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Autore: Yuki Kiryukan    06/08/2012    10 recensioni
Rebecca Jane Callaway si è appena trasferita col padre a Dallas. Mentre si prepara ad affrontare il primo giorno alla sua nuova scuola, si è già abituata all'idea di trascorrere i prossimi anni che l'attendono nella noia e monotonia totale.
Solo in seguito capirà quanto sbagliate fossero quelle previsioni.
Solo dopo aver scoperto la verità sulla sua stessa esistenza.
Solo dopo aver intrecciato la sua vita a quella di Zach Hudson ed al suo, loro, segreto.
Dal cap 15:
"Che cosa stiamo facendo, Zach?" gli chiesi sulle labbra "Tutto questo non ha senso"
Lui si allontanò lentamente da me. Era serissimo "Deve averne per forza?"
"Noi dovremmo ucciderci" gli ricordai, per quanto doloroso fosse anche il solo pronunciare quella frase.
"E questo chi lo dice?" sembrava irritato. Si ostinava a non voler guardare in faccia la realtà.
Deglutii, mentre una lacrima mi rigava la guancia " Il nostro sangue"
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cursed Blood - Sangue Maledetto'
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 Salve a tutti!! <3 Sono Yuki! :D
Mi sono appena iscritta a EFP e questa è la prima storia che pubblico! >.< Magari come inizio non è un gran chè, ma seguitemi e vedrete che migliorerò! O almeno ci proverò! ^^'' Spero che recensiate in molti! <3
A presto!  
 


               
                                                                                                Prime Impressioni

 
 
 
 
 
 
 

La prima parola che mi venne in mente fu: claustrofobia.

Erano ormai diversi minuti che squadravo con occhi diffidenti quello pseudo edificio che era da poco diventato la mia nuova scuola.
Di norma, almeno l’aspetto esteriore di un edificio scolastico dovrebbe attrarre i futuri studenti, ingannandoli con la prospettiva di un’allegra vita scolastica... Quello invece, sembrava voler esprimere tutto il contrario.

L’architettura complessiva era spigolosa ed ingombrante, chiusa su se stessa. Anche solo il massiccio e arrugginito cancello trasmetteva quella pesante sensazione di chiuso.

La seconda parola che mi balenò nella mente fu: tetro.

Osservavo la pareti dipinte di un grigio scuro e  metallico, le finestre nere, pesanti e sbarrate. Non si vedeva l’ombra di una palestra, ne un giardino ricreativo.


Come diavolo avrei fatto a passare i miei prossimi tre lunghi anni in un posto come quello?

Mi trovavo talmente bene nella mia vecchia Phoenix City, che non riuscivo ancora a capacitarmi del fatto che ci fossimo dovuti trasferire in fretta e furia in Dallas, senza il minimo preavviso.

Mio padre aveva deciso tutto da solo, e questo mi aveva fatto non poco arrabbiare. Mi aveva fatto sentire davvero insignificante. Cos’è, la mia opinione non contava nulla?

Mi sveglio una mattina e la prima cosa che mi dice, al posto del solito: "Buongiorno tesoro, anche oggi hai dormito troppo" ; è invece, un terribile: "Finalmente in piedi! Ho già preparato le tue cose! Si parte! No, non guardarmi con quella faccia tesoro! Sarà un po’ improvviso, ma non preoccuparti, ti spiego strada facendo!"


Ti spiego strada facendo, un corno!

La cosa che mi aveva spiegato, era che la compagnia assicurativa in cui lavorava aveva deciso di trasferirlo in Dallas, con un preavviso di tre giorni.

La mia vita si era ribaltata nel giro di pochi giorni. Le mie certezze erano cadute come birilli, e mi ero ritrovava con solo una valigia in mano, nella macchina di mio padre, diretti per un posto che non sapevo nemmeno qual’era, ma che già odiavo con tutta me stessa.

E la mia nuova scuola non migliorava certamente le cose.

Sopporta, Rebecca Jane Callaway. Qualcosa di buono alla fine potrebbe sempre uscirne.

Ma dove?


Prepariamoci a passare gli anni più bui e monotoni della mia vita. 

Fu l’ultima cosa che pensai prima di varcare la grande entrata.
 



A quel tempo, non sapevo ancora quanto mi sbagliassi.  Non sapevo ancora che dopo aver incontrato lui...la mia vita non sarebbe mai più stata come prima.  

Molto presto, avrei rimpianto amaramente quella monotonia. 






  
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