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Autore: MegamindArianna    12/08/2012    3 recensioni
Charlotte, in seguito al morso di Carmilla, non muore. Si risveglia in una strana stanza. Spero questa FanFiction possa piacervi. Accetto qualsiasi consiglio, critica e dritte varie. Fatemi sapere!
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Aprii gli occhi.
 
Un rumore assordante mi ronzava nelle orecchie. Avevo un mal di testa insopportabile, accompagnato da un vago ricordo che mi mozzava il respiro.
 
Spostai la mano verso destra, incontrando un oggetto morbido e fragile sotto le mie dita. Lo osservai. Una rosa quasi appassita ornata da un piccolo nastro blu.
 
Mi trovavo su di un letto rigido, quasi di marmo, abbellito da un lenzuolo di seta bianco. La stanza in cui esso stava non sembrava quella di casa mia. Le pareti erano grigie, il pavimento era identico e su di esso non vi era neanche un mobile.  Mi alzai e guardai la porta che si confondeva con le pareti. La maniglia quasi non voleva girare e usai entrambe le mani per aprire la porta.
 
Il corridoio era attraversato da fili elettrici e tubi di ogni colore. Di colpo persi l’equilibrio. La “casa” si era mossa e io andai a sbattere precisamente contro una porta diversa da quella della stanza. Era di un colore vicino al bronzo, con disegni ornamentali che mi ricordavano un motivo precedente. La maniglia era nera, con l’immagine di un teschio.
 
Aprii la porta. Al suo interno una figura oscurata dalla notte era seduta su un trono rosso.
-Buongiorno, amore.-, disse l’uomo che sedeva.
 
Era una voce profonda e melodiosa. La voce che in quel momento ricordai. Il suo viso comparve subito nella mia mente.
 
Chiusi gli occhi per assorbire tutto quel dolce suono. Risposi, -Buongio…- ma osservare fuori dal finestrino mi bloccò.
 
Tante scintille luminose ci passavano vicino alla velocità della luce. Deglutii, ma quando la pelle si allungò sentii un dolore bruciante. Mi toccai il collo. Due punti si trovavano proprio accanto alla giugulare.
 
La figura si alzò e si voltò allarmata. Impallidii a quella bellezza inaudita. Gli occhi rossi come il sangue lanciavano raggi di speranza e di amore verso i miei. La sua pelle era chiara, quasi pallida, contrastata dagli occhi. I suoi capelli erano lunghi e bianchi, abbelliti da alcune perle colorate legate a due ciuffi sulle tempie. Io mi avvicinai a lui e mi abbracciò aprendo le sue ali enormi e spaventose, ma che per me era simbolo di vero amore. Il tepore che esse rilasciavano era meraviglioso e mi facevano sentire a casa. Lui mi strinse e mi chiese- Tutto bene, mia diletta?-
 
-Si. Sto benissimo qui insieme a te, amore mio.-. Lo sentii sorridere sui miei capelli castani.
 
–Non intendevo questo.- , ribatté. –Volevo sapere se ti fa male la ferita o se ti senti… Cambiata.-, disse con una nota di incertezza.
 
Lo guardai in volto e gli dissi di nuovo che stavo bene. Lui appoggiò la sua guancia sulla mia testa e io sospirai pensando a una cosa che Meier non avrebbe mai accettato, ma lui mi beccò subito. –A cosa pensi?-, disse.
 
-A niente…-.
 
Lui mi squadrò notando subito che avevo mentito. –Forza. Dimmi a cosa pensi tesoro?-, e quella parola detta sensualmente come lui sapeva fare mi sciolse, facendomi dire la verità.
 
–Stavo pensando a cosa fanno tutti gli innamorati.-.
 
Meier, capendo a cosa mi riferivo, ritrasformò le sue ali in normalissime braccia e mi passò le mani sui fianchi, avvicinando allo stesso tempo le labbra al mio orecchio. –Lo so. Anche io desidero baciarti, ma i miei denti potrebbero sentire il sapore del sangue e crescere fino a ferirti e…-.
 
Per fermarlo gli misi una mano sulla guancia e l’indice dell’altra sulle labbra. Lui le dischiuse un po’ per  assaporare il profumo di rosa che avevo intrappolato toccando il fiore sul mio letto. Provai ad avvicinarmi tenendo il suo sguardo fermo sui miei occhi castani, ma lui comprese ciò che volevo fare e si voltò.
 
Per niente offesa, lo abbracciai forte e Meier ricambiò. Capivo il suo problema, e ero consapevole del fatto che lo faceva per il mio bene.
 
Il suo respiro cominciò a tremolare. I vampiri non possono piangere, ma la sua voce era ormai un sussurro interrotto dai singhiozzi e, con la poca voce di cui in quel momento disponeva disse, -Ti prego… perdonami.-.
 
Lo strinsi ancora più forte e, in preda anche io al pianto, gli risposi. –Non devo perdonarti niente. Non mi importa se non puoi baciarmi. Io ti amo. Anche se non potrai baciarmi per tutta la vita, non mi importa. Io voglio restare per sempre con te.-. Ormai il suo mantello era bagnato dalle mie lacrime.
 
Lui, con tutta la forza che aveva per controllarsi, si avvicinò baciandomi la guancia. Le sue labbra fredde e delicate mi calmarono. Tremando un po’, si allontanò. Strinse gli occhi e serrò i denti. Poco dopo riprese –Ti amo anche io tesoro.-, disse con più sicurezza.
 
Di nuovo la navicella su cui viaggiavamo si mosse e Meier mi spinse verso una parete per non farmi cadere. I nostri sguardi si incrociarono e il mio respiro si fermò automaticamente quando le sue labbra, a causa dell’urto, erano vicinissime alle mie. Aspettai la sua reazione. Era ancora calmo ma le sue pupille si allargarono a dismisura. Spostò il viso di lato al mio, facendo passare la sua gola accanto alla mia.
 
Un brivido mi percorse la schiena. Rialzò lo sguardo e lasciò andare il respiro che aveva trattenuto. Con dolcezza, mi sorrise e si rimise sul trono rosso. Accanto ad esso ne scorsi un altro più piccolo e blu con delle rifiniture argentee.
 
Mi affacciai per guardarlo meglio. -È per te.- disse vedendomi interessata - Tu sei la mia regina, e come tutte le regine, devi avere un trono.-. Feci un passo avanti, ma poi guardai il mio vestito e i capelli sul riflesso di un finestrino.
 
Ero orribile. Il vestito era intriso di sangue ormai asciutto e secco dal colletto fino al petto e la gonna non era sistemata. Sulla testa avevo un groviglio di capelli e l’acconciatura era rovinata.
 
In modo quasi scherzoso mi rivolsi a lui.- Meier, tesoro, dove posso trovare uno specchio e dei vestiti puliti?-.
 
Rise leggermente fingendo di grattarsi distrattamente l’orecchio e rispose. –Vai nella mia stanza, segui il corridoio verso sinistra e trovi due porte. La mia è quella a destra.-.
 
Annuii in silenzio e seguii le sue indicazioni percorrendo la strada da lui descritta.
 
Quando entrai mi si presentò una stanza quasi uguale alla mia. Le pareti e il pavimento erano rosse e al centro della camera vi era la bara di Meier. Io le passai accanto appoggiandoci sopra la mano. Il legno era liscio e piacevole al tatto. Mi guardai attorno e trovai uno specchio rotto in un angolo di esso, ma non erano presenti armadi.
 
Una piccola maniglia d’oro attirò la mia attenzione. Attraversai la stanza e la girai. La porta si apri lateralmente dando luce ad una cabina-armadio piena di vestiti. La maggior parte erano di Meier e solo alcuni erano da donna. Presi il più bello. Era blu come la notte e le rifiniture erano rosse come gli occhi di Meier, ma era troppo grande. Così, messe in pratica le mie doti da sarta, accorciai le braccia e lo lasciai leggermente più lungo sulla gonna. Lo specchio rifletteva la mia immagine. Il vestito era perfetto e misi in ordine i capelli con le mani, visto che non disponevo di una spazzola. Mi riavviai verso la stanza precedente.
 
Quando aprii la porta Meier non c’era più. Mi diressi verso il mio trono. Era morbido e più comodo del letto sul quale mi ero svegliata.
 
Meier comparve davanti a me come una saetta con un vassoio pieno di cibo. –Credo che tu abbia fame.- ,disse, ma quando alzò lo sguardo verso di me, rimase in silenzio con le sopracciglia leggermente alzate. Appoggiò il vassoio e mi prese il mento sussurrandomi    -Sei bellissima.-.
 
Io arrossii e lui mi passò una mano sulla guancia. Spostò il tavolo proprio avanti a me e io lo adocchiai osservando le delizie su di esso, ma quando notai che Meier se ne stava in disparte, io mi alzai e lo raggiunsi dicendo –Non ho fame.-. Non mi sembrava giusto mangiare davanti a lui, soprattutto se quello di cui si cibava non era presente.
 
–Non preoccuparti per me. Mangia tranquilla. Io non ho fame-, disse sicuro di sé, spostandomi leggermente con una mano. Sorrisi e mi misi a mangiare piano e con calma. Non avevo tantissima fame, quindi alcune cose le lasciai a metà. Mi alzai e raggiunsi Meier che non si era mosso di un centimetro. Lo presi per mano e osservai fuori. –Quanto manca per…-
 
E lui finì -…la Città della Notte? Ancora due o tre giorni e saremo liberi. Liberi di amarci. Liberi per sempre, senza che nessuno cerchi di uccidermi o di dividermi da te.-.
 
Io sorrisi. -È tutto ciò che voglio. Te, mio unico amore, e la libertà di amarti.-.
 
Anche lui rispose come in una celebrazione di matrimonio. –Anche io. Voglio solo te, mia diletta, e la libertà di amarci.-.
 
Appoggiai la guancia alla sua spalla e sospirai. Meier pilotava la nave come se lui fosse vissuto su di esse, conoscendone ogni segreto. Riusciva a tenerla sulla giusta via, deviando a volte gli asteroidi e i meteoriti; alcuni ammassi fluttuanti ricordavano gli edifici del Medioevo.
 
Passarono i due giorni di viaggio e riuscii a scorgere un pianeta piccolo e trasparente.
 
La Città della Notte. Il fatidico lato oscuro della Luna.
 
Sentii le lacrime salire e guardai Meier, il quale ricambiava lo sguardo pieno di speranza che mi aveva riservato due mattine precedenti, al mio risveglio. Anche le sue pupille tremavano, ma da essi non uscì neanche una lacrima.
 
Abbassai lo sguardo, ma in quell’istante tutto passò dalla pace al caos.
 
Qualcosa urtò la nave. Caddi a terra mandando avanti le mani. Meier si era aggrappato al timone e urlava –Stai bene?!-.
 
Un cigolio continuo mi entrò nelle orecchie. Me le tappai, ma il rumore era così forte e fastidioso che cominciai a urlare per il dolore che mi provocava alla testa. Quando questo finì, mi rialzai ancora confusa. Mi sentii cedere le gambe, ma Meier mi prese al volo e mi poggiò sul suo trono rosso. Si inginocchiò davanti a me. Prese le mie mani tra le sue e le rigirò. Avevo dei minuscoli rigonfiamenti sui polsi. Si alzò velocemente per prendere del ghiaccio.
 
Andava di fretta. Una fretta che emanava preoccupazione e terrore. Mi accarezzò la guancia e si diresse di nuovo verso il timone. –Tieniti forte. Il viaggio sarà un po’ movimentato.-. Incrociai le gambe e mi aggrappai con le unghie ai braccioli della sedia. Il grande finestrino davanti a Meier mostrava tantissime luci disposte in modo vago e insensato e mano a mano che si avvicinavano mostravano sempre di più ciò che era.
 
Delle navicelle, simili alla nostra ma più piccole, incombevano verso di noi. Meier tolse un coperchietto da una maniglia accanto a lui. Essa nascondeva un tasto rosso. Dopo aver usato tutta la mano per azionarlo, vidi due fasci di luce partire da sotto la nostra nave. Si scagliarono proprio contro due navicelle che esplosero in mille pezzi. Il restante numero si aprì in un varco che ci fece passare. Meier sospirò con sollievo.
 
–Cosa è successo? Chi sono quelli? Li conosci?-, chiesi.
 
Lui mi venne incontro e mi allungò una mano. Io cercai di alzarmi ma persi l’equilibrio e lui, prontamente, mi mise un braccio attorno ai fianchi. Mi accompagnò e mi indicò le navicelle. –Sono nostri compagni. Ti ricordi? I Barbaroi, coloro che ci hanno protetto fino alla morte di alcuni di loro.-.
 
-Quindi tu ne hai uccisi alcuni?-, dissi indicando i pezzi di navicelle sospesi nel vuoto.
 
–No. Erano delle navicelle-esche. I Barbaroi, grazie al loro lungo esilio, si sono evoluti creando delle cose impossibili per tutte le altre creature esistenti in questo universo. Alcuni di loro sono riusciti poi a scappare raggiungendo la Città della Notte. – Mi abbracciò facendo rilassare tutti i muscoli tirati dalla paura. –Anche loro ci conoscono. I Barbaroi che sono sopravvissuti all’attacco di quello Spirito Puro nel loro nascondiglio li hanno avvisati del nostro arrivo.-.
 
Superate tutte le navicelle, esse si chiusero  dietro di noi.
 
Quando la nave atterrò sul pianeta, io mi affacciai all’oblò della porta. Il terreno era pieno di fiori di cui non conoscevo l’esistenza. Erano bellissimi e di tutti i colori freddi della notte. Gli alberi erano ricoperti da una chioma viola. Quando Meier mi poggiò una mano su un fianco scoppiai a piangere per l’emozione.
 
Ero felice di aver trovato la libertà, ma soprattutto per essere insieme alla persona che amavo. Avvicinai la mano a quella doppia serratura che mi divideva dal nuovo mondo, ma Meier mi fermò. Io lo guardai accigliata. – Perché non posso uscire?-. Una lacrima rimasta immobile, scese lungo la mia guancia. Meier la asciugò con un dito, mi prese per mano e mi allontanò dalla porta. Mi trascinò fino alla stanza del timone e mi allungò un bicchiere preso da sopra il tavolo. Conteneva un liquido lilla, quasi viola.
 
Lo indicai. –Devo berlo?-, chiesi osservandolo meglio.
 
Lui annuì e aggiunse –Se vuoi uscire… devi. Ti servirà per respirare. Lo dovrai bere ogni giorno finché non ti abituerai all’ambiente.-. Lo afferrai e lo presi tutto in un sorso. Non era cattivo, ma poco dopo mi sentii svenire.
 
–Meier.-, sussurrai prima di cadere. Poi, le immagini divennero sfocate. Infine, buio.
 
Poco dopo sentii una mano fredda sulla guancia. Mi sembrava di essermi di nuovo svegliata nella navicella. Invece ero all’aperto, distesa su di un prato di colore violaceo e tra le braccia di Meier. Lui sorrise. Provai ad alzarmi.
 
–Non dovevi berlo così velocemente ma con più calma.-. Ricambiai il sorriso con le guance in fiamme. Il panorama intorno a me era spettacolare e meraviglioso. Nel cielo, in lontananza, vidi tante stelle, anche quelle che non erano visibili dalla Terra. Finalmente ero riuscita a scappare da quel mondo pieno di odio e disprezzo. Quel pensiero, per me, era già una fonte di gioia.
 
Ci avviammo verso una casucola piccola e rozza, con alcune tegole mancanti, la staccionata rotta e piena di piante rampicanti. L’erba ai miei piedi mi arrivava fin sopra le ginocchia e non c’era traccia neanche di un bel fiore come li avevo visti fino a quel momento, ma solo di ortiche, vasi pieni di terra asciutta e arbusti secchi dall’aspetto inquietante.
 
– Non far caso al giardino e all’aspetto esterno della casa.-, disse Meier. Mi meravigliai del fatto che quella casa avesse anche una parte interna. La porta cigolò ed entrai. Non c’era alcun mobile al suo interno, ma solo una scala che portava al piano sottostante.
 
Mi appoggiai allo corrimano e guardai Meier. – Cosa c’è di sotto?-, chiesi. Lui, mi guardò, sorrise e proseguì davanti a me. Quando scomparve nel nulla, affrettai il passo. Una luce fioca si accese alla fine delle scale. Spinsi la porta, non del tutto aperta e portai la mano alla bocca.
 
Era tutta un’altra cosa rispetto a quel che avevo visto sopra. Le pareti erano rosse con delle rifiniture nere a forma di piccoli fiorellini. Accanto alla parete vi era un letto con delle tende nero trasparente e le coperte erano di un bellissimo bordeaux. Pensai subito che per una sola persona quel letto fosse una cosa esagerata, ma notai che intorno ad esso non vi era neanche una bara. Mi voltai per osservare Meier che sorrideva e gli feci una domanda. –Tu dove dormirai?-. Le sue labbra si distesero ancora di più, in un sorriso che non avevo mai visto su quel volto pallido. Stava per parlare, ma lo fermai subito. –Dormiremo insieme?-, dissi con la felicità pronta ad espandersi per tutta la stanza.
 
Lui, con un riflesso bianco negli occhi, annuì. Per evitare di esagerare strinsi i pugni e mi limitai a saltellare sul posto. Appena più tranquilla, distesi le braccia e le attorcigliai ai fianchi di Meier. Certo avevamo già dormito insieme, ma un letto è molto diverso da una bara!
 
Ad un tratto Meier interruppe i miei pensieri. –Vuoi qualcosa da mangiare?- dissi di no con la testa e mi lasciai scappare uno sbadiglio. Lui chiuse gli occhi e si avviò verso la porta. –Dove vai?- gli chiesi. –Se dobbiamo dormire insieme, devo mangiare. Tu intanto distenditi.-.
 
–No no- risposi quasi come una bimba cocciuta. –Ti aspetto-. Lui annuì scuotendo la testa e si dileguò. Intanto, per evitare di addormentarmi, sognavo ad occhi aperti e mi immaginavo cosa potevamo fare quella sera insieme. Mi immaginavo lui che mi metteva le sue mani intorno ai fianchi e io che lo assecondavo buttando indietro la testa, a come lui mi avrebbe sfiorato il collo con le sue dita fino a toccarmi con dolcezza il mento per poi tenerlo fino a che le sue labbra non avessero sfiorato le mie, senza che perdesse il controllo.
 
Passò un’ora e Meier, quasi per gioco, si affacciò alla stanza come per evitare di essere visto. Quando poi, mi vide che stavo trattenendo una risata, si ricompose subito e mi venne incontro aprendo dolcemente il mantello. Io mi accoccolai nel suo abbraccio.
 
Ad un tratto sentii l’eccitazione salire piano piano, quasi a farmi soffrire nel cercare di rimandarla indietro. Dovevo evitare di superare quel limite, dove potevo rischiare molto.
 
Mi accontentai di accarezzargli il viso. Ci allungammo su quel bellissimo letto e, senza infilarmi sotto le coperte, mi addormentai con il suo respiro tra i miei capelli.
 
Mi svegliai in una stanza tetra, la quale sembrava fosse immensamente vuota. Solo una piccola figura in lontananza si mise sotto un piccolo bagliore apparso solo poco dopo.
 
Sembrava allarmata, impaurita. La luce che illuminava quella figura, si mosse insieme ad essa, che cominciò a correre. Veniva verso di me e mi allungava una mano in segno di aiuto. La luce ormai era indietro all’uomo che correva. Poco dopo notai gli occhi rossi e la capigliatura biancastra di Meier che teneva in braccio una coperta avvolta più volte, quasi a formare un sacchettino. Quando lui fu davanti a me, mi diede il suo piccolo carico e mi baciò la fronte correndo sempre più veloce in lontananza. Quando però, la luce aveva riempito la stanza, Meier si accasciò a terra e mi urlò. –POTEGGI NOSTRO FIGLIO DAL SOLE!-
 
Mi ripiegai su me stessa e sentii un piccolo movimento fra le mani. Levai un pezzetto di coperta e scorsi un bambino dalla pelle delicata e rosea. I suoi capelli erano d’argento e i suoi occhi grigi, quando incontrarono i miei, divennero di un fucsia molto acceso e sorrise scoprendo due canini pronunciati ma leggermente arrotondati. Poco dopo, quando mi voltai, la luce aveva distrutto Meier.
 
In quel momento mi svegliai veramente. Ero sudata, e abbracciavo un lembo del mio vestito come tenevo quel bimbo. Meier, che non dormiva, si allarmò. Mi avvicinai al suo petto e mi strinsi ancor di più a lui. Non volevo fare di nuovo quel sogno. Non potevo immaginare la mia vita senza di lui. Ma la cosa strana, ciò che non mi portava, era che quel neonato, fosse mio figlio. Com’era possibile. Forse era solo un mio piccolo desiderio, quello di formare una famiglia.
 
Il giorno dopo il viso di Meier era teso, e quando mi svegliai, mi diede una carezza e si allontanò subito. Uscì per un’ora e io mi stavo preoccupando. Quando tornò era più sereno. –Cosa ti era successo?-, Meier sorrise e mi prese in braccio per adagiarmi di nuovo sul letto. Era molto vicino a me e mi guardava con i suoi occhi che erano diventati ancora più accesi.
 
Poco dopo si mise a farfugliare delle parole tra se e se. –Devo farcela. Io la amo e ce la posso fare. È solo per il nostro bene ed è ciò che anche lei vuole. Anche se non sarà facile ce la devo fare. Mi sono rifornito bene ieri e poco fa. Ce la devo fare.-. Si sdraiò accanto a me e aprì le possenti ali. Una la mise sotto di me e l’altra sopra. Emanavano un odore caldo, intenso e dolce. Respirai a pieno quella bellezza misteriosa. Le strinse, facendomi scivolare fino al suo petto. Appoggiai le mie mani su di esso e mi misi a giocare con i bottoni di quel gilet nero.
 
Appoggiò il suo naso sulla mia testa. Lo sentivo inspirare ed espirare sui miei capelli. Poi, si bloccò. Fermò il respiro, quasi a trattenerlo. Scivolò con la sua guancia sulla mia e si spostò di lato. Mi aggrappai a quei bottoni quasi per evitare un’azione sbagliata, un passo falso. Si trovava molto vicino, moltissimo, più del solito. Un brivido mi percorse tutta la schiena, fermandosi ad ogni vertebra.
 
–Sei pronta?-, chiese. Annuii mentre distruggevo i fili che tenevano i bottoni. Protesi le labbra pronta al atteso bacio.
 
Ma, ad un tratto, Meier si avvicinò al mio orecchio e disse –Sarà doloroso, ma passerà velocemente- e spalancò la bocca attaccandosi alla mia gola. Io strozzai un urlo. Non era veramente doloroso come quella volta precedente al castello di Carmilla.
 
Quando si staccò, sentii un liquido scendere pian piano lungo la gola, sia dentro che fuori. Sangue e veleno insieme. Sentivo il petto schiacciato da un grosso masso e cercavo inutilmente di spingere verso l’alto quel peso invisibile. La gola mi bruciava e cominciavo ad avere sete di… qualcosa. Chiusi gli occhi. Il buio totale mi sovrastò, finché non mi ritrovai di nuovo in quel sogno fatto la notte precedente.
 
Avevo di nuovo quel bambino tra le mani; Meier non c’era più; la luce era tornata di nuovo. Osservai quell’angelo tra le mie braccia. Tirò fuori un braccino da quella coperta tutta aggrovigliata per stropicciarsi un occhio. Mi sorrideva compiaciuto e allungò la sua mano al mio viso. Era calda ma tremante, come se sentisse freddo. Lo strinsi ancora di più. –Mamma…-, disse con dei lievi sussulti. Lo accarezzai come se il sogno era pura realtà. Ma quella creatura continuò a parlare -…svegliati, ti prego resisti….mamma….mamma apri gli occhi…. MAMMA!!-.
 
-Perchè devo svegliarmi? Non sto dormendo.-, risposi sorpresa.
 
–Cerca di resistere. Papà lo ha fatto solo perché possiate vivere insieme felici. Ora stai viaggiando nei tuoi sogni.-.
 
 –Quindi questo è uno dei miei sogni?-. Il bimbo sorrise spalancando i suoi occhi fucsia.
 
–Non proprio. Io sono una specie di tuo desiderio sottoforma di aiutante. Io riapparirò solo quando avrai il desiderio di avere un bambino anche se non potrai e anche quando dovrai affrontare dolori e problemi. Ora sono qui per aiutarti a superare questo momento così delicato. Volevo avvertirti nella mia apparizione precedente, ma l’immagine di papà che bruciva è stata un po’ troppo forte.-.
 
Lo accarezzai. –Grazie… Alan…-. Mi sorpresi di quel nome che mi era uscito spontaneo dalla mente. Si chiamava come mio fratello.
 
 Il bimbo sorrise di nuovo e disse –Di nulla.- Poi proseguì –Ora cerca di svegliarti, altrimenti papà ti crede morta!-. Una lacrima scese lungo la mia guancia e il piccolo la raccolse con un dito. –Addio. Ci vedremo prossimamente.-. e scomparve, lasciandomi sola sotto quel fascio di luce che diventava sempre più piccolo, fino a lasciare acceso un puntino luminoso sul pavimento nero. Appoggiai la testa a terra e misi una mano sotto alla luce. Sentii bruciare. La tolsi. Si era formato un piccolo buco, una voragine che andava ad aprirsi sempre di più, risucchiandomi. –No…NO!-
 
Mi svegliai di soprassalto. Di nuovo nella stanza.
Meier sospirò. -Oh… Charlotte…- disse Meier sospirando. –Credevo…. Credevo si averti..-
 
-…uccisa? Non lo avresti mai fatto, neanche inconsciamente.- e gli accarezzai il volto, giocando con le sue treccine.
 
La trasformazione era avvenuta. Mi sentivo forte, piena di vita e assetata. Scattai in piedi e attraversai velocemente tutta la camera.
 
Meier rideva di gusto, osservando ogni mio piccolo salto e passo che facevo. Dopo essere arrivati sul pianeta era cambiato. Non era più freddo e distaccato come lo era prima. Era dolce, giocoso e divertente. Prima lo amavo molto e dopo quella scoperta su quel comportamento misterioso lo amavo ancora di più.
 
-Ok, Charlotte. Ora vieni qui.- e mi invitò a sedermi accanto a lui. Obbedii e appoggiai la mia gamba sulla sua. -Devi sapere che d’ora in poi sarà dura controllare i tuoi poteri. Ogni volta che sentirai il desiderio del sangue dovrai assecondarlo subito, e mano a mano arriverai a riuscire a creare un specie di riserva che ti permetterà di non strafare.- e massaggiò dolcemente il mio ginocchio. Buttò un occhio alle mie spalle e mi alzò un braccio, tastando ogni millimetro. –Ora sentirai una piccola scossa.- e spinse con forza sotto la scapola sinistra.
 
Un veloce brivido mi indusse ad inarcare la schiena e ad allargare le braccia. Al posto di quest’ultime, vidi due ali non molto grandi e di un blu così scuro da avvicinarsi al nero.
 
-Ti ho premuto un piccolo nervo che i vampiri sviluppano alla “nascita”. Per la trasformazione controllata è ancora un po’ presto, ma ci lavoreremo.-
 
Meier mi stava insegnando i segreti del vampiro provetto e ogni nuova scoperta era come aver visto una farfalla enorme e variopinta. Spettacolare. Per poter sopravvivere su quel pianeta avevo bisogno di più informazioni possibili sui vampiri.
 
Eppure in quel momento la mia mente era divisa in due pensieri diversi: gli insegnamenti di Meier e… Meier stesso.
 
Mi avvicinai lentamente mentre mi indicava le punte dei piedi e mi parlava di come dovevo appoggiarle per correre più velocemente. Afferrai il suo volto e lo portai fisso al mio. I suoi occhi incontrarono i miei.
 
–Charlotte…- disse sbattendo le palpebre velocemente e osservando intensamente le mie iridi. – i tuoi occhi… sono bellissimi.-
 
-Perché? Come sono?- domandai cercando uno specchio. Ma poi ricordai. I vampiri non riflettono la loro immagine negli specchi.
 
-Sono come il fuoco che bruciano la foresta. Un’affascinante rosso che contorna un castano chiaro delicatissimo. Spero possano rimanere per sempre così.- dichiarò accarezzando il mio viso.
 
Alzai gli occhi al cielo. Gli misi le mani sulle spalle e con tutta la forza che avevo lo spinsi verso il letto. Alzai la gonna staccando le ingombranti balze e mi misi cavalcioni su di lui..
 
-Charlotte! Cosa…?- ma lo zittii mettendogli un dito sulle labbra.
 
-Non siamo più sulla Terra, dove bisogna rispettare il galateo o altre cose noiose. Lo sai che dentro di me vive ancor una ragazza e quindi devi assecondarmi. Capito?- dissi costringendolo a fissarmi.
 
-Ok. Va bene. Spero che la ragazza che è in te non morda…-
 
-Non ora… ma sappi che lo farà quando avrà fame.- e gli sorrisi.
 
Per circa una manciata di minuti restammo così, a ridere e a guardarci negli occhi. Lo credevo impossibile. Era nuovo, eppure mi sembrava di riviverlo, come quando, semplicemente, immaginavo quei momenti.
 
Le sue mani mi cingevano i fianchi. Le sue gambe erano strette tra le mie. Ogni tanto muovevo la testa per infastidirlo con i miei capelli lunghi. Era una specie di piccolo gioco amoroso. E, a quanto sembrava, gli piaceva.
 
-Ora si, Charlotte… finalmente possiamo amarci con tutta l’anima.- sussurrò avvicinandosi.
 
Presi un respiro veloce e mi avvicinai alle sue labbra. Quelle invitanti e deliziose labbra. Quando l’una entrò in contatto con l’altra, un fuoco potente divampò nel mio cuore. Una dolce emozione penetrò nella mia anima e in quella di Meier.
 
-Ti amo…- sussurrai staccandomi leggermente.
 
-Ti amo anche io, amore… con tutto me stesso…-
 
  
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