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Autore: whateverhappened    05/07/2012    4 recensioni
Se c'era una cosa di cui Sebastian non aveva decisamente sentito la mancanza, quella era l'aeroporto di San Antonio. O, per meglio dire, qualsiasi cosa avesse a che fare con San Antonio. O con il Texas. O con suo nonno. Non aveva mai creduto nel karma o in tutte quelle idiozie per cui ti capita quello che ti meriti in base al tuo comportamento, ma evidentemente le maledizioni che aveva ricevuto pressoché da chiunque negli ultimi anni stavano avendo il loro effetto: Sebastian stava vivendo un incubo.
Per il compleanno di Robs (:
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Se c'era una cosa di cui Sebastian non aveva decisamente sentito la mancanza, quella era l'aeroporto di San Antonio. O, per meglio dire, qualsiasi cosa avesse a che fare con San Antonio. O con il Texas. O con suo nonno. Non aveva mai creduto nel karma o in tutte quelle idiozie per cui ti capita quello che ti meriti in base al tuo comportamento, ma evidentemente le maledizioni che aveva ricevuto pressoché da chiunque negli ultimi anni stavano avendo il loro effetto: Sebastian stava vivendo un incubo. Seduto sulla sua valigia appena fuori dall'aeroporto, tentando di contenere la sua irritazione per essere finito in quel posto quando avrebbe dovuto essere a Parigi, stava aspettando da ormai venti minuti che suo nonno si degnasse di andarlo a prendere. Quando riconobbe la sua figura in quella di un uomo al volante di un pick-up che decisamente aveva vissuto giorni migliori, quasi si pentì di aver pregato che arrivasse presto.

«Ragazzo» lo salutò l'uomo, scendendo dall'auto e andando a recuperare parte del bagaglio del nipote.

«Nonno» rispose Sebastian con lo stesso tono, caricando l'ultima valigia nel retro del veicolo. Notò come suo nonno non apparisse invecchiato di un giorno dall'ultima volta che l'aveva visto, forse giusto qualche capello bianco in più.

«Fatto buon viaggio?» Si informò l'uomo senza troppo entusiasmo. A quanto pareva nemmeno lui era particolarmente contento della presenza di Sebastian.

«Nella norma. Ho dormito quasi tutto il tempo».

Sebastian vide suo nonno annuire e capì che la loro conversazione non sarebbe andata avanti fino a che non fossero giunti al ranch. Non che se ne lamentasse: non amava particolarmente le chiacchiere inutili, proprio come suo nonno. Quella era una delle poche ragioni per cui avrebbe potuto gradire la compagnia dell'uomo, o quanto meno tollerarla. Non erano mai stati uniti o altro, ma per un mese avrebbero potuto coesistere, forse. Vivere ognuno la propria vita senza infastidirsi a vicenda, incontrandosi solo per i pasti. Sì, avrebbero potuto farcela.

«Non è proprio come la tua Parigi, eh» la voce del nonno lo fece sussultare. Non si era nemmeno reso conto di stare osservando gli ampi spazi attorno a loro, che, no, decisamente non assomigliavano ai panorami a cui si era abituato.

«Giusto qualche palazzo in meno» rispose, tentando di soffocare il tono sferzante quanto più possibile. L'uomo sorrise, quel sorriso ironico che gli aveva passato in eredità.

«Oh, non preoccuparti, tornerai presto in mezzo alla vita».

«Un paesino sperduto nell'Ohio non è propriamente vita, nonno. Non come la intendo io» Sebastian non poté evitare di alzare un sopracciglio, scettico: suo nonno non poteva davvero paragonare Parigi a quella specie di collegio che avrebbe frequentato da settembre.

«Ovvero bei ragazzi disponibili?» Ridacchiò l'uomo e Sebastian non poté fare a meno di guardarlo sorpreso. La sua sessualità non era mai stata un mistero in famiglia, ma era sempre valsa la regola del “non chiedere, non dire”: tutti sapevano, ma nessuno si riferiva mai apertamente al fatto che Sebastian fosse gay. Men che meno suo nonno. Con il tempo si era fatto l'idea che l'uomo fosse contrario e non dicesse nulla per non dar dispiacere a sua figlia, madre di Sebastian. Dalla tranquillità con cui aveva fatto quel commento, però, non sembrava affatto turbato dalla sua sessualità.

«Non fare quella faccia, ragazzo. Non me ne frega niente di chi ti sogni la notte finché non mi dai grattacapi, capito? Non ho alcuna intenzione di chiamare tua madre in Russia per farti fare una lavata di capo».

Sebastian annuì. Non avrebbe dato problemi, già lo sapeva, non quando la conseguenza sarebbe stata una telefonata intercontinentale con sua madre. In fondo sarebbe rimasto in Texas solamente un mese, dopo di che avrebbe avuto un intero anno per fare tutto quello che voleva, anche se in posto sperduto come l'Ohio. Si sorprese quando suo nonno fermò l'auto: non si era nemmeno reso conto che erano arrivati al ranch proprietà della sua famiglia da ormai tre generazioni. Sua madre era nata lì, lui stesso vi aveva trascorso qualche estate da bambino, ma non vi tornava da almeno cinque anni.

«Ho chiesto a Mary Anne di prepararti la camera degli ospiti: è un po' più grande di quella che usavi quando eri piccolo. O vuoi dormire lì?»

Sebastian scosse la testa. «No, va bene quella degli ospiti, grazie».

Senza dire altro suo nonno afferrò i bagagli e li portò in casa, mentre Sebastian si guardava intorno. Doveva ammetterlo: ricordava pochissimo del ranch. Negli anni trascorsi a Parigi non aveva quasi mai pensato a quel posto, se lo faceva ricordava il pony che sua nonna gli aveva regalato e l'altalena che lo zio Frank aveva appeso al ramo di un grosso albero. Chissà se c'era ancora, si chiese. Aveva totalmente dimenticato gli enormi spazi intorno alla casa, la stalla che dava alloggio ad almeno una ventina di cavalli, l'odore nell'aria. Si riscosse quando sentì dei passi alle sue spalle.

«Immagino vorrai riposarti. La camera è al primo piano in fondo a sinistra, se non te lo ricordassi. Ci vediamo a cena, sette e mezza».

Sebastian non rispose, limitandosi ad accettare silenziosamente il consiglio del nonno. Non aveva realizzato quanto fosse stanco, sembrava quasi che le quindici ore di volo si stessero facendo sentire solo in quel momento. Si addormentò non appena toccò il cuscino.

 

Quando Sebastian aprì gli occhi, fuori era già buio. Doveva aver dormito diverse ore. Cercò a tentoni il cellulare, che confermò i suoi sospetti: erano già le dieci, tanti saluti alla cena. Sapeva che suo nonno non lo avrebbe aspettato per mangiare, probabilmente non gli aveva neanche tenuto da parte qualcosa, ma il suo stomaco non era affatto d'accordo con l'idea di saltare quel pasto prezioso. Brontolava sonoramente e, in tutta onestà, Sebastian poteva dire di capirlo: era dalla mattina del giorno precedente che non mangiava qualcosa che poteva definirsi cibo.

Si trascinò fuori dalla sua stanza, attraverso i corridoi silenziosi della casa. Non volava una mosca. Scese le scale in punta di piedi senza sapere perché, in quel momento gli sembrava la cosa più giusta da fare. Non che avesse paura di farsi sentire da suo nonno, che probabilmente si era già addormentato di fronte al televisore, era più un riflesso inconscio.

Quando arrivò in cucina si bloccò di colpo. Si era aspettato di trovarla deserta, a quell'ora anche Mary Anne, la domestica, doveva aver finito di lavorare. Di certo non aveva mai pensato di trovarvi un ragazzo – un bel ragazzo, per giunta – rilassato sulla sedia che era sempre stata sua di diritto. Sebastian lo squadrò: con quella camicia scozzese e gli stivali da cowboy sembrava essere appena uscito da una pubblicità turistica del Texas, gli mancava giusto il cappello. Ci mise appena qualche secondo a individuarlo sulla sedia accanto a quella occupata e, a quel punto, non poté trattenere una smorfia.

«Il cavallo dove lo hai parcheggiato?» Non poté fare a meno di chiedere, la sua voce trasudava ironia.

Il ragazzo si voltò, squadrandolo da capo a piedi. «Fuori dal saloon» rispose con lo stesso tono.

«Sei seduto sulla mia sedia, straniero».

«Vuoi ingaggiare un duello all'ultimo sangue? Sarei libero domani a mezzogiorno».

«Non duello con nessuno prima di saperne il nome. Sai, devo appuntarlo sulla lista delle mie vittorie».

Il ragazzo si alzò scuotendo la testa divertito. «Tu devi essere il nipote di Carl. Io sono Thad, señor. E credo che sarò io a segnarmi il tuo nome».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tanti auguri, Nick! :D

In realtà non è questa grande sorpresa, ma oh, voleva farsi scrivere! Spero che ti piaccia comunque (:

 

Un grazie particolare a Vals, che ha realizzato il magniiiiifico banner (no, scusate, è fighissimo! Ammettetelo!) e che ha letto in anteprima quello che ho scritto per adesso, così come Rin. E ha anche trovato il titolo XD

Ho pronto solo un altro capitolo, poi mistero! Mwahahahaha!

 

Buon compleanno, Nì <36

   
 
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