Film > Il Cigno Nero
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Autore: Sylphs    15/07/2012    10 recensioni
Il Cigno Nero è una forza oscura e distruttiva, un vortice di istinti e di potere che terrorizza Nina. Ma quando deve cercarlo e farlo suo per essere perfetta, tutto cambia. Pensieri di una ragazza prigioniera in una gabbia di inibizioni, che ha trasformato gli impulsi comuni ad ogni donna in una bestia con piume nere e occhi rossi.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bianco e nero
 

 
 
 
 
 
Mi sono sempre chiesta, negli ultimi tempi, se io sia una persona fondamentalmente buona o oscuramente cattiva. A detta di tutti ho un carattere dolce e non creo problemi a nessuno. Ma forse è perché nessuno mi conosce veramente. Io vivo nell’Angolo. L’Angolo buio e invisibile in cui mi sono rannicchiata tanti anni fa, quando ho sentito per la prima volta di avere qualcosa di immondo dentro, qualcosa di sbagliato e mostruoso, e ho cercato di eliminarlo nell’atmosfera candida e ovattata della stanza da bagno, dove tutto era talmente chiaro da impedirgli di emergere e di impadronirsi del mio riflesso. Ho punito il Qualcosa, ancora e ancora, cercando di strapparlo via dalla mia pelle, di eliminarlo così come eliminavo il sangue denso e scuro con l’acqua del lavandino, ferendolo e ricacciandolo via, rinnegando gli impulsi che portava in superficie e vomitando a forza quando sentivo di averlo nutrito troppo, che mi si agitava dentro, scalciando in un addome troppo esile per contenere la sua furia.
Ma né il sangue che sgorgava dalle ferite né la bile che zampillava fuori dalle mie labbra sono riuscite a eliminare il Qualcosa. È rimasto lì, accovacciato nel mio sterno, ricoperto di piume nere corvine, grattando la sua prigione con artigli rapaci, fissandomi con i suoi occhi scarlatti e malvagi. Ho capito che il Qualcosa era parte di me, che non sarebbe mai morto, a meno che non fossi morta io. Ma avevo paura, tanta paura, una paura puerile e soffocante, la paura della sua bambina, troppo piccola per fronteggiare una forza così oscura, mutevole e gorgheggiante.
Così ho continuato a ferire il Qualcosa che abitava nel mio corpo, ad eliminare il nutrimento da cui traeva forza, per avere sempre il controllo, per non cederglielo mai, per rimanere me stessa. Ci riuscivo, ma il Qualcosa non mi illudeva, e compariva quando meno me l’aspettavo per ricordarmi che non l’avevo davvero sconfitto, che lui era me ed io ero lui, vestito di nero e con il volto pesantemente truccato, adulto e sporco, le labbra rosee tese a scoprire i denti in un sorriso che sapeva di malizia.
Danzavo per dimenticare il Qualcosa e tutti gli istinti che si portava appresso e con cui desiderava contaminarmi. Continuavo a roteare e a piroettare fino allo sfinimento perché solo nella spasmodica ricerca della perfezione esso si rintanava nei più bui recessi della mia anima e non esisteva altro all’infuori della musica e della fatica. Per quanto persino in quei momenti percepivo le reazioni delle persone intorno a me, l’approvazione degli insegnanti e il disprezzo delle compagne, e, oh, anche quelle mi facevano paura. Vivevo nell’Angolo ma non riuscivo a sbarrarne l’entrata. Dovevo compiacere gli altri, per rinnegare lo sbaglio accovacciato dentro di me.
Sapevo che mi invidiavi, mamma. Sapevo che la mia carriera era quella che tu non avevi mai raggiunto, che mi avevi tramutata nella ragione che ti aveva obbligata a rinunciare alla danza, quando sappiamo benissimo entrambe che lo facesti solo perché avevi raggiunto il tuo limite. Non saresti mai divenuta la Regina dei Cigni ed era normale che anche io, la tua bambina, non lo fossi mai. Ma prima quel ruolo mi andava bene. Lo odiavo, ma non lottavo per ribellarmi da esso. Era puro. Era il lato di me al quale mi aggrappavo per combattere il Qualcosa esploso non appena le mie forme si erano arrotondate e il sangue del flusso mestruale era sgorgato per la prima volta, terrorizzandomi e sbigottendo te. Solo con esso potevo arginare i mutamenti che il Qualcosa mi aveva portato e restare candida.
Ma lui mi disse che era sbagliato. Scrutandomi fisso con i suoi gelidi occhi azzurri capaci di vedere dentro di me, distrusse tutte le mie certezze e diede un nome al Qualcosa: il Cigno Nero.
Non dovevo combatterlo, ma farlo emergere. Non dovevo punirlo, ma ammansirlo e fondermi con esso per essere davvero perfetta. Non dovevo considerarlo un nemico, ma l’amico più caro. Era in me e sarei riuscita a manifestarlo.
Tutto quello che avevo creduto fino a quel momento andò in pezzi. Niente del mio controllo e della mia purezza mi avrebbe condotto alla perfezione con la quale cancellare finalmente lo sbaglio. Era il Cigno Nero che lo avrebbe fatto. L’animale. La bestia. Una forza totalmente distruttiva capace, però, di creare l’arte in mezzo alla sua devastazione. Ed era mio dovere cercarlo. Era mio dovere chiedergli perdono e sottomettermi al suo volere.
Lui però aveva capito il mio gioco, e quando per la prima volta lo invocai, non si fece vedere. Lo cercai disperatamente, prigioniera di un costume candido come neve, lo chiamai, ma non rispose ai miei richiami. Era troppo tardi, avevo perduto la mia possibilità. Adesso mi ammiccava malevolo dal viso seducente di Lily, in cui si era incarnato, prestandole il suo potere per prendere quello che spettava a me, e mi parlava con la sua voce, mi provocava con le sue carezze, mi invitava a trasgredire. Lei aveva rubato una parte di me e voleva farla sua per sempre, voleva trasformarsi in quello che io avevo rinnegato, per strapparmi l’unico rimedio all’errore che sempre avvertivo nel corpo.
Sento ancora il suo sapore oscuro sulle labbra, nel centro pulsante della mia femminilità, il tocco delle sue mani brune sulla pelle che tante volte ho straziato. Rivedo ancora la sua fisionomia mutare da quella di Lily alla mia, ed io inerte, palpitante, invasa dal Qualcosa che mi procurava un piacere così acuto da farmi gridare, ma ancora la sua maledetta bambina!
Ma mi aveva ingannata, quel piacere non era mai esistito, mi aveva tradita, confinandomi in una camera troppo piccola e mostrando a Thomas il suo potere, con il quale voleva stregarlo, convincerlo a buttarmi via come una bambola rotta. Il Qualcosa era mio. Non suo. Erano i miei istinti, non i suoi, e lei non sarebbe diventata me! Non le avrei ceduto il vortice di energia bestiale che prima di me aveva dominato l’anima di Beth, non sarei rimasta nel Mondo Rosa, tra le facce sogghignanti dei peluche e quella compassionevole e maligna di mia madre.
È per questo che l’ho uccisa. Mentre lottavamo convulsamente sul pavimento, finalmente ho percepito il Qualcosa che passava da lei a me, che ritornava da dove era venuto, e mi sono sentita invadere dalla sua potenza, dal suo fuoco, dalla sua malizia. Mi ha chiesto questo sacrificio, questa prova, per vedere se ero degna di ospitare il Cigno Nero, se avevo abbattuto il muro bianco, e gliel’ho data. Ho conficcato il pezzo di vetro nello stomaco della ladra e il sangue ha alimentato il mio premio riconquistato, la mia benedizione e la mia condanna allo stesso tempo, abbiamo goduto entrambe di quella vittima offerta in suo onore e ho visto il mondo con i suoi occhi rossi come il sangue.
Mi faccio da parte con naturalezza e le cedo il comando, so che è la cosa giusta, so che tutto sarà perfetto.
Il costume bianco cade a terra con un tonfo e piume nere come ebano rivestono il mio corpo più forte e più adulto, mentre nello specchio lei sorride, sicura, e cancella con vigore tracce di lacrime dalle mie guance incipriate.  
“Sarà perfetto, Nina”.
“Lo so”. 

  
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