Kimi no Shiranai
Monogatari
「 The story you didn’t know 」
⊰★⊱
Chapter 1
“Vega.”
“Since when I wonder,
since when have I
been
chasing after you?
Please, please
don’t be surprised,
listen
to these feelings
of mine.”
★☆☆☆☆☆☆☆☆☆
Tsunayoshi Sawada iniziò a scrivere
le sue lettere durante l’autunno successivo; ricorreva novembre e tra le sue mani
iniziavano a bruciare le lacrime che vi si erano depositate.
Tutto ebbe inizio nell’estate precedente; e tutto ebbe fine nell’estate di
dieci anni dopo.
☆
Amava le notti stellate.
Nella loro rara
bellezza lo affascinavano a tal punto che paragonava le stelle ai suoi stessi
Guardiani. Tante piccole stelle trapuntate su un cielo tanto immenso da non
riuscire a pensare d'esser tale, un cielo che si tinge di nero affinché le sue
stelle possano risplendere dei propri desideri.
Da bambino amava
rintanarsi nella solitudine di una notte del genere, e andare a parlare con le
stelle. Regalava ogni suo desiderio ad una stella, felice di poterle veder
risplendere grazie -in una minima ed impalpabile parte- a lui.
Ma c'era una stella
che Tsunayoshi non era mai riuscito a far risplendere
a dovere.
Era sola, come lui.
Quella sera di luglio
aveva deciso di far qualcosa per quella stella, che per tanti anni l'aveva
implorato senza davvero mostrarlo.
Quella notte s’incrociavano Vega e Altair dopo un
anno di distanza soffocante – e quella notte lui aveva deciso di farsi coraggio
ed incontrare la sua, irraggiungibile, prima stella della sera.
E’ la notte delle speranze, il Tanabata.
Tsunayoshi Sawada lo sapeva
bene, e con le guance velate di un rossore tiepido aveva preparato tutto con la
sua solita minuzia; lo yukata rosso l’aveva fatto
aderire per bene e con delicatezza sul suo corpo, lasciando del piccolissimo
spazio per far passare l’aria che –si sperava- avrebbe ravvivato quelle sere
umide e calde.
In una mano teneva un ventaglio di riso altrettanto rosso che lasciava
trasparire la luce biancastra dell’insegna a neon che aveva appena superato, e
nell’altra un piccolo sacchetto di stoffa a fantasia dove erano presenti all’interno
tanti piccoli fogli verticali, pronti a diventare tanzaku.
Aveva messo dentro quel sacchetto anche una penna per poter scrivere il suo
desiderio.
E per far avverare quello di Mukuro Rokudo.
Quando s’incontrarono le guance di Tsuna erano ancora
più rosee di prima, e il suo fiato era affannato; nonostante fosse in perfetto
orario iniziò a correre nella foresta che precedeva il luogo dell’appuntamento.
Come un bambino aveva aperto le braccia e si era lasciato andare, ridendo a
perdifiato.
Gli piaceva la sensazione delle foglie che gli lambivano con delicatezza i
bordi delle mani e delle braccia, e soprattutto quella sensazione di eterea
sicurezza che lo avvolgeva.
Poche luci tutt’attorno a lui e il buio di quel luogo.
Sopra di lui, le stelle.
Davanti a lui e dentro di lui, Mukuro Rokudo.
In un solo momento la perfezione dell’istante gli aveva fatto ricordare tante
cose da farle trasformare in una patina opaca del passato; e si era dimenticato
di guardare il presente. Era praticamente finito tra le sue braccia, e la stoffa
del suo yukata sapeva del profumo della pioggia.
Impeccabilmente perfetto.
Se era un’illusione lui non lo sapeva, ma quando rialzò il capo meravigliato si
accorse di essere circondato dalle lucciole.
E di esser circondato da quel sorriso meschino e da quella pelle tanto bianca
da confondersi con la neve; era freddo, ma il sorriso che gli rivolgeva era
caldo e disarmante. Il mare in tempesta si agitava nel suo occhio blu.
Teneva ancora gli occhi spalancati a fissare il volto dell’altro, spaesato,
mentre imprimeva nella sua memoria quello spettacolo unico: Mukuro
pareva esser lui stesso la matrice delle lucciole e assieme a quei piccoli
esseri anche lui risplendeva di luce propria.
Solamente quando l’altro schiuse le labbra e poggiò le sue dita sul polso
scoperto e violabile di Tsunayoshi, quest’ultimo si
accorse di essere ancora chiuso tra le sue braccia avvolte in un tessuto blu.
Facendo risuonare i passi di legno delle sue scarpette si allontanò e si
accartocciò su se stesso compiendo un tenero e goffo inchino.
«P-Perdonami…non ti avevo visto arrivare.» rimase
chino e tutto ciò che poté riuscire a scorgere furono i piedi dell’altro,
avvolti delicatamente nell’aria. E nello stesso modo confuso e veloce di quando
poco prima si era ritrovato tra le sue braccia, le mani gelide gli afferrarono
il mento –in modo incredibilmente delicato- e lo costrinsero ad alzare il
volto. Mukuro rise.
«Oh, Tsunayoshi! Penso che comparirò più spesso all’improvviso
se ho l’onore di vedere nei tuoi occhi tanto stupore.»
Sfiorò una ciocca di capelli bluastra e contorse le labbra in un’altra risata
quando vide l’altro boccheggiare nel tentare di controbattere. Poi continuò,
addolcendo la sua espressione. Infilò la mano –ch’era un ramo innevato- nell’interno
del suo yukata e ne tirò fuori una lettera.
Tsunayoshi Sawada era
estremamente felice e si era perso come suo solito a notare come le labbra dell’altro
erano di un rosa che andava scemando una volta a contatto con il resto del
volto.
Come poteva essere un uomo tanto delicato quanto maligno?
Vide le labbra muoversi ma il suono non gli arrivò; aveva appena scorto dietro
di lui un albero piuttosto singolare. Gli occhi gli si illuminarono come prima
e corse alle spalle dell’altro allo stesso precedente modo.
Era un semplice albero spoglio e dalla corteccia annerita, quasi bruciata. Ma
su ogni ramo stava quasi fluttuante una candela.
«E’ l’albero dei desideri.» Mukuro Rokudo riapparve silenziosamente alle sue spalle, facendolo
sussultare.
«L’ho creato proprio per te, visto che tu tenevi tanto ad una cosa del genere.»
Tsunayoshi si voltò, quasi con le lacrime in volto.
Sembrava un bambino davanti al suo giocattolo preferito.
Mentre sorrideva si affrettò ad aprire il suo sacchetto e tirò fuori alcuni dei
fogli precedentemente preparati con cura.
Ne porse uno a Mukuro assieme alla penna, e ampliò il
suo sorriso inclinando il volto.
«Scrivi il tuo desiderio, e io lo farò avverare accendendo la candela
corrispondente! Onegai,
Mukuro!» lo pregò, con le mani chiuse in una
preghiera.
Stranamente, Mukuro rise di nuovo e senza farselo
ripetere prese il tanzaku e in un attimo ci scrisse
sopra. «Sei proprio intenzionato a salvarmi, eh?» Tsunayoshi
si voltò e annuì vigorosamente col capo, nonostante fosse già pronto ad
accendere la candela. L’altro gli si avvicinò con estrema eleganza e attaccò il
tanzaku sotto la candela che l’altro aveva
adocchiato.
Pochi centimetri di distanza si stanziavano tra i loro volti, e le spalle si
sfioravano continuamente; chiusero entrambi gli occhi e alla riapertura di
questi ultimi la fiamma danzava allegra nel buio circostante.
L’unico suono era la risata di Tsunayoshi, troppo
felice per contenere le emozioni.
E Mukuro Rokudo, nella sua
compostezza, si avvicinò pericolosamente, poggiando il naso perfetto sulla
guancia calda dell’altro; sussurrò, provocandogli gelo per tutto il corpo – e nessuna
sensazione poteva esser bella quanto quella.
«Sai cos’ho desiderato?»
Un lungo, perpetuo, freddo secondo di distacco.
I volti illuminati unicamente dal desiderio di completarsi a vicenda.
«Te.»
E gli baciò la guancia, tenendogli stretta la mano.
⊰★⊱
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“Altair.”
-2 weeks.