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Autore: Artemis Black    29/07/2012    0 recensioni
[Andrew Garfield]
"Non avrei mai immaginato che le nostre vite, fino ad allora così intrecciate, potessero distanziarsi tanto rapidamente. Se l'avessi saputo prima, le avrei tenute più strette, senza permettere a forze invisibili di separarci..." Non lasciarmi, Kazuo Ishiguro. La storia parla di come dal nulla possa comparire la tua ragione di vita, quella che ti salva appena in tempo prima di cadere totalmente nelle tenebre. Così un giorno, Kimberly Rae detta Kim, incontra Andrew Garfield. Forse era destino, forse no… ma i due faticheranno a dirsi addio, per poi… [momentaneamente sospesa]
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lo avevo baciato.
Oh, certo che lo avevo baciato. Ed era stato tutto così bello! 
Così bello che ero stata a casa per una settimana… perché mi era venuta la febbre.
Un bacio dolce e romantico sotto al portico di casa rovinato dalla pioggia e dal fatto che ero rimasta chiusa fuori casa fino a mezzanotte. Quando mia madre è tornata dal lavoro, mi ha trovato seduta sul portico tremante. Risultato: trentanove di febbre per 6 giorni.
Avevo sentito Andrew il giorno dopo il nostro bacio e il giorno dopo, poi mi aveva detto che sarebbe partito per andare a Chicago per un torneo di basket e così non l’ho più sentito.
“Tesoro questo è il certificato per il rientro a scuola per domani.” Disse mia madre entrando in camera.
“Grazie.” Risposi.
“Devi ancora dirmi come diavolo sei rimasta chiusa fuori!” disse.
“Lascia correre, ormai sto bene!” gli dissi sorridendo.
“Tanto lo so che centra un ragazzo. Ti si legge in faccia!” disse lei facendomi la linguaccia.
“Che stregoneria hai mai usato per leggermi nel pensiero, donna! Mostramelo!” dissi.
“Sesto senso da donna! Dovresti averlo anche tu, figliola.” Mi rispose.
“Oh madre, il mio sesto senso è riuscire a trovare del cibo ovunque. Non rimembri?! Sono un maschiaccio mancato!” dissi mentre mi grattavo l’ascella apposta.
“Ma smettila! Devi solo far uscire la donna che è in te!” 
“Neanche con un lanternino riusciresti a trovarla!” gli risposi ridendo.
“A tavola! E’ arrivato il cibo.” Disse scendendo le scale.
“Cinese o italiano?” chiesi.
“Cinese!” sentii urlare dalle scale.
Mangiammo in silenzio in cucina e poi guardammo un po’ di tv.
Verso le 22 salii in camera e mi misi a leggere, infine mi addormentai.
 
La sveglia suonò puntuale e io puntualmente la scaraventai il più lontano possibile. 
Mi lavai e poi mi vestii, scesi a fare colazione e poi svegliai mamma. 
Stamattina avrei preso la metro con l’autobus.
Erano le 8.30 e presi appena in tempo la metro, come al solito vuota. Se avessi preso la corsa precedente sarei stata appiccicata al vetro del vagone per tutto il tragitto.
Mi sedei e presi l’iPod e partì Radio Nowhere di Bruce Springsteen.
Mimai le parole della canzone mentre leggevo i titoli del giornale del signore di fronte a me: sparatoria in centro, rapina ad una banca, evasione fiscale, partita di football… teatro!
C’era una compagnia che avrebbe messo in scena Sogno di una Notte di Mezza Estate per una settimana al teatro sulla 24esima. Dovevo avere i biglietti! 
Così decisi di andare al botteghino dopo la scuola. 
“Prossima fermata…” disse la voce meccanica e le porte della metro si aprirono.
Presi lo zaino e uscii. La fermata dell’autobus non era tanto distante da quella della metro.
Salii la scale e la l’aria fredda di New York mi investì. La temperatura si era abbassata bruscamente per essere alla fine di marzo.
Cercai la sciarpa nello zaino e ci litigai per un po’, perché il vento me la faceva volare in faccia.
“Hai bisogno d’aiuto?” mi tolsi la sciarpa dalla faccia e vidi un sorriso smagliante davanti a me. 
“Andrew?!” come diamine aveva fatto a sapere a che stazione scendevo?
“Signorina Kim, le volevo gentilmente chiedere se le andava di farci una passeggiata fino alla struttura adibita allo studio?” mi chiese mimando un signorotto inglese.
“Certo, mio caro.” Dissi mimando un inchino.
Mi prese le mani e mi avvicinò a sé per baciarmi. Le mie guance arrossirono violentemente e le mie mani strinsero le sue. Per un momento non sentii più freddo, anzi stavo andando in ebollizione.
“E’ meglio se ti copri bene, non voglio che ti ammali di nuovo.” Mi disse mentre mi riscaldava le mani sfregandole con le sue.
“La mia salute di ferro!” dissi sarcastica.
Lui rise ed io con lui.
Camminammo per le strade fredde e frenetiche mano nella mano e la cosa mi piaceva tanto, tantissimo. Ogni tanto lui mi lanciava occhiate fugaci per poi girarsi ed arrossire di nascosto, anche se io l’avevo sgamato.
“Voglio andare ad una rappresentazione teatrale.” Dissi.
“Davvero? Su cosa?” mi chiese curioso.
“Sogno di una notte di mezza estate.” Gli risposi.
“Bello! Quando ci andiamo?” chiese.
“Ehm non lo so, oggi pomeriggio volevo passare al botteghino.” Gli dissi entusiasta.
“Vengo con te allora.” Mi disse.
All’entrata della scuola ci separammo: lui andò dai suoi amici di basket ed io andai a lezione.
La giornata passò velocemente e allora di pranzo andai a mangiare di fuori, anche se mi stavo gelando le mani.
Quando finalmente la campanella suonò la fine della scuola, incontrai Andrew per i corridoi.
“Mi accompagni un momento in palestra? Poi andiamo al botteghino.” Mi chiese.
Io annuii e lo seguii.
Mi fermai sugli spalti e nel frattempo che lui parlava con il coach. Lo vidi gesticolare e arrabbiarsi, il coach cercava di calmarlo ma si beccò un vaffa di rimando.
Poi si avvicinò a e disse di andare via.
Per tutta la strada fino al teatro, rimase in silenzio e rimuginare a quanto gli aveva detto il coach.
Quando gli chiesi quale giorno gli andava bene per vedere lo spettacolo, mi rispose con un “Fai tu.”
“Giovedì sera alle 20 abbiamo uno spettacolo da vedere!” gli dissi sorridendo.
“Mmm bene.” Disse.
“Cos’è successo?” gli chiesi preoccupata.
“Ehm, niente è che… vieni andiamo a prenderci qualcosa di caldo.” Disse e mi prese per mano.
Ci fermammo in un pub irlandese lontano dalle chiassose strade di NY.
Era piccolo e a gestione familiare, aveva panche e sgabelli in legno scuro e le pareti erano di colore verde. Appena entrammo sentii il tepore di quel posto riscaldarmi le mani e tutto il mio corpo. Ci sedemmo ad un tavolino vicino alla finestra che dava sulla strada: lui prese un irish coffe ed io un thè caldo con biscotti.
“Centra qualcosa il basket per caso?” azzardai a domandarglielo.
“Si…” disse.
Rimanemmo in silenzio a sorseggiare le nostre bevande calde.
“Me lo fai assaggiare?” gli chiesi.
“E’ alcolico, sicura?” mi disse.
“Certo! Ehi non sono mica astemia io!” risposi.
Ne bevvi un sorso e mi piacque molto.
“E’ buonissimo! La prossimo volta lo prendo anche io.” Dissi.
“Va bene, piccola alcolizzata!” disse sarcastico.
“Non chiamarmi così!” dissi corrucciando le labbra.
“No aspetta, rifai quello che hai fatto con le labbra!” mi chiese.
Lo rifeci e lui mi scattò una foto.
“Ehi! Brutto…. Cancellala.” Dissi.
“No!” disse lui alzando il mento.
“Cancellala o la tua vita sarà a rischio.” Dissi seria.
“Non mi incanti.” Disse lui morsicandosi il labbro inferiore.
“Ti odio.” Dissi.
“Oh, che sentimento profondo!”
Gli feci una smorfia e mi alzai dalla panca. 
Pagammo il conto e andammo a fare una passeggiata per Central Park: parlammo delle nostre madri, dei viaggi che avremmo voluto fare e della scuola.
“Io non so che fare… non ci voleva proprio questo infortunio. Ora devo depennare la borsa di studio del basket…” disse mentre eravamo seduti su di una panchina.
“Che è successo?” gli chiesi.
Si alzò i pantaloni fino al ginocchio: c’era un enorme livido nero e violaceo che contornava tutta la parte destra dell’arto.
“Oddio! Co-come te lo sei fatto?” 
“Durante una delle partite che abbiamo giocato a Chicago la scorsa settimana. Non è nulla di grave ma devo stare fermo per circa 6 mesi e per un anno non dovrei fare nessuno sport.” Disse amareggiato.
“Mi dispiace… sai neanche io so che fare. Ma ho comunque solo tre opzioni: riuscire a prendere una borsa di studio in qualche materia, viaggiare per il mondo o… andare ad una scuola di recitazione.” Dissi.
“E quale sceglierai?”
“Beh, non so quale borsa di studio prendere e nessuna di quelle che la scuola offre, mi attira. Viaggiare per il mondo sarebbe bello… ma c’è troppo rischio e inoltre sarebbe costoso e poco produttivo. Il mio sogno è recitare, magari uno dei libri classici che leggo sempre o una commedia scritta interamente da me! Ma credo di sognare troppo in grande… Non so.” 
“Non devi avere paura di sognare e non limitarti ad un qualcosa di piccolo, sogna ciò che vuoi veramente e non vergognartene. Ma soprattutto, se ci tieni tanto a recitare, fa si che quello sia il tuo futuro.” 
Quelle parole mi stupirono e mi segnarono nel profondo.
“Hai ragione, forse dovrei seguire più spesso i miei sogni.” Dissi sicura di me.
“Ecco, già va meglio!” disse lui sorridendo.
“Tu invece, che farai senza il basket?” 
“Vedrò, devo vedere cosa so fare veramente e quale sia il mio vero sogno…” disse.
“Andiamo, si sta facendo tardi.” Mi disse e si alzò dalla panchina porgendomi la mano.
Lo salutai alla stazione della metro e lo salutai.
Arrivai a casa e come al solito non c’era nessuno. Così entrai in camera e mi misi al computer per cercare una scuola di recitazione adatta a me. 
Quando mia madre rientrò dal lavoro, mi trovò addormentata sulla tastiera del portatile.
 
“Allora passo a prenderti per le 19, ok?” mi chiese Andrew all’uscita di scuola.
“Certo! Tanto sai dove abito.” Dissi e lo salutai.
Appena tornata in casa aprii l’armadio e frugai tra i vestiti in cerca di qualcosa di adatto per andare al teatro con Andrew, senza essere troppo eleganti.
Rivoltai mezza cameretta nella ricerca di vestiti adatti, ma niente mi sembrava all’altezza.
Poi provai nell’armadio di mia madre e trovai qualcosa.
La chiamai per sapere se potevo prenderlo in prestito e lei acconsenti, basta che glielo avrei lavato e riportato sano.
Rimaneva un solo problema: le scarpe.
Non potevo mettermi le converse verdi e neanche un paio di scarpe da ginnastica! 
Così dovetti uscire di casa e andare in un negozio di scarpe.
Provai alcune ballerine ma non faceva per me, troppo basse come scarpe. Provai anche delle scarpe con il tacco e decisi che non sarei mai uscita con dei trampoli alti 12 cm.
Così la commessa mi portò un paio di sandali gioiello alti all’incirca 8 cm, con pietre verdi smeraldo e bianco perla molto carine e non troppo raffinate. Me ne innamorai e decisi di comprarle.
Soddisfatta del mio abbigliamento, tornai a casa e mi preparai.
 
Alle 19 in punto sentii qualcuno bussare: era Andrew.
“Ehi, ciao! Vieni.” Dissi.
“Wow! Sei… sei bellissima. Davvero!” disse sorridendo.
Arrossii timidamente e lo ringraziai. Lo feci accomodare in cucina mentre io mi davo un’ultima sistemata.
“Eccomi, sono pronta.”
“Ok, andiamo allora!” disse.
Chiusi il portone a chiave e lo raggiunsi in strada. 
“Stasera, mio padre mi ha prestato la sua macchina.” Disse e mi mostrò il suv nero parcheggiato poco distante da casa mia.
“Così non dovremo andare a piedi!” dissi entusiasta.
“E neanche prendere la metro!” disse ridendo.
Arrivammo puntuali al teatro e ci godemmo lo spettacolo nel migliore dei modi.
Io rimasi rapita da come recitava l’attore protagonista, era perfetto. 
Così la mia mente cominciò a fantasticare su quanto fosse bello recitare e immaginai me stessa su quel palco. Era la mia vocazione, il mio destino: volevo diventare un attrice.
Quando mi girai verso Andrew, vidi una strana luce brillare nei suoi occhi. Sicuramente gli stava piacendo lo spettacolo perché aveva un sorriso compiaciuto sulle labbra. Eppure c’era qualcos’altro che rapiva il suo interesse. 
“Allora ti piace?” gli sussurrai
“Molto.” Disse al mio orecchio.
Quando il sipario calò e gli artisti si inchinarono davanti agli spettatori, si levò un coro di applausi. 
Una volta fuori il teatro Andrew mi portò sul tetto di un edifico abbastanza alto e lì ammirammo la città che non dormiva mai.
Luci e suoni animavano la notte quasi più del giorno e c’era anche più gente per le strade. 
“E’ bellissimo!” dissi poggiando i gomiti sul cornicione.
“Già…” mise un suo braccio intorno alle mie spalle e mi avvicinò a sé.
Rimanemmo a contemplare la città e il magnifico panorama che si stagliava di fronte a noi.
Poi Andrew si mise in piedi sul cornicione allargando le braccia e chiudendo gli occhi. 
“Ehm, perché non scendi?” chiesi preoccupata.
“Non preoccuparti! Dai, Sali anche tu.” Mi disse.
“Cosa? No, no e se poi cado? Non ci vengo lì sopra.” Dissi allontanandomi.
“Se non ci provi non sai che ti perdi.” 
Ci guardammo negli occhi e trovai la sicurezza per affrontare quel cornicione. All’inizio mi sedei soltanto, con i piedi a penzoloni nel vuoto poi Andrew mi incitò a mettermi in piedi e con molta fatica ci riuscii.
“Apri gli occhi!” mi disse lui.
“Non ci penso proprio!” dissi aggrappandomi al suo braccio.
“Ma non sai dove mettere i piedi.” Disse stuzzicandomi.
Così li aprii e il mio cuore si fermò. Ero al limite della vita in qualche modo: un passo in avanti e mi sfracellavo al suolo, un passo indietro ed ero salva. 
Mi piacque stare in bilico e mimai un giocoliere che camminava su un filo invisibile. Andrew si mise a ridere ed anche io con lui.
“Vorrei poter fermare il tempo, anzi vorrei fermarmi in questo momento esatto. Sono così felice e carica di vita più che mai, e questo solo grazie a te.” Gli dissi.
Lui sorrise e mi stampò un bacio sulla fronte e mi abbracciò.
“Lo stesso vale per me… Non ho mai incontrato ragazze come te, sei rara ed unica. E così perfetta per me, non ti lascerò andare via. Mai.” Disse
Si sciolse dall’abbraccio e scese dal cornicione.
Allargò le braccia verso di me e cominciò a canticchiare:” Put your hands in the air if you hear me out there, I’ve been looking for you day and night, shine a light in the dark, let me see where you are ‘cause I’m not gonna leave you behind. If I told you that you’re not alone and I show you this is where you belong, put your hands in the air one more time!” 
Ascoltai quelle parole e le impressi nella mia mente. Non mi sarei mai più dimenticata quelle parole per il resto della mia vita.
Mi prese per la vita e mi portò giù dal cornicione.
“Ti è piaciuta?” mi chiese.
“Si, molto.” Risposi e lo baciai.
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Salve a tutti, eccomi tornata!
In questo capitolo viene svelato il motivo perchè ho chiamato così la storia e il rapporto tra Andrew/Kim si salda ancora di più :3
Voglio ringraziare tutti voi che leggete e seguite la storia, in particolare a:

Josh H 
Lady Lyoko 
BabyLily
Blake_Echelon
dakihysteria
kill_your_darlings
letherebelove
See you soon,
Artemis Black

  
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