Otherside
*
Il buio ha stagnato a lungo in quella stanza, incrostandosi lentamente sulla
carta da parati.
L’aria soffoca e spegne, oppressa da quella pesante oscurità. E lui è lì, uno
schermo luminoso, cumuli di fogli e dolci ovunque abbandonati, ipotesi fallite
disordinatamente accumulate negli angoli di quella camera.
Ma quelle buone, quelli forti della guizzante vita della logica continuano a fluire in torbide correnti che non hanno ancora trovato il loro
corso, il vero sbocco a cui sono destinate. I suoi pensieri continuano a
muoversi, a tenerlo sveglio in quell’atmosfera grave e a riempirgli la mente di
locali e luoghi che non visiterà mai di persona.
Da sotto le cortine delle tende pesantemente calate, ignorato, il sole ribolle
in una striscia di luce appena visibile, sul pavimento opaco. A quello non
penserebbe mai, no. Watari non c’è a scostare con contenuta premura quelle tende
e annunciargli l’arrivo del giorno. E lui, accovacciato su quella poltrona, è
lontano, lontanissimo.
Rimane così a lungo, marcendo nel suo buio.
E poi lo sente, e tutto si spezza nell’inconsueto vibrare di
quel suono illogico, fuori posto, che distrae irrimediabilmente la sua
attenzione. Seccato da quel rumore improvviso e vagamente simile allo squillo di
un cellulare, si alza mollemente dalla sua posizione accovacciata e si guarda
intorno, meditabondo.
Rovista tra carta, plastica e nulla. Rovista a lungo, testardo.
Ed eccolo, l’assurdo tassello fuori posto nel mondo silenzioso compreso tra
quelle mura. Lo trova in un angolo, nascosto tra i suoi pensieri scartati. E’ un
insetto.
Una cicala che innalza un lamento confuso al buio melenso di quella camera, e
che non ha nessun motivo di trovarsi lì, ma c’è.
C’era, e pochi secondi prima sfregava le zampe fiduciosa, sperando di ritrovare
il sole, e l’erba e lo stridio delle sue compagne; c’è, e ora con le piccole
antenne analizza spasmodica la superficie delle sue mani, irrimediabilmente
serrate ad intrappolarla.
Lui se la porta al petto, ed è incuriosito e affascinato nel sentirla muoversi e
arrampicarsi, dai piccoli scatti del suo corpicino, quando tenta inutilmente di
liberarsi con un balzo.
E sente in sé l’infantile tentazione di restare fermo così, e sentirla ancora
per un po’ tra le mani sapendola viva, ma nuovamente si alza, infilandosi tra le
cortine delle tende e aprendo la finestra come può , impacciato nei movimenti.
Si conosce, e sa che potrebbe di nuovo perdersi, e tenere strette le dita così a
lungo da ucciderla.
Ma viene ripagato della sua scelta adulta, perché scopre la luce dietro a quelle
tende. C’era, e sentendosi dimenticata, aveva fino a quel momento lottato per farsi strada oltre l’impenetrabile barriera di tessuto; c’è, e gli
fa aprire lentamente le mani e liberare la sua piccola prigioniera, che per un
po’ non si muove, stordita e attonita dal calore del sole che nuovamente la
ricopre. Salta, compie una piccola parabola nell’aria, scompare. Il gioco è
finito, il caso risolto, il paradosso eliminato.
Richiude l’anta della finestra, ma non subito, non subito.
Prima resta un po’ con gli occhi ricolmi di un riflesso splendente, d’un
mondo d’insetto illuminato da quel sole intoccabile. C’era, e milioni di anni fa
brillava ancora della sua luce accecante; c’è, e gli riscalda timidamente le
mani pietrificate in quel movimento di liberazione.
E quando il vetro si chiude, delimitando nuovamente i limiti del suo universo, e
lui ritorna ad accovacciarsi in quella sua posizione assurda, e a portarsi in
modo automatico cucchiaiate di panna alla bocca riattaccandosi allo scorrere dei
suoi pensieri, il sole trabocca silenzioso dalla finestra, illuminando la
stanza.
*
Questa storia è un capriccio. Pura,
ostinata voglia di scrivere su un personaggio che adoro e che al contempo mi
rattrista abbastanza. E come tale, come capriccio, sono piuttosto insicura su
quello che ne sia uscito, perché L è un personaggio così dannatamente bello e
difficile da rendere. ç_ç
Un’ultima cosina; il titolo è tratto dall’ omonima canzone dei Red Hot Chili
Peppers. L’ho ascoltata per tutta la scrittura e ormai non riesco a fare a meno
di associarla a L. ^^;