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Autore: Kimynaky    02/07/2012    0 recensioni
In una città futuristica in decadenza post guerra civile, una ragazza 17enne capo di una gang di strada ha dichiarato guerra alla mafia locale per via di vecchi rancori. Così organizza una "spedizione punitiva" mirata a derubare un locale in mano ai mafiosi, ma qualcosa va storto....
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-I-

Il buio della notte era tetro, come sempre in quella parte di periferia dimenticata. L'ombra del vecchio ponte troneggiava sul quartiere lugubre e dispotica. Ada, avanzando silenziosamente insieme al gruppo gettò un'occhiata a quell'ombra imponente, non potendo fare a meno di pensare che quel ponte, per qualche ragione misteriosa, restava un punto cardine attorno al quale giravano gli eventi, come un oggetto emblematico che ogni volta la richiamava a sé.

Kim le sfiorò un braccio, risvegliandola dai suoi pensieri.

“Ehi Ada, ci siamo”

Il gruppo aveva raggiunto un punto della riva che sembrava essere stato un piccolo approdo. Le sei persone – Ada, Kim e quattro agenti della Resistenza – erano tutte dotate di mute subacquee, e senza indugio si buttarono nell'acqua nera.

Un vortice di acque nere avvolse il corpo di Kim, sembrarono quasi inghiottirlo, avide.

-II-

La parata iniziò il suo percorso. Da Piazza Castello, dove avevano sede gli uffici governativi, si sarebbe diretta verso la Torre dell'Alto Comando attraversando le vie principali della città.

Sergio aveva infervorato le folle con un discorso pieno di retorica ed emotività, e ora il corteo in festa partecipava ai sontuosi balli che seguivano il carro celebrativo che trasportava Sergio e i giustizieri.

Si preparavano a giustiziare i Dragon-flies.

La folla, accecata, era convinta che fosse giustizia invece che un macello, e inneggiava, danzava, acclamava quella “giustizia”. E per un istante si illudevano che davvero tutto sarebbe cambiato col sacrificio di quelle vite. Come i loro antenati, quando bruciavano al rogo le streghe per porre fine alla siccità.

Il corteo infine giunse alla Torre: il popolo restò nel piazzale mentre dei grandi schermi trasmettevano tutto quello che stava succedendo sulla sommità, che era bardata a festa e dove era stato preparato un podio e il plotone d'esecuzione. Tutti i canali televisivi erano pronti a trasmettere in mondovisione l'esecuzione dei famigerati attentatori alla sicurezza pubblica, gli ingrati che voltavano le spalle al Sistema che tanto provvedeva all'intera popolazione dell'Impero di Petra. Il Generale, dall'alto del suo carisma capace di influenzare le masse, appariva in tutto il suo splendore, complice l'Alta Uniforme e uno sguardo apparentemente sincero. Mille luci illuminavano la Torre, e una folla infinita, ai suoi piedi, acclamava l'evento quasi fosse una festa di gala. Mediagogia, il termine clonato dalla fantomatica Opposizione (il cui più grande esponente era la Resistenza), derivato da una controversa frase del Generale: “Datemi i media, e conquisterò il Mondo”.

La sorveglianza quella sera era più che serrata: aeroblindi sorvegliavano la piattaforma della Torre, luogo dell'esecuzione, mentre nel piazzale sottostante non volava una mosca che sfuggisse al controllo degli Operatori alla Sicurezza (un team di cento persone che controllava ogni telecamera, pronti a ogni evenienza potendo attivare altrettante torrette di controllo premendo un semplice tasto). Tutto era pronto per lo show.

-III-

Nel frattempo, non molto lontano dalla festa mediatica, un gruppetto di subacquei nuotava indisturbato nel fiume. La maschera a infrarossi di Kimberly scandagliava efficiente il fondale, indicando grazie a un piccolo display la direzione da seguire. Gli altri nuotavano poco più avanti di lei, e gradualmente all'orizzonte comparve una grande caverna che sembrò invitarli a entrare. Era lì che erano diretti.

Silenziosamente i sei sub entrarono nel tunnel che una volta era stato l'unico ingresso per la più famigerata prigione conosciuta.

-IV-

All'interno della Fortezza, in una stanza adibita a ufficio, Slaughter camminava nervosamente avanti e indietro. Masticava un sigaro senza rendersene conto, e non si capiva se la sua rabbia sarebbe esplosa o se lui sarebbe riuscito a domarla.

“La folla è là fuori Frank, ma io non ho nessuna testa da mostrare” ringhiò con rabbia.

“Nelle prigioni ci sono quasi trenta persone da giustiziare!” replicò Frank

“QUELLE PERSONE NON SONO NULLA SENZA IL LORO CAPO!! E' IL LORO CAPO CHE VOGLIO!”, sbottò il boss: la rabbia aveva prevalso.

“Sono stati addestrati bene. O sono stati scelti bene. Il fatto è che nessuno parla” rispose nervosamente Frank

“Sai che significa Frank? Lo sai che significa questo?” disse Slaughter con tono inquietante

“Significa che è la Resistenza che li manda. Significa che il Generale non è contento di questa storia. E sai cosa pensa? Che il capo dei famigerati Dragon-flies possa essere un traditore..." Slaughter avvicinò minacciosamente il suo volto a quello di Frank: "Dimmi Frankie, si nasconde un traditore tra di noi?", sibilò.

Un lampo di terrore attraversò gli occhi scuri di Frank.

-V-

In breve tempo la spedizione raggiunse la prima guardiola.

“Prima tappa raggiunta Red Fox” disse Mike Abrahams, il coordinatore della spedizione, nell'interfono.

Tutti e sei salirono sulla banchina, all'asciutto, e subito Kim capì che lì, dopo Brian, c'era già stato qualcun altro.

“Ada, Brian aveva detto che era tutto buio quando è venuto qui”, sussurrò Kim.

“Hai ragione! Chi ha acceso le luci?”, rispose Ada sempre sussurrando.

Abrahams si girò bruscamente verso le ragazze:

“Che avete da bisbigliare?”

“Penso che ci sia qualcosa che non va, signore”, rispose Kim per nulla intimorita dai modi bruschi “Se questo è un tunnel dimenticato da tutti, chi ha acceso le luci?”

“non ho tempo per queste idiozie” replicò Abrahams voltandole la schiena

“Non sono idiozie, qui c'è qualcuno!” protestò testarda Kim.

Abrahams si rigirò verso di lei fulminandola con lo sguardo, le vene del collo gli si ingrossarono e sembrò ancora più imponente di quanto già non fosse.

“Senta signorina Nakiwata, lei non dovrebbe nemmeno essere qui, quindi o fa esattamente quello che le dico o la rispedisco a riva!”, tuonò.

Kim ricambiava fieramente lo sguardo dell'ex militare, e per un attimo la tensione raggiunse livelli altissimi. Ma proprio un attimo prima che Kim potesse rispondere, Ada le sussurrò dolcemente:

“Lascia perdere Kim... pensa ai Dragon-flies..”

I suoi amici stavano subendo chissà quali torture. Questo unico pensiero permise a Kim, per una volta, di mettere da parte l'orgoglio.

Il piccolo gruppo avanzò ancora per un bel pezzo, finché non giunse a una seconda guardiola.

“Siamo all'ingresso della tana, Red Fox” comunicò Abrahams.

Bene, tra cinquanta metri troverete l'esplosivo già posizionato”, disse Red Fox con voce gracchiante. Poco più avanti, infatti, un'antica galleria otturata dai detriti era stata bardata di lucine rosse, che indicavano la presenza di mine sofisticatissime, armi top secret del governo spodestato dal Generale Sergio.

Un lavoro da professionisti pensò Ada, che non sapeva bene quando e come, ma era sicuramente un'intenditrice di esplosivi.

“Che sono queste lucine?” chiese Kim all'amica, notando il suo occhio esperto.

“Si tratta di mine ultrasofisticate, che causano un'implosione della materia: in sostanza sgretolano la roccia senza quasi far rumore”, rispose Ada.

“PREPARARSI ALL'ATTACCO, TUTTI IN POSIZIONE!”, ordinò Abrahams.

-VI-

Mentre nella piazza principale si stava consumando il circo mediatico, Sole Nakiwata era rimasta in uno degli uffici all'interno della torre. Stava controllando dei documenti quando si accorse dell'ora. Il viso inespressivo della ragazza non adombrava l'eleganza con cui era vestita: alta, bellissimi capelli biondi raccolti in un'acconciatura elaborata, corpetto elegante anche se relativamente semplice e una gonna dorata cangiante che le arrivava appena sopra il ginocchio. Non era solita a serate mondane, nemmeno ai vestiti vezzosi, ma Sergio ci teneva molto alla forma nelle serate di gala come quelle delle esecuzioni. Tra meno di un'ora sarebbero state stroncate una trentina di giovani vite, con il massimo dell'infamia concepibile, tra il ludibrio del pubblico che osservava come se stesse osservando un festival gioioso. Se lei avesse provato qualcosa al riguardo, era molto brava a nasconderlo. I documenti che stava consultando riguardavano le famiglie dei ragazzi, il rapporto sulle varie irruzioni e i certificati di deportazione. Una volta controllato che fosse tutto a posto, Sole prese le chiavi del locale prigioni: avrebbe ascoltato le ultime richieste dei condannati a morte.

Nello scendere le scale, si assorse nei suoi pensieri, e tornò con la mente a poche ore prima: sentiva ancora rimbombare nella sua testa una frase...

Trovala; e appena la trovi, uccidila.

Improvvisamente Sole tornò alla realtà: qualcosa non quadrava. Non aveva incontrato nessuna guardia, per protocollo all'ingresso delle prigioni ce n'erano sempre almeno due... Sole guardinga impugnò la pistola laser che aveva nascosto sotto i vestiti, e con molta cautela avanzò nel buio più totale.

Si irrigidì. Pensò a quanto fosse stata stupida a non portarsi una trasmittente: ora non avrebbe potuto chiedere aiuto a nessuno.

Sta succedendo qualcosa....

Chiedendosi se fosse il caso di tornare indietro o andare avanti, Sole ricordò che a metà di quel corridoio c'era un interfono, pochi metri più avanti.

Devo assolutamente dare l'allarme!

Procedette fino alla prima porta e si girò di scatto puntando l'arma: nessuno. Avanzò ancora di qualche passo, fino alla porta successiva. Si girò ancora una volta puntando l'arma, e stavolta vide chiaramente un intruso rovistare tra i documenti facendosi luce con una torcia.

“Metti le mani ben in vista e voltati lentamente!”,

ordinò. La persona alzò le mani tenendo ben stretta la torcia, così che quando si voltò gettò il fascio di luce negli occhi di Sole, accecandola.

Nell'attimo stesso in cui Sole distolse gli occhi l'intruso le venne addosso con tutto il peso cercando di scansarla per fuggire, ma Sole non cedette il passo; cercò di allontanarlo con un pugno per poter di nuovo puntargli la pistola contro ma il losco figuro con una manata le fece perdere la presa sulla pistola, che cadde sul pavimento. Avvinghiati in una lotta forsennata, i due non si erano resi conto di non essere più soli.

Sole sentì delle mani forti prenderla per le spalle e separarla dall'aggressore, e qualcun altro accese la luce. Un uomo in tenuta mimetica teneva ferma Sole, e un altro vestito in modo identico teneva fermo l'intruso.

“Lasciatemi!”, ordinò Sole dimenandosi, ma non venne esaudita. L'aggressore, prima estremamente combattivo, ora la guardava attonito.

Sole lo guardò meglio e pietrificò.

“KIMBERLY!”

Per un istante le due sorelle si fissarono incapaci di qualsiasi reazione, qualsiasi parola, qualsiasi pensiero.

In quel momento entrò un altro uomo, che sembrava essere il capo:

“Che sta succedendo?”, chiese ai suoi sottoposti, ma Kimberly, senza smettere di fissare la sorella, sibilò glacialmente:

“HAI UCCISO MIO PADRE DISGRAZIATA!!!”

Quello che sembrava essere il capo esclamò stupito, girandosi verso Sole:

“Sole? Sei tu?!?”

Sole non fu capace di rispondere, le lacrime iniziarono a confonderle la vista e scendevano copiose.

Kimberly si divincolò dall'energumeno che la tratteneva e cercò di aggredire la sorella, venendo però bloccata di nuovo dal capo.

“Alan lasciami vendicare mio padre tu non sai chi è lei!”, protestò la ragazza. Alan non si lasciò convincere ma disse:

“So perfettamente chi è, ora non è tempo né luogo, i miei soldati stanno liberando i tuoi amici e presto attaccheranno il resto della fortezza. Ma tu sei troppo sconvolta adesso, rischi di mandare all'aria il lavoro di anni!” Le disse fissandola negli occhi.

Kim cercò di sostenere lo sguardo senza cedimenti, ma sebbene non li distogliesse da quelli di Alan, i suoi occhi si riempirono di lacrime.

Entrò nella stanza un altro soldato a rompere il silenzio:

“I Dragonflies sono liberi. Aspettiamo il tuo via per procedere con la seconda parte del piano!”

Alan si rivolse a Sole: “Sole, dove sono i documenti delle deportazioni dei parenti dei Dragonflies?”... ma Sole era sotto shock. “Sole è importante, dove sono i documenti??”

Come in trance, stavolta la ragazza rispose: “Nell'ufficio 136”

Alan fece cenno al soldato che era appena entrato, che non ebbe bisogno di altro. Poi si rivolse ai due che avevano separato le sorelle: “Johnson, Carter, scortate Kimberly e Sole fino al tunnel. Io recupero Ada e ci vediamo lì”

Mentre Kimberly veniva portata fuori dalla stanza sentì Alan parlare alla radiotrasmittente: “Golpe in atto, golpe in atto! Fate entrare l'esercito”

Alan trovò Ada, che stava riabbracciando alcuni dragonflies, la chiamò e le disse di seguirlo. In men che non si dica raggiunsero Johnson, Carter, Kimberly e Sole. Kimberly, ancora frastornata, vide i suoi Dragon-flies ora liberi, armati dalla resistenza, prendere posizione per partecipare alla conquista della torre. In quel momento sentì un tuffo al cuore.

Coraggio ragazzi. Fate vedere come vi ho addestrato bene!

Alan guidò il gruppo a ritroso, attraverso il tunnel che portava al porto, mentre un numero indicibile di soldati continuava ad affluire verso le prigioni.

“Aspetta Alan!”, disse Kimberly fermandosi.

“Anche io voglio combattere”

Alan scosse la testa.

“Non se ne parla Kim. Tra breve qui si scatenerà il finimondo e devo portarti in salvo!”

“Che cosa?? Ma mi hai guardato bene in faccia? Sono anni che aspetto questo momento e non accetto di starmene in panchina a guardare!”, protestò Kim

“Ho fatto un giuramento a tuo padre, e chi decide sono io. Tu verrai con me!” E detto questo Alan la trascinò verso il molo.

“Alan lasciami! Voglio combattere! E poi non possiamo tornare tutti attraverso il tunnel, le mute non sono sufficienti! E come facciamo con quella feccia al piede?”, disse Kim indicando la sorella.

Sole a questo insulto alzò la voce e cercò di rispondere alle offese, al che

Alan, preso dal nervosismo, cominciò a inveire contro le ragazze, quando Ada ebbe un flash:

“Io so come fare!”

Alan rimase senza parole e la guardò incredulo: “che cosa hai detto?”

“Seguitemi”

Il gruppo, perplesso, seguì la ragazza verso un angolo della banchina, un po' in ombra, dove giacevano delle cataste abbandonate.

“Qui sotto c'è un natante che ci porterà fuori di qui!”

I soldati guardarono Ada come se fosse pazza, Alan si infuriò ancora di più.

“Ti sembra il momento di scherzare? Tra poco qui sarà un inferno, e io devo portarvi fuori di qui!”

Ada non ascoltò ragioni. Prontamente cominciò a spostare legni e detriti vari.

“E' l'unico modo per uscire di qui. Vi dico che il natante c'è!”

“Come fai a saperlo? Nessuno sapeva dell'esistenza di questo tunnel a parte gli ingegneri che ci hanno passato le mappe per ideare la missione. Che hai, le visioni?”, concluse sarcastico.

“Sì!”, rispose imperturbabile Ada.

Kimberly, seppur ancora sconvolta, intervenne in aiuto dell'amica:

“Ada non parla mai per nulla. Se dice che lì sotto c'è un mezzo di trasporto, io le credo!”, disse, e senza indugio andò ad aiutare l'amica.

I soldati erano in forse. Erano spiazzati dalla sicurezza di quella ragazzina, e l'avrebbero anche aiutata, se Alan fosse stato d'accordo. Ma era evidente che fosse estremamente contrariato. Stava per ordinare perentoriamente alle due amiche di smettere, quando da sotto le cataste si intravide un telo.

“Eccolo! E' sotto questo telo, aiutatemi a toglierlo!” esultò Ada

Alan continuava a osservare scettico, ma infine fece cenno ai suoi uomini, che aiutarono le due ragazze.

Sotto, una lamiera lucente brillò alla luce per la prima volta dopo tanto tempo.

I soldati sussultarono e con rinnovata baldanza liberarono del tutto il trabiccolo dalle macerie. Alan, definitivamente allibito, balbettò:

“Ma funziona?”

   
 
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