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Autore: EleRigoletto    18/07/2012    4 recensioni
Sono Sam, abito in Canada e non sopporto il ragazzo più fastidioso ed egocentrico dell’intero pianeta: Pierre Bouvier.
Non riesco a fare a meno di detestarlo, perché prima o poi me ne sarei innamorata, questo non andava bene.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Pierre Bouvier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Oh salve miei discepoli (?) ---- lasciatemi stare, stamattina non mi sento bene!
Sono tornata con una nuova One-Shot tutta per voi, se volete saperne di più, leggete …
 
Sono Sam, abito in Canada e non sopporto il ragazzo più fastidioso ed egocentrico dell’intero pianeta: Pierre Bouvier.
Non riesco a fare a meno di detestarlo, perché prima o poi me ne sarei innamorata, questo non andava bene.
“Sam vieni, Pierre è venuto a prenderti per andare a fare un giro … scendi!” mia mamma era insopportabile, da quando mi aveva fatto conoscere il figlio della sua migliore amica, non faceva altro che farmi passare ogni singolo minuto con lui.
Non faceva per me, io avevo vent’anni, lui trentatre, ma questo alle “due” non importava niente.
Mi stavo preparando per l’appuntamento, indossai dei pantaloni corti di jeans, una maglia rossa e delle converse rosse e nere, praticamente vestita sportiva; mi misi un velo di trucco e scesi a salutare mia madre.
Uscii e salii in macchina con lui.
Aveva un sorriso da ebete, ma era vestito abbastanza bene, dovevo concederglielo.
“Ciao cara, sei pronta per andare a fare un giro?” mi chiese con un tono del tutto insopportabile.
Io lo guardai con occhi socchiusi “Si, basta che la smetti di sorridere … mi dai fastidio!”
Feci una smorfia e  roteai gli occhi verso il cielo, lui si mise a ridere ed aumentò velocità.
“Come siamo acidi oggi … tranquilla, io sono un uomo paziente.” Mi mise una mano sulla spalla e mi fissò.
“Senti, noi non stiamo insieme e non abbiamo niente in comune … se devo venire alla tua festa stasera è solamente perché mia mamma mi costringe ad uscire con te” gli urlai, scesi dalla macchina ed andai avanti.
Forse avevo esagerato, ma non mi piaceva essere presa troppo alla leggera, ci conoscevamo da più di un anno, uscivamo quasi sempre noi due per far piacere ai nostri, tutto merito delle nostre mamme.
Vidi il suo sguardo scurirsi, chiuse a chiave la macchina ed entrammo in un bar per pranzare.
Ci sedemmo ad un tavolo vicino all’uscita, ordinammo da bere e un panino al volo.
Quel giorno era stranamente silenzioso, da quando gli avevo detto quelle parole, il suo umore cambiò; lo osservai mangiare, di solito si ingozzava, adesso, però,  era a malapena riuscito a morderne metà della metà.
In quel preciso momento, notai i suoi meravigliosi occhi marroni nocciola, i suoi capelli scompigliati e mi venne da sussultare; non avevo idea di cosa mi stesse succedendo, però dovevo farlo stare meglio, in fondo stanotte avrebbe festeggiato.
“Che hai scemo?” gli rivolsi uno sguardo spensierato.
Lui alzò lo sguardo dall’ultimo morso del suo panino e mi fissò.
“Niente, stavo pensando che se non vuoi venire non venire … cioè, non sei costretta, tanto per me è uguale, dirò a mia madre che avevi da fare … “ abbassò di nuovo lo sguardo perso nel vuoto.
“Stai scherzando vero? Non posso, non perché voglia venire a questa festicciola, ma piuttosto sono curiosa di vedere come ti sta la camicia che ti ha regalato mia mamma.” Cercai di farlo ridere, non  ci riuscii, emise solo un mezzo sorriso.
Andò a pagare il conto ed uscimmo dal negozio, mi riportò a casa; quando arrivammo aspettai a scendere.
“Che hai, questa volta non corri via come sempre?” nel suo tono una nota di … di dolore?
Non potevo credere che era dispiaciuto per le parole che avevo detto quella mattina.
“Senti, io ci sarò … quindi corri a casa a prepararti e passami a prendere alle otto … ti aspetto!” scesi dall’auto e lo salutai, cosa che  prima d’ora non avevo mai fatto.
Qualcosa in me era diverso, lui era diverso, io …
Andai in camera mia a preparare un abbinamento adeguato per una festa, di certo non ci potevo andare come di solito mi vestivo, ma dovevo essere elegante, o almeno sembrarlo.
I vestiti erano contro di me, non riuscivo a scegliere niente; bussarono alla porta della camera.
Aprì mia mamma, con una scatola.
“Tesoro, tieni questo vestito, ci tengo che te lo metta, oggi è un giorno speciale … magari tu e … “ gli tirai via dalle mani il pacco, senza nemmeno lasciarla finire, era inutile ascoltare la solita ramanzina.
“Mamma, non succederà nulla … io e lui non ci ameremo mai, capito? Piantala di programmare la mia vita perché sono stufa.” La mandai fuori dalla porta, mi sdraiai sul letto e scoppiai in lacrime. Non volevo litigare con mia madre, ma il suo comportamento era troppo esagerato; quello che dovevo provare per lui non era facile da comandare, sentivo di non sopportarlo, ma ora ero confusa, volevo passare più tempo con lui.
Aprii la scatola e presi il vestito; Mi addormentai così, circa per un’oretta, quando mi svegliai erano già le sette e trenta, corsi in bagno a truccarmi e scesi per prendere la borsa.
Odiavo portarmi a dietro le borse, di solito mettevo tutto nelle tasche dei  pantaloni, però mia mamma mi rimproverava sempre dicendo che non era da –signorine – così mi dovetti portare una borsa.
Finalmente arrivarono le otto, salutai mia madre e andai fuori dal portone ad aspettarlo; circa dieci minuti dopo arrivò.
Scese dalla macchina e mi aprii la portiera, non potei non notare come gli stesse davvero bene la camicia abbinata ad una cravatta rossa e dei pantaloni scuri con delle converse nere.
“Come sei bella oggi, il tuo vestito mi piace moltissimo … “ si girò verso di me mentre attraversava il ponte per andare a casa sua, un rossore gli adombrò il viso.
 “Grazie, anche tu non sei niente male … però non farci l’abitudine!” scherzai facendolo sorridere.
Il mio vestito non aveva niente di speciale, era lungo fino alle ginocchia, aveva un colore azzurro a fiorellini, una manica ricadente sotto la spalla e indossavo delle scarpe bianche, niente di che …
Arrivammo nella sua abitazione, la villa di suo padre, parcheggiò in garage  e mi fece scendere.
Quando entrai in casa sua, rimasi stupita, l’avevo già vista molte volte, ma ora sembrava molto più ampia, più pulita e non potei non notare che era piena di ragazzi più grandi di me; Si allontanò da me per andare a salutare i suoi quattro amici: David, Jeff, Seb, Chuck.
Li salutai con un cenno della mano e andai a sedermi in un angolo del salone, tutti gli ospiti stavano ballando e saltando, nessuna di queste persone conoscevo e né avevo mai visto.
Vicino alle casse della musica, c’era un tavolino con appoggiata una lista di cocktail o birre, visto che mi stavo annoiando presi una birra e andai a ripararmi in giardino; lì nessuno mi avrebbe ballato intorno, nessuno mi avrebbe disturbato.
La musica era diventata insopportabile, il gradino su cui mi appoggiai diventò scomodo; mi stavo annoiando terribilmente, ma arrivò Pierre e mi toccò una spalla sedendosi vicino a me.
“Hey, ti annoi, vuoi andare a casa?” mi fece un sorriso soddisfatto.
“Scherzi? Devo restare … finche non finisce”  volevo sapere come si sarebbe comportato, volevo farlo arrabbiare in qualche modo contraddicendolo, ma il risultato non fu come mi aspettavo, perché mi sorrise dolcemente.
“Va bene, ma io starò con te … spero che tu non beva stasera, perché ti dovrò riportare sana e salva a casa.” Scherzò, le sue meravigliose guance paffute diventarono vermiglie, ed eccolo: il faccino da cucciolo che prima non sopportavo ed ora, di colpo, lo trovavo adorabile.
-Che stavo facendo?- mi sentii terribilmente confusa.
La distanza che ci separava non era tanta, ci stavamo guardando negli occhi scambiandoci piccoli sorrisi.
Le sue labbra si incontrarono con le mie.
Mi uscii un gemito di imbarazzo, lui se ne accorse e si staccò leggermente.
“Scusa, non dovevo … è colpa mia, mi dispiace” abbassò lo sguardo, come se fosse imbarazzato di qualcosa, ma non ne aveva motivo.
“No, non devi essere dispiaciuto” lo incoraggiai.
Piegò la testa di lato con fare alquanto buffo.
“Cos’è, adesso mi sopporti?” mi diede un pugno leggero sulla spalla.
“Sei solo uno stupido.” Ci mettemmo a ridere, per tutta la sera ridemmo come due pazzi, dopo la mezzanotte lo fissai.
“Che ne dici se ricominciamo tutto da capo? Cioè, ti andrebbe di provare ad uscire per vedere come va?!”I suoi occhi brillarono con un senso di speranza.
  • CHE MALE Può MAI FARE?- Pensai tra me e me, infondo poteva rivelarsi una buona cosa.
Alla fine mi decisi a rispondere.
“Si, per me va bene … possiamo uscire … signor Bouvier” appoggiai il mio viso sulla sua spalla, lui mi accarezzò le guance e mi diede un bacio, uno di quelli che non scorderò mai.
Alla fine non si può sfuggire al destino, sapevo che prima o poi avrei amato l’unico che all’inizio non sopportavo; spesso ciò che non ci piace, alla fine ci interessa più di ogni altra cosa.
 

Posso solo dirvi che la scelta del nome della protagonista, è dovuto al fatto che “Sam” è il nome di una mia vicina di casa che sta male, per cui gli dedico la storia.
Visto che domani vado in Vacanza e starò via per dieci lunghissimi giorni, vi ho ricompensato con una storia da leggere, tutta nuova.
Spero vi abbia incuriosito e che vi sia piaciuta; Ricordate, se volete farmi sapere com’è io sono pronta ad ascoltarvi!!
Un bacio Ele!! ;)
 
  
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