What colour is the snow?
Epilogo: Il colore della neve.
07/Aprile/2009 – Londra, Inghilterra.
Un
proiettile fendette l’aria in un millesimo di secondo, abbattendosi sul bersaglio
con violenza inaudita e strappandogli un urlo soffocato. L’uomo cadde disteso,
gemendo per il dolore, col volto piegato dallo sforzo di trattenere altre
grida; i muscoli tesissimi dell’intero corpo gli sembrarono gelarsi in pochi
istanti, mentre la mano destra, talmente contratta da mostrare le vene
violacee, correva a stringere con foga la camicia all’altezza del cuore. In
quello stesso punto si stava velocemente allargando una macchia di sangue rosso
scuro che, nel momento in cui scivolava dal corpo e raggiungeva terra, diveniva
secco.
La
vista del ferito cominciò ad annebbiarsi, in breve riconoscere i contorni della
città attorno a lui divenne più difficile del previsto; riusciva a distinguere
solo le macchie indistinte degli alti grattacieli e le fronde degli alberi del
parco poco lontano da quel piccolo spiazzo dove non passava nessuno, un’enorme
luna piena che illuminava pigramente da dietro qualche sottile nuvola bianca.
Se
non fosse stato pericolosamente vicino alla morte, avrebbe pensato di fermarsi
lì fino all’alba solo per osservare le stelle. Invece, con amarezza, pensava
che molto probabilmente la prossima alba non l’avrebbe affatto vista.
Come
previsto, in breve gli furono addosso.
Sgusciarono
dalle tenebre come sorci, due figure ben diverse tra di loro: la prima,
decisamente più vicina e piccola, molto femminile, che correva verso di lui
come una furia; la seconda, più massiccia e mascolina, che produceva un pesante
suono ogni qualvolta che toccava terra con gli stivali.
Quando
lo raggiunsero, il secondo inseguitore, un giovane uomo biondo, con occhi verde
chiaro ed una giacca rossa del tutto fuori moda, rimase in piedi a fare da
palo, mentre la donna si accomodò senza troppi complimenti sullo stomaco della
loro preda. Gli avrebbe sicuramente mozzato il fiato se egli non fosse stato
biologicamente morto.
Lo
agguantò prepotentemente per il bavero della camicia e gli sollevò il capo
finché non furono abbastanza vicini.
L’altro,
con molta fatica, riuscì a mettere a fuoco il volto di colei che gli aveva
sparato quel proiettile maledetto, quella diavoleria che era riuscita a ridurre
un vampiro in condizioni simili; era il volto di una giovane ragazza dagli
occhi grandi e blu scuro, la pelle candida come quella di ognuno di loro ed
un’espressione soddisfatta, incorniciata da una cascata di capelli corvini.
L’uomo immaginò
che se ne sarebbe uscita con qualche piccante o irritante frase di quelle
tipiche dei supereroi dei fumetti americani che ultimamente andavano tanto di
moda; e invece, sovrastando i rumori delle auto poco lontane, una voce acuta lo
richiamò con la stessa fermezza di un generale del terzo reich.
«Sveglia!» lo
schiaffeggiò un paio di volte lei «Non ti permetterò il lusso di morire prima
di aver risposto alle mie domande!»
A dispetto
dell’aspetto piuttosto fanciullesco, il tono usato ed il timbro vocale
sembravano quelli di una persona adulta e consapevole: un miscuglio molto
improbabile!
Egli si fece
attento, scrutandola con rabbia e sete di vendetta: le avrebbe volentieri morso
la mano se ne avesse avuto le forze.
Lei non sembrò
intuirlo, o forse non volle curarsene, ed accorciò le distanze tra i loro
volti, finché non potette specchiare i propri occhi in quelli della sua preda
nonostante l’oscurità circostante.
Seria, concisa e
con una velata concitazione, chiese «Conosci Nathan Metherlance?»
La domanda si
perse nell’aria, spegnendosi nel silenzio della notte; fu come se il mondo
attorno a loro si fosse acquietato, ammutolito davanti al nome di quella
persona.
Il ferito sgranò
gli occhi con fare inquieto, mentre l’uomo in piedi lanciava ai due un’occhiata
di curiosità malcelata, ansioso di conoscere la risposta.
Questa,
sorprendentemente, giunse in forma di risata, una risata fredda e cattiva.
La donna alzò gli
occhi al cielo emettendo un lamento, mentre la mano le correva spontaneamente
alla pistola a canna lunga che le pendeva dalla cintura.
«Non è il momento
di ridere.» ammonì il suo prigioniero, serrando di più la presa sul bavero. La
mano si strinse con forza attorno alle guancette
ruvide dell’arma.
Nonostante l’intimidazione,
la risata dell’uomo non si spense, piuttosto si consumò lenta nel silenzio
della città addormentata; con un’occhiata quasi di sfida si rivolse alla mora e
sibilò «Chi non conosce Nathan Metherlance?»
Le sue poche
parole scatenarono una tempesta sul volto pallido e duro di lei, che incalzò
«Dimmi dove si trova e ti risparmierò!»
Per dargli un
piccolo incentivo gli puntò la pistola proprio sotto il mento, con l’indice
pronto a premere il grilletto. Eppure, il vampiro non sembrava ancora intenzionato
ad aprire bocca; i suoi occhi erano fissi su quelli blu della donna armata,
ricolmi della serenità di chi sa di non avere più scampo e l’ha ormai accettato.
“È davvero
disposto a morire per lui?” si domandò la mora, pur mantenendo il sangue freddo
ostentato fino a quel momento.
«Se mi prendesse…» il vampiro alzò
con fatica una mano tremante e raggiunse la pistola, carezzandone procacemente
la lunga canna minacciosa; sul viso aveva un sorriso arcuato e poco lucido e la
voce gli usciva a fatica dalla gola «Se lui mi prendesse patirei un destino
decisamente più doloroso di una semplice pallottola in testa.»
La donna accennò
un sorriso di sfida, ma non ebbe il tempo di esprimere a parole ciò che stava
pensando.
Un sibilo sfrecciò
nell’aria, passandole a pochissimi centimetri dalla pelle bianca del braccio e
con un suono secco si conficcò nella gola del malcapitato. Era un pugnale, e
aveva appena fatto spudoratamente fuori il loro bersaglio.
«Ann!» la chiamò l’uomo
biondo dietro di lei, intuendo il pericolo; estrasse due grandi pistole dalle
fondine che gli pendevano dai fianchi e cominciò a guardarsi intorno con
attenzione, dando veloci occhiate nella direzione da cui era provenuta la lama.
Nel frattempo, gli
occhi della vampira non si erano allontanati neanche un attimo dalla visione
del disgraziato che tentava di dirle qualcosa senza però riuscirci: la
precisione mortale del colpo gli aveva reciso le corde vocali di netto,
tranciando poi anche il legame tra testa e corpo. In neanche un minuto,
infatti, il non-morto abbandonò ogni tentativo e si lasciò morire, il volto
rivolto al cielo e gli occhi spalancati, il capo circondato dal sangue che
zampillava dallo squarcio sulla gola. Pochi attimi dopo la sua pelle divenne
improvvisamente grigia, per poi sgretolarsi come se fosse sabbia.
Tutto ciò che ne
rimase fu cenere, ed Ann si ritrovò seduta su di
essa.
Per una manciata
di secondi non poté fare altro che osservare il frutto delle sue lunghe
ricerche, attualmente l’unica strada per arrivare a Nathan Metherlance,
ridotto in cenere.
Mentre il giovane
alle sue spalle continuava a guardarsi intorno alla ricerca di qualcuno che non
trovava, la ragazza allungò una mano ed afferrò gentilmente il pugnale che
aveva distrutto i suoi piani. Se lo rigirò un paio di volte tra le mani,
soppesandone il peso; la lama era corta ma molto affilata, e sull’elsa nera si
poteva notare la figura stilizzata di un’ala d’uccello.
Il simbolo del
clan Metherlance.
Sorridendo
irritata, si alzò in piedi e fece cenno al ragazzo che la stava proteggendo di
farsi indietro e riporre le armi. Egli eseguì subito gli ordini per poi mettersi
da parte, mentre Ann corservava
dentro la tasca del cappotto il pugnale. Mantenendo gli occhi sull’asfalto nero,
cominciò a urlare a gran voce in modo che le sue parole rimbombassero per tutta
la piazza e sovrastassero persino il rumore delle automobili non molto lontane.
«Sei riuscito a sconfiggermi stavolta, ma non
credere di poterlo fare ancora a lungo!» ruggì con rabbia, stringendo i pugni «Ti troverò, stanne
certo!»
Le minacce
arrivarono molto lontano, probabilmente anche alle orecchie di chi non le
avrebbe comprese: primo tra tutti l’uomo dagli occhi verdi che restava
immobile, dietro di lei, confuso e in attesa di direttiva, limitandosi a
captare ogni suono portato dal vento. Si diede un altro sguardo rapido intorno,
prima di essere chiamato.
«Possiamo andare, Lucius.» decise infatti
lei.
Con molta serietà,
lui annuì e le fece cenno di precederlo «D’accordo.»
La donna si avviò
per prima sulla via da cui erano arrivati, producendo un piccolo rumore con le
scarpe ad ogni passo. Dietro di lei, Lucius stava ben
attento a guardarsi le spalle e non accennava ad allontanare le mani dalle
pistole che aveva con sé.
Nonostante il
fallimento Ann non sembrava molto delusa; la sua mano
corse alla tasca del cappotto, dentro la quale giaceva il pugnale.
Sorrise tra sé e
sé: aveva perso una pista, ma ora ne aveva un’altra, probabilmente molto più
affidabile.
Poco lontano dalla
piazza in cui si erano consumati un inseguimento e un omicidio, in cima ad un
palazzo di sei piani quasi disabitato, tre figure osservavano in silenzio il
susseguirsi degli eventi.
Le urla
determinate di Ann raggiunsero anche loro, sebbene un
po’ ovattate; ma avendo tutti e tre un udito molto allenato, riuscirono
comunque a distinguerle chiaramente.
I tre, avvolti
ognuno in un mantello nero che li confondeva con l’oscurità circostante,
rimasero silenti fin quando Ann e Lucius
non abbandonarono il luogo.
Solo allora quello
al centro, notevolmente più alto degli altri due, andò con una mano a liberarsi
il capo dal cappuccio, rivelandosi un giovane uomo dai furbi occhi celesti ed
il sorriso beffardo. Si rivolse prima alla persona alla sua sinistra, che si
stava togliendo il cappuccio a sua volta.
«Davvero un ottimo lancio, Sakura.» si complimentò,
sorridendo appena.
La donna, che a
dispetto del nome orientale era evidentemente albina, chinò il capo in segno di
rispetto «La ringrazio, master.»
Sakura volse lo
sguardo verso l’ormai lontana donna chiamata Ann, la
quale si era portata via il suo pugnale; si chiedeva se sarebbe riuscita a
risalire a lei attraverso una semplice arma, ma poiché indossava sempre i
guanti quando maneggiava le armi, ne dubitava fortemente.
Tenendo la voce
bassa e il tono più rispettoso che aveva, diede voce ad un pensiero fin ora
taciuto.
«Continuo a chiedermi perché quella donna si
faccia chiamare Ann Metherlance
pur non appartenendo al clan…»
«Questa, Sakura, è un’ottima domanda.» intervenne
Nathan, per poi cedere la parola alla terza figura «Tu che ne pensi,
James?»
L’unico che non
sembrava avere intenzione di liberarsi del cappuccio era il più giovane tra i
tre, un ragazzo dai capelli castani, gli occhi giallastri e lo sguardo un po’
infantile. Impiegò diversi secondi per venire a capo di una soluzione, quindi
rispose con molta incertezza «Forse… perché essere un Metherlance dà accesso a
molte informazioni difficili da ottenere?»
Il biondo in mezzo sorrise, soddisfatto da quell’idea «Ottima
osservazione.»
Il ragazzo annuì rincuorato «Grazie, maestro.»
«Potete andare, adesso.» li congedò infine il vampiro, con il tono di
chi non ammette repliche «Vi raggiungerò tra poco.»
Sakura calò nuovamente il cappuccio sul volto, lanciando un’occhiata
d’intesa a James. Insieme, lesti e silenziosi, si avviarono verso la scala
antincendio da cui erano saliti prima.
Quando fu solo, Nathan rimase invece ad osservare la piazza ed a godere
del vento freddo che soffiava leggero. Sì, il pensiero di James era sicuramente
in parte vero: i Metherlance erano pochissimi in
tutto il mondo, neanche una decina, né erano potenti o ricchi, tuttavia avevano
alle spalle una gloriosa storia che li metteva in buona luce ovunque andassero.
Ma non era solo quello il pensiero che aveva spinto Annlisette Nevue a diventare Ann Metherlance; Nathan
immaginava che la ragazza considerasse la vecchia se stessa morta col resto di Hidel, e probabilmente la scelta del nuovo cognome era
stata dettata dal fatto che lui l’aveva iniziata alla sua nuova vita.
Alla fine Ann aveva davvero fatto tesoro
dell’ultimo consiglio che lui le aveva dato: considerare la sua non-vita come
una seconda opportunità, ed era diventata una vera donna, nonché un’ottima
vampira.
«Continua a cercarmi, Ann. Non sei ancora
pronta.» parlò ad un’immaginaria Ann il tedesco, con
la voce ridotta ad un sussurro e un’espressione seria che ben presto si
trasformò nel suo abituale ed incancellabile sorriso «Quando lo sarai, trovami.
Solo allora ti rivelerò qual è il colore della neve.»
Note dell’Autrice:
Oh, mamma… è finita. È finita. Sono commossa. Sono dannatamente commossa XD dopo quasi tre anni di “devo scrivere Snow, devo scrivere Snow” ho veramente finito di scrivere Snow XD awww! *abbraccia senza ritegno Ann e Nathan*
Trenta! Volevo assolutamente raggiungere questo numero! Perché il trenta è un numero molto simbolico come tutti voi capirete. E… beh, c’è chi mi ha seguita per ben trenta capitoli durati due anni e mezzo, come potrò mai ringraziarvi? Non esiste un modo mi sa, ma posso nominarvi. In realtà avrei voluto nominare tutti quelli che hanno Snow tra i preferiti/seguiti/etc, ma siete troppi e non ci riesco ^^” (la cosa mi riempie di gioia, è bellissimo, vi ringrazio di cuore dal primo all’ultimo).
“What colour is the snow?” è nata come approfondimento psicologico di Ann, che cominciai a usare sui giochi di ruolo by forum circa quattro anni fa, quindi potete capire quanto è vecchia questa storia.
Il nome della storia lo devo a KikyoOsama, una mia carissima amica. Io non sono brava coi nomi, ne stavo cercando uno quando lei mi citò le seguenti parole – perdonatemi, non ricordo di chi era, è passato troppo tempo -: “Do you know what color is the snow? Where I live, in Russia, is always red.” Mi pare che fosse più o meno così… dunque grazie, KK ^^ senza di te questa storia non avrebbe un titolo così bello.
Alcuni personaggi non sono del tutto miei. Gli autori sono altri, miei compagni e amici di role sui giochi di ruolo, che mi hanno ceduto i loro personaggi. Damon Darkmoon e Yume Darkmoon appartengono a Nadeshiko: perdonami, li ho del tutto cambiati rispetto ai tuoi, soprattutto Yume, che qui è diventata Sogno. Sono due personaggi meravigliosi, è stato bellissimo usarli ^^ e spero di poter in futuro usare con altrettanto affetto Nade e Nagi, nella terza storia. Sakura, bellissimo personaggio che avrà un ruolo al pari di quello di Ann in futuro, appartiene a Maxi, e lo stesso dicasi per l’adorabile James, di KikyoOsama. Lucius, invece, apparso pochissimo purtroppo, ma che sarà coprotagonista nella terza storia, è di Locke. Grazie di cuore a tutti ^^ i restanti sono tutti miei personaggi originali.
Devo ringraziare anche coloro che mi hanno tenuto compagnia con le recensioni, dandomi suggerimenti e spunti, nonché risate e fiducia in me stessa. Davvero, non so come ringraziarvi >_< per me ha un significato importantissimo! – Come molti di voi sanno, il mio scopo sarebbe pubblicare questa storia ^^”
Ringrazio soprattutto VeganWanderingWolf, che mi sta aiutando con la revisione dei vecchi capitoli, e Milou, sicuramente la lettrice più affezionata.
Bene… credo di aver detto tutto! Non mi resta che ringraziarvi un’ultima volta e salutarvi ^^! A riscriverci, mi farò viva prossimamente sempre in questa sezione, con la seconda storia del ciclo!
Un augurio di buona estate,
Sely.