La
telecamera si accese ad un unico segnale, un ciak fatto con le mani di
Daniel
Humprey che adesso si ritrovava nel salone dei Waldorf con tutto il
Non-Judging
Breakfast Club al completo, pronto a raccontare la loro storia, una
storia che
nessuno conosceva per intero perché i giornali avevano solo
riportato il
suicidio di quella ragazza bionda che si era rovinata da sola, una
ragazza di
nome Jenny Humprey. Avevano riportato la sua vita, abbellendola a volte
e
peggiorandola altre, ma nessuno aveva raccontato di quello che aveva
causato la
morte della diciassettenne. Nessuno si era chiesto se avesse avuto
conseguenze
su suo fratello o sugli ‘amici’.
I ragazzi
avevano bisogno di raccontare, di raccontarsi.
Persino Dan, il fratello di Jenny, ne aveva bisogno, così si
mise d’accordo con
gli altri nel girare una sorta di documentario-verità
mostrandosi per quello
che erano veramente e portando alla luce tutte le problematiche della
loro età.
Il primo a
parlare fu Nathaniel – Nate per gli amici
–Archibald.
“Quando Jenny
si è suicidata, abbiamo capito che qualcosa non andava. Non
andava in noi, nel
modo in cui vivevamo, nel modo in cui affrontavamo le cose.
Sfondati di
soldi, avevamo tutto, ma mai quello che volevamo davvero:
l’affetto di una
famiglia, l’amore gratuito di qualcuno, anche solo
un’amicizia sincera, ma
abbiamo imparato con il tempo che queste non sono cose che si comprano.
Eravamo
abituati al lusso, alla compravendita di tutto ma non delle persone, ed
ecco
che ci ritrovavamo ogni sera da soli.
E’ nato così
il nostro Non-Judging Breakfast Club, questo gruppo di quattro persone,
adesso
cinque con Dan, che avevano bisogno di una famiglia e di non essere
giudicati
ma compresi.”
Gli altri
annuirono a quelle parole e Blair sospirò prima di
continuare il discorso dell’amico.
“Ognuno con
una problematica diversa, eravamo gli unici che potevano aiutarsi a
vicenda,
gli unici che hanno sempre tramato alle spalle di tutto e tutti,
perfino dei
genitori e della preside, perfino alle spalle di Jenny. Ricordo che io
ero la
sua ispirazione – rise amaramente Blair al pensiero
– se solo avesse saputo che
ero solo una sedicenne bulimica e con problemi di megalomania, troppo
ferita da
chiunque per far avvicinare qualcuno, forse non mi avrebbe neanche
presa ad
esempio.
Eppure lei
aveva fatto di tutto per ottenere la mia amicizia.. Io il valore, il
vero
significato di questa parola, con persone che non
siano loro – indicò i ragazzi nel suo
salotto
– non sapevo neanche cosa fosse. Per me era farsi favori a
vicenda, o meglio,
fami favori per entrare nelle mie grazie.
Non ho mai
fatto entrare Jenny nelle mie grazie solo perché era di
Brooklyn, una ragazzina
con troppi sogni e speranze. In realtà era una
minaccia..”
“Io volevo
farmela quella ragazzina.”
Chuck
interruppe la sua fidanzata che gli lanciò
un’occhiata strana, non che lo
ammoniva, ma triste al pensiero che anche loro potessero essere causa
di quel
suicidio.
“L’avevo
quasi stuprata la prima sera che l’abbordai. Poi
cambiò.. Cambiò per via di
Blair, per piacere di più a Nate, per assomigliare a Serena,
per allontanarsi
dalle sue origini. Cambiò per colpa nostra.
Nessuno
invece si sofferma mai sui veri noi: la bulimica con problemi di
autostima, la
troietta traditrice, senza offesa S., il ragazzo solitario ma con il
talento di
una lingua velenifera, il ragazzo ricco che si ribella alla famiglia ma che non sa bene cosa vuole
fare del suo
futuro e l’alcolista che va a donne per paura di donare il
suo cuore.
E’ passato
un anno dal suicidio di Jenny, noi.. non siamo poi cambiati.”
“Ci siamo
resi conti di come la sua morte è stata quasi una
benedizione per noi. E’
brutto da dire vero? Eppure solo dopo quello ci siamo resi conto
davvero delle
nostre condizioni perché la verità è
che con questo atteggiamento di
superiorità e menefreghismo tendevamo a nascondere i nostri
stessi demoni.
Nasconderli non eliminarli, perché eliminandoli cosa ci
rimaneva? Una carcassa
vuota senza paura e forse anche senza capacità di emozioni
vere.”
“Il punto è
che siamo sempre stati dei disadattati, prigionieri delle nostre stesse
menti!”
Stavolta fu
Dan a interrompere Serena e sospirò, continuando.
“Il punto è
che non sapremo mai la verità sul perché Jenny si
è suicidata, possiamo
incolpare noi stessi, o la sua poca fragilità, o il mondo e
il modo in cui
viviamo. La verità è che un gesto estremo non ha
mai una vera spiegazione all’esterno.
Si possono fare tante supposizioni, eppure nessuno prende mai in
ipotesi la cosa
più semplice: era stanca di vivere. Senza un vero
perché, era stanca e basta.
Neanche io
so con esattezza il perché mia sorella si sia suicidata in
quella vasca, abbia
preso quella lametta e abbia iniziato a dissanguarsi, non lo so. So
solo che si
era allontanata da questo mondo, dalla sua famiglia per ritrovare
sé stessa e
alla fine ha comunque scelto di smettere di vivere.
Il suicidio
è una scelta, non solo una conseguenza a quello che ti
succede attorno. Lei ha
fatto la sua scelta.”
“La nostra
scelta invece è quella di andare avanti e portare alla luce
i problemi dei
ragazzi.”
Nate riprese la parola prima di puntare lo sguardo sui suoi amici, per
cercare
aiuto nel dire qualcosa e subito Chuck venne in soccorso.
“La nostra
scelta è quella di vivere e si aiutare tutti quei ragazzi
che soffrono di
disturbi alimentari, di scarsa autostima, di alcolismo, che hanno
subito
bullismo o che lo fanno agli altri, autolesionisti, giocatori
d’azzardo, che
hanno disturbi ossessivo-compulsivo, vogliono suicidarsi, e ci sono
tanti altri
problemi che nessuno prende mai in considerazione perché..
beh, sono ragazzi perché
dovrebbero farlo?
Lo fanno perché
non hanno vere e proprio guide, perché pur essendo
circondati dalla gente si
sentono soli.”
“Si
impegnano nelle feste, mai in conversazioni intelligenti od originali,
mai a
curarsi degli altri. I ragazzi con problemi li riconosci
perché sono sempre
troppo impegnati a divertirsi, ma mai con le persone. Sono sempre
troppo
impegnati in qualcosa per non pensare
ai
loro veri problemi, a quello che fanno una volta soli.”
Blair lo
sapeva bene quello, era la prima che organizzava mille feste con il
comitato
studentesco e non pur di non rimanere sola in camera sua ed osservare
la porta
del bagno dove vomitava tutto il cibo che era riuscita ad ingerire
durante i
pasti.
“Forse
questo non cambierà molto.. ma dal prossimo anno apriremo
una clinica per tutti
questi ragazzi. Chiediamo solo più attenzione da parte dei
genitori, degli
amici, dei professori. Tenete duro per un anno e poi potrete farvi
curare, non
da medici, ma persone pronte ad ascoltare i vostri problemi e che li
hanno
passati sulla loro pelle.”
Serena era
quasi sull’orlo delle lacrime a pensare cosa ogni giorno si
dovesse affrontare
nell’adolescenza e anche dopo.
“Io ho
pensato di aver ucciso un uomo per quasi due anni della mia vita. Sono
scappata
anziché sfogarmi. Qualcun altro per la pressione si sarebbe
potuto uccidere,
qualcun altro tagliare, ecc.. Non siamo tutti uguali nel farci del
male, nel
cercare di scacciare i nostri demoni, ma tra un anno avrete la
possibilità di
sfogarvi senza farvi del male.”
“Non ci
aspettiamo quasi nulla, probabilmente ci sarà diffidenza
all’inizio, ma non
molleremo, perché è questa la prima cosa che
vogliamo insegnare: lottare,
lottare perfino contro la propria mente che ci dice di lasciarci
andare.
Lottare sempre.”
Daniel
sapeva cosa volesse dire lottare, contro la famiglia per una ragazza
che non
era del suo rango, contro gli amici che aveva tradito con un libro,
contro se
stesso per tutti gli errori che aveva commesso.
Ma questo lo
avrebbe raccontato a qualche ragazzo che si sarebbe presentato
l’anno dopo in
clinica, magari che veniva da Brooklyn proprio come lui.
Si alzò
invece e spense la telecamera, guardando quei quattro ragazzi che erano
i suoi
nemici all’inizio del liceo, che adesso firmavano con lui per
aprire la
clinica, che solo l’anno dopo, avrebbe ospitato
più di 2500 ragazzi.
GirlOnFire’s
Notes.
Non
so bene come mi sia nata l’idea forse da un paio di frasi
riportate qui che mi
hanno dato il via.
Pensavo
di farne un originale, ma alla fine ho scelto di prendere dei ragazzi
che di
problemi ne avevano già parecchi, senza doverne creare di
nuovi.
Ecco
perché ho scritto di Dan, Nate, Serena, Blair e Chuck.
Probabilmente
sarà la prima ed ultima volta che li sfrutterò,
ma sono serviti al loro scopo,
spero.