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Autore: Aurelia major    19/02/2007    3 recensioni
Cosa succede quando una persona amabile e amichevole ne incontra una scontrosa e sarcastica ? Guai probabilmente , anche perché c'è chi vuole assolutamente fare amicizia e chi cerca d'impedirglielo a tutti i costi ...
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Il temporale, preavvertito qualche ora prima, si era scatenato appieno mentre era in autostrada, e quando Haruka fece il suo ingresso nel motorhome era bagnata fino al midollo e per niente placata. All'opposto, il suo umore non era andato che peggiorando.

I numerosi presenti rimasero di stucco alla sua vista e non si sa fino a che punto se per la sua presenza inaspettata o per come appariva.

In effetti il suo arrivo, di gran carriera, arrestando la moto di grossa cilindrata con un rumoroso stridore di freni, e l’avanzare a passi decisi, quasi minacciosi, verso il garage, non promettevano niente di buono. Inoltre, come a scenografare la sua latente aggressività, era vestita di nero da capo a piedi. E fu, con un’espressione terribile sul volto e senza degnare di una parola alcuno ,che entrò levandosi il casco dal capo e strappandosi il chiodo che le si era incollato addosso.

"Dove diavolo sono gli altri?" Berciò all’indirizzo dei meccanici addetti al cambio gomme che stavano controllando i treni dei pneumatici.

"Al muretto..." Balbettò uno di questi impaurito. Aveva sentito parlare spesso del caratteraccio del pilota ufficiale e non avendo mai avuto modo di averci a che fare in prima persona, credeva che fosse più che altro un’esagerazione. Ma si stava ricredendo rapidamente. Pareva, furente com’era, e da com’era sbucato all’improvviso in mezzo a quella tempesta di pioggia e fulmini, il dio del temporale in persona!

"Bene, così eviteremo di perdere altro tempo prezioso." Reagì afferrando dal suo supporto sul muro una delle ricetrasmittenti che comunicavano via radio con i vari membri del gruppo. E senza ulteriori indugi pigiò un pulsante che la mise subito in contatto col responsabile di squadra.

"Sono ai box. Vado a cambiarmi, nel frattempo fatemi la cortesia di far scendere quell’allocco dalla mia macchina!"

Detto questo, senza dar neppure il tempo di replicare al suo interlocutore, riappese e andò nello spogliatoio. La vestizione fu rapida, ma accurata. Controllò una ad una che tutte le imbottiture fossero al posto giusto e che le chiusure di velcro della tuta e delle scarpe chiudessero per bene. Non avrebbe consentito che il nervoso che le era preso a causa di quella bamboccia influisse sul benché minimo particolare o la mettesse in condizione di non esprimersi al suo meglio. Il suo rendimento era proverbiale, gliel’avrebbe fatta vedere, a tutti quanti!

Intanto, nel tempo in cui terminò d’indossare l’equipaggiamento completo e tornò indietro, nella rimessa si era riunita l’intera squadra. I componenti dello staff tecnico parevano parecchio alterati, non al suo stesso livello, ma quasi. Senza contare Hitomi ,la quale, benché furibonda, in sua assenza aveva tentato di calmare gli animi, anche se era tutt’altro che tranquilla. Se avesse potuto l’avrebbe strozzata!

"A che gioco stiamo giocando Tenou?" L’apostrofò l’ingegnere capo palesando tutta la sua irritazione. "Prima il tuo manager giura e spergiura che l’influenza t’ha steso, tanto da non poterti muovere dal letto per venire qua a far quello per cui si sborsano soldi a palate! E poi, come per magia, eccoti e scoppi di salute! Questo non è un modo di lavorare serio."

"Abbiamo dovuto cambiare tutto il piano di lavoro del fine settimana per adeguarci alla tua assenza, tutti i preparativi precedenti sono finiti nella merda all’improvviso, che razza di faccia di bronzo presentarsi qui!" Rincarò la dose il capomeccanico, concludendo la frase con uno scaracchio ad effetto, che andò a spiaccicarsi a pochi centimetri dai suoi piedi.

"Ma porco mondo, m’avete preso per lo scemo della situazione? Sali dalla macchina, scendi dalla macchina che sua altezza è qui! Ma che cazzo!" Esordì entrando in scena il collaudatore, mentre chi era troppo in basso nella scala gerarchica per parlare apertamente, si limitava a bisbigliare sullo sfondo ed erano mormorii tutt’altro che amichevoli. Insomma, una scena molto teatrale. Ci mancava solo il deus ex machina, che puntuale arrivò.

"Hanno pienamente ragione Haruka." Si unì alle filippiche Hitomi. "Come diavolo credi che si possa andare avanti se ti comporti in questo mod..."

"Non una parola di più!" Eruppe Haruka livida con un tono di voce che non ammetteva repliche e tutti, dal primo all’ultimo, benché fossero degli adulti, nonché dei tecnici navigati del settore e gente abituata ad aver a che fare con gl’individui più disparati, s’azzittirono di colpo come scolaretti davanti al maestro.

"Lei signor Hayato", continuò rivolgendosi per primo all’ingegnere, "ha le sue motivazioni per essere scontento. E lei signor Shinobu", proseguì puntando il dito verso l’altro tecnico, "il suo lavoro è prezioso e, malgrado sembri il contrario alla luce di quanto ho fatto, sa bene quanto la stimi. Nonostante la sua mira con gli sputi non valga un granché." Precisò strafottente, poi fece una pausa e si portò al centro, in modo che potesse guardarli ad uno ad uno e al contempo gli altri potessero fare altrettanto.

"In definitiva tutti qui, a partire da Hitomi, alla quale ho fatto fare una pessima figura, ivi compreso l’ultimo dei svita-bulloni, hanno le loro sacrosante ragioni per mandarmi al diavolo e criticare il mio comportamento. Ho fatto un bordello, ho creato difficoltà e fastidi a tutti voi e di questo me ne scuso." Aggiunse un po’ più calma, ma senza riuscire ad ammorbidirsi, anzi si erse il tutta la sua altezza e li squadrò con un’occhiata che di penitente aveva ben poco.

"E proprio perché sono un pilota professionista che ora sono qui con la ferma intenzione di svolgere il mio compito, esattamente com’era nei piani stabiliti. Questo, non solo perché ho firmato un contratto e perché mi pagano profumatamente, ma soprattutto per la considerazione che ho per il lavoro che state svolgendo."

Finito di parlare si portò le mani ai fianchi e con aria di sfida attese una replica qualunque.

"Ok Tenou, abbiamo capito, ora muovi il culo però, hai dell’arretrato da fare. E ricordati, se ti va male con le macchine puoi sempre darti alla politica!"

Quest’esclamazione venne all’improvviso da Hayato, che ghignando passò paternamente un braccio sulle spalle di Haruka e la condusse all’esterno. La battutaccia servì a rompere la tensione che aleggiava nell’aria e i presenti ripresero le loro mansioni con sollievo, sentendosi molto più distesi. Se quel giorno le cose si fossero messe al peggio, l’impegno di mesi sarebbe andato in fumo e molti di loro avrebbero dovuto attendere l’anno successivo per entrare in un’altra squadra.

Naturalmente Haruka non se lo fece ripetere due volte, per un attimo aveva accarezzato l’idea di rendergli una replica tagliente, ma poi saggiamente aveva preferito passarci sopra e aveva accettato il suo gesto di pace.

Già, ponderò con distacco, mica poteva essere sempre arrogante, né poteva pretendere di avere l’ultima parola, soprattutto quando aveva torto marcio.

Ed ecco finalmente la macchina, la sua monoposto. Impaziente entrò nello spazio angusto, che era stato dilatato al massimo per adattarsi alla sua statura, si sistemò le cuffie, indossò i guanti, s’infilò il casco e concluse agganciando il volante al suo sostegno sopra il piano dei comandi.

Una miriade di spie e luci lampeggiati presero vita non appena azionò il contatto e quand’anche il motore cominciò a farsi sentire, alzò i pollici in su, segno che tutti i dispositivi si erano attivati e pronti all’uso.

Uscì a velocità sostenuta dalla corsia dei box e finalmente iniziò a girare in pista. Da quel momento in poi parve diventare un tutt’uno col congegno meccanico su cui era. I suoi gesti erano precisi e venivano effettuati sempre un attimo prima che si presentasse l’esigenza.

Di quella struttura di ferro e carbonio era la mente e il demiurgo e, una volta assisa su quel mezzo che la faceva sentire onnipotente, per lei non esisteva altro. Svanite le angustie, volatilizzata la rabbia, dimenticate le offese. Il volto nauseato di Michiru, che fino a quel momento era stato onnipresente ai margini del suo inconscio, sbiadì fino a cancellarsi. Il suo unico scopo adesso era di sfrecciare di giro in giro sempre più veloce, determinata a carpire alla potente monoposto ogni sua probabile mancanza, spremendole al contempo tutte le risorse possibili per potenziarne le prestazioni. Tutto ciò mentre dialogava via radio con i tecnici che al muretto, ascoltando le sue indicazioni, prendevano appunti frenetici sulle variabili che segnalava loro.

Continuava a piovere a rovesci, ma la cosa non sembrava influire sulla sua guida, anzi, Haruka era uno di quei rari piloti che sul bagnato riuscivano addirittura ad esaltarsi. E l’addetto alla telemetria scosse il capo sbalordito quando, cronometro alla mano, prese atto dell’ennesimo giro veloce, il quinto consecutivo, completato in quell’istante.

"Stai filando che è una bellezza Tenou! Come risponde la macchina?" Anche attraverso le cuffie Haruka avvertì il tono compiaciuto del vecchio Shinobu.

"Il motore non risente ancora, senta come canta!" Esclamò accelerando sul rettilineo.

"Ma i freni tendono a sbloccarsi troppo lentamente e il cambio ne risente."

"Alla chicane come reagisce il musetto?" Sopravanzò la voce di Hayato che aveva notato dei pesanti ondeggiamenti.

"Sbanda, è il caso di ribassarlo e, di conseguenza, rivedere pure l’assetto dell’alettone posteriore."

Haruka continuò a provare fino a quando ci fu abbastanza luce per farlo, fosse stato per lei avrebbe continuato volentieri anche al chiarore dei riflettori, ma capì che almeno per quel giorno era il caso di smettere. Tanto l’indomani l’attendeva un'altra giornata campale e preferì non abusare troppo delle sue forze, anche perché da quando aveva fatto colazione quel mattino, non aveva più mangiato e ormai avvertiva i crampi della fame.

Tornò ai box molto su di giri e, considerando le pacche sulle spalle e i sorrisi soddisfatti da cui fu gratificata, considerò che l’incidente diplomatico accorso in precedenza fortunatamente era stato superato senza danni.

E sollevata si diresse verso l’alloggio situato a ridosso dello spazio comune. Molto più comodo del solito camper, aveva fatto i salti di gioia quando la dirigenza gliel’aveva assegnato. In quanto, benché minuscolo, era ottimale per soddisfare le sue esigenze primarie, tipo l’appetito. Difatti, mentre aspettava l’arrivo di Hitomi, mangiò quasi tutte quelle che scherzosamente definiva le razioni del panico.

Era stanca morta, tuttavia appagata, e dopo una doccia corroborante si affidò alle cure di quest’ultima. Fatto singolare, poiché ella era sì la sua manager, ma anche qualcosa di più. Haruka l’aveva come collaboratrice sin dagli inizi, da quando giovanissima, aveva affrontato le prime gare di formula-kart che l’avevano vista vincente protagonista negli Stati Uniti. All’epoca Hitomi era la sua fisioterapista, con il passare del tempo il suo ruolo era mutato, ma continuava a conservare questa mansione nonostante ciò, anche perché Haruka si era sempre rifiutata di sostituirla.

"Guarda che dobbiamo farci due chiacchiere te e io." Esordì la donna iniziando a massaggiarle il collo anchilosato.

"Mm, non basta che ti abbia fatto le mie scuse davanti a tutti?" Fu la risposta di Haruka seguita da un lungo sospiro di beatitudine. A volte si ritrovava a chiedersi, non senza una certa malizia, se la sua passione per quello sport non fosse nata dal piacere che trovava in quelle lunghe e rilassanti sedute di manipolazioni.

"Sei fuori strada, non è di questo che voglio parlarti. Anche se so benissimo che quel mi spiace ringhiato a denti stretti è il massimo a cui puoi arrivare." Affermò con un certo sarcasmo facendole segno di stendersi sul lettino.

Haruka ridacchiò, in effetti Hitomi la conosceva bene ormai, non foss’altro perché era una delle poche persone che, esigenza lavorativa, la vedeva spesso nuda. Ma naturalmente non si trattava solo di questo, giacché per nuda, non intendeva solo quel che questa poteva vedere con gli occhi. A differenza che con gli altri, anche persone che sentiva vicine come Setsuna, con lei si comportava senza nessuna remora. Era autentica al cento per cento, poiché la considerava, oltre ad un elemento insostituibile nelle pubbliche relazioni, una sincera alleata e una confidente preziosa in un contesto dove doveva districarsi da più di un problema, usando molte cautele.

"E’ ora. Anzi per la precisione avresti già dovuto darti una mossa." Continuò la donna, riprendendo le fila del discorso e iniziando a frizionarle vigorosamente i muscoli delle spalle. "Per il momento, fortunatamente, sei sconosciuta ai più, ma quando comincerai con le prime vittorie sarà difficilissimo mantenere il segreto."

"Hai perfettamente ragione." Assentì la bionda dopo qualche minuto di silenzio assoluto rotto solo da i suoi sospiri, che non erano più di beatitudine, quanto di un sentimento mal represso d’ingiustizia. "Stenterai a crederci, ma negli ultimi tempi non ci ho affatto pensato, come se la cosa non fosse un problema mio."

"Forse perché eri troppo concentrata su quell’eterea bellezza dagli occhi blu!" La punzecchiò Hitomi la quale, con il progressivo passare delle settimane, aveva sentito nominare sempre più spesso una certa violinista, che tanta confusione stava causando alla sua protetta. Con occhio clinico aveva individuato tutti i potenziali segni di una rapida infatuazione, della quale forse neppure Haruka si rendeva conto. Generalmente, quando qualcuna colpiva la sua immaginazione, si trattava di solito di concupiscenza e nulla più.

In questo caso invece, al di là del mero apprezzamento estetico, questa ragazzetta le aveva provocato qualche sconquasso di troppo per non destare una certa apprensione. Haruka appariva lunatica, scontrosa più del solito e il suo abituale non è che non fosse abbastanza! E soprattutto si era lanciata in interminabili sproloqui sulla natura quantomai assillante e molesta, ma dalla bellezza incomparabile, di questa fantomatica donzella. Cosa mai accaduta in precedenza. E il peggio era che un momento ne parlava entusiasta, mentre quello successivo pareva fosse ad un passo dall’ammazzarla.

"A proposito, come vanno le cose tra voi?" Chiese punta dalla curiosità.

"Tranquilla, l’ho piantata di rintronarti, siamo arrivate al capolinea. Anzi, ti sarei grata se non ne parlassimo più." Rispose alzandosi di scatto dal lettino e prendendo a rivestirsi.

"Mi spiace." Il rammarico di Hitomi era genuino, davvero aveva sperato che Haruka potesse avere qualche parentesi che infrangesse il suo abituale romitaggio. Poi si disse che, nel qual caso, sarebbe stato un bel problema e che tutto sommato, per quanto penoso potesse essere, era stato decisamente meglio che fosse accaduto. E dando voce a questa considerazione, proseguì: "Però se ci pensi, ora sarà tutto molto più semplice. Pensandoci, presumo che se hai tanto indugiato prima di fare il grande salto forse è perché avresti voluto..."

"Cazzate!" L’interruppe immediatamente passando nella stanza accanto, tanto che l’altra non poté far a meno di seguirla. "Non so che film ti sei fatta nel frattempo, ma posso assicurarti che quella in tutta questa faccenda non c’entra nulla!"

"Allora meglio." Rispose fingendo di crederle, ad ogni modo il tempo sarebbe stato un balsamo, doveva solo aspettare. Accettò la bottiglia che Haruka le stava porgendo e si sedette nella poltroncina di fonte a quella dove l’altra si era appena accomodata a sorseggiare la sua birra. "Allora come si mette ?"

"Col casino che ho piantato in questi giorni stavolta l’espulsione è sicura. Non potranno farne a meno, ero in detenzione e me la sono svignata, non la scampo stavolta. Grazieaddio! Finalmente andrò in una scuola pubblica e ambosessi." Affermò perentoria con un gesto eloquente della mano. "Quel maledetto posto ha esaurito la sua funzione fin da quando mi assegnarono la borsa di studio che mi consentì di tornare in Giappone. Ma che vuoi, finché non ho avuto la certezza nero su bianco dell’ingaggio, ci sono dovuta restare, anche se controvoglia. Come ben sai."

"Già, ma passiamo ai dettagli pratici, vuoi? Fortunatamente all’epoca avemmo la brillante idea di iscriverti con il tuo secondo nome, quindi, almeno sotto quest’aspetto problemi non dovremmo averne."

Poi la guardò in un modo abbastanza esplicito e, con apparente severità, aggiunse. "Ma devo chiederti a quante hai dato la benché minima certezza che sei una donna."

"In che senso?" Reagì inarcando il sopracciglio.

"Non fare la santarellina con me Haruka Tenou! Sai benissimo cosa intendo!"

Tutto quello che ottenne fu una risata elusiva, ma visto che il cipiglio truce con cui veniva gratificata non scemava, tornò seria.

"Okay, se la metti in questo modo, cercherò di fugare tutti i tuoi dubbi. Ho sempre badato ad essere completamente sola quando mi denudavo e, udite, udite, al di là di qualche lingua non sono mai andata. Quindi nessuna potrebbe affermare, dati alla mano, di cosa si celi sotto questi abiti maschili."

"Erano in molte a chiamarti con il tuo nome di battesimo?" Chiese preferendo ignorare l’ironia caustica dell’altra.

"Solo in due." Rispose laconica distogliendo per un attimo lo sguardo. "E sai che di Sentsuna ci si può fidare... quanto all’altra... beh, se fossi in lei ci penserei due volte prima di attraversarmi di nuovo la strada!"

"Ma non ne hai la certezza." Puntualizzò con un punta di rammarico. "E mi duole dirtelo, pure se non metterai più piede in quel posto, resta lo stesso molto più di una possibilità che qualcuno ti riconosca e parli. Un professore a caccia di soldi facili, una compagna di classe risentita o addirittura quella direttrice che hai sfidato senza la minima prudenza, accidenti a te!"

"Credi ?" Chiese poco persuasa. "E allora senti come la penso. Per quanto riguarda quelle con le quali mi sono parzialmente trastullata, non credo che metterebbero in pericolo la propria reputazione esponendosi. Hanno da trovare un buon partito e se venissero fuori certe cose la faccenda si farebbe complicata. Quindi queste sono fuori dai giochi. Quanto alle restanti ragazzine viziate, come sai, mi sono mantenuta costantemente ai margini. Non ho dato confidenza ad alcuna e l’unico elemento in cui ho spiccato, tanto che potrebbe essere pericoloso, è la mia eccellenza nell’atletica. Ma di fatto è da un bel pezzo che non compaio sulla scena, inoltre, come si riconduce una stella centometrista ad un pilota d’auto? X non è uguale ad Y! E poi, da podista sono stata un fuscello, guarda il mio corpo adesso, dove sta l’esilità?"

Hitomi accennò lievemente col capo. In effetti c’era una logica in tutto ciò. Nel corso dei mesi passati Haruka aveva lavorato con diligenza in palestra e a tutt’oggi aveva sviluppato una muscolatura scultorea. Adatta a resistere a tutte le sollecitazioni cui la sottoponeva lo sforzo di guidare un auto da corsa, ma decisamente troppo ampia per una sprinter. Per cui l’attaccò su un altro fronte.

"Eppure si sapeva lo stesso che ti stavano cooptando nella lega juniores di formula 3."

"Voci. Chi mi ha mai visto? E vuoi che i giornali sportivi non parlassero dell’unica femmina presente nella lega? Un fatto così eclatante fatto passare sotto silenzio? Ma andiamo!"

"E scommetto che su internet ci scrivano solo fandonie giusto?" A questa domanda retorica Haruka non si prese neppure la briga di rispondere. "Ok, ammettiamo pure che tu abbia ragione, ma il resto?"

"Fossi in te non mi preoccuperei troppo dell’istituzione scolastica." Affermò pratica, poi la guardò con intenzione finché non le fiorì tra le labbra un ghigno molto cattivo. "Insomma un posto prestigioso come quello che viene corrotto da una studentessa che alla fin fine non è chiaro se sia un maschio o una femmina?! Pensa allo scandalo Hitomi, un sedicente ragazzo che gira impunemente negli spogliatoi e nelle camerate delle ragazze a dispetto del regolamento delle figlie di Maria! Chi iscriverebbe più la sua ricca rampolla in un tale eremo d’ambiguità? Senti me, pure se avessero fondatissimi sospetti, quelli terranno la bocca chiusa. Gli conviene!"

"D’accordo." Annuì levando le mani come segno della sua totale intesa. "Nondimeno, più in là sarebbe saggio fare una bella donazione alla scuola. Ovviamente quando il tuo ingaggio aumenterà. Con discrezione, mi pare chiaro."

"Naturalmente, ma tutto a suo tempo." Assentì meditabonda. Stava per bruciarsi numerosi ponti alle spalle. Non che avesse dubbi o covasse prematuri pentimenti, però... era giusto così? Ancora una volta fu la voce di Hitomi che la riportò alla realtà.

"Speriamo bene Haruka. E’ fondamentale per la tua nascente carriera che non ci sia alcun dubbio sul fatto che tu sia un ragazzo. C’è troppa discriminazione perché tu possa tentare."

"Cominciamo dai capelli." Annunciò tirando fuori un paio di forbici e iniziando a tagliare le ciocche che le arrivavano sulle spalle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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