di un respiro, incendiando l’estremità della sigaretta con la sua fiamma. Quante volte mi avevi detto di non fumare, e io scuotevo la testa, facendo finta di nulla. Sorrisi, sarcasticamente.
Rimisi a posto pacchetto e accendino, e strinsi l’esile Lucky Strike fra indice e medio. Sbuffai, il fumo grigiastro filtrò la mia vista del ponte di Brooklyn. Avrei dovuto scusarmi con quella ragazza, perché l’avevo usata.
 

Mi mancavi tu, quella vera.
Ero stanco di nuotare nel mare della amnesia, giusto per poter catturare una stilla della te che ricordavo io.
Non volevo un salvagente.

Saremmo riusciti a salvare quell’amore?
Se la risposta sarebbe stata “no”, avresti dovuto lasciarmi qui… a respirare i momenti che non volevo lasciare andare, a vivere grazie a loro.

Quanto vorrei che tu tornassi quella di prima.
La te che mi amava.
Maledizione.

 

Aspirai una boccata della sigaretta, trattenendo per un istante il fumo, e poi buttandolo fuori, piano. Così mi sarei bruciato i polmoni. Non che me importasse poi tanto.
A che mi serviva essere Conor Maynard se non potevo avere te?
 

L’unica cosa che ero capace di fare, era annegare. Annegare. Nei nostri ricordi.

 
L’aria fresca del mattino non stava sortendo l’effetto sperato. Come se fosse bastato un soffio di vento per buttarti fuori dalla mia mente. Potevo tirare giù il mondo con le mie rime, scuotere palazzi con i miei bassi… ma non potevo dimenticarmi di te.
Del modo in cui sorridevi quando ti guardavo. Della tua risata. Dei tuoi capelli fra le mie dita. Delle tue mani strette alle mie. Del tuo profumo. Dei tuoi occhi gentili. Del modo in cui pronunciavi il mio nome.
«Conor…»
La ragazza di prima si era svegliata.
Era alle mie spalle, abbracciandomi dolcemente. Sentivo il suo corpo contro il mio, pelle contro pelle, fuoco sul ghiaccio. Mi baciò gentilmente la spalla, sfiorandola con le labbra.
 

Sembrava te.
Parlava come te.
Sapeva di te.
Ma ero così confuso… perché non eri tu. Annegavo di nuovo.
Sprofondavo, sì, annegavo. Nei ricordi te.
Quanto avrei preferito essere lì… che qui.

 
Spensi la sigaretta sulla ringhiera del balconcino, e la gettai di sotto. Tanto, chi sarebbe passato all’alba? Infilai la mano nell’altra tasca posteriore, e presi il portafogli. Tirai fuori quattro banconote da cento dollari, e lo rimisi a posto.
Dovevo in qualche modo ripagarla. Perché per tutto il tempo, non avevo fatto altro che pensare a te. Avevo urlato il tuo nome. E non era lo stesso di quella ragazza.
Infilai le banconote nell’elastico dei suoi slip e lei mi lasciò andare, fissando quei soldi confusa. Tornai dentro, cercando il resto dei miei abiti, che per la foga avevo lanciato ovunque, la scorsa notte.
Trovai la maglietta nera poco lontana dal letto, la felpa grigia appallottolata sul tavolino basso attaccato al muro. Li indossai in fretta. Volevo lasciarmi alle spalle quei momenti il più presto possibile.
«Ma io…»
«Tienili» dissi alla ragazza, che era ferma sull’uscio del balcone, con le banconote fra le mani.
«Non posso accettarli» rispose, fredda. La guardai. Era bella, proprio come te.
Grandi occhi nocciola, labbra carnose, viso da bambola. Formosa e bassina, avrà avuto massimo diciott’anni. La luce mattutina rifiniva i contorni del suo corpo seminudo, in controluce.
Quel corpo che avevo stretto fra le braccia neanche troppe ore fa, che mi ricordava tanto il tuo…
«Dovresti» commentai, appoggiandomi la felpa sulla spalla, mantenendola con un dito. «Passare una notte con me non è così esaltante come sembra. Con quelli potrai fare quello che vuoi, e dimenticarmi».
«Conor, io non voglio dimenticarmi di te» disse, scandendo bene le parole. Mi voltai. Non volevo che vedesse l’ombra del sorrisetto che mi piegava le labbra.
«Non so nemmeno come ti chiami. Sicura di voler ricordare un tipo come me?» Le chiesi, e mi avviai verso la porta.
«Madison» pronunciò, con un filo di voce. «Mi chiamo Madison».
Strinsi le dita attorno al pomello, e chinai il capo, mordendomi il labbro.
Non era il tuo stesso nome. Non era la stessa persona. Non eri tu.
«Addio, Madison. Scusami per questa notte».
Mi richiusi la porta alle spalle, e scesi di sotto.
Prendere una camera dal costo esorbitante solo per una notte era stata una follia. Giocare con i sentimenti di quella ragazza era stata una follia.
Uscii dall’hotel, senza rispondere alla ragazza alla reception che mi chiedeva se fossi davvero Conor Maynard.
No, non lo ero.
Ero un ragazzo che annegava nei ricordi.
 

Annegherò, annegherò…
Annegherò,
Nei nostri ricordi.
Annegherò,
Annegherò,
Annegherò…
Nei nostri ricordi.
Preferirei essere lì… che qui.





 

Holls' Corner!:


Here I am, again!!
Questa volta, la mia OS è su Conor Maynard...! Noto che non c'è ancora una sezione propriamente dedicata a lui... peccato, perché secondo me è un ottimo personaggio, per le fan fiction!!
Comuuunque... ho scritto questa storia attorno alla sua canzone omonima, e le parti in corsivo sono prese proprio dal testo originale, tradotte e adattate!!
Che dire? Spero che vi piaccia! Ho cercato di rendere il momento più verosimile possibile, o almeno per quanto riguarda le scene che ho visualizzato nella mia mente!!
Vi lascio con una gif di Conor, ricordandovi che sarei molto felice di conoscere le vostre opinioni su questa OS, e i vostri pareri!
Vi ringrazio in anticipo anche solo per averla letta e basta, per averle dedicato qualche momento della vostra attenzione!
Alla prossima!




   
 
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