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Autore: MelodramaticFool_    11/08/2012    2 recensioni
Una ragazza, alla ricerca della verità sul padre che non hai mai conosciuto, si ritrova catapultata in un'avventura, dove il pericolo è sempre dietro l'angolo, e dove il passato uccide, macchiando di sangue persino la sua stessa coscienza.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cimitero è silenzioso, deserto, escluse le anime dei poveri diavoli che pure da morti si devono godere lo smog di New York.
Dopo aver girato come una cretina per oltre un'ora, eccola, finalmente. La lapide di pietra bianca, levigata e semplice, splende sopra le ossa dell'uomo che mi ha rovinato la vita e che, ironicamente, vi ha dato pure inizio. 
Crisantemi rossi e gialli ornano la casa eterna di Paul Flemigan, ma io so bene che il suo nome era in realtà Matteo Zaroga. Lui ovviamente non lo sa, che la sua figlia sconosciuta è così vicina, e che al posto di piangere sui suoi resti in questo momento vorrebbe strappargli le interiora con un coltello poco affilato. Questo se fosse ancora vivo, ovviamente; la carne ammuffita mi ha sempre fatto schifo.
Come si fa ad odiare una persona che non hai mai conosciuto? Solo chi si è mai trovato nella mia stessa situazione può capire questo strano sentimento. Odiare senza aver mai conosciuto la causa del tuo odio. Forse è proprio la sua assenza che me lo ha fatto odiare, anche se, se mai me lo fossi trovata davanti da vivo, molto probabilmente lo avrei preso a calci. Anche da morto è riuscito a mettermi nei casini.
Morto il 18 Marzo 2007, colpito da una pallottola vagante mentre faceva jogging a Central Park, così secondo l'incisione. 
So bene che nemmeno questo è vero, e non sono l'unica considerato che un uomo vestito di nero a dieci metri da me mi sta fissando da quando sono arrivata. Stupida, stupida, stupida. 
Venire qua è stata una mossa prevedibile, era ovvio che appena possibile sarei corsa dove le membra di mio padre dormono per sempre. Ma questo posto aveva un'attrattiva troppo forte per me, sentivo che venire mi avrebbe dato le risposte che cerco, sentivo che era qualcosa di necessario, se volevo chiudere il cerchio. 
Il mio istinto ha fatto di nuovo cilecca.
Fingendo di controllare l'ora su un orologio inesistente, sposto la testa leggermente verso sinistra, per riuscire a osservare meglio l'armadio che non ha distolto un secondo lo sguardo da me. Diciamo pure che un confronto corpo a corpo sarebbe ridicolo: quell'essere mi ridurrerebbe ad un rottame. E' esattamente lo stereotipo del killer della criminalità organizzata: rasato, con giacca e pantaloni neri, cravatta dello stesso colore, scarpe lucide e camicia bianca. E' di carnagione chiara, ha un bel naso dritto e proporzionato e labbra nè sottili nè spesse. Nessun neo, nessuna cicatrice. Passerebbe del tutto inosservato, non fosse per i vestiti un po' troppo formali e gli occhiali, che in un 23 Ottobre nuvoloso come questo non sono certo utilissimi; di certo servono per impedire ad eventuali testimoni di descrivere la forma e il colore degli occhi, e, in questo caso, a nascondere un livido enorme e giallastro che fa capolino da sotto le lenti scure. Assolutamente anonimo, perfetto per il suo sporco lavoro. 
Con la coda dell'occhio provo a calcolare la distanza tra me e la strada, conscia dell'inutilità di ciò dato che sicuramente è armato, e con almeno un paio di mesi di prove al poligono di tiro. Nel pensarlo sento il freddo metallo della 7 millimetri automatica dentro la mia tasca destra, che peraltro non servirà a niente in questo caso, dato che non ho mai sparato in vita mia.
Sento che anche lui mi sta valutando, chissà cosa starà pensando. Si chiederà perché il suo capo mi voglia morta, un'innocua ragazzina che viene persino a pregare in cimitero. Incarico semplice, un lavoro pulito. 
Rifletto sulle possibilità che mi restano, consapevole che a secondi il pelatone dietro di me potrebbe decidere di farla finita con questa commedia e piantami una pallottola in mezzo alle scapole. Questo macabro pensiero ha appena attraversato l'anticamera del mio cervello, che vedo l'uomo avvicinare la mano al suo fianco sinistro ed estrarre l'arma con agilità ed esperienza. E' un attimo. 
Mi lancio dietro la grossa lapide e un istante dopo sento il suono ovattato dello sparo, ben attutito dal silenziatore. Il proiettile si va a ficcare sulla dura pietra nel punto esatto in cui ero io fino a due secondi fa. Grazie, 'pà, almeno a qualcosa mi sei servito. Sento i passi del mio futuro assassino che si avvicinano con circospezione. Con un brivido tiro fuori la pistola, uno scatto e ho tolto la sicura. Otto proiettili, non ho avuto il tempo di cercarne altri, meglio non sbagliare. Mi metterei a pregare, non fosse che non mi ricordo nemmeno l'Ave Maria e che nelle ultime settimane ho bestemmiato in almeno trenta lingue diverse. Sento che rallenta, sta controllando che non ci sia nessuno in vista. E' questione di secondi, devo farlo, o sarà lui a farlo. 
Salto in piedi e sparo. 
Il primo arriva alla coscia destra. Urlo straziante. Cade in ginocchio, urla, alza la testa verso il cielo come per mostrare la sua sofferenza ad un Dio inesistente, stringe la gamba e urla, ma nessuno lo aiuterà.
-Piccola bastarda!- urla, cerca di afferrare di nuovo la pistola che ha lasciato cadere. 
La mia mano è più veloce, parte un altro colpo. 
Continuo a sparare, per evitare di sentire il dolore che mi ha preso le reni come un colpo d'ascia, sento il suo dolore, lo sento! 
Due, tre, quattro colpi, tutti a vuoto. Gemiti strazianti. 
Non ce la faccio più, è insopportabile, fatelo smettere! 
Oddio, sta piangendo. 
Appena me ne rendo conto, sento lacrime salate e bollenti che mi annebbiano la vista. Faccio qualche passo avanti, fino a ritrovarmi a tre metri da lui. 
Prendo bene la mira con gli occhi socchiusi. Un secondo prima distolgo lo sguardo, per non vedere la vita scivolare via dalle sue dita sporche di sangue, il suo sangue. 
Le mani mi tremano, stringo la presa. 
Premo il grilletto. 
Non controllo nemmeno se ho centrato il bersaglio, l'ho capito dal fatto che non emmette più alcun suono. 
Abbasso l'arma, lentamente, come nei film. 
Immobile, ansimante, il battito folle del mio cuore nelle tempie.





Nota dell'autrice:
Grazie per aver letto questo primo capitolo!
Non so se ne scriverò altri.. In ogni caso, grazie! :D
  
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