La prima che scrivo in assoluto su Glee, è sul mio personaggio preferito, Quinn. Spero di averle reso onore e di aver mantenuto il suo carattere!
Sono fiera di lei e di quello che è diventata,
Dedicato a una persona molto importante per me, che spero sappia che sto parlando di lei. Ti voglio bene, e, come ho già detto tante volte, se non ci fossi tu non riuscirei nemmeno a mettermi seduta e scrivere due righe.
E sì, Ire, sei tu! *crepa*
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Non aveva
ancora capito nulla…
Nel silenzio
della notte, Quinn Fabray cercava di captare più rumori
possibili.
Nonostante
fosse ancora estate, quella sera era particolarmente fresca.
Quinn aveva
aperto la finestra di camera sua, spalancata, più che altro,
e si era seduta nella piccola nicchia sotto ad essa, il tutto nel
silenzio più totale.
Non sapeva
cosa l’aveva indotta a svegliarsi nel cuore della notte
– erano le tre e mezza circa – ma ormai non voleva
tornare nel groviglio di lenzuola rosa chiaro, che sembrava invece una
sauna.
Quella
leggera brezza aveva il potere di calmarla, il potere
di scacciare tutti i brutti pensieri ed i pessimi presagi che le
vorticavano in testa.
Eppure, si
disse, doveva tenere la mente occupata. Non doveva cedere al fiume di
immagini, ricordi, progetti, frasi e riflessioni che la sua mente era
pronta a proiettare.
Rimase a
guardare fuori dalla finestra.
Per un
po’ di minuti rimase tutto calmo, tutto l’Ohio
sembrava avvolto nel silenzio e nella quiete del riposo.
Quinn
continuava a pregare che succedesse qualcosa nella strada di fronte a
casa sua. Qualsiasi cosa, anche la più insignificante, che
però l’avrebbe distratta.
Il miagolio
di un gatto!
Ma non vide
nulla. Si sporse leggermente, appoggiando i palmi aperti sul davanzale
della finestra, e scorse una sagoma rossiccia nella penombra
rischiarata dai lampioni.
La sagoma
rossiccia era appunto un gatto, di modeste dimensioni, che veniva
illuminato per metà dalla luce giallognola che si stagliava
in tutto il pezzo di quartiere che riusciva a vedere.
Lo
guardò per qualche attimo, ma si stancò in
fretta.
Tendendo
l’orecchio, cercò un altro rumore.
Dei passi.
Provenivano, però, da dentro casa. Una porta che si apriva,
e che si richiudeva.
Quinn
trattenne il respiro.
Capì
quasi subito che era solo sua madre che si era alzata per andare in
bagno, ma non voleva comunque farsi sentire. Non voleva venire trovata
sveglia e preoccupata.
Sentì
lo sciacquone che veniva tirato, dei passi, il secco
“clic” dell’interruttore della luce, la
porta del bagno che si chiudeva. Poi ancora passi, che procedettero
oltre camera sua, ed infine la porta della stanza della madre che si
chiudeva.
Lasciò
andare un sospiro.
Si era
stufata di rimanere a cercare rumori inesistenti o inudibili per lei, e
si arrese all’inevitabile.
Portò
le ginocchia al petto, le circondò con le braccia e vi ci
appoggiò il mento.
Aprì
la mente e chiuse gli occhi.
Contrariamente
a ciò che pensava, non fu come un scoppio. Non ci fu nessun
esplosione. Tutto arrivò ed affluì piano, come un
film, o un libro.
A lei
bastò abbandonarsi al volere del suo pensiero.
“Chi
sei tu? Io non ti riconosco nemmeno.”
La prima cosa
che ricordò furono le parole del padre, successivamente a
quella maledetta cena con i suoi genitori e Finn, quando lei ed il
ragazzo avevano – inavvertitamente per un errore di Finn
– annunciato la sua gravidanza.
Quelle parole
l’avevano ferita. Erano state un colpo, perché al
momento non se le aspettava.
Eppure, a
distanza di tempo, ci ripensava, e non facevano più
così male. Facevano solo riflettere.
Quella sera
stava già piangendo da prima, e non aveva la mente lucida.
Anche se,
rifletté, non avrebbe comunque ragionato come stava facendo
in quel momento.
Quella sera
non avrebbe potuto dire quello che ora stava dicendo.
“Sono…tua
figlia!”
Aveva
affermato questo, tra le lacrime, la voce spezzata dai singhiozzi. Ma
non era esatto. Non del tutto.
Sono Quinn
Fabray, ho diciassette anni, e…sono una futura studentessa
di Yale. Sono…io. Quinn. Solo io. E questo importa, eccome
se importa!,
pensò.
Avrebbe
dovuto dire questo. Solo che non lo sapeva.
La Quinn di
quella sera non aveva ancora capito nulla.
“Una
volta avevo tutto. Stavo insieme al quarterback, ero il capitano delle
cheerios. Ero la più carina e la più popolare
della scuola. (…) È andato tutto
all’inferno.”
Questo aveva
concordato di dire con la coach Sue al professor Shuester per la
campagna contro le arti della prima.
Si chiese
improvvisamente se fosse davvero stato tutta finzione, solo per il
patto.
No, non lo
era stato,
constatò Quinn, era quello che pensavo davvero.
Si accorse
che era stata stupida e che aveva sbagliato, di nuovo.
Ma era
davvero andato tutto all’inferno come aveva detto? No,
assolutamente no.
Formulò
un pensiero per correggere quello che aveva detto, nonostante non
avrebbe comunque potuto cambiare nulla.
Io ho tutto.
Sono bella, sono giovane, sono in salute. Ho degli amici.
Faccio…facevo parte del Glee club, il che
mi ha reso e rende speciale. Mi sono diplomata con buoni voti, ed
andrò a Yale. Io ho tutto quello che desidero, tutto quello
di cui ho bisogno.
Questo era
decisamente meglio.
Un’altra
volta, la Quinn di quella mattina non aveva ancora capito nulla.
“Non
sei sola.”
Questo
l’aveva detto Rachel.
In quel
momento Quinn si sentiva così sola, invece. Come se nessuno
la capisse.
Eppure aveva
riavuto indietro tutto quello che voleva ardentemente: era tornata una
cheerleader, stava con Finn, sarebbe forse diventata la reginetta del
ballo di quell’anno.
Non avevo
bisogno di niente di tutto quello,
osservò.
Era
concentrata a fare la vittima, in quel momento, ed allo stesso tempo
era occupata a curarsi della sua campagna per far diventare lei e Finn
reginetta e re del ballo.
Alle parole
di Rachel, Quinn non aveva detto nulla.
Rimediò
nuovamente: Non sono sola. Ho te. Ho voi, tutti voi.
Quella Quinn
non aveva ancora capito nulla.
“Non
tornerò ad essere quella ragazza. La biondina
perfettina.”
Parole sue,
queste, dette con risentimento a Shelby.
E Shelby
aveva avuto ragione a chiederle: “Lo sei mai
stata?”
Quinn
conosceva un’altra volta la risposta esatta: No,
non era vero.
Era stata
bionda, sì, ma lontana dalla perfezione.
Era stata
egoista e viziata, una vera bambina.
Era rimasta
incinta, eppure continuava a dire a Puck – e a se stessa
– che era stato tutto un errore, che era andata a letto con
lui solo perché lui l’aveva fatta ubriacare e si
sentiva grassa.
Era vero?
No, non lo era,
pensò ancora, frustrata. Ma non si mosse, nonostante sentiva
i muscoli iniziare ad intorpidirsi.
La sua mente
sfornò un altro pensiero riparatore: Non sono mai
stata perfetta, e non penso che lo sarò. Penso che
continuerò a sbagliare, a volte tornerò sui miei
passi o mi rimangerò quello che ho detto. Ma non
inizierò a cercare la perfezione, perché non
penso di trovarla. Sono solo un essere umano, non una supereroina.
La Quinn di
quel ricordo non aveva ancora capito nulla.
“…Stai
messa così male. E va avanti da tre anni. Da quando ti ho
messa nei casini.”
Questo era
Puck.
Quinn
ricordava il suo viso in quel momento. Aveva delle piccole rughe sulla
fronte, visto che l’aveva corrugata. Sembrava quasi tastare
il terreno, come per volersi scusare. In quel momento stava ammettendo
le proprie colpe, o almeno quelle che pensava fossero le proprie.
Nonostante
Quinn in quel momento non aveva aperto bocca, ora aveva qualcosa da
ridire per correggere anche quell’errore.
Non
è vero nemmeno questo!, si disse, non
è stato Puck a scombinarmi la vita. Sono stata io. Ho fatto
tutto da sola. Ed ho continuato ad incolparlo. Anche lui si
è incolpato da solo, ed io ho sbagliato a non fermarlo.
Si
ritrovò a pensare la stessa cosa per l’ennesima
volta: Quella Quinn non aveva capito nulla.
Ma ora aveva
capito. Ora sapeva cosa rispondere, ora sapeva come correggere gli
errori che aveva fatto. Ora sapeva perdonarli.
“La
prima cosa che bisogna fare per diventare adulti? Smettere di
incolparsi per gli errori commessi da ragazzini.”
Shelby aveva
assolutamente ragione, e Quinn l’aveva capito solo ora.
Eppure non se
ne dava una colpa, perché ognuno aveva bisogno di tempo per
capire dei concetti, per quanto semplici essi siano. Lei aveva
impiegato tutto un anno scolastico a cercare di capire quelle parole ed
applicarle.
Non capiva
cosa volesse dire, perché forse si era concentrata troppo
sugli errori più grandi che aveva fatto. Come rimanere
incinta tradendo Finn, tradire Sam, non essere diventata reginetta,
avere “perso” tutta la popolarità.
Errori,
sì, ma non così gravi, in fondo.
Quella notte
si era impegnata a scavare tra i suoi ricordi, a trovare quelle frasi
dette o non dette che avevano creato errori più grandi, che
l’avevano indotta a perdere se stessa prima ancora di
trovarsi.
Quinn
alzò la testa e, con calma, sciolse la posizione in cui era
stata. Guardò la sveglia che aveva sul comodino. Erano le
quattro e venti.
Aveva passato
un’ora a…pensare.
Ne era valsa
la pena? Sì.
Stirò
gli angoli della bocca in un sorrisino un po’ assonnato, e si
diresse a passi stanchi verso il letto.
Si stese, e
cercò di sistemare il lenzuolo come meglio poteva.
L’ansia
e la paura che aveva provato appena sveglia le attanagliarono di nuovo
lo stomaco, stringendolo in una morsa.
No, Quinn!
Stai tranquilla!, si
raccomandò, seria.
Si
girò leggermente su un fianco, e chiuse gli occhi.
Appena prima
di addormentarsi, concluse il filo dei suoi pensieri con la frase
più matura che pensava di aver mai pronunciato.
Sono Lucy Quinn
Fabray, ed una volta sono stata Lucy Caboosey. Sono stata anche Quinn
Fabray, molto popolare e carina. Ma ora sono solo Quinn. A me interessa
solo Quinn, m’interessa solo quello che sono ora. Il resto
non importa. Non mi resta che sorridere, perché sono qui, e
sono felice. Perché è estate. Perché
me ne vado da Lima. Perché, quando domani sarò
nel New Haven, Connecticut, a Yale, sorriderò, e
sarò solo me stessa. Perché ho capito
che non posso essere meglio di così, non posso migliorare
ciò che sono già contenta di essere.
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Beh, eccomi
qui. L'ho finita stanotte, visto che mi è venuta
l'ispirazione verso le undici, ed ora che mi decido a postare...! Beh,
il pc non va! <3
Questo è tutto, spero davvero che vi piaccia.
Accetto critiche, consigli, tutto!
Una recensione? :3
Ciao a tutti (?).
E ricordate che...Lady Fabray ha parlato!
xAlly.