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Autore: Angel Selphie    19/02/2007    2 recensioni
Un amore che sembra destinato a rimanere con corrisposto. Un’emozione fortissima, così intensa da spingere alla morte. Una redenzione quasi impossibile.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Forsake me. Love me.

-Piacere, Lucifel.-
Fu così che ti presentasti a me, in quella gelida sera di quasi un anno fa.
Ti fissai sbigottito, credendo di non aver sentito bene il tuo nome.
-Ebbene, che hai da guardare? Almeno presentati, un po’ di educazione!- mi ammonisti.
E io non sapevo che risponderti.
Ero imbarazzato, trovarmi al tuo cospetto mi intimoriva.
Forse perché avevi veramente quell’aria da angelo nero.
Forse perché i tuo occhi verdi erano freddi come il vetro.
Scossi leggermente la testa, per riscuotermi.
-Caleb.- dissi solo, incapace di articolare anche il più minuscolo pensiero coerente.
-Caleb?-
-Sono Caleb.- ripetei per farti comprendere.
E tu mi baciasti.
Le tue mani bianche e fredde affondarono tra i miei corti capelli biondi.
Le mie fecero altrettanto con i tuoi capelli neri.
Cominciò tutto così.
E finì.
Dopo quel contatto così intimo, tu te ne andasti.
Ti incontrai qualche sera più tardi.
Stesso posto.
Stessa ora.
Pareva quasi un appuntamento.
Nemmeno mi salutasti.
Ti avvicinasti a me e mi baciasti di nuovo.
Mi scansai con le lacrime agli occhi.
-Eppure l’altra volta non ti ha fatto così schifo.- ti limitasti a dire.
Mi voltai e me ne andai, col volto rigato di pianto.
Non mi fermasti.
Non mi cercasti.
E non capisti mai ciò che provo per te.
In quei pochi giorni trascorsi tra il nostro primo e secondo incontro avevo pensato.
E avevo capito che mi ero innamorato di te.
Anche se non ti conoscevo.
Anche se non avevamo mai parlato insieme.
Eppure ti amavo e ti amo come allora.
Tu eri cieco.
Non fisicamente, ma sentimentalmente.
Mi gettai tra le tue braccia, pur di stare con te.
Feci di tutto per assecondarti.
Ma la realtà dei fatti mi spiazzò subito.
Ero solo il tuo pupazzo.
La tua bambola personale.
Il tuo giocattolo.
Mi chiamavi solo per soddisfare i tuoi istinti perversi.
Per te contavo meno di nulla.
Potevano passare giorni come mesi prima che tu ti facessi sentire.
Ero in catene.
Le catene sporche di sangue dell’arcangelo nero che mi aveva strappato il cuore dal petto, gettandolo in pasto alla sua brama di sesso.
Lucifel.
Non capii mai se quello fosse solo il tuo soprannome o se ti chiami realmente così.
Ma è un nome talmente azzeccato.
Sei freddo.
Senza sentimenti.
Sai solo usare gli altri senza dare nulla in cambio.
Mentre io ti ho donato tutto di me.
Ma gli amori a senso unico non sono forse la mia specialità?
Sì, devo ammetterlo.
Chino la testa davanti alla mia stessa immagine riflessa allo specchio.
Ma faccio schifo.
Mi sono venduto solo per la mia fame di affetto.
E cos’ho ottenuto?
Solo delusioni e graffi al cuore.
Ma mentre con gli altri era diverso, so che le ferite che mi hai procurato tu non guariranno mai.
Perché mi hai tolto tutto.
Sono nudo di fronte a te.
Non ho più nemmeno l’orgoglio per coprirmi.
Mi accendo una sigaretta.
La prima della mia vita.
Hai dimenticato qui il tuo pacchetto la settimana scorsa.
Aspiro.
E tossisco come un disperato.
Il sapore del tabacco mi invade la bocca.
Mi ottenebra i sensi.
Annienta la concezione dello spazio e del tempo.
E io cado a terra, un morto che ancora respira.
Quando mi riprendo, automaticamente mi dirigo in bagno.
Afferro un rasoio.
Le lame scintillano sinistramente sotto la luce pallida del sole invernale.
Apro il rubinetto, e l’acqua fredda comincia a scorrere a fiotti.
Infilo le mani sotto il getto gelido, e lo faccio.
La lama scivola sulla mia pelle.
La incide.
La taglia.
La uccide.
Il sangue comincia a colare dalle ferite.
Il dolore è cancellato dalla sofferenza di quello che era il mio cuore.
Vedo la mia linfa scendere a imbrattare la nivea porcellana del lavandino.
Si mischia con l’acqua.
Si fonde con essa.
Mentre io divento sempre più debole.
Sia questa la mia punizione.
Sono solo un angelo che si è lasciato irretire dai tranelli di Satana.
E questo è quello che succede quando un angelo merita di morire.
Morire per amore di chi amore non può provare.
Morire per te, che non lo meriti.
Ma forse questo è l’unico modo perché tu possa abbandonarmi.
Abbandonare la tua perversa attrazione nei miei confronti.
È il mio ultimo pensiero coerente.
Poi cado a terra.
La vita mi si offusca.
Il sangue è ovunque.
E in quel sangue ti rivedo.
E non posso evitare di meditare su quanto ti amo.
Poi chiudo gli occhi.
E si fa tutto nero.
Come l’Inferno dal quale sei venuto.
Come l’Inferno pronto ad accogliermi.
Ad accogliere anche te.
Di nuovo.
E forse porterai nel cuore che non hai il mio ricordo.


Apro gli occhi e vedo il bianco.
Il Paradiso.
Deve essere questo.
Sono steso.
Mi sembra di trovarmi in un letto.
Qualcuno mi si avvicina.
Sarà San Pietro, penso sorridendo diabolicamente, voltando di lato la testa per non guardare il peso dei miei peccati.
Ma una voce femminile mi chiama.
Mi giro e vedo un’infermiera.
Allora non sono morto come speravo.
Lei blatera qualcosa a proposito di un salvataggio in extremis.
Il mio.
E a proposito dei polsi fasciati.
I miei.
E a proposito di qualcuno che vuole vedermi.
Chi?
I miei genitori, credo.
Ma non capisce che a me non interessa?
Voglio solo che mi lasci in pace, così che io possa trovare qualcosa di affilato e finire il lavoro che ho lasciato in sospeso.
Non voglio vivere.
Perché nessuno lo capisce?
Perché nessuno comprende che la mia vita è stata un fallimento?
Che nessuno mi ama?
Che Lucifel non mi ama ma mi usa a suo piacimento?
-Lo faccio entrare?- chiede l’infermiera.
Chi?
Chi, stupida donna priva di comprensione?
-Chi?- domando, lasciando che nelle mie parole si riflettano i miei dubbi.
-Beh, è un ragazzo, mi ha chiesto di lei.-
Sto zitto.
Non voglio sprecare fiato per risponderle.
Che entri pure, questo fantomatico ospite, ma che si sbrighi.
Ho ancora un conto da regolare con le mie vene, e non intendo pazientare a lungo.
Probabilmente la donna ragiona collegando silenzio e assenso.
La sento uscire.
Ho serrato ostinatamente gli occhi.
Non voglio vedere.
Dei passi avanzano.
Qualcuno entra.
-Idiota.-
La tua voce.
Ho un tremito.
Che ci fai qui?
Sei venuto a burlarti di me, vero?
Sei qui a deridere l’angelo che merita di morire.
Ma non ti darò soddisfazione.
-Vattene.- sibilo, adirato con me stesso prima che con te.
-No. e tu mi guarderai negli occhi finché ti parlo.-
-NO! HAI FINITO DI COMANDARMI A BACCHETTA, LUCIFEL! NON TI UBBIDIRÒ! NON QUESTA VOLTA!-
-E TU SMETTILA DI URLARE, STUPIDO BAMBOCCIO IMMATURO!-
-Non sono immaturo. Basta! Vattene, vattene via da qui! Mi hai già fatto male abbastanza! Vattene via.-
La mia suona a metà fra una supplica e un ordine.
-No! Dovrai mandarmi via con la forza!-
-Cos’è? Sei preoccupato per me?-
-Sì, Caleb, è così! Vuoi uccidermi per questo?-
-Bugiardo! Sei solo un maledetto bugiardo! Se tu fossi realmente preoccupato per me, se davvero di me te ne importasse qualcosa, non mi avresti trattato come hai fatto finora.- affermo, mentre dai miei occhi chiusi cominciano già a scendere le lacrime.
-Finora sono stato quello che sono stato. Degno del mio nome. Ma questo non vuol dire che la gente non può cambiare! Invece, si può sapere perché l’hai fatto?- chiedi, riferendomi al mio gesto estremo.
-Volevo farla finita e…e volevo dimostrare a me stesso che mi era rimasto ancora abbastanza orgoglio, nonostante mi fossi annullato completamente, perdendo me stesso fra le tue braccia.- spiego, intercalando le parole con i singhiozzi.
-E cos’hai ottenuto?-
-Nulla. Ma a te che importa? Vattene via, ti ho detto! Non ti voglio vedere, né sentire o tantomeno respirare la stessa aria che respiri anche tu! Hai finito di corrompere la mia vita.-
Silenzio.
Che tu abbia deciso di smetterla di tormentarmi?
No, semplicemente con un gesto fulmineo ti corichi sul mio stesso letto e mi abbracci.
-Sei uno scemo.- mi sussurri all’orecchio.
Inevitabilmente mi rigiro nel tuo abbraccio.
Apro gli occhi e ti vedo.
Mi specchio nei tuoi pozzi di smeraldo.
Pozzi straripanti di lacrime mai versate.
Ma non posso illudermi che siano lacrime vere.
No.
Tu mi stai prendendo in giro.
Lo stai facendo per sedurmi e rinchiudermi nuovamente all’interno del circolo vizioso dei miei sentimenti.
Emozioni troppo pure per morire soffocate dalla violenza che ho usato a me stesso.
-Vattene via. Vattene e non mi tormentare, angelo del Diavolo! Torna nel tuo Inferno di fiamme e smettila di tormentarmi.- singhiozzo.
-No.- affermi, mentre anche tu cominci a piangere.
Tanto non mi incanti.
Non più.
-È finito il tempo in cui la tua sciocca bambolina sottostava ai tuoi capricci di bimbo viziato.- dichiaro, cessando per un momento di piangere come un lattante.
-Caleb…devo parlarti, io…io ho…-
-Taci! TACI! Esci da questa stanza, varca quella soglia e sparisci dalla mia vita!- urlo quasi.
Spero di essere ascoltato.
Perché non reggo più questa situazione.
Non sopporto le tue finte lacrime.
Detesto la tua falsa preoccupazione.
Detesto il desiderio di te che mi pervade, nonostante tutto.
Detesto e amo queste sensazioni.
Come detesto e amo te.
Ma non posso crollare di nuovo.
Non voglio che il muro di sabbia che mi circonda venga eroso dalla tua onda.
-Dio, perché non capisci che ti amo, stupido uomo?- domandi esasperato.
Non desisti dal tuo proposito.
Prendermi per i fondelli è diventata la tua ragione di vita.
Lo so.
Tuttavia questa tua sparata supera i limiti!
-Falso come Giuda! Ecco come sei in realtà! Incanti tutti con la tua bellezza, ma dentro sei vuoto e freddo! Dentro di te sei solo l’apoteosi della putrefazione. Sei marcio nel più profondo del tuo essere, ecco la verità!-
Mi fa male ferirti.
Ma è giusto così.
Non hai fatto altro per un anno.
-Non è vero!-
-Oh, sì che lo è!-
-Tu non sai cos’ho passato io, non hai il diritto di parlare! Non sei mai stato violentato a undici anni dal compagno di tua madre!- mi urli contro.
Shock.
Solo questo.
Non credevo.
Non sapevo.
Non avrei mai osato pensare a nulla di simile.
-Da quel giorno, mi sono barricato dietro un muro. Non ho più permesso ai miei sentimenti di uscire allo scoperto.-
La tua confessione mi spiazza.
Ti ho appena insultato e tu ti apri così.
Con me.
Ma cosa ti spinge a farlo?
-Tu sei riuscito a cambiarmi. All’inizio credevo che fosse una storiella come tante, e ne sono stato convinto fino a ieri, quando ti ho trovato con le vene recise. Ero preoccupato perché per tutto il giorno non avevi risposto né al telefono né sul cellulare. Quando venni da te, eri in un lago di sangue. Fui io a portarti qui.-
-Tu menti!-
-No. Sono stato bugiardo e ipocrita, ma non è questo il caso.-
Falla finita.
Lasciami in pace.
Lasciami affogare qui dove sono.
Smettila di approfittartene di me.
Alzati e vai via.
E non osare tornare.
Il mio cuore non lo reggerebbe.
-Quando ti ho visto privo di sensi ho capito. Ho capito che avrei dato tutto per vedere di nuovo i tuoi occhi, per ascoltare il tuo cuore battere, per riscaldarti con il mio corpo. E ho capito che ti amo. Che non si tratta di un capriccio.-
Va via.
Va via! 
VA VIA!
-VATTENE!- urlo piangendo.
-No!-
-Non credo ad una sola delle tue parole!-
-Fanne a meno!-
E mi baci di nuovo.
E io mi scanso.
Mi dibatto come un pesce nella rete.
Ti prendo a calci.
Ti scanso.
Sempre più debole.
Sempre più zero.
Sempre più niente.
Fino alla fine.
L’apocalisse.
La disfatta.
Il crollo.
La mia rovina.
Mi lascio trascinare.
Da te.
Con te.
Come Paolo e Francesca nel girone dei lussuriosi.
In preda alla passione.
Contro la mia volontà.
Ma supportato da lei.
Cedo al tuo invito.
Ti bacio anch’io.
Perché amarti è il mio peccato.
Quello che dovrò scontare.
Fino alla fine.
Fossi costretto ad essere la tua bambola.
Ho solo bisogno di essere amato.
Considerato.
Desiderato.
E lo so che non cambierà mai.
Che saremo per sempre chiusi in questo gelido inverno di nulla.
Che per te sarò sempre il niente.
Ma almeno qualche volta mi cercherai.
-Cambierò.- sussurri.
Non fare promesse che non manterrai.
-Per te. Sarò diverso.-
-Non puoi essere diverso da quello che sei. Sei una rosa nera in un giardino di rose bianche.-
-Ma mi riscatterò. Sarò degno di quelle rose delle quali non potrò mai eguagliare la purezza.-
-Non fare promesse vuote.-
-Non le sto facendo. La tua purezza è una meta che non potrò mai raggiungere. Ma voglio provarci.-
-Perché?-
-Perché amarti è la mia salvezza.-
-Tu non mi ami.-
-Sì, invece. Altrimenti non sarei qui. Altrimenti ti avrei lasciato morire.-
-Come posso fidarmi, Lucifel?-
-Dammi una possibilità. E mi prenderò cura di te. Staremo insieme finché non sarà la nostra ora. Finché non sprofonderemo all’Inferno o non voleremo assieme in Paradiso.-
-Davvero?-
-Credimi. Abbi fiducia in me.-
Cosa devo fare?
Lasciarmi corrompere dall’angelo del Diavolo?
Consumare il mio peccato assieme a te?
O elevarmi spiritualmente, perdendoti per l’eternità?
No, non è questo il mio destino.
Non è questo ciò che voglio.
Voglio vivere con te.
Essere bruciato da te.
Insieme.
Per sempre.
Anche dopo la morte.
-Proviamoci.- mormoro.
-Grazie.-
-Perché?-
-Perché mi permetterai di dimostrarti che sono legato a te da qualcosa di indissolubile.-
Sono stanco.
Però sono felice.
Vorrei ridere.
Vorrei piangere.
Di gioia.
Di sollievo.
Ma ho solo la forza di addormentarmi.
Fra le tue braccia.
Per la prima volta.
La prima di una lunga serie.
Cullato dal suono della tua voce suadente.
-Ti amo.- mi sussurri piano.
-Anch’io.- è la mia risposta.
E poi scivolo nel mondo di Morfeo.
Al sicuro.
Protetto.
Amato.
Perché l’abbandono non esiste più.

  
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