Capitolo 37:
ultima battaglia
Elfwine ed Eomer entrarono in silenzio nella camera dove le guaritrici stavano lavando il corpo di Eowen. Subito videro due anziane pettinare i lunghi capelli d’oro della giovane, come se la stessero preparando per il suo matrimonio. Accanto al letto, seduto ricurvo su una sedia, stava Eorl, ancora vestito della sua armatura e con i capelli sciolti sul volto bianco e senza espressione.
I
due cavalieri entrarono e si sedettero vicino al letto, chiudendosi in
preghiera. Elfwine sollevò gli occhi verso le mani di Eowen,
intrecciate sul petto; osservò il suo bel volto, orfano del familiare sorriso;
osservò le ferite, osservò la bianca veste, osservò le candide lenzuola.
Crudele, malefico destino, che ha voluto la morte di un germoglio appena
sbocciato, lasciando in vita le vecchie querce.
Le
guaritrici terminarono il loro lavoro, si inchinarono davanti ai reali, poi
uscirono in silenzio dalla stanza. Nessun boccale era colmo di birra, nessun
canto di gioia e nessuna risata felice risuonavano nella sala del trono del
palazzo…tutto il villaggio era coperto da un mantello nero.
-
Eorl…dovresti riposare e farti curare quelle ferite…- azzardò Eomer, rompendo
il silenzio venutosi a creare nella stanza.
– Fra poco, si…andrò fra poco…- sussurrò Eorl fissando il volto di sua sorella. Eomer chinò il capo e chiuse lentamente gli occhi, sospirando. Aveva trattato male Eowen, la sera del ritorno di Elfwine. Avrebbe voluto chiedergli scusa per quella volta e per tante altre: per non averla fatta uscire dalla città, per averla protetta troppo, per non aver lasciato che diventasse un cavaliere di Rohan. Voleva solamente piangere per non aver fatto e detto tutte quelle cose, ma non riusciva nemmeno a versare una lacrima…stanchezza, dolore? Forse entrambe, forse tante altre motivazioni…Aveva perso una figlia e non le aveva chiesto scusa per le lacrime che ha versato per i suoi stupidi ordini. Ma forse era ancora in tempo, forse lo spirito di Eowen avrebbe accettato le sue scuse…
Si alzò faticosamente dalla sedia, come oppresso da un gran macigno; non badò al dolore del braccio rotto e s'inginocchiò vicino al letto della vergine. Le strinse dolcemente la mano fredda. – Perdonami, Eowen…se puoi, perdonami e accetta le mie scuse…- mormorò vicino al suo orecchio, poi si alzò lentamente ed uscì dalla stanza, lasciando i due amici soli con i propri pensieri.
Elfwine osservò Eorl e pensò che probabilmente non l’avrebbe visto sorridere per i prossimi anni. Pensò anche a quel novello sentimento che era nato tra lui ed Eowen, lungo il viaggio: la sera a Rivendell, il bacio a Lorien, il sorriso lungo l’Anduin e lo sguardo di disperazione nell’Erebor, mentre la vedeva scomparire nel terreno. Irato, chinò velocemente il capo. Non poteva credere che l’ultimo ricordo che aveva di Eowen, era uno sguardo terrorizzato!! Perché il fato era così malefico verso di loro?…Il destino aveva vinto, di nuovo. Non solo gli aveva portato via la sua amata, ma anche il suo migliore amico. Si, Eorl era lì, vivo, ma dentro di se sapeva che egli era morto appena aveva visto il viso di sua sorella…Lui stesso sarebbe in quella situazione se avesse visto sua sorella nelle veci del nemico, dopo averla uccisa con le proprie mani. Ma doveva fare qualcosa, almeno parlargli…
Si alzò
lentamente e si sedette vicino all’amico, posandogli una mano sulla spalla.
– Eorl…io…non
so cosa dirti…so che non posso alleviare le tue sofferenze, ma devi pensare che
la colpa non è tua, non è di nessuno…non potevamo saperlo. Non dico che adesso
tutto è risolto, ma non puoi vivere per sempre pensando che è colpa tua…perché
non è vero, Eorl. Non è vero – mormorò con tono debole ma deciso. L’amico si
volse lentamente verso di lui, osservandolo senza espressione.
– Anche se
quel che tu dici fosse vero…ti sentiresti meglio? O penseresti comunque che è colpa tua? Riusciresti a mettere da parte il dolore e la
disperazione, lasciando posto alla razionalità? Se è così, dimmi come fai,
amico mio…Perché il dolore che provo è divenuto insopportabile e la
disperazione mi stringe forte il cuore, facendolo rompere in mille pezzi
d'agonia…- sussurrò Eorl in tono sempre più debole e tremante, fin quando le
lacrime cominciarono di nuovo a solcargli il volto.
– Eorl…io…- rispose pietrificato l’amico. I due amici si abbracciarono mentre Eorl tentava di soffocare e sopprimere le lacrime che di nuovo gli rigavano il viso distrutto.
E’ vero, Eorl
aveva ragione: nemmeno lui avrebbe trovato pace nelle sue parole. Ma doveva
esserci una soluzione! Non poteva vedere Eorl, il suo migliore amico, suo
fratello, in quello stato!.
– Forse è meglio che riposi, ora, amico mio. Il sonno ti porterà un po’ di forze e di conforto, almeno…- sussurrò stringendogli le spalle. Finalmente, dopo ore e ore di veglia e di battaglia, Eorl acconsentì. Elfwine l’aiutò a sollevarsi e lo accompagnò a lenti passi verso la sua stanza.
Pochi minuti
dopo entrarono nella stanza Seridhil ed Adrin. Videro
al centro della stanza, illuminata da deboli raggi del sole, il letto dove era
stata adagiata Eowen, circondata dai suoi averi e dalle sue armi. I due elfi si
avvicinarono lentamente, accompagnati dalle preghiere mormorate dalle anziane
presenti. Si avvicinarono al capezzale ed osservarono il marmoreo e sereno
volto della ragazza.
– Non posso
crederci, Adrin…dopo tanta fatica, tante sofferenze,
tante delusioni…Feamor l’ ha uccisa. Aveva faticato e sofferto tanto, superato
con coraggio gli ostacoli che le avevano sbarrato il cammino. Non la conoscevo
bene, certo, ma appena la vidi, quel giorno a Lorien,
capii subito che nonostante l’età fosse di spirito forte e deciso. Si era
assunta la responsabilità della missione, era decisa ad andare fino in fondo…e
c’era quasi riuscita – sussurrò la guerriera stringendo i pugni. L’elfo le
strinse dolcemente le spalle con un braccio, dandole un bacio sulla fronte. –
Lo so, mea melin…ma purtroppo il destino ha voluto
così. Non possiamo far nulla, se non pregare per la sua anima…Anch’io la
conoscevo poco, ma anch’io ho visto nei suoi occhi la determinazione e il
coraggio che caratterizzano sia il nostro che il suo popolo. Era molto
giovane…troppo per dover morire così presto…- sussurrò l’elfo, osservando la
salma. Seridhil annuì lentamente, asciugandosi le lacrime: - Era davvero figlia
di Elenwen. Ma ora, mea melin, lasciamo che le donne del suo paese preghino per
lei…i nostri fratelli ci attendono, vogliono sapere che cosa faremo ora, senza
una guida…- rispose l’elfa, osservando il suo amato. Questo annuì appena, poi
la baciò lievemente ed uscirono dalla stanza, dopo aver osservato per l’ultima
volta
Passarono alcune ore, in cui la stanza mortuaria accoglieva le persone che erano state care ad Eowen. Lothiriel, Faramir, Eowyn, Elessar ed Arwen, Fastred ed Eldarion…tutti si erano recati da Eowen per il loro ultimo saluto.
Alla fine fu
la volta del vecchio stregone blu. Aprì la stanza e si fermò sulla soglia,
osservando il capezzale in silenzio. Appena lo stregone giunse, le anziane
uscirono in silenzio dalla camera. Alatar si avvicinò al letto e si sedette
lentamente.
– E dunque, Eowen, eccomi qui. Il tuo maestro è venuto a salutarti. Lo so, sono in ritardo, tu sei andata via già da molto. Eppure ti sento, sei ancora qui tra noi…So che ti beffi del nostro dolore, che non è nulla, nemmeno un assaggio, di quello che tu hai sopportato. Non hai potuto lottare, ma non importa…Presto ti raggiungerò, mia piccola Eowen, e prima o poi anche quelli che ora sono vivi e ti compiangono. Sei stata una brava discepola, forse un po’ troppo loquace, ma buona! Ti confesso che ero molto affezionato a te, come un nonno può esserlo verso sua nipote. Ho cercato di proteggerti in ogni modo, Eowen, ma alla fine il destino ha posto un ostacolo tra me e te e non ho potuto far nulla.
Devo inoltre chiederti scusa…non ti ho mai detto molto di me. Non sai da dove vengo esattamente, non sai da dove vengono nemmeno i miei poteri, non sai perché sono lontano dalla mia patria e perché non posso farvi ritorno. Non ero visto bene nelle Terre Immortali, sai? D’altronde come anche il mio amico Pallando. Eravamo stati ritenuti dei traditori, dei deboli che c’eravamo uniti al nemico per desiderio di potere. Andammo via allora, celando le nostre presenze e facendo dimenticare le nostre essenza. Nessuno è mai riuscito a trovarci, nemmeno Saruman o Gandalf…fino alla tua nascita, Eowen. Allora comincia a vagare per le terre degli uomini, acquistando la loro fiducia, fino a diventare “Alatar il saggio”. Gli dèi videro che le mie azioni erano buone, come quelle di Pallando. Bhè, alla fine se potrò tornare al di là del fiume, è solo merito tuo, Eowen. Quindi…grazie, grazie di cuore per tutto, per ogni singola giornata vissuta insieme, per ogni passo fatto, per ogni parola scambiata, per ogni lezione imparata…per ogni lacrima versata. Grazie – pronunciò lo stregone, osservando con un sorriso il volto di Eowen. Batté le palpebre e due lacrime gli solcarono il viso, scomparendo nella folta barba argentata. Si asciugò subito gli occhi quando sentì il lieve cigolìo della porta.
Entrò un uomo
con indosso un lungo mantello nero, gli occhi scuri e i capelli del medesimo
colore. Si avvicinò al capezzale, osservò senza dir nulla Eowen, poi si volse
verso Alatar e sorrise appena.
– Ah, sei
tu…- sussurrò lo stregone osservando la figura familiare.
– E chi ti
aspettavi, Alatar il Saggio, Lui? – rispose sorridendo l’uomo vestito di nero.
– Sei venuto
a prenderla, immagino…come mai di persona?- chiese con tono tranquillo Alatar.
– Ne è
degna…E’ stata Custode, la tua eletta. E poi voglio essere sicuro che sia
morta…- rispose l’uomo sollevando le spalle.
Avvicinò il
viso alla salma, respirò lentamente, ad occhi chiusi, poi ritornò in posizione
eretta ed annuì: - Si, è morta davvero…- annunciò.
– Questo già
lo sapevo- rispose Alatar osservando Eowen.
– Mi dispiace
per la ragazza, Alatar, ma è la legge- sussurrò con tono serio l’uomo vestito
di nero.
– Sì, lo so…prendila pure, è tua – annuì Alatar, sospirando.
- Io non
credo – annunciò una voce limpida dietro di loro. I due uomini si volsero e
videro una donna sulla soglia della stanza. Questa avanzò, mostrandosi: era una
signora di mezza età, il vestito e i capelli grigi, il viso pallido e gli occhi
chiari.
– C’è
qualcosa che non mi quadra…Non dovresti essere qui – ,
commentò l’uomo dal nero mantello, perplesso, - quest’anima è mia, oppure…c’è stato
un cambiamento? – chiese infine.
La donna
annuì, sorridendo dolcemente ed avvicinandosi ai due: – Esatto, fratello,
cambiamento. Aaye, Alatar…è da molto che i nostri
cammini non s'incontrano. Ti ho seguito molto, in questi anni, ed ho notato che
molto hai appreso da me. Sono contenta di ciò – rispose pacata la donna. Alatar
annuì appena, lentamente.
- Bene,
allora la mia presenza qui è inutile. Torno nelle mie aule…sorella, a presto.
Alatar, Namaarie – salutò l’uomo, prima di uscire
lentamente dalla stanza. Alatar rispose con un lieve chinare del capo, poi
spostò la sua attenzione sulla donna che osservava il volto di Eowen.
– Sei sicura
di ciò che stai per fare? Lui potrebbe non essere d’accordo. Alla fine stai
disubbidendo ad un suo volere…- chiese Alatar chinando il capo d’un lato.
– Ne sono sicura, Alatar. Egli non ha potere contro il suo supremo capo, lo sai. Ed è il supremo che me l’ ha ordinato. C’è stato un cambiamento di rotta, diciamo…- , rispose sorridendo la donna, poi strinse dolcemente la mano di Eowen e sussurrò: - Edelthari, figlia di Elenwen, regina degli elfi…- .
- Bene, ora andiamo…- disse Alatar avviandosi verso la porta. La donna annuì ed insieme uscirono dalla stanza, senza voltarsi indietro.
La brezza
fresca del mattino entrò nella stanza, dalla finestra, ed un sussurro leggero
trasportò, come di un sospiro. I capelli biondi di Elwen
furono smossi appena. E le labbra viola si mossero appena, in un appena
accennato sorriso.
Era tornata.