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Autore: _Aras_    29/07/2012    8 recensioni
Dafne è in vacanza a Rodi, un’isola della Grecia, e incontra Michael, un ragazzo del posto che ogni mattina passa davanti alla sua casa correndo. Cosa succede quando lui si ferma e le parla? Cosa nascerà tra di loro in quei miseri nove giorni di vacanza che le restano?
“Smettila di essere così sarcastico.”
“Perché?”
“Perché non mi piaci così!”
“Quindi quando non sono sarcastico ti piaccio?” domandò, cogliendo al volo l’occasione.
“Oh, ma smettila!” Rise e lo spinse ancora, questa volta abbastanza forte da farlo sbilanciare e cadere di schiena.
“Che manesca!” si lamentò lui, afferrandola per un braccio e tirandola sopra di sé. Dafne si ritrovò allora a cavalcioni sui suoi fianchi, il polso destro stretto dalla sua mano.
“E ora che vorresti fare?” lo provocò lei.

SEQUEL IN CORSO: "BOLLE DI FELICITA'"
Capitoli revisionati: 1/10
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Molecole di vita

 

Giorno 1

 

Michael uscì dall’acqua e si passò una mano sul viso, un sorriso divertito solcava le sue labbra. L’aveva notata, eccome se l’aveva notata. Negli ultimi tre giorni, durante la sua corsa mattutina, l’aveva vista: distesa sul muretto di cinta di una delle tante casette sul mare che costeggiavano la spiaggia, sempre con una macchina fotografica in mano e le cuffie dell’i-pod alle orecchie. Questa volta era lui il soggetto delle foto, ne era certo. Si diresse verso di lei e sogghignò soddisfatto vedendola spostare lo sguardo.
«Buongiorno» la salutò, fermandosi a un paio di metri da lei.
«Ciao.» Aveva una voce dolce e delicata, in quel momento anche incerta, forse imbarazzata per essere stata scoperta.
«Allora, cosa sei? Un agente della CIA sotto copertura che mi sta tenendo d’occhio o un paparazzo in cerca di scoop?»
«Queste sono le uniche due alternative che ti passano per la mente? Sei così importante da avere un’agenzia governativa sulle tue tracce o così famoso da rischiare di essere seguito dai fotografi?» domandò, inclinando il viso e arrotolando una ciocca di capelli intorno all’indice.
«Dipende da quali sono i tuoi interessi; sono certo che sotto qualche aspetto potrei essere particolarmente interessante. Sono Michael.» Si avvicinò e le porse la mano. Lei la studiò per un attimo prima di allungare la sua e stringere la presa.
«Dafne» si presentò. «E comunque, non stavo fotografando te» aggiunse in fretta, ricordando la sua congettura.
«No?» Michael si morse la guancia per trattenere almeno un po’ un sorriso divertito che minacciava di spuntare; non voleva che pensasse che la stesse prendendo in giro.
«No. Stavo fotografando il… il paesaggio» improvvisò lei, balbettando per un attimo e imprecando mentalmente per quella debolezza. La sua scusa, inventata al momento e già di per sé poco credibile, non guadagnava di certo dalla sua esitazione.
«Davvero? E cosa c’è di diverso da quello di ieri e del giorno prima ancora? Perché sono abbastanza sicuro che il mare sia sempre lo stesso» ribatté, appoggiandosi al muretto su cui era seduta e fissandola negli occhi.
«A quanto pare anche tu mi hai osservato parecchio.» Diretta e tagliente, ricambiò il suo sguardo, ora più sicura dato che sapeva di non essere l’unica ad aver notato l’altro. A primo impatto gli era sembrata timida, quasi indifesa, ma poi Michael aveva capito che non lo era per niente.
«Quindi ammetti che mi stavi fotografando?»
«Okay. Sì, ti stavo fotografando. Qui non passa mai nessuno, non avevo molta scelta» concesse, alzando le spalle per minimizzare la cosa.
«Beh, magari potresti cambiare zona.» Senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò quasi a chiederle un appuntamento.
«Non posso.»
«Perché no?»
«Sono in vacanza con un’amica, ma mentre io mi sveglio presto, lei è capace di stare a letto fino a mezzogiorno. Non posso andarmene e basta. Inoltre, non saprei dove andare» spiegò, spostando i capelli su un lato del collo in cerca di un po’ di sollievo dalla calura che stava iniziando ad alzarsi. Per quanto quel clima fosse perfetto per una vacanza estiva, non si era ancora abituata al sole persistente.
«Dietro quell’insenatura c’è una spiaggia bellissima e completamente diversa da questa, se vuoi domani ti ci porto» propose, seguendo il suo movimento e chiedendosi se fosse stato un gesto naturale o forse un po’ studiato. Non si pentì di aver espresso quell’idea, in fondo lei era in vacanza, e, da abitante dell’isola, era suo dovere farla divertire.
«Grazie dell’offerta, ma di solito non me ne vado in giro con degli sconosciuti» rifiutò Dafne, sperando di non risultare troppo rigida.
«Io non sono uno sconosciuto. Mi hai osservato per tre giorni, saprai qualcosa di me» ribatté lui, adocchiando la macchina fotografica posata accanto a lei.
«Non abbiamo mai parlato prima d’ora.»
«Le parole sono solo uno dei tanti modi per conoscere nuove persone. Se ti avessi raccontato la mia vita sapresti solo la mia versione dei fatti, ma tu mi hai guardato, e ciò che hai visto non è stato influenzato da niente.» Quelle parole uscirono in modo inaspettato dalle sue labbra, non le aveva nemmeno pensate e aveva parlato solo per cercare di convincerla, ma si ritenne contento del risultato ottenuto.
«Per quanto ne so, potresti essere un serial killer» ipotizzò Dafne, con un sorrisino quasi invisibile.
«Ah, davvero? Quindi un serial killer va a correre in spiaggia tutte le mattine e si ferma per molestare una fotografa tutta sola nel bel mezzo del nulla?» Seriamente? Un serial killer? Quella ragazza si stava rivelando ogni minuto più sorprendente.
«Un serial killer studia attentamente le sue vittime prima di attaccarle. Comunque, non sono un fotografa.»
«Ah no? E cosa sei? Mi sembri più ferrata di me sulla psicologia di un assassino, siamo sicuro che non sia tu la serial killer? Perché, se fossi io il malvivente, dove nasconderei la pistola? Nel costume?» Lo stava divertendo questa conversazione riguardante due discorsi paralleli: la possibilità che lui fosse un malintenzionato e la semplice curiosità riguardo alla loro identità.
«Con i bicipiti che hai potresti strozzarmi senza grandi sforzi, non ti servono armi. Ho appena finito il liceo. Sono una scienziata fallita, un’aspirante fotografa e un’apprendista scrittrice.» I suoi bicipiti?
«Hai davvero fatto un commento sui miei bicipiti?» Si ritrovò con un incontenibile sorriso sul volto, un sorriso divertito e sorpreso che non tentò nemmeno di combattere. Lei era stupefacente. Continuava a ripetergli che no, non era interessata a lui, che era diventato il soggetto delle sue foto per pura noia e casualità, che non sarebbe uscita con lui e allo stesso tempo pronunciava complimenti sul suo aspetto fisico.
«Sai, se c’è una cosa che non sopporto sono le domande retoriche. Hai sentito cosa ho detto, c’era davvero bisogno di chiederlo?»
«Scusa, non me l’aspettavo. Cioè, un momento mi accusi di essere un serial killer e quello dopo mi fai un complimento» diede voce ai suoi pensieri, curioso di conoscere la sua reazione.
«Ho detto che potresti essere un serial killer, non che lo sei per certo. E non ti ho fatto un complimento, era una semplice constatazione.» Una constatazione, eh? Quell’incontro si era rivelato particolarmente piacevole e divertente, tanto che nel desiderio di prolungarlo decise di ricambiare quel complimento.
«Tu invece hai dei bellissimi occhi verdi e questo è un complimento.» Fu quasi impossibile restare serio, benché le sue parole fossero assolutamente vere, la situazione era totalmente assurda.
«Allora ti ringrazio del complimento ma questo e quel tuo sorriso luminoso e quei tuoi occhi profondi non mi convinceranno a venire con te domani.» Sorriso luminoso? Occhi profondi? Se voleva davvero fargli credere che le era indifferente non stava adottando la tecnica giusta.
«Sai, i tuoi occhi mi riportano alla mente un ricordo particolarmente piacevole. Sono dello stesso colore intenso del giardino dei miei nonni, ho passato momenti meravigliosi a giocarci da bambino.» Sentì la gola vibrare per le risate trattenute. Sapeva di apparire come uno di quei ragazzini tipici delle commedie romantiche americane che guardava sua sorella e non era sicuro che fosse una cosa positiva, ma di certo era divertente.
Dafne rise, e solo in quel momento Michael si rese conto di quanto si erano inconsapevolmente avvicinati. «Ti prego, non flirtare con me. Non così! E’ la storiella più banale che potessi inventarti.» Anche se non era poi così surreale, se l’era inventata davvero: i suoi nonni vivevano in pieno centro del loro paesino, non aveva mai avuto più di un piccolo orticello dietro casa.
«Beccato.» Quando i suoi occhi furono catturati dal riflesso del sole sul vetro dell’orologio che Dafne portava al polso, si ricordò di guardare il suo: non aveva più tempo. Se voleva arrivare in tempo al colloquio per quel posto di lavoro alla palestra doveva tornare subito a casa. «Devo andare. Allora, domani vuoi venire a vedere questa spiaggia o no?»
Dafne tentennò indecisa. «Non lo so. Non dovrei» rispose, lasciando perdere le supposizioni ironiche di poco prima.
«Perché non sai se puoi fidarti?»
«In un certo senso…. Cioè, non mi sembri pericoloso, ma sono estremamente restia a fidarmi di chi non conosco.»
«Capisco» Annuì lui. «Beh, io domani passo di qua, come sempre. Pensaci, okay?»
«Certo.» Gli rivolse un sorriso sincero, inclinando appena il capo in un movimento che aveva notato anche prima.
«Allora ciao, Dafne.» La salutò e si allontanò lentamente, muovendo i primi passi all’indietro mentre lei ricambiava il saluto, poi si voltò e riprese a correre.






Revisionata: 18/11/2014
 
 
 

 
   
 
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