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Autore: AngelOfSnow    03/07/2012    3 recensioni
Fa parte della serie "I Belong To You. You Belong To Me", spero vi piaccia!
Dal capitolo:
Si misero uno davanti all’altro sul ring e si sorprese nel vedere tutti in tuta da box con guantoni inclusi, tranne Hikari, che aveva mantenuto la divisa bianca.
"Sarà una sfida impari, questa."
Continuò Hikari, indicando le persone alle sue spalle.
"Avrò modo di dare il cambio a qualcuno semplicemente toccandogli la mano quando mi sentirò stanca. Tutti lotteranno, stanne certo, e se anche uno di loro ti batterà, sarà in grado di decretare la tua sconfitta..."
Sbuffò infine con un sorriso tirato sul volto. "Io manterrò i tuoi stessi abiti, quindi scomodi per chi non pratica da una vita la lotta libera... ho pensato che potessero mettersi comodi. Cominciamo?"
Quasi sorrise, Kei, nel vedere la furbizia aleggiare nello sguardo della ragazza che amava e strinse il nodo della cravatta fra due dita, prima di tirarla del tutto via e gettarla in aria, alle sue spalle. Era stanco, dannatamente stanco, ma non avrebbe ceduto e avrebbe vinto a qualsiasi costo.
"Cominciamo."
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Belong To You. You Belong To Me. '
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Se mi lasci così...
 

 

Hikari adorava poter passeggiare tra le fronde della grande serra che era la sua classe.
Gli piaceva  sentire soprattutto lo scrosciare lento e pacato delle foglie l’una sull’altra.
In qualche modo, sapeva che si sarebbe rilassata, lo percepiva e se ne beava silenziosamente poggiandosi contro il tronco di un albero.
Se doveva essere sincera, gli piaceva anche il venticello contro il viso che le scompigliava appena i capelli lisci e corvini vicino al volto.
Sospirò tranquilla e chiuse gli occhi, abbandonandosi completamente contro la superficie ruvida del legno, per lasciarsi scivolare in posizione fetale.  Con uno scatto secco chiuse il libro che teneva in grembo e lo poggiò al suo lato, conscia che a quell’ora nessuno l’avrebbe disturbata.
<< Che bello... >>
Mormorò e ascoltò in silenzio il continuo canto di una cicala nelle vicinanze, a sottolineare il periodo estivo in cui si trovavano.
 
Sono passati sei mesi...
 
La scuola sarebbe presto finita e con lei tutte le avventure che avevano caratterizzato  quella classe così speciale. Arrossendo, si ricordò di tutti gli avvenimenti che erano accaduti per colpa di quel Kei da strapazzo e mormorò qualcosa di non definito, solo per il gusto di blaterare a vanvera e scacciare quella sensazione di nervosismo.
Sospirò una seconda volta contemplando anche, nel buio dei suoi occhi chiusi, il volto perfetto del proprio ragazzo con una nota di malinconia: le cose non andavano più bene.
Non andavano più bene e non sapeva se la colpa era la propria oppure no, se aveva fatto qualcosa per offenderlo o se era solo uno dei “periodi no” del proprio ragazzo, che sembrava sempre più scostante e facilmente irritabile, specialmente con lei e con i suoi amici.
Con un piccolo mal di testa dovuto al troppo pensare e alla preoccupazione per la situazione in cui poteva trovarsi il proprio ragazzo, aprì gli occhi e si rialzò con un fluente e agile colpo di reni, mantenendosi un po’ curvata e con le mani in avanti per l’equilibrio.
<< Bene! >> disse, chiudendo gli occhi, prima di andare a sbattere contro qualcuno paralizzata in quella posizione.
Velocemente si rimise in posizione eretta e riuscì a guardare solo di striscio gli occhi di Kei, prima che si girasse per andare a sedersi nella sedia. Hikari, rimase immobile a fissare prepotentemente il proprio ragazzo che le aveva rivolto un’occhiata glaciale mentre allentava la cravatta e cominciava a scrivere qualcosa sul portatile in modo velocissimo.
Paralizzata la ragazza fece finta di nulla, scotendo appena la testa, e si avvicinò al ragazzo, cercando di essere il più disinvolta possibile.
Oramai stava facendo l’abitudine a quella situazione che andava avanti da quando Kei aveva ricevuto una strana telefonata, mentre stavano prendendo un gelato insieme, rovinandogli il buon umore e il sorriso.
 
Che non è più tornato sul suo volto.
 
Rifletté, amareggiata.
<< Che stai facendo? >> mormorò e cominciò a massaggiargli le spalle, in quello che voleva essere una coccola dolce e confortante ma che, invece, fece irrigidire ancora di più le spalle di Kei, ricevendo un’occhiata omicida.
Si diede la colpa e della stupida per almeno quindici volte, prima di sedersi nella sedia opposta alla sua per poterlo guardare meglio.
Sorridente o meno, gentile o irascibile nei suoi confronti, Kei, rimaneva sempre un ragazzo eccezionale e lei lo amava più di ogni altra cosa.
Non era normale che lei stesse con le mani in mano guardando la propria relazione sfaldarsi da ogni lato, ma non poteva non notare l’espressione così afflitta che albergava negli occhi di Kei, nascosta da rabbia, rancore e odio... se fosse per lei, ancora era da vedere.
Reduce dalla nottata insonne, Hikari, poggiò la testa sopra i palmi delle mani e i gomiti sul tavolo, per sorreggersi: avrebbe aspettato anche un anno se lui non era pronto a confidarsi e ad aprirgli il suo cuore.
Guardando il riflesso di alcune immagini nei suoi occhi e un’infinita quantità di numeri, si addormentò in quella posizione, mormorando ogni tanto il suo nome.
 
 
Riaprì gli occhi sentendosi scossa da qualcuno e sorrise, vedendo gli occhi di Akira a guardarla dolcemente mentre le accarezzava il viso.
<< Ben tornata fra noi, angelo mio, fatto bei sogni? >>
Scosse la testa e spiegò che non sognava o dormiva decentemente da molto tempo.
<< Se ne conosce il motivo? >>
Quasi disse Kei, ma poi sorrise a se stessa e negò con calma: principalmente era colpa sua, se non riusciva a parlargli, sicuramente.
<< No. >>
Sconsolata, Akira si rimise in piedi sistemandosi la gonna e si guardò attorno, senza dare a vedere di aver compreso quali fossero in realtà i sentimenti dell’amica: preoccupazione.
Hikari, ancora sdraiata, si poggiò l’intero braccio sul viso, mordendosi il labbro inferiore.
 
Perché? Perché si comporta così?
 
Anche se pensava che lo avrebbe aspettato in eterno, anche se era cosciente della sofferenza nell’altro, non riusciva a capirne il motivo e soffriva a sua volta, punta nell’orgoglio.
<< Akira... >> sentenziò, lasciando intravedere un occhio e spostando delicatamente i capelli dal viso.
<< Si? >> rispose l’amica scoccandole uno sguardo complice.
<< Ho bisogno del tuo aiuto. >>
Mormorò infine sedendosi sul divanetto, con un’espressione tra l’indemoniato e il sicuro, mettendo a dura prova l’aggettivo di “angelo” che si era guadagnata...
<< Ho un piano. >>
Aggiunse alzandosi con la determinazione che solo un’amante poteva avere.

 

*****

 
Hikari aveva illustrato in ogni dettaglio il piano congeniato all’amica e questa era rimasta alquanto perplessa dalla rudezza spartana dello stesso, ma aveva accettato assecondando quegli occhi ardenti di determinazione: Kei era solo ed esclusivamente di Hikari e ne avrebbe pagate le conseguenze se fosse successo qualcosa.
<< ... Bene... >> mormorò non troppo convinta, Hikari, guardando i rispettivi amici e dando un veloce Ok con le dita e un sorriso da birbante stampato in volto.
Quasi con la delicatezza di un elefante non appena Ryuu attirò fuori Kei, le due ragazze entrarono dentro la serra schizzando a destra e manca per poter sistemare l’ambiente circostante con le dedite decorazioni e oggetti.
<< Sicure che funzionerà? Hikari sembra pericoloso! >>
Si lamentò Jun, affiancato dagli occhi grandi, cristallini e lucidi di Megumi, che annuiva di conseguenza.
<< So quello che faccio, ragazzi e poi, cosa mi resta da perdere? >>
Rispose in modo gentile la diretta interessata facendo bloccare anche Tadashi, che non capiva proprio perché la corvina avesse dovuto montare una messinscena del genere: non poteva semplicemente chiedergli il motivo?
<< Ma... >> venne interrotto dagli occhi cristallini e lucidi di Akira mentre lo supplicavano di non fiatare. Fortunatamente così fece e pregò seriamente che avesse effetto sul loro così taciturno amico: lo sperava davvero e sperava che quella brutta faccenda non fosse opera di quell’uomo. Ci avrebbe messo la mano sul fuoco, però.
 
Contrariamente a quello che sperava, Ryuu, si rese conto che Kei non lo stesse nemmeno ascoltando, armando continuamente con quel dannato palmare e quell’aria così spiritata.
<< Cosa ti turba? >> cedette infine, facendo alzare, finalmente, gli occhi da quell’aggeggio infernale dell’amico: erano cerchiati da spaventosi aloni viola e arrossati appena, segno evidente di notti insonne.
<< Nulla. >> disse, prendendo e girando i tacchi in modo naturale.
<< Non è vero, si vede che non stai bene e Hikari soffre più di tutti... >> gli mise una mano sulla spalla e strinse appena la presa, vedendo quella luce d’amore brillare senza poter davvero essere liberata.   << Ho una brutta sensazione, amico. La stessa sensazione di quella volta. >> sentenziò lasciando spiazzato il castano.
<< Forse non sbagli. >> proferì, prima di scrollarsi in una volta la mano dell’amico e girando i tacchi, con ancora il palmare vicino al volto e quella sfilza infinita di pratiche da controllare, leggere e... firmare.
 
 
Il telefonino di Hikari prese a vibrare violentemente e la ragazza non lo prese, vedendo scritto sul display il nome di Ryuu. Era il segnale.
<< Sta tornando. >> disse e tutti si misero ai proprio posti, complici ed in attesa. Nessuno osava respirare, anche se sapevano che sarebbe stato impossibile, credevano che in quattro sarebbe riuscita la prima parte.
Si misero due da un lato e due dall’altro delle porte, nascosti in parte dal fogliame in attesa di Kei per poterlo immobilizzare.
Appena Hikari vide gli occhi del suo ragazzo così stanchi e vacui, sopì la sensazione di soffocamento al pensiero della sua riluttanza nel parlargli, e lo acciuffarono troppo facilmente per i loro gusti.
Si guardarono per alcuni minuti in faccia e poi lo legarono per portarlo sul ring.
<< Hikari... >>
Gemette Tadashi e la diretta interessata inarcò un sopracciglio.
<< Cosa? >>
Biascicò con il volto stanco del suo ragazzo a pochi centimetri.
<< Sta dormendo! >>
Hikari annuì ed evitò di farsi salire una crisi di pianto, non sapendo per cosa e, soprattutto, perché fosse ridotto in quel modo.
 
Aiutami a capirti, Kei..!
 
Pensò, prima di poggiarlo sulla sedia e legarlo in modo fisso.
Passarono solo cinque secondi che il castano riaprì gli occhi di scatto, guardandosi intorno e muovendo la sedia. A quel punto si fermò dopo aver incrociato gli occhi di Hikari, combinati in modo simile ai propri dato le ore insonni che faceva la notte, sentendosi particolarmente incline a svelargli ogni cosa.
<< Kei... >> disse e sospirò: non avrebbe dovuto esitare, questa volta.
<< Ti propongo una sfida... è da tanto tempo che non ne facciamo una e la nostra relazione ha bisogno di un incentivo maggiore... ti batterò, questa volta. >>
Hikari evitò di aggiungere altro per non piangere, vedendolo così debilitato e stanco: anche i suoi lineamenti erano diventati più marcati e pronunciati a causa del peso perso.
<< Cosa si vince? >>
Mormorò con voce cavernosa e gutturale, sfibrata, facendo sussultare Hikari.
<< Lo si deciderà alla fine e sarà il vincitore a scegliere. Ci stai? >>
Vide Kei inarcare un sopracciglio e alzare appena l’angolo del labbro sinistro, pieno di entusiasmo ben sopito e calcolatore.
 
Certo, soffrirò ma è la mia occasione...
 
Si ritrovò a pensare, Kei, prima di annuire per lasciarsi slegare da Jun che lo guardava in modo preoccupato.
<< Non sforzarti troppo, mh? >>
Gli rispose con un’occhiata glaciale ma, interiormente, sperava che non l’avrebbero odiato così presto come doveva essere per quell’uomo.
Si misero uno davanti all’altro sul ring e si sorprese nel vedere tutti in tuta da box con guantoni inclusi, tranne Hikari, che aveva mantenuto la divisa bianca.
<< Sarà una sfida impari, questa. >>
Continuò Hikari, indicando le persone alle sue spalle.
<< Avrò modo di dare il cambio a qualcuno semplicemente toccandogli la mano quando mi sentirò stanca. Tutti lotteranno, stanne certo, e se anche uno di loro ti batterà, sarà in grado di decretare la tua sconfitta... >>
Sbuffò infine con un sorriso tirato sul volto. << Io manterrò i tuoi stessi abiti, quindi scomodi per chi non pratica da una vita la lotta libera... ho pensato che potessero mettersi comodi. Cominciamo? >>
Quasi sorrise, Kei, nel vedere la furbizia aleggiare nello sguardo della ragazza che amava e strinse il nodo della cravatta fra due dita, prima di tirarla del tutto via e gettarla in aria, alle sue spalle. Era stanco, dannatamente stanco, ma non avrebbe ceduto e avrebbe vinto a qualsiasi costo.
<< Cominciamo. >>

 

*****

 
Da più di cinque minuti i due fidanzati volteggiavano in aria attaccandosi e difendendosi come delle tigri.
 Nessuno osava fiatare e tutti sapevano che la resistenza di Kei, stava venendo messa duramente alla prova.
Aveva escogitato tutto Hikari: sfiancarlo contro di se ed esaurendolo contro uno di loro, per ripetere la stessa cosa per cinque volte di fila.
Un piano sadico contro il loro migliore amico, ma ne valeva la pena, se poi sarebbe stato costretto a dire loro cosa lo tubava così tanto, no? Così speravano.
Contro ogni logica, Hikari toccò la mano di Megumi facendola entrare sul ring: ovviamente fu un disastro, perché bastò che la ragazza desse un destro, con il pugno chiuso in modo erroneo, per farsi del male alle nocche ed arrendersi.
Sulla lavagnetta che portava con sé, chiese umilmente scusa ad Hikari ricevendo una pacca sulle spalle.
<< Tranquilla, sei stata forte. >>
La cosa che gli diede fastidio fu solo il ghigno di vittoria che già cominciava ad albergare sul volto di Kei.
Tornò sul ring e vide dei segni di cedimento da parte sua, soprattutto negli affondi, dopo cinque minuti e diede il cambio a Jun.
Contro ogni aspettativa, il ragazzo, utilizzò delle mosse di box ben basate, tanto da far corrucciare le sopracciglia di Kei: sfortunatamente fu messo al tappeto con quattro semplici mosse.
Con un sorriso sprezzante, Kei indicò Hikari e risalì sul ring, ringraziando Jun che si massaggiava le natiche indolenzite per la botta subita.
Hikari, diede una raffica di colpi velocissimi a cui Kei rispondeva a fatica e si sorprese di quanto fosse debilitato...
Questa volta passarono dieci minuti e Hikari chiamò sul ring Akira.
Arrabbiata per il suo strano comportamento, Akira, riuscì a fargli perdere una volta l’equilibrio, ma era stata gentilmente messa al tappeto con una mossa sola.
<< Stai bene? >> mormorò Tadashi baciandole una guancia e lei annuì, soddisfatta: stava cedendo.
Andò avanti così anche dopo l’aver messo al tappeto Tadashi con un pugno in pieno stomaco e Ryuu con uno sgambetto, degno solo del peggiore cabarettista, però, cosa quasi impossibile, Kei ansimava dallo sforzo.
<< Sei... rimasta solo... tu. >> mormorò e aspettò che Hikari si fosse messa in posizione prima di attaccarla.
Contro ogni loro prerogativa, inizialmente sembrò Kei sul punto di cedere, ma poi, ad un tratto, videro Kei sorridere in modo sinistro e cominciare a caricare di forza ogni colpo, facendo seriamente del male alla ragazza, che non fiatava incassando e contrattaccando.
Akira emise un gemito infastidito, quando notò il rossore preoccupante di un punto che aveva pochi secondi prima colpito Kei sul braccio di Hikari e su altri punti del suo corpo.
 Non capivano e mai avrebbero potuto farlo: in tutta la sua vita, Kei non aveva toccato Hikari se non con una seria e ammirevole forza di protezione, adesso, sembrava proprio sul punto di volerla ferire gravemente...
Il gemito strozzato di Hikari, stridulo sotto certi aspetti, fece uscire fuori dalle orbite gli occhi di tutti, sentirono un rumore sordo, provenire dal braccio destro che Kei aveva con forza girato su se stesso e videro la maschera di dolore della ragazza.
<< Che cazzo gli stai facendo?! >>
<< Glielo stai per rompere!? >>
<< Lasciala!? >>
Ryuu, Jun e Tadashi, si lanciarono in contemporanea sul ring e Kei si allontanò, stralunato.
Si lanciarono anche le due ragazze rimaste fuori e guardarono gli occhi vacui della loro amica e le condizioni della sua spalla: se non era rotta, sicuramente sarebbe stata lussata.
Kei, cercò di buttare un’occhiata, un’ultima occhiata, alla sua ragazza, sempre se avesse continuato ad amarlo dopo questa e quella che gli riservava, per imprimersi bene cosa portava la sua vicinanza ad Hikari, così da poterla lasciare rassegnato: dolore e preoccupazione.
<< Perché? >>
Si sentì un sussurro aleggiare nella stanza che raggelò sul posto i presenti e ridusse il cuore di Kei in cumuli di sabbia.
<< Se è colpa mia, mi dispiace, qualunque cosa io ti abbia fatto o detto: mi spiace... >>
Aveva gli occhi spiritati verso il tetto, nella stessa posizione in cui l’aveva lasciata Kei, solo che era caduta sulle ginocchia. Alla scena i tre ragazzi gli ringhiarono contro e le ragazze piansero lacrime amare: non se lo sarebbero aspettato da lui.
<< Ho vinto. >> disse mandando giù la bile e rassegnandosi che, finalmente, quell’uomo avrebbe vinto sulla piccola e indifesa Special A, tutto per merito suo. << Hikari? >>
Chiese la sua attenzione e si ritrovò ad essere fissato dagli occhi spenti della diretta interessata. << Si? >>
<< Noi due abbiamo rotto. Non voglio più avere a che fare con te... che sia chiaro: con nessuno di voi. >>
Gli occhi di Hikari si riempirono di lacrime e cominciarono a lacrimare facendogli vedere tutto in modo sfocato.
Vide in modo sfocato la schiena di Kei.
Vide in modo sfocato il salto che compì per scendere dal ring.
Vide in modo sfocato la sua sagoma sparire oltre la porta della loro aula.
Vide in modo sfogato l’assenza della stessa nella sua visuale.
Sentì i propri singhiozzi, dovuti al dolore della spalla e al vuoto nel petto, farsi via via più incessanti.
Sentì mancarle l’aria per il dolore.
Sentì le mani di qualcuno sorreggerla.
Sentì le forze abbandonarla, prima di vedere il buio.

 

*****

 
Kei non si presentò l’indomani a scuola, né in quelli seguenti.
Era divenuto irraggiungibile anche ai telefoni e le persone al suo servizio, ne sapevano meno di quanto potessero credere.
Hikari non sapeva più dove sbattere la testa e la spalla lussata non l’aiutava a fargli rinvigorire il buon umore, anzi.
Continuava a pensare cosa avesse sbagliato con lui, cosa aveva detto, cosa doveva dirgli.
Nessuno, nemmeno i membri della Special A, ne sapevano nulla o riuscivano a ricavare delle informazioni utili.
 
<< Mamma, ti prego, dimmi dove si trova Kei! >>
<< Non lo so! >> sbottava la madre di Tadashi e non perdeva occasione per rimproverare il figlio per l’insistenza.
<< Credi che prenderà il diploma? >>
Questa volta la donna si rese conto di quanto il figlio fosse preoccupato e annuì disinvolta, dandogli una piccola informazione: prima di essere Preside, innanzitutto, era una donna e, cosa assai importante, era madre.
<< Verrà per fare gli esami... >>
Di conseguenza Tadashi abbracciò la madre e poi cominciò a correre per tutto l’istituto prima di arrivare dove stavano tutti i membri riuniti.
Quando aprì le porte, tutti si girarono a guardarlo tranne Hikari, e sbuffo un quantitativo ingente di aria prendendone il triplo.
<< Ho un’informazione! >>
Non ottenne subito gli occhi dell’amica, però quando disse loro ciò che sapeva, poté vedere un sorriso stamparglisi in faccia.
Hikari si sentì finalmente meglio.
Avrebbe continuato a studiare e rimanere la numero due, sperando di superarlo: non si sarebbe arresa, se non prima gli avesse spiegato il motivo per cui non voleva stare con loro e soprattutto con lei.
<< Mettiamocela tutta! >>
Gridò alzando il pugno sano in cielo e trascinandosi dietro quelli dei compagni.
 
*****
 
Erano lì, il giorno del fatidico esame che avrebbe segnato la fine della scuola e delle loro bizzarre avventure a stretto contatto, eppure, erano tranquilli come solo loro potevano essere. Nessuno sembrava turbato per l’esame e nessuno si immaginava che in realtà erano in attesa.
Due mesi di assenza scolastica... cosa diavolo aveva in mente Kei?
Hikari sentì per alcuni secondi l’aria mancarle divenendo più pallida e sudando appena. Si guardò la fasciatura e sorrise, rilassandosi.
In qualche modo, era l’ultima cosa che le aveva lasciato o fatto Kei, anche se era doloroso; ne aveva fatto a meno ed aveva imparato ad utilizzare la sinistra in modo impeccabile.
Lei poteva riuscirci.
 << Studenti... >> prese parola la preside e si sorprese dei volti sicuri e naturali degli SA che stonavano con i volti di tutti gli altri studenti, ridotti in fasci di nervi. Continuò il suo discorso e stipò i vari gruppi in diverse aule estratte a sorte e prese a camminare lentamente per i corridoi: in qualche modo, voleva essere loro vicina e poi era in ansia come madre! Non ne avrebbe avuto di bisogno, in realtà, ma il cuore di una madre è sempre in ansia per il proprio figlio.
<< Preside... >>
Si irrigidì appena sentendo la voce di quell’uomo in persona, arrivare dalle sue spalle e farsi via via più vicina.
Si armò del migliore sorriso e rivolse un’occhiata fugace al giovane studente, prima di riferire lui l’ubicazione dell’aula.
<< Signor Takishima... qual buon vento? >>
 
Kei aveva sicuramente i nervi a fior di pelle.
Tutto il lavoro di quei mesi rinchiuso in un semplice palazzo, come braccio destro del padre, lo stava moralmente demoralizzando.
Per non parlare dei rimorsi che nutriva in primis verso Hikari e poi verso i suoi compagni.
Sospirò per alcuni secondi davanti alla porta e la spalancò subito dopo, prendendo il posto assegnato dal docente di  turno in quell’ora: non vi fece caso e finì accanto ad Hikari.
Deglutì a vuoto un paio di volte notando la fasciatura al braccio destro, ad appesantire di più la sua coscienza, e sentì gli sguardi penetranti dei suoi compagni.
Indagatori e frustrati dal suo comportamento.
Adocchiò il compito e cominciò a scrivere alla velocità della luce, facendo sorridere Hikari, che non perse tempo ad imitare la velocità del ragazzo, stupendolo: ciò significava che lo considerava ancora come quando l’aveva abbandonata.
Si guardarono di sfuggita negli occhi e vide il sorriso sghembo e divertito della nera, facendolo risollevare appena; e lei vide i suoi lineamenti duri, addolcirsi in modo visibile.
Finirono contemporaneamente mezz’ora prima della consegna con la solita atmosfera che albergava quando non era accaduto tutto questo e, gli altri membri, videro un volto familiare passare davanti alla classe: il padre di Kei.
Quasi contemporaneamente Kei strinse la penna fra le dita assumendo lo stesso sguardo freddo e distaccato di prima.
<< Tornerò. >> proferì solamente, prima di andare dal professore e consegnare il compito per uscire dalla stanza.
<< Ma...>>
Non riuscirono a proferir verbo, perché era già scomparso sotto l’ala protettrice della preside, che li guardò con occhi ardenti di comprensione prima di chiudersi la porta alle spalle.
  


To be continued...
  

   
 
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