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Autore: GirlOnFire    16/08/2012    2 recensioni
Un filmino girato dai cinque protagonisti di Gossip Girl, a seguito di un suicidio improvviso che gli fa rendere conto di quanto le loro vite siano disastrate in realtà.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass, Dan Humphrey, Nate Archibald, Serena Van Der Woodsen
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La telecamera si accese ad un unico segnale, un ciak fatto con le mani di Daniel Humprey che adesso si ritrovava nel salone dei Waldorf con tutto il Non-Judging Breakfast Club al completo, pronto a raccontare la loro storia, una storia che nessuno conosceva per intero perché i giornali avevano solo riportato il suicidio di quella ragazza bionda che si era rovinata da sola, una ragazza di nome Jenny Humprey. Avevano riportato la sua vita, abbellendola a volte e peggiorandola altre, ma nessuno aveva raccontato di quello che aveva causato la morte della diciassettenne. Nessuno si era chiesto se avesse avuto conseguenze su suo fratello o sugli ‘amici’.
I ragazzi avevano bisogno di raccontare, di raccontarsi. Persino Dan, il fratello di Jenny, ne aveva bisogno, così si mise d’accordo con gli altri nel girare una sorta di documentario-verità mostrandosi per quello che erano veramente e portando alla luce tutte le problematiche della loro età.
Il primo a parlare fu Nathaniel – Nate per gli amici –Archibald.
“Quando Jenny si è suicidata, abbiamo capito che qualcosa non andava. Non andava in noi, nel modo in cui vivevamo, nel modo in cui affrontavamo le cose.
Sfondati di soldi, avevamo tutto, ma mai quello che volevamo davvero: l’affetto di una famiglia, l’amore gratuito di qualcuno, anche solo un’amicizia sincera, ma abbiamo imparato con il tempo che queste non sono cose che si comprano. Eravamo abituati al lusso, alla compravendita di tutto ma non delle persone, ed ecco che ci ritrovavamo ogni sera da soli.
E’ nato così il nostro Non-Judging Breakfast Club, questo gruppo di quattro persone, adesso cinque con Dan, che avevano bisogno di una famiglia e di non essere giudicati ma compresi.”
Gli altri annuirono a quelle parole e Blair sospirò prima di continuare il discorso dell’amico.
“Ognuno con una problematica diversa, eravamo gli unici che potevano aiutarsi a vicenda, gli unici che hanno sempre tramato alle spalle di tutto e tutti, perfino dei genitori e della preside, perfino alle spalle di Jenny. Ricordo che io ero la sua ispirazione – rise amaramente Blair al pensiero – se solo avesse saputo che ero solo una sedicenne bulimica e con problemi di megalomania, troppo ferita da chiunque per far avvicinare qualcuno, forse non mi avrebbe neanche presa ad esempio.
Eppure lei aveva fatto di tutto per ottenere la mia amicizia.. Io il valore, il vero significato di questa parola, con persone che non  siano loro – indicò i ragazzi nel suo salotto – non sapevo neanche cosa fosse. Per me era farsi favori a vicenda, o meglio, fami favori per entrare nelle mie grazie.
Non ho mai fatto entrare Jenny nelle mie grazie solo perché era di Brooklyn, una ragazzina con troppi sogni e speranze. In realtà era una minaccia..”
“Io volevo farmela quella ragazzina.”
Chuck interruppe la sua fidanzata che gli lanciò un’occhiata strana, non che lo ammoniva, ma triste al pensiero che anche loro potessero essere causa di quel suicidio.
“L’avevo quasi stuprata la prima sera che l’abbordai. Poi cambiò.. Cambiò per via di Blair, per piacere di più a Nate, per assomigliare a Serena, per allontanarsi dalle sue origini. Cambiò per colpa nostra.
Nessuno invece si sofferma mai sui veri noi: la bulimica con problemi di autostima, la troietta traditrice, senza offesa S., il ragazzo solitario ma con il talento di una lingua velenifera, il ragazzo ricco che si ribella alla famiglia ma  che non sa bene cosa vuole fare del suo futuro e l’alcolista che va a donne per paura di donare il suo cuore.
E’ passato un anno dal suicidio di Jenny, noi.. non siamo poi cambiati.”
“Ci siamo resi conti di come la sua morte è stata quasi una benedizione per noi. E’ brutto da dire vero? Eppure solo dopo quello ci siamo resi conto davvero delle nostre condizioni perché la verità è che con questo atteggiamento di superiorità e menefreghismo tendevamo a nascondere i nostri stessi demoni. Nasconderli non eliminarli, perché eliminandoli cosa ci rimaneva? Una carcassa vuota senza paura e forse anche senza capacità di emozioni vere.”
“Il punto è che siamo sempre stati dei disadattati, prigionieri delle nostre stesse menti!”
Stavolta fu Dan a interrompere Serena e sospirò, continuando.
“Il punto è che non sapremo mai la verità sul perché Jenny si è suicidata, possiamo incolpare noi stessi, o la sua poca fragilità, o il mondo e il modo in cui viviamo. La verità è che un gesto estremo non ha mai una vera spiegazione all’esterno. Si possono fare tante supposizioni, eppure nessuno prende mai in ipotesi la cosa più semplice: era stanca di vivere. Senza un vero perché, era stanca e basta.
Neanche io so con esattezza il perché mia sorella si sia suicidata in quella vasca, abbia preso quella lametta e abbia iniziato a dissanguarsi, non lo so. So solo che si era allontanata da questo mondo, dalla sua famiglia per ritrovare sé stessa e alla fine ha comunque scelto di smettere di vivere.
Il suicidio è una scelta, non solo una conseguenza a quello che ti succede attorno. Lei ha fatto la sua scelta.”
“La nostra scelta invece è quella di andare avanti e portare alla luce i problemi dei ragazzi.”
Nate riprese la parola prima di puntare lo sguardo sui suoi amici, per cercare aiuto nel dire qualcosa e subito Chuck venne in soccorso.
“La nostra scelta è quella di vivere e si aiutare tutti quei ragazzi che soffrono di disturbi alimentari, di scarsa autostima, di alcolismo, che hanno subito bullismo o che lo fanno agli altri, autolesionisti, giocatori d’azzardo, che hanno disturbi ossessivo-compulsivo, vogliono suicidarsi, e ci sono tanti altri problemi che nessuno prende mai in considerazione perché.. beh, sono ragazzi perché dovrebbero farlo?
Lo fanno perché non hanno vere e proprio guide, perché pur essendo circondati dalla gente si sentono soli.”
“Si impegnano nelle feste, mai in conversazioni intelligenti od originali, mai a curarsi degli altri. I ragazzi con problemi li riconosci perché sono sempre troppo impegnati a divertirsi, ma mai con le persone. Sono sempre troppo impegnati in qualcosa per non  pensare ai loro veri problemi, a quello che fanno una volta soli.”
Blair lo sapeva bene quello, era la prima che organizzava mille feste con il comitato studentesco e non pur di non rimanere sola in camera sua ed osservare la porta del bagno dove vomitava tutto il cibo che era riuscita ad ingerire durante i pasti.
“Forse questo non cambierà molto.. ma dal prossimo anno apriremo una clinica per tutti questi ragazzi. Chiediamo solo più attenzione da parte dei genitori, degli amici, dei professori. Tenete duro per un anno e poi potrete farvi curare, non da medici, ma persone pronte ad ascoltare i vostri problemi e che li hanno passati sulla loro pelle.”
Serena era quasi sull’orlo delle lacrime a pensare cosa ogni giorno si dovesse affrontare nell’adolescenza e anche dopo.
“Io ho pensato di aver ucciso un uomo per quasi due anni della mia vita. Sono scappata anziché sfogarmi. Qualcun altro per la pressione si sarebbe potuto uccidere, qualcun altro tagliare, ecc.. Non siamo tutti uguali nel farci del male, nel cercare di scacciare i nostri demoni, ma tra un anno avrete la possibilità di sfogarvi senza farvi del male.”
“Non ci aspettiamo quasi nulla, probabilmente ci sarà diffidenza all’inizio, ma non molleremo, perché è questa la prima cosa che vogliamo insegnare: lottare, lottare perfino contro la propria mente che ci dice di lasciarci andare. Lottare sempre.”
Daniel sapeva cosa volesse dire lottare, contro la famiglia per una ragazza che non era del suo rango, contro gli amici che aveva tradito con un libro, contro se stesso per tutti gli errori che aveva commesso.
Ma questo lo avrebbe raccontato a qualche ragazzo che si sarebbe presentato l’anno dopo in clinica, magari che veniva da Brooklyn proprio come lui.
Si alzò invece e spense la telecamera, guardando quei quattro ragazzi che erano i suoi nemici all’inizio del liceo, che adesso firmavano con lui per aprire la clinica, che solo l’anno dopo, avrebbe ospitato più di 2500 ragazzi.

 

 

 

GirlOnFire’s Notes.

 

Non so bene come mi sia nata l’idea forse da un paio di frasi riportate qui che mi hanno dato il via.
Pensavo di farne un originale, ma alla fine ho scelto di prendere dei ragazzi che di problemi ne avevano già parecchi, senza doverne creare di nuovi.
Ecco perché ho scritto di Dan, Nate, Serena, Blair e Chuck.
Probabilmente sarà la prima ed ultima volta che li sfrutterò, ma sono serviti al loro scopo, spero.

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, è un’idea, ripeto, nata dal nulla o quasi.

Alla prossima, GirlOnFire.

   
 
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