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Autore: DemsLaugh    09/07/2012    6 recensioni
OS sui jonas.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nick Jonas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero seduta sulla panchina del parco, come al solito a descrivere la mia giornata sul mio diario segreto. Per la mia età era banale averne uno, ma mi aiutava ad esprimere cio che provavo nel profondo, dato che non avevo nessuno con cui confidarmi: non avevo amici, nella mia scuola mi ranicchiavo  sempre in un angolo della classe e mi mettevo a guardare fuori dalla finestra, in attesa di qualcosa o qualcuno che riuscisse a smuovermi da lì. A casa non era meglio: i miei genitori stavano sempre in giro per il mondo per lavoro, e mi rimaneva solo Ted, il mio cane, che mi faceva sempre compagnia, lui c'era sempre per me.
Mi presento, sono Giulia, ho 17 anni e abito a Milano ma sono di origini americane.
Non sono una di molte parole, di solito lascio che mi parlino gli altri, mi piace ascoltare; mentre odiavo parlare io, che senso aveva parlare di te o di qualcosa se la persona con cui discuti non ti sta a genio? Da questo si puo capire che il problema non sono gli altri ma io. Respingo sempre le persone, anche prima di conoscerle, è piu forte di me.
Stavo scrivendo una solita giornata grigia, priva di colori ed eventi. Quando -come al mio solito- stavo per firmare la pagina di diaro, sentii qualcosa di freddo che mi bagnò dalla testa ai piedi, con le braccia cercai disperatamente di coprire il mio diario.
Quando il getto d'acqua cessò e riuscii ad aprire gli occhi notai tre ragazzi che stavano giocando con le pistole ad acqua.
"Molto maturi" pensai.
Non dissi nulla e feci per andarmene ma qualcuno mi prese il braccio costringendomi a girarmi per guardarlo. Era un ragazzo sui 20 anni, alto poco piu di me, capelli castani scuri e ricci come non mai e occhi color cioccolato, scuri piu che altro, e uno sguardo che poteva far incantare chiunque, ma non me.
Lo guardai con aria scocciata, attendendo un cenno di parola.
"Hey, scusaci, stavamo giocando e.."
"E non vi eravate accorti di me si si,mi è gia capitato non ho bisogno delle tue scuse, ciao" lo interruppi e finita la frase feci per alzare i tacchi ed andarmene ma mi prese un'altra volta il braccio. Stavolta lo scrollai e continuai a camminare, ma sentivo dei passi dietro di me che mi seguivano. Mi stavo innervosendo, e forse se mi fossi fermata gliel avrei anche data vinta, quindi non mi fermai ne rallentai il passo.
Ero giunta fino alla porta di casa e questo ragazzo ancora non si era rassegnato, alla fine, prima che me lo potevo trovare in casa decisi di girarmi e sentii un sibilo da parte sua che diceva "finalmente"
"Cosa vuoi? Potrei denunciarti per pedinamento lo sai?"
"Farmi perdonare" disse interrompendomi.
Alzai un sopracciglio interrogativa. Vidi scattare un sorrisetto sulla sua bocca, cosi bella e carnosa. 
"Cena, io e te, ti passo a prendere alle otto okay?" stava per andarsene, convinto che la mia risposta fosse affermativa. Ma si sbagliava.
"No" dissi fredda. 
Quell'accenno di sorriso si levò in un istante dal suo volto e cambiò in una faccia imbronciata.
"Perche?" chiese
"Non ti conosco, per quanto so di te, potresti essere uno stalker." dissi convinta di quello che dicevo.
Sentii partire un risolino da parte sua. Lo trovava cosi divertente? Non lo conoscevo, potevo pensare cio che volevo.
"Se fossi uno stalker ti avrei gia tagliato la testa non credi?" disse in tono sarcastico.
Dentro di me sapevo che aveva ragione ma non volevo dargli ragione, altrimenti avrei dovuto accettare il suo invito.
"Prova a guardare nella tasca a destra" mi disse con un filo di superbatezza.
Tastai la tasca dove tenevo di solito il cellulare ma li dentro non c'era niente.
"Ma dove.." 
ad un certo punto alzò una mano e notai il MIO cellulare nelle SUE mani.
"Se accetti l'invito te lo renderò " 
"Mi stai ricattando?"
"Oh sei perspicace" disse ancora con quel tono che mi dava sui nervi. Pensava di essere simpatico? A me faceva solo innervosire.
Mi ritrovai costretta ad accettare l'invito a mio svantaggio.
Decisi di mettermi qualcosa di normale, il vestito proprio no! Non li sopportavo.
"Che ne dici di questa Ted?" dissi alzando in aria una canottiera completamente marrone.
Ted si limitò a guardarmi con aria seria.
"Si forse hai ragione, questa mi serve per fare jogging" dissi gettandola sul letto.
Non so perche ci mettevo cosi tanto, che m'importava di indossare qualcosa di carino? E poi per lui? 
Non riuscivo a smettere di pensarlo, a quei suoi ricci cosi  belli e arruffati a quegli occhi cosi intensi  e misteriosi. Sveglia Giulia svegliaaa! E' solo un pallone gonfiato torna alla realtà!
Optai per una canottiera nera a righe grige, con sopra una camicia a tre quarti, color jeans chiaro allacciata con un nodo sulla vita. E dei jeans in tinta con la camicia e le mie amate blazer nere.
Furono le otto e non so perche ma fremevo dalla voglia di uscire.
Il campanello suonò, andai ad aprire e mi ritrovai lui, con una specie di smooking nero e una rosa bianca in mano.
Ok stavo per morire, io vestita normale e lui tirato al lucido.
Mi squadrò dalla testa ai piedi.
"Non ti vado a genio?" dissi con il mio solito tono acido.
"No no sei.. Fantastica" spalancai gli occhi sbalordita. Io fantastica? Non me lo aveva detto nessuno prima d'ora.
"Non sapevo che eri capace di arrossire" disse ironico soffocando un risolino. 
Mi coprii la faccia, oddio ero diventata rossa, non potevo crederci, non ero mai arrossita in vita mia e come poteva esserci riuscito lui.
"Nemmeno io" abbozzai un sorriso, ne sembrava felice, forse perche ero riuscita a non essere scontrosa con lui per la prima volta. Mi porse la rosa e senza esitare la presi.
Arrivammo al ristorante, o meglio ad un ristorante di lusso! 
Varcammo la porta e vidi tutte donne con lunghi vestiti e gioiello preziosi attorno al collo e alle braccia, e uomini in abiti elegantissimi.
"No io non entro cosi" dissi cercando di dirigermi alla porta di uscita ma lui mi fermò con un braccio sulla vita, a quel suo tocco sentii qualcosa allo stomaco, si muoveva qualcosa, mi sentivo calda dentro, oddio dovevo andare in bagno?
"Stai benissimo, rilassati" mi disse guardandomi negli occhi. 
Non sentivo piu le gambe, le labbra mi si contorsero involontariamente in un sorriso da ebete. Non avevo piu il controllo delle mie azioni, cosa mai successa.
Un cameriere ci scortò al nostro tavolo. Non facevo altro che guardare quelle persone che mi stavano fissando con un aria disgustata, avrei voluto tanto sprofondare in quel momento ma la sua mano cosi forte e calda che mi stringeva non me lo permettava.
Ci sedemmo e ordinammo da mangiare, il cameriere se ne andò facendo un finto sorriso obbligatorio.
"Posso sapere il tuo nome?" mi chiese tranquillo.
"Giulia, tu?" dissi appoggiando la testa su una mano.
Sorrise.
"Beh, non hai un nome?" chiesi cercando di non essere acida.
"Non sono obbligato a rispondere" disse sorridendo apertamente. Era la prima volta che sorrideva in quel modo, il suo sorriso era qualcosa di inimitabile, era capace di irradiare un'intera stanza.
"Ah.. Bene, quindi ti chiamerò "Senza nome" dissi cercando di essere ironica, non lo ero mai stata in vita mia ma con lui sentivo che potevo provarci ad esserlo.
Rise a bocca chiusa guardando giù per poi tornare a fissarmi. Odiavo quando lo faceva, mi faceva sentire come una prigioniera racchiusa in una stanza talmente piccola da sentirsi soffocata.
"Chiamami Enne" 
"Enne.." ripetei.
Probabilmente era la lettera iniziale del suo nome. Mi accontentai della prima, il resto lo avrei scoperto dopo.
Quando arrivarono i piatti mi gettai letteralmente sul mio, ero molto affamata. E poi non mi capitava tutti i giorni di mangiare la carbonara.
Enne qualche volta scrutava i miei movimenti, ma quando alzavo lo sguardo lui lo dirigeva nel suo piatto. 
Ogni volta che mi parlava andavo in panico, mi scordavo le parole, il cervello sembrava non essere collegato, ma perche mi stava succedendo? Avevo qualche malattia?
Mi stavo preoccupando.
Quando ci portarono il dessert  decisi che era ora che tornassi a casa. Non stavo bene, e sentivo ancora le persone che mi fissavano.
"Enne, ti dispiace portarmi a casa? Non mi sento bene" dissi passandomi una mano sulla fronte.
a quelle parole il suo viso si fece allarmato, si alzò, mise un bel mazzo di soldi sul tavolo e mi prese in braccio.
"Ma sei matto? Fammi scendere all'istante" sussurrai.
"Zitta, stai male e non devi affaticarti"
non mi venne la parola per descrivere il modo in cui mi trattava, era una cosa simile a "gentile" ma piu sdolcinata. DOLCE era la parola giusta.
Durante il tragitto mi chiedeva costantemente se stavo bene, ed io mi limitavo a gesticolare con le mani come per dirgli "Cosi, cosi".
Quando arrivammo cercò di riprendermi in braccio ma glielo impedii.
"Ce la faccio qui" dissi.
Mi accompagnò fino in camera mia, fino a quando non ero definitivamente sotto le coperte.
"Ora va meglio?" mi chiese per l'ottantesima volta.
"Perche fai tutto questo per me?" chiesi senza rispondere alla sua domanda
"Perche..Ogni volta che una persona a me cara mi dice di non stare bene mi prende il panico, ho paura che gli possa succedere quello che è successo a me"
in quella frase c'erano due cose che non capivo: una era che aveva detto in un certo senso che ero una persona cara per lui, e l'altra era la "cosa" successa a lui.
"Cosa?" chiesi.
Prima di rispondere si mise seduto su un angolo del letto, fissando il pavimento.
"Ho il diabete, e non voglio che gli altri provino lo stesso che è capitato a me. Perciò mi allarmo sempre" ancora una volta era stato DOLCE. 
"Mi dispiace Enne, sai sei molto..Dolce, a preoccuparti." esitai un po per dire quell'aggettivo.
Non ero di tanto complimenti, ma questo piu che altro era una descrizione.
Ad un certo punto mi prese una mano e con l'altra ci mise il telefono che mi aveva rubato.
"Grazie per avermi dato l'occasione di farmi perdonare" abbozzò un sorriso e per la prima volta lo ricambiai.
Stava per andarsene e sentii un colpo fitto al cuore. Mi venne subito da chiedermi quando lo avrei rivisto, se lo avrei rivisto.
"Non andare via" dissi quasi sussurrando, ma pareva che mi aveva ascoltanto, cosi si girò e si mise sul letto con me.
In un certo senso mi sentivo PROTETTA  per la prima volta. Ero sicura che nessuno mi avrebbe fatto del male con lui vicino.
Oggi sono qui con lui, a ricordare il nostro primo appuntamento, ci siamo sposati dopo 3 anni da quel giorno, decidemmo di farlo proprio quel giorno per commemorare il nostro incontro.
Ora so il suo nome e perche avevo sentito tutte quelle nuove emozioni in una sola volta. Quelle emozioni si mescolavano in una soltanto, capace di cambiarti la vita.. Era l'amore.
Non decise di dirmi il suo vero nome fino al nostro matrimonio, mi costrinse a chiamarlo solo Enne e solo ora ho capito il perche: faceva parte di una band e pensava che mi sarei innamorata di lui solo per il suo nome, ma non fu così. Perchè dalla prima volta che l'ho visto, anche se non sapevo niente di lui, era riuscito a rubarmi il cuore. Lui, Nicholas Jerry Jonas.
  
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