Libri > I segreti di Nicholas Flamel
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Autore: Porrima Noctuam Tacet433    16/08/2012    6 recensioni
Saga: I Segreti di Nicholas Flamel, l'immortale. Dal testo:
CAP. 1- NICCOLÒ MACHIAVELLI - Era per queste sue capacità che Aton l’aveva scelto tra tanti altri. L’intelligenza, la scaltrezza, l’essere sempre di un passo avanti agli altri, la sua condanna e maledizione…
CAP. 2- BILLY THE KID- La tua esistenza è sempre stata così. Sospesa tra Angeli e Demoni.
CAP 3 - JOHN DEE- Era egocentrico, egoista, superbo, ma non se ne vergognava, sapeva che la sua arroganza l’avrebbe portato esattamente dove voleva arrivare. In cima ad un mondo ospite di una civiltà che non lo avrebbe mai superato.
Genere: Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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John Dee

Sulla cima del mondo, mi fermerò.

 

Il dottor John Dee non era mai stato in grado di sentire la mancanza di una persona. Non l’aveva fatto secoli prima, quando era solo un ragazzo, un adolescente. Aveva scelto il suo destino senza guardarsi indietro, rendendo insoddisfatto suo padre iscrivendosi ad una colta scuola inglese, invece di prodigarsi nel mestiere che la sua famiglia aveva scelto per lui. Non aveva sentito la mancanza del padre quando era morto, o della madre, mentre era impegnato a studiare e ad accrescere la sua cultura. Per decenni, aveva fatto di tutto per non provare malinconia ripensando a Virginia Dare, ed era riuscito a superare anche quell’ostacolo. Perché John Dee era un uomo di ampie ed alte ambizioni, e non aveva tempo di guardarsi alle spalle. Il mondo era una meraviglia da scoprire, la vita stessa era un gioco. Chi arrivava prima, godeva di più privilegi. Chi arriva prima vince il gioco, e sulla terra esistevano persone che non sarebbero mai arrivate dove era arrivato lui. Alcuni segreti sarebbero rimasti tali al mondo intero, e su questo Dee non aveva niente da ridire. Segreti celati al mondo, forse, ma non a lui.  Perché Dee sognava in grande, e gli piaceva pensare che i suoi non fossero solo sogni, era arrivato al punto di definirli “certezze”.

<< Che cosa speri di diventare? Un intellettuale? Non sarai niente di quello che sogni di essere, e avrai solo perso tempo. >>

<< Lo vedrete, padre. Non sono come voi, e la vostra vita non fa per me. >>

Una risata di scherno. John stringe i pugni, e si riempie la testa di giuramenti tra se e se, per il suo futuro.

<< Ah, sì? Perché, sono troppo in basso per te? La mia ambizione è troppo arida? >>

<<  Esatto. >>

Prende un respiro.

<< Smetterete di guardarmi come se avessi il destino già segnato, come se non potessi fare altro, come se non potessi scegliere la mia vita!  Vi sorprenderò, non ho nessuna intenzione di rimanere inchiodato qui! >>

L’uomo serra la mascella. Quando parla di nuovo, la sua voce è come un sibilo.

<< Non mi renderai comunque fiero di te. >>

<< Allora renderò fiero me stesso. >>

Davvero suo padre pensava di convincerlo con quelle parole?

<< John… >> l’uomo lo guarda negli occhi, un avvertimento preoccupato si nasconde nell’espressione impassibile.

<< Non ne avrai mai abbastanza, di conoscenza…. E ti metterai nei guai.  >>

<< Forse… >> inizia il giovane, abbassando lo sguardo e riducendo la voce a un sussurro. Poi, spinto dall’orgoglio e dalla determinazione, rialza la testa di scatto.

<< Forse è quello che voglio! >>

Che cosa avrebbe detto il suo vecchio se avesse saputo che suo figlio era arrivato al punto di sconfiggere la morte, e aveva passato già diverse vite su questa Terra?

L’ambizione, l’arroganza, la presunzione erano profondamente radicati nel suo essere. Sapeva di avere qualcosa di più rispetto agli altri, era speciale, e lo sarebbe diventato sempre di più. La voglia di essere superiore a tutti, e la soddisfazione di riuscirci, lo avevano spinto ad incrementare dentro il suo animo un insaziabile desiderio di conoscenza e potere. La sua determinazione era infinita, perché alla fine, quando vivi per l’eternità, devi trovare qualcosa per cui vale la pena vivere, e per lui poter vedere dall’alto tutto ciò che gli era inferiore era più che sufficiente.

No, John Dee non era mai stato in grado di sentire la mancanza di una persona, perché sapeva pensare solo a se stesso. Era egocentrico, egoista, superbo, ma  non se ne vergognava, sapeva che la sua arroganza l’avrebbe portato esattamente dove voleva arrivare. In cima ad un mondo ospite di una civiltà che non lo avrebbe mai superato.

Nella sua vita non c’era posto per la pietà. Serviva i suoi padroni con devozione e ambizione, e non aveva fatto fatica a scrollarsi di dosso tutti gli scrupoli che fanno parte della natura umana. John Dee era stato umano, ma adesso era qualcosa di più. La pietà impone limiti, Dee non ne aveva e non avrebbe mai voluto averli. Perché la pietà, per i suoi gusti, si guardava troppo alle spalle, e troppe volte distoglieva lo sguardo da quello che davvero contava, il traguardo finale. La vita era un gioco, e se non si gioca bene, si arriva ultimi. Se non si punta a vincere, il gioco perde il suo senso.

John Dee ne era convinto da quando era ragazzo, e allora molte persone ancora dubitavano delle sue capacità. Non sarebbe mai più successo, perché lui aveva dimostrato al mondo quanto valeva, ed era pronto a rifarlo.

Per questo non capiva Machiavelli, che diceva di sentirsi umano e di “ non aver mai dimenticato le sue radici”.  Per quanto potesse essere fuori dal comune, l’italiano era proprio come tutti gli altri. Perché sentirsi umani quando si poteva essere qualcosa al di là di ogni immaginazione? Che cosa ci trovava negli homines di così speciale?

<< Gli homines sono destinati a lasciare il posto ad esseri più potenti di loro, a quelle esistenze che hanno sempre ignorato, che non hanno mai saputo scoprire. Stiamo giocando una partita dove si perde tutto o si vince tutto. E loro non vinceranno mai. Saranno distrutti dalla loro stessa umanità. >>

Machiavelli inclina leggermente la testa, impassibile.

<< Perdere è facile. Vincere non è poi così difficile. Saper perdere, saper lottare, questo è davvero lodevole. Non pensi, dottore? >>

<< La sconfitta è per i deboli. >>

<< Per i deboli o per i pietosi, dottore?  >>

<< Non c’è differenza. >>

John Dee sente bruciare la rabbia dentro il petto, i suoi occhi incendiano il ghigno divertito di Niccolò Machiavelli. La sua aura divampa per un istante, spargendo nell’aria il fetore di uova marce.

<< Che hai da ridere? >>

<< Nessuno ha ancora detto che non si può ridere davanti a situazioni potenzialmente tragiche, John. >>

Il Mago rimane in silenzio, stringe i pugni, a dir poco infastidito, mentre per l’ennesima volta si ritrova a pensare a quanto sia irritante e insopportabile quell’uomo che parla sempre per enigmi. Ma niente di quello che l’italiano ha da dirgli gli importerà mai, in fin dei conti.

John Dee sapeva vedere ben oltre ciò che era visibile. Era anche un idealista, tra le altre cose. Lo era sempre stato, e aveva deciso di impegnarsi più di ogni altro per dimostrare il proprio valore nel momento in cui aveva capito che in molti ridevano dei suoi sogni, dei sogni che all’inizio non erano stati nemmeno molto ambiziosi.

Era come se quel ragazzo apparentemente come tutti gli altri avesse già sentito il peso del futuro che lo aspettava, fin dai quindici anni. Era vero, John Dee era diventato superbo, arrogante, tremendamente ambizioso e di un egoismo radicato, o forse lo era sempre stato. Tutte qualità che la gente considerava profondamente negative e malsane. Alla fine, però, John Dee, il mago, il negromante, sarebbe arrivato più in alto di tutti loro. Questo suo spirito così fuori da ogni schema lo aveva portato agli Oscuri Signori, alla magia, al potere.

E, tempo addietro, lo aveva portato anche davanti  ad un portone di una via parigina, dove tutto era iniziato, e i suoi sogni si erano realizzati.

<<  Nicholas Flamel?  >>

L’uomo gli sorride, benevolo.

<< Sì, sono io. Che cosa posso fare per voi?  >>

John Dee chiuse gli occhi per un istante. Tutto era partito da quel portone, quando ancora il mago non era nessuno. Aveva riesaminato per una vita intera, per diverse vite in realtà, i suoi ricordi, per trovare qualcosa che gli fosse utile a catturare Flamel. Dee era stato capace di fare tutto. Tranne sconfiggere l’ Alchimista. E questo non riusciva ad accettarlo, perché, in fondo al cuore, temeva che suo padre avesse sempre avuto ragione. Tutti hanno paura, non è così? Persino gli Oscuri Signori. La paura, un nemico che Dee non poteva distruggere.

<< Vorrei diventare vostro allievo, signore. >>

Si guardano negli occhi per alcuni istanti, l’azzurro chiarissimo trafigge il grigio pietra. Poi, il corpo magro dell’Alchimista si fa leggermente da parte.

<< Qual è il vostro nome? >>

<< John Dee. >>

<< Entrate. >>

 

Angolino di Rima

Eccomi di nuovo a rompere, miei cari “ due o forse tre” fans di questa saga! Per prima cosa, mi scuso per il titolo, ogni volta trovarne uno adatto e decente è una battaglia senza speranza di successo.

Per tanto tempo sono rimasta incerta se continuare o no la raccolta.  Ora mi sono finalmente decisa * suonano le trombe* ed ecco a voi… John Dee! Questo personaggio è stato forse anche più difficile da mettere su carta di Billy The Kid o Machiavelli,  forse perché non è il mio personaggio preferito. Comunque, volevo scrivere assolutamente qualcosa su di lui, anche se ho cambiato o aggiunto pezzi di storia almeno quaranta volte! (quindi sarò grata in eterno a chi mi farà sapere come sono andata con questa One shot : D)

La voglia di scrivere su questa saga è davvero tanta, ma ho deciso che questa piccolissima raccolta finisce qui. Le altre storie ( perché non ce la faccio a non scriverle : D ), le pubblicherò a parte. Un altro titolo per Eternità potrebbe essere “ antagonisti che hanno affascinato di più Porrima “, per questo ha solo tre capitoli.

Grazie a chi avrà voglia di recensire, o chi semplicemente leggerà questa storia ( lo so, lo dico sempre) !

Ciao!

Rima ; )

 

  
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