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Autore: Strekon    24/01/2007    5 recensioni
[Ravenloft]
Esiste un mondo in cui il male regna. I tiranni comandano e vengono premiati da forze sovranaturali che vedono in loro la radice stessa della malvagità. In questo mondo l'unica cosa che si può fare è sopravvivere, e tentare di non impazzire...
Genere: Fantasy, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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PROLOGO
 
La strada era battuta da un vento sferzante, come se la notte stessa volesse divorare quella foresta. Nubi minacciose annunciavano la pioggia imminente. La donna camminava svelta, sostenuta dall’uomo in armatura che con la spada si apriva la via fra i rami bassi. L’altra mano non lasciava il braccio della donna e lo stringeva fino a farsi venire le nocche bianche.
“Klaud, ti prego, piano…” supplicava la donna, ma Klaud sembrava non ascoltarla. Sbuffava e spingeva i rami incurante dei graffi.
Finalmente trovò un sentiero. Ormai dovevano essere al sicuro, lontani dai loro inseguitori.
La donna si fermò appena Klaud lasciò la presa su di lei. Strinse a sè il fagotto che aveva tenuto stretto solo con un braccio, fino ad ora. Dal fagotto scaturì un pianto molto silenzioso.
“Shhh, no, buono piccolo Elija, c’è la mamma qui con te…” la donna lo cullò dolcemente, sperando si calmasse e smettesse di piangere.
“Sonja fallo tacere” Klaud si guardava intorno. Le creste degli alberi danzavano a ritmo del vento. Il sentiero era vuoto. Si caricò meglio lo zaino sulla spalla coperta dal cuoio e rinfoderò la spada.
“Andiamo, dobbiamo trovare un riparo per la notte” decise Klaud. Sonja lo seguì cullando il neonato fra le braccia. Lo coprì meglio, rincalzando la sua sciarpa di lana attorno al volto del bebè.
“Elija è spaventato, Klaud” ma il guerriero non rispose. Si accarezzò i capelli castani fino a farli scomparire dietro l’orecchio.
“Ho visto delle luci su quella collina. Raggiungiamo la cima e speriamo ci possano accogliere”
La pioggia era arrivata. Pochi spruzzi, premessa per la tempesta.
Si ripararono sotto un albero dalle fronde fitte. Klaud cercò le luci della collina. Ancora pochi minuti e sarebbero arrivati.
“Meglio aspettare che si fermi un po’. Elija potrebbe ammalarsi” disse il guerriero. Poi si tolse il mantello di lana e vi avvolse madre e figlio. Sonja gli sorrise e lui non poté fare a meno di carezzargli una guancia.
“Tranquilla amore mio, non ci seguiranno a Mordent”
Lei annuì, rassicurata dalla parole del marito. Sapeva dargli molto coraggio quando lei ormai non ne aveva più. Anche Elija sembrò calmarsi, e chiuse gli occhi.
Fu Klaud ad alzare la testa quando sentì lo scalpicio nel fango. Passi vicini. Forse troppo.
Alzò con uno strattone la moglie e la trascinò per il sentiero.
“Vi seguiremo fino alle nebbie, Klaud” un uomo si parò loro davanti “E anche oltre, se necessario”
Klaud si mise fra l’uomo e la moglie. Appoggiò la mano sull’elsa e incrociò lo sguardo di sfida.
“Fammi passare, Zahn” sillabò seccato. Zahn non si mosse, o almeno non parve volerlo fare, ma con un movimento fluido del braccio estrasse prima una piccola spada, poi un pugnale.
“Non ne ho intenzione. A meno che non consegnate l’erede”
Nessuno parlò e Sonja sentì le lacrime pungerle gli occhi.
“Zahn ti prego…” la donna tentò di parlare, prima di mettersi a piangere.
“Sonja, lascia quest’uomo e vieni con me assieme ad Elija”
“Verme, come osi pronunciare il suo nome!” Klaud sfoderò la spada e affondò su Youri, che con un agile saltello scivolò sul fango ed arretrò senza essere colpito.
“L’erede deve morire, Sonjia, lo sai! Avresti dovuto pensarci!” Zahn urlò, coperto dalla pioggia che ormai incalzava. Alzò la spada vicino al volto di Klaud che riuscì a deviare il pugnale solo all’ultimo secondo. Alzò la spada e scostò il pugnale per tentare un altro affondo, ma Zahn fu più veloce ed incastrò la sua lama fra l’elsa del pugnale e quella della spada corta.
“Stai solo perdendo tempo. Arriveranno presto, e con te e il tuo bastardo io avrò già finito” sibilò Zahn in faccia al suo nemico. Klaud digrignò i denti e sollevò con forza la spada, librandola dalla trappola del suo avversario. Colpì, una, due, tre volte, schiantandosi sempre contro la lama di Zahn.
“Sonja, vattene! Porta Elija via da qui!”
La donna tremò alle parole del marito. Si stava sacrificando. La lasciava scappare mentre lui sarebbe andato contro morte certa. Se non contro Zahn, non avrebbe certamente resistito all’arrivo degli altri due.
“Vattene!” urlò ancora Klaud colpendo come un pazzo la difesa di Zahn e creando un varco dove la donna potesse scappare.
Sonja strinse gli occhi colmi di lacrime e prese a correre fra il fango e la pioggia scrosciante. Dopo pochi metri la foresta sarebbe finita e sarebbe stata allo scoperto. Elija si era svegliato e la pioggia gli bagnava il volto pallido. Lei lo coprì completamente con la sua sciarpa di lana e corse all’impazzata verso l’unica cosa che vedeva. La luce in cima alla collina poteva essere la sua salvezza.
Non sentì le spade cozzare, e nemmeno il viscoso rumore della lama più corta che affondava nel ventre di Klaud. Il colpo di grazia fu il coltello piantato nella gola.
Vedeva solo quella luce. La luce di un edificio più alto circondato da basse mura di legno.
Era un monastero, non un villaggio. Non le importò, si attaccò al portone  e prese a battere i pugni più forte che poté
“Pietà! Vi prego dateci asilo! Pietà!” Elija piangeva, ma Sonja neanche lo sentiva da quanto urlava. La pioggia l’aveva ormai inzuppata completamente e sentiva le braccia sempre più pesanti. I sensi annebbiarsi e quasi perdere ogni speranza.
“Pietà…” sussurrò un’ultima volta prima di accasciarsi in ginocchio e svenire davanti al portone che si apriva.
 
V
 
“Si sta riprendendo…” Sonja sentì queste parole mentre ancora teneva gli occhi chiusi. Li aprì piano e credette di essere morta. Vedeva una gran luce e il bianco era il colore dominante. Era avvolta i panni bianchi e l’uomo che le stava di fronte aveva la carnagione pallida. Fece un sorriso sereno che gli fece increspare le rughe attorno al volto.
“Ben svegliata, sorella” la salutò il sacerdote dalle vesti grige. Sonja cercò di alzarsi, ma ottenne soltanto un gran dolore alla schiena.
“Non sforzatevi avete la febbre alta…”
“Chi…”
“Io sono François, sacerdote di Ezra. Siete al monastero della Roccia, Sonja, e avete dormito quasi per dieci ore”
Sonja prese l’energia rimastagli e cercò di parlare.
“Elija…sta…bene?”
“Il vostro bambino sta bene” François le sorrise sereno, nuovamente. Le carezzò la fronte con la mano ruvida e poté sentire il calore della sua pelle.
“Morirò, padre…” Sonja chiuse gli occhi e li sentì pizzicare. François non riuscì a negare quello che anche Sonja, seppur moribonda, aveva ormai capito.
“Io…”
“Padre, nel nome della sua Dea, deve farmi un giuramento solenne” allungò la sua mano pallida per afferrare quella di François.
“Deve proteggere il mio Elija…vogliono portarlo via…” prese fiato mentre la mano di François le teneva stretta le dita.
“Nascondetelo e non ditegli nulla di me e di lui.…”
“Va bene, lo proteggerò, ve lo prometto in nome di Ezra”
Sonja sospirò e si lasciò andare fra le lenzuola morbide. François teneva la mano stretta attorno alla sua.
“Qual’era il nome…il nome di vostro padre, François?”
“Christophe”
Sonja chiuse gli occhi e sentì un alito fresco carezzargli il collo. Sorrise prima di morire.
“Chiamatelo così, e non ditegli…”
 
V
 
Louis fece radunare i suoi ragazzi e si assicurò che fosse tutto in ordine. La tempesta della sera precedente aveva scoperchiato il tetto della mangiatoia dei maiali e una mucca era scappata dal recinto. Altri danni minori erano stati riparati dalla gente della comunità.
Era stata una bufera in piena regola, e l’arrivo di quella donna al capezzale del monastero aveva reso la nottata ancora più strana del previsto. Per non parlare di quello  individuo appena entrato dal portone e ancora avvolto nel mantello zuppo di acqua.
“Posso aiutarla?” salutò Louis avvicinandosi al nuovo arrivato. L’uomo si scrollò di dosso il mantello bagnato e allungò la mano verso Louis. Il capitano della milizia notò la ferita fresca nell’avambraccio e il coltello nel fodero, lungo il fianco.
“Forse sì. Mi chiamo Zahn e sto cercando una donna” lo spiccato accento Borcano confermò le ipotesi di Louis. La donna arrivata quella notte era senz’altro di quelle parti. Borca, ma più probabilmente, Barovia.
“Se ne cercate una in particolare temo di non potervi essere d’aiuto, messere”
“Non molto alta, mora, e con un bambino al seguito”
Louis sorrise e scosse la testa.
“Temo di no. Non nascono fanciulli dalla scorsa primavera. Ma può chiedere al villaggio più ad ovest, forse lì l’hanno vista”
Zahn si fece silenzioso e squadrò il capitano con occhi sottili.
“Capisco, chiederò altrove. Buona giornata”
“E a lei, messere. Arrivederci” Louis cercò di sorridere finché l’uomo non lasciò il monastero. Poi fece dietro front e raggiunse le stanze del monaco capo. François era in corridoio e pareva attenderlo.
“Dobbiamo parlare, credo”
 
V
 
“Lo cresceremo noi”
“E’ una follia François! Quel tizio avrebbe fatto la pelle all’intero villaggio se avesse sospettato che quella donna fosse qui!”
“Louis, capisco le tue preoccupazioni, ma l’ho promesso a quella donna su letto di morte”
Louis scosse la testa e guardò fuori dalla finestra.
“E alla gente come lo spiegherai?”
“Non diremo niente. Quello che sapranno, lo scopriranno per conto loro. E non saranno nemmeno sicuri che sia la verità”
“E’ un azzardo”
“Louis, quella donna ha sacrificato la sua vita per la salvezza di quel bambino”
“Non solo lei. I ragazzi stamattina hanno trovato un cadavere. Un uomo giovane, ucciso ai margini della foresta. Immagino sia collegato dato il tipo di ferite e le armi in cintura a quel uomo a cui ho parlato…”
“Forse era il padre…”
“Forse”
Calò silenzio e Louis si mosse soltanto dopo parecchio.
“Va bene, ma dovremmo essere cauti, almeno all’inizio. Sperando che quel Zahn non si faccia più vedere”
“E lo saremo” lo rassicurò François con una pacca sulla spalla.
“Ora dobbiamo organizzarci per il bambino e per dare sepoltura ai suoi genitori. Che Ezra ci accompagni”
Louis accennò con il capo un saluto e si diresse verso l’uscita.
“Speriamo lo faccia davvero” sbuffò prima di tornare nel cortile del monastero.
   
 
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