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Autore: White Gundam    14/07/2012    1 recensioni
Cortile esterno dell'accademia Ludwige. Due amici, un litigio, e un po' di fluff. Elliot e Leo (no yaoi), enjoy you!
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Elliot Nightray
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Forgive me

 

Il coltello brillava alla luce della luna, argenteo come l'astro celeste. La mano che lo impugnava era ricoperta di un guanto di velluto bianco, lindo e pulito.

Josephine era china sullo scaffale, una mano appoggiata per terra e l'altra intenta a tenere una lampada ad olio per farsi luce, e gli occhi impegnati nella ricerca di un libro che non riusciva a trovare. La sua concentrazione era talmente dedita alla ricerca che ella non parve accorgersi della mano avvolta nel soffice e bianco velluto, alzata all'altezza del suo collo, sul quale baluginava l'ombra dell'argenteo coltello...

“Al diavolo, Leo! Hai finito?” La voce spazientita di Elliot gli aggredì l'udito e il giovane dai capelli mori emise un sibilo tra i denti. Non gli rispose e si limitò ad alzare una mano, a palmo aperto nella sua direzione.
“E rispondi quando la gente ti parla, cretino!” La mano del giovane sbatté con forza contro la copertina, facendo volare il romanzo dalle mani dell'amico, che capitolò nel laghetto vicino al quale si erano seduti.

Leo si spinse la montatura degli occhiali sul naso, e alzò il volto in direzione del rampollo del casato Nightray, le labbra strette fra loro e tremanti di viva rabbia.

“E'... E' colpa tua che non rispondevi...” Elliot incespicò con le parole, voltando lo sguardo verso il lago e guardando impotente l'acqua che inghiottiva il libro, sciogliendone le pagine.

Leo rimase fermo, seduto in terra, ancora per alcune frazioni di secondo, i denti stretti e le labbra serrate con una tale forza che il contorno di esse era passato dal colore rosato della pelle, al blu e persino al viola nel giro di pochi istanti.
“Va' al diavolo, Elliot! Crepa!” Esplose, saltando in piedi e spingendo il giovane in avanti, fino a farlo capitolare per terra, lungo e disteso.

Il ragazzo dai capelli chiari si rialzò a fatica, il naso gocciolante di sangue, che si asciugò con la manica della bianca uniforme scolastica dell'Accademia Ludwige, senza ottenere tuttavia alcun risultato, siccome il fiore rosso non smise di sbocciare dalle sue narici. Negli occhi azzurri gli baluginò un lampo d'ira, e girò svelto sui tacchi per allontanarsi dal cortile scolastico.

Leo rimase invece lì, fermo, come impietrito, le braccia ancora volte in avanti con i palmi delle mani ancora aperti e distesi, le spalle che gli tremavano e il respiro ansante di rabbia.

 

Ma proprio nel momento in cui il coltello era ad un respiro dalla pelle di Josephine, la ragazza si voltò, tenendo il libro da ella scelto tra le candide mani. Un grido di terrore le uscì dalla gola nel vederlo, nel suo consueto vestito di sempre, con le mani ricoperte di velluto e il coltello puntato verso il basso, in quella che prima era la posizione del suo collo...
La voce roca di Elliot, prima sforzata nello scandire le parole e dar loro un tono, si spense, notando di non ricevere l'attenzione in cui aveva sperato.
Il giovane Nightray tirò un pugno alla corteccia del grande albero dietro cui era appoggiato, col solo risultato di veder sanguinare le sue nocche, graffiate e ferite dalla sua stessa azione.

Con enorme sforzo di volontà si impose il silenzio, restando fermo, rigido come l'albero contro cui appoggiava le larghe spalle, con l'orecchio teso ad aspettare la reazione dell'amico, ma tutto quello che gli riuscì di udire non fu una parolaccia nei suoi confronti o un segno che egli avesse capito le sue scuse, ma solo un debole e intermittente respiro forte e irregolare, dal timbro cupo di ansia e paura.
“Leo?” Elliot si staccò dall'albero, il rossore di imbarazzo scomparso dalle sue gote, e un'espressione di preoccupazione dipinta sul volto.

Il ragazzo dai capelli neri era fermo in mezzo al prato, i palmi delle mani premuti con forza contro le tempie, gli occhi serrati sotto le spesse lenti degli occhiali, le spalle tremanti e il respiro ansante.

“Basta... Basta... State zitti, io... Io voglio essere normale, non voglio essere strano!” Biascicò Leo, le mani serrate con più forza sulla testa, le parole ridotte ad un sussurro. Poi, una mano sopra la sua spalla, dalla stretta forte, sicura, forse un po' irritata.

Leo! Che cazzo stai dicendo? E che diamine fai, seduto lì come un moccioso che piange?!” Le parole di Elliot lo inondarono e le voci sparirono, così come la luce dorata che i suoi occhi osservavano fino a poco prima. Emise un lieve sospiro, soffiando piano l'aria fuori dai polmoni, in maniera fioca e quasi impercettibile. Alzò piano lo sguardo in direzione dell'altro e vide che nell'altra mano, quella che non aveva usato per stringere la sua spalla, teneva un libro, lo stesso libro che lui prima stava leggendo. Ma non ebbe il tempo di fare una qualsiasi domanda, di dirgli una qualsiasi cosa che la mano destra di Elliot si aprì nella sua direzione, per aiutarlo ad alzarsi. Fece per afferrarla, ma si bloccò istantaneamente. “M-mi hai sentito?” Chiese nella sua direzione, la voce strozzata che faticava ad uscirgli dalla gola. Il giovane Nightray per tutta risposta gli afferrò la mano alzandolo di peso, e scaraventandolo con tanta forza da farlo finire tra le sue braccia. “Sì, ti ho sentito... E non ho capito un accidenti di quello che hai detto...” Elliot prese fiato e strinse le braccia attorno alle spalle di Leo. “E comunque io non penso che tu sia strano... E poi, che tu lo sia o meno, sinceramente non mi interessa, perché tu sei, semplicemente... Il mio migliore amico.” Terminò, in uno sbrodolamento di parole, mentre Leo ricambiava il suo abbraccio. “Bene, e staccati adesso... Lo sai, non sono bravo in queste cose.” Concluse Elliot, voltando lo sguardo da un altro lato; gli lasciò cadere il libro tra le mani, infilò le mani in tasca e si avviò verso la propria stanza, lasciando il cortile dell'accademia.
Leo sorrise ironico, mentre le sue mani aprirono il romanzo alla pagina indicata dal segnalibro, proprio quella a cui lui era arrivato, e guardando il pezzo di cartoncino vi vide sopra la calligrafia ordinata e secca dell'amico... “Hai proprio ragione, Elliot, non sei proprio bravo in queste cose.” Pensò, ridacchiando, mentre leggeva quello che vi era scritto:
Scusami, Leo.

   
 
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