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Autore: Eterocromia    07/07/2012    2 recensioni
Dieci capitoli. Dieci stelle. Dieci anni.
I dieci anni della relazione tra Mukuro Rokudo e Tsunayoshi Sawada, che va man mano negli anni trasformandosi sempre di più nella notte eterna nella quale s'incontrano e si scontrano.
Come Orihime e Hikoboshi, due anime destinate a morire nel proprio splendore; come Orihime e Hikoboshi, due anime destinate ad incontrarsi unicamente nel Tanabata.
Dieci anni.
Dieci desideri.
Dieci speranze.
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mukuro Rokudo, Tsunayoshi Sawada
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Kimi no Shiranai Monogatari
The story you didn’t know







Chapter 1

“Vega.”





“Since when I wonder,
since when have I been
chasing after you?
Please, please
don’t be surprised, listen
to these feelings of mine.




☆☆☆☆☆☆☆☆☆


Tsunayoshi Sawada iniziò a scrivere le sue lettere durante l’autunno successivo; ricorreva novembre e tra le sue mani iniziavano a bruciare le lacrime che vi si erano depositate.
Tutto ebbe inizio nell’estate precedente; e tutto ebbe fine nell’estate di dieci anni dopo.

Amava le notti stellate.
Nella loro rara bellezza lo affascinavano a tal punto che paragonava le stelle ai suoi stessi Guardiani. Tante piccole stelle trapuntate su un cielo tanto immenso da non riuscire a pensare d'esser tale, un cielo che si tinge di nero affinché le sue stelle possano risplendere dei propri desideri.
Da bambino amava rintanarsi nella solitudine di una notte del genere, e andare a parlare con le stelle. Regalava ogni suo desiderio ad una stella, felice di poterle veder risplendere grazie -in una minima ed impalpabile parte- a lui.
Ma c'era una stella che Tsunayoshi non era mai riuscito a far risplendere a dovere.
Era sola, come lui.
Quella sera di luglio aveva deciso di far qualcosa per quella stella, che per tanti anni l'aveva implorato senza davvero mostrarlo.
Quella notte s’incrociavano Vega e Altair dopo un anno di distanza soffocante – e quella notte lui aveva deciso di farsi coraggio ed incontrare la sua, irraggiungibile, prima stella della sera.
E’ la notte delle speranze, il Tanabata.
Tsunayoshi Sawada lo sapeva bene, e con le guance velate di un rossore tiepido aveva preparato tutto con la sua solita minuzia; lo yukata rosso l’aveva fatto aderire per bene e con delicatezza sul suo corpo, lasciando del piccolissimo spazio per far passare l’aria che –si sperava- avrebbe ravvivato quelle sere umide e calde.
In una mano teneva un ventaglio di riso altrettanto rosso che lasciava trasparire la luce biancastra dell’insegna a neon che aveva appena superato, e nell’altra un piccolo sacchetto di stoffa a fantasia dove erano presenti all’interno tanti piccoli fogli verticali, pronti a diventare tanzaku.
Aveva messo dentro quel sacchetto anche una penna per poter scrivere il suo desiderio.
E per far avverare quello di Mukuro Rokudo.
Quando s’incontrarono le guance di Tsuna erano ancora più rosee di prima, e il suo fiato era affannato; nonostante fosse in perfetto orario iniziò a correre nella foresta che precedeva il luogo dell’appuntamento.
Come un bambino aveva aperto le braccia e si era lasciato andare, ridendo a perdifiato.
Gli piaceva la sensazione delle foglie che gli lambivano con delicatezza i bordi delle mani e delle braccia, e soprattutto quella sensazione di eterea sicurezza che lo avvolgeva.
Poche luci tutt’attorno a lui e il buio di quel luogo.
Sopra di lui, le stelle.
Davanti a lui e dentro di lui, Mukuro Rokudo.
In un solo momento la perfezione dell’istante gli aveva fatto ricordare tante cose da farle trasformare in una patina opaca del passato; e si era dimenticato di guardare il presente. Era praticamente finito tra le sue braccia, e la stoffa del suo yukata sapeva del profumo della pioggia. Impeccabilmente perfetto.
Se era un’illusione lui non lo sapeva, ma quando rialzò il capo meravigliato si accorse di essere circondato dalle lucciole.
E di esser circondato da quel sorriso meschino e da quella pelle tanto bianca da confondersi con la neve; era freddo, ma il sorriso che gli rivolgeva era caldo e disarmante. Il mare in tempesta si agitava nel suo occhio blu.
Teneva ancora gli occhi spalancati a fissare il volto dell’altro, spaesato, mentre imprimeva nella sua memoria quello spettacolo unico: Mukuro pareva esser lui stesso la matrice delle lucciole e assieme a quei piccoli esseri anche lui risplendeva di luce propria.
Solamente quando l’altro schiuse le labbra e poggiò le sue dita sul polso scoperto e violabile di Tsunayoshi, quest’ultimo si accorse di essere ancora chiuso tra le sue braccia avvolte in un tessuto blu. Facendo risuonare i passi di legno delle sue scarpette si allontanò e si accartocciò su se stesso compiendo un tenero e goffo inchino.
«P-Perdonami…non ti avevo visto arrivare.» rimase chino e tutto ciò che poté riuscire a scorgere furono i piedi dell’altro, avvolti delicatamente nell’aria. E nello stesso modo confuso e veloce di quando poco prima si era ritrovato tra le sue braccia, le mani gelide gli afferrarono il mento –in modo incredibilmente delicato- e lo costrinsero ad alzare il volto. Mukuro rise.
«Oh, Tsunayoshi! Penso che comparirò più spesso all’improvviso se ho l’onore di vedere nei tuoi occhi tanto stupore.»
Sfiorò una ciocca di capelli bluastra e contorse le labbra in un’altra risata quando vide l’altro boccheggiare nel tentare di controbattere. Poi continuò, addolcendo la sua espressione. Infilò la mano –ch’era un ramo innevato- nell’interno del suo yukata e ne tirò fuori una lettera.
Tsunayoshi Sawada era estremamente felice e si era perso come suo solito a notare come le labbra dell’altro erano di un rosa che andava scemando una volta a contatto con il resto del volto.
Come poteva essere un uomo tanto delicato quanto maligno?
Vide le labbra muoversi ma il suono non gli arrivò; aveva appena scorto dietro di lui un albero piuttosto singolare. Gli occhi gli si illuminarono come prima e corse alle spalle dell’altro allo stesso precedente modo.
Era un semplice albero spoglio e dalla corteccia annerita, quasi bruciata. Ma su ogni ramo stava quasi fluttuante una candela.
«E’ l’albero dei desideri.» Mukuro Rokudo riapparve silenziosamente alle sue spalle, facendolo sussultare.
«L’ho creato proprio per te, visto che tu tenevi tanto ad una cosa del genere.»
Tsunayoshi si voltò, quasi con le lacrime in volto. Sembrava un bambino davanti al suo giocattolo preferito.
Mentre sorrideva si affrettò ad aprire il suo sacchetto e tirò fuori alcuni dei fogli precedentemente preparati con cura.
Ne porse uno a Mukuro assieme alla penna, e ampliò il suo sorriso inclinando il volto.
«Scrivi il tuo desiderio, e io lo farò avverare accendendo la candela corrispondente! Onegai, Mukuro!» lo pregò, con le mani chiuse in una preghiera.
Stranamente, Mukuro rise di nuovo e senza farselo ripetere prese il tanzaku e in un attimo ci scrisse sopra. «Sei proprio intenzionato a salvarmi, eh?» Tsunayoshi si voltò e annuì vigorosamente col capo, nonostante fosse già pronto ad accendere la candela. L’altro gli si avvicinò con estrema eleganza e attaccò il tanzaku sotto la candela che l’altro aveva adocchiato.
Pochi centimetri di distanza si stanziavano tra i loro volti, e le spalle si sfioravano continuamente; chiusero entrambi gli occhi e alla riapertura di questi ultimi la fiamma danzava allegra nel buio circostante.
L’unico suono era la risata di Tsunayoshi, troppo felice per contenere le emozioni.
E Mukuro Rokudo, nella sua compostezza, si avvicinò pericolosamente, poggiando il naso perfetto sulla guancia calda dell’altro; sussurrò, provocandogli gelo per tutto il corpo – e nessuna sensazione poteva esser bella quanto quella.
«Sai cos’ho desiderato?»
Un lungo, perpetuo, freddo secondo di distacco.
I volti illuminati unicamente dal desiderio di completarsi a vicenda.
«Te.»
E gli baciò la guancia, tenendogli stretta la mano.





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“Altair.”

-2 weeks.

  
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