-Penso che Dio avesse intenzione di mangiare Isacco. È per questo che ha detto ad Abramo di ucciderlo...
-Mangiarlo? Certamente no. E comunque l'angelo interviene in tempo...
-Non sempre...



Mello guarda il riflesso della realtà, nello specchio incrostato dalla propria insoddisfazione.
L'asciugamano sui fianchi, le gocce infrante sulla sua pelle maltrattata dal mondo.
Guardo i suoi occhi che scrutano il suo volto sulla superficie fredda.
Il lavandino gorgoglia di perdite stanche, e non è l'unico, in questo bagno umido di docce appena fatte e pareti macchiate.
Mello osserva il proprio volto baciato dalle fiamme di quell'esplosione e non trova grazia in se stesso: mai in pari col mondo, sempre ad un passo dalla soddisfazione.
La vera sfida è quella contro se stesso, quella di perdersi in uno specchio e trattenere la nausea per la deturpazione.
Sono alle sue spalle quando incontra i miei occhi e sputa una smorfia: una volta sarebbe stato solo uno dei suoi ghigni melliflui, adesso non è che amarezza.
Un passo sulle mattonelle che hanno dimenticato il proprio candore, e cingo i suoi fianchi. La ceramica del lavandino sfiora la mia pelle. Poggio il mento sulla sua spalla, quella non offesa dalla brutalità del destino.
I miei occhi sono fissi sulle sue guance, i suoi svicolano e si accaniscono su un punto non ben definito, trafitti dall'umiliazione e dall'imbarazzo.
Lascio scivolare una mano sul suo torace, sospirando nel suo orecchio. Quell'intimità lo infastidisce, lo sento sotto i palmi.
Da quando la pelle increspata dal calore lo segna, Mello non prova che ribrezzo verso se stesso. Porto una mano sulle sue palpebre, oscurando lo sguardo tornato sul lato sinistro della sua mandibola.
Trattiene il fiato per un momento, poi espira, e le sue ciglia solleticano la conca della mia mano.
La giugulare pulsa mentre le regalo un tiepido bacio.
-Smettila di tormentarti.- sussurro.
Si abbandona contro il mio petto, come fosse lui a sorreggermi, a darmi un solido appiglio. È sempre stato così, anche quando mi chiedeva aiuto: Mello mi da  l'occasione di stargli accanto, non m'ha mai fatto percepire d'aver bisogno di me. Col tempo ho imparato a capire, questo suo modo di chiedere senza domandare, di respirare senza pretendere ossigeno. Non vuole debiti, forse sa che non è disposto a dispensare risarcimenti.
-Cosa c'è, Mello, mmh?
Il suono della mia voce, nella cecità dell'abbraccio, lo fa sciogliere un poco, mentre la mia mano gli accarezza un fianco.
-Non è niente.- mormora, la voce ferma, in ogni circostanza.
Bacio il lobo destro, stringendolo di più contro di me.
- Le nostre cicatrici hanno il potere di ricordarci che il passato è reale.*- dico, spostando la mano e abbandonando una leggera carezza sul suo viso.
Apre gli occhi e mi manca il respiro, poi sorride abbassando lo sguardo, e i miei polmoni si atrofizzano.
Poi si volta, cattura le mie labbra in un bacio, le sue mani sulle mie spalle.
-Quello,- dice poco dopo-  Era un gran bel film.
La mia risata, forse un po' nervosa, viene soffocata sulla sua lingua vogliosa d'attenzioni.



Note...
*: Citazione dal film "Red Dragon"
Il titolo è ripreso dal film "Il silenzio degli innocenti", anagramma di Ester Moidil, nome fittizio indicato da Lecter.
La citazione d'apertura è ripresa dal film "Hannibal Lecter- Le origini del male."
Storia azzardata? Forse. OOC? Dio, spero di no!  Alla prossima.