Prologo:
- Un Conte svogliato, un maggiordomo indignato e un cocchiere improbabile-

“Bocchan, si svegli! È tardi!” fece Sebastian, aprendo le tende. La luce investì il fagottino che era il piccolo Conte, arrotolato fra le coperte, che però non accennò a muoversi.
“Bocchan” lo richiamò pazientemente il maggiordomo, aggirando il letto e scuotendo leggermente il fagotto.
“Il Northumberland non mi piace” sbottò questo. Sebastian si trattenne dal sospirare.
“Ma è un ordine della vostra amata Regina, bocchan” gli ricordò, stancamente.
Per tutta la sera precedente il Conte non aveva fatto che ripetere che il Northumberland non gli piaceva – non che Sebastian lo biasimasse, era una zona piuttosto fredda – ma il fatto che il Conte Phantomhive se ne lamentasse era una cosa a dir poco fastidiosa e disdicevole.
“Lo so...” e il fagottino accennò ad un movimento “... ma non possiamo neanche portare quei quattro, con noi...” continuò, liberandosi a fatica dalle coperte “... siamo sicuri che quelli non facciano danni, in nostra assenza?” chiese infine, riuscendo a mettersi a sedere per lasciare che il maggiordomo facesse il suo lavoro.
“Ovviamente no” rispose Sebastian, togliendogli la vestaglia.
“Per quanto lei possa essere preoccupato, questo è un ordine che arriva dalla Regina” anche questa era una cosa che la sera prima era stata ripetuta abbastanza spesso. E Sebastian odiava ripetersi.
“Si, lo so, Sebastian. Lo hai ripetuto fino alla nausea” ribatté il Conte. Sebastian non disse nulla, continuando pazientemente a vestire il Conte.
“Questa mattina abbiamo pikelets, focaccine e tartine al Lemon Curd. Cosa preferisce?” domandò, appena finito di sistemare il Conte.
“Le focaccine” rispose il Conte.
“Il tè è lo Nuwara OP, tè nero proveniente dallo Sri Lanka” continuò il maggiordomo.
“Bene” rispose atono il Conte, prendendo la tazzina fra le mani e osservando per un attimo il liquido fumante.
“Appena avrò finito, partiremo” disse, alzando gli occhi su quelli cremisi del demone.
“Come desidera” disse questi, uscendo poi dalla camera. Ciel rimase solo a pensare. Il Northumberland era un posto che proprio non gli piaceva. Non gli piaceva il nome, non gli piaceva il clima, e non gli piaceva quello che doveva fare – perché lui neanche sapeva quello che doveva fare. Bevve un sorso di tè, continuando a pensare.

Sebastian istruì Baldroy, Finnian e Meirin su ciò che andava fatto in sua assenza – che era stata stimata per due settimane circa, ma poteva benissimo superare quel lasso di tempo, soprattutto se il bocchan avesse continuato ad essere svogliato come lo si era dimostrato quella mattina.
“Evitate di distruggere qualsiasi cosa tocchiate, per favore” disse infine, sospirando, e lanciando un'occhiata alla carrozza e al cocchiere. Notò con disappunto che il Conte non si era ancora degnato di farsi vedere, così chiese di aspettare ancora un po' all'uomo e percorse la strada a ritroso fino alla stanza del Conte.
“Bocchan, avete finito? Si sta facendo tardi” Ciel gli lanciò un'occhiataccia.
“Sì, sì, ho finito” sbottò, scendendo dal letto e facendo per uscire dalla stanza.
“Bocchan, aspetti”
“Che c'è?”
“È proprio sicuro di non volere nulla per intrattenersi, durante il viaggio? Sarà lungo” si premurò di chiedergli. Osservò il Conte farsi pensieroso, per poi scuotere la testa e lasciare definitivamente la stanza. Sebastian si strinse nelle spalle – ovviamente senza farsi vedere dal piccolo Conte – e lo seguì velocemente.
Come preannunciato da Sebastian, il viaggiò durò molto. Ogni tanto il Conte cercava di intavolare una conversazione con il suo maggiordomo – strano, ma vero, probabilmente dettato dalla noia – e non otteneva nulla più di qualche botta e risposta, nonostante si impegnasse per far durare la conversazione. Solo una volta domandò qualcosa di abbastanza interessante per cui Sebastian non si limitò a rispondere a monosillabi o peggio con quel suo solito modo di prenderlo in giro. E non era una domanda interessante per il Conte.
Arrivarono al luogo prefissato, e Sebastian fu costretto a scendere per aprire il cancello. Ciel poté chiaramente sentire il cigolio del vecchio marchingegno riempire l'aria, e poi la carrozza si mosse.
Era arrivato a Blackwood Manor. Scese dalla carrozza e si mise ad osservarlo.
Una casa vittoriana, piuttosto vecchia. Non sembrava enorme, a guardarla da quell'angolazione, o perlomeno non come l'aveva descritta la Regina, ma in qualche modo riusciva a sembrare imponente e inquietante.
“Qualcosa vi disturba?” chiese il cocchiere. Solo ora lo guardava. Era giovane, aveva degli improbabili occhi grandi e blu e i capelli neri, il viso ornato da una barbetta incolta ma curata. Portava un trench beige, sotto giacca e cravatta, che sembravano di ottima qualità. Non aveva l'aria di essere un cocchiere.
“È un po' inquietante” si lasciò sfuggire il Conte, osservando strabiliato i grandi occhi azzurri sul volto di quell'uomo tanto strano.
“Voi dite?” chiese l'uomo, piegando leggermente la testa di lato, in un segno di perplessità, ma si capiva che era qualcosa che lo caratterizzava, una sorta di gesto incontrollato, quasi un tic.
“Sì... perché?”
“Nulla, figuratevi” rispose veloce questo, tornando a ricomporsi. Era la prima persona, a che Ciel ricordasse, che non si era sporta in avanti per guardarlo meglio. Anche Sebastian si lasciava andare a questo piccolo gesto, Ciel lo aveva notato, ma non aveva mai detto nulla.
“Come volete” rispose sottovoce Ciel, ma l'uomo sembrò sentire e annuì leggermente.
“Credo sia tempo per me di andare” disse poi a Sebastian, tornando ad occupare il suo posto.
“Buona permanenza e, soprattutto, fate attenzione” disse, per poi ripartire. Ciel e Sebastian lo guardarono allontanarsi, oltre il cancello.
“Bah, che tipo strano” commentò il Conte, per poi lasciare a Sebastian l'onore di aprire per primo la porta – perché il Conte ne era davvero inquietato, e poi lui era il suo maggiordomo, e doveva occuparsene lui.
Il maggiordomo salì i tre gradini che lo separavano dalla porta, seguito a ruota dal Conte, che gli stava appiccicato.
“Muoviti, dannazione!” lo spronò quest'ultimo.
Sebastian scosse la testa e infilò le chiavi nella toppa.
Aprì lentamente la porta.
E venne colpito in piena fronte da un tomo enorme.

-La casa aveva appena fatto la sua prima vittima-

-Qui è l'autrice:

Per evitare spiacevoli inconvenienti, dico tre cose:
La prima è che Blackwood Manor la possiamo considerare parte integrante del crossover. Viene da Scratches, un videogioco horror probabilmente sconosciuto a tutti, ma esiste comunque. Se su google cercate “Blackwood Manor” esce la casa che uso in questa storia come ambientazione. Poi dico che è importante perché per me è sempre stata la casa la vera protagonista del gioco e non il tonto che ci gironzolava dentro (e fuori, visto che è provvista di una cripta, una serra, una chiesa personale e un garage).
Seconda cosa: ho notato che c'è una storia ambientata in una casa infestata, in questo fandom, storia che fra le altre cose seguo. Io credo che si possano considerare molto simili, all'inizio, ma il seguito penso possa essere diverso. Non voglio essere scortese, lo dico per evitare incomprensioni.
Terza cosa... aehm... Ah, sì, ecco! Io ho portato i personaggi di Supernatural/Thor in questo luogo/epoca che a loro proprio non appartengono (spiegherò più avanti come ci sono arrivati)... devo mettere l'avviso di AU anche se c'è l'avviso crossover?
Con questo io avrei finito, se volete lasciare una recensioncina (piccola ç_ç) io gradirei. Anche le critiche a patto che siano costruttive.

Baci, LaLunaDispersa.