In
the night we trust
“Ma
i ragazzi che si amano
Non
ci sono per nessuno
Ed
è la loro ombra soltanto
Che
trema nella notte”
Jacques
Prévert, “Gli Innamorati”.
Si era
nascosta dietro la coltre
del crepuscolo, come una timida fanciulla. Ma ora, imponente signora
della
notte, si era svegliata per far addormentare il mondo, e per fare da
riflettore
alle gesta di quelle due ombre.
Si erano
incontrati, come ogni
plenilunio, ladri di momenti che non appartenevano a nessuno, sguardi
scambiati
dietro un vicolo oscuro, piccolo rifugio da quel mondo fin troppo
popolato.
Entrambi
vestiti col colore di
quelle tenebre spaventose e rassicuranti, si erano cercati con
silenzioso
affanno, ed una volta ritrovati, quasi non sapevano che farsene della
reciproca
presenza.
La distanza
tra loro c’era, un
muro etereo quasi tangibile. Eppure lo vedevano, quel filo rosso che li
intrappolava contro ogni reciproca
volontà. Non importava di chi fosse la colpa, ma non vi era
via di fuga. Nessuna via di fuga. E
nonostante la
titubanza, sapevano come sarebbe andata a finire.
Take
me now, babe, here as I am.
E poi,
invece, il più piccolo tra
i due, quel corpicino fragile e tremante, iniziò ad
avvicinarsi all’altro,
imponente nella sua figura slanciata e magra, quei capelli rossi come
le
fiamme, la libido, il
sangue.
Lui, il
più spaventato, il più
indifeso, aprì la bocca come a voler dire qualcosa, ma da
quelle labbra sottili
non uscì che un gemito sommesso. La paura che lo bloccava
venne strappata via, violentemente,
qualcosa di inutile e non necessario, l’ennesimo ostacolo tra
lui e la
soluzione finale alla sua solitudine. Perché Sora non ne
poteva più. Era stanco
di sopportare ancora, e ancora. Era stanco di osservare le sue mani e
vedere
che erano vuote, gli spazi tra le
sue
dita non colmati, i palmi gelidi perché non scaldati da
quelli di qualcun
altro.
E lo scatto
con cui si gettò tra
le braccia di Axel fu un chiaro segno di quella disperazione che lo
attanagliava, e anche se di norma lui non
poteva provare sentimenti, riuscì a provare
sufficiente empatia per sentire
anche il suo stomaco contorcersi in una morsa e il respiro mozzarsi.
Hold
me close, try to understand.
E le sue
braccia, due dure onde
nere, sottili, iniziarono a far annegare Sora nel calore del suo corpo,
a
fargli sentire per una volta quella sicurezza che nemmeno la sua
stupida chiave
magica poteva donargli.
Perché
il potere non può
abbracciarti nei giorni di pioggia.
Non
può accarezzare con dolcezza
la tua pelle.
Non
può dedicarti il sorriso,
sussurrare al tuo orecchio, raccogliere una tua lacrima.
Il potere
non può dirti “Ti
amo”.
E allora
quel rituale cominciò,
quel sacrificio di cui erano vittime entrambi, quella danza corrotta e
volutamente falsa. Quella notte, nella piena consapevolezza, entrambi
sarebbero
stati qualcosa di diverso l’uno per l’altro, si
sarebbero trasformati in ciò
che l’altro voleva, avrebbero risposto a nomi differenti.
Tutto,
qualsiasi cosa, anche la
più meschina delle messinscene poteva servire per aiutare
entrambi a scappare
da quella miserabile condizione.
Desire
is hunger, is the fire I breathe.
Sora
iniziò a percepirlo, il
respiro di Axel. Gli era diventato così familiare che gli
provocava quasi il
panico non sentirlo, anche nei momenti di calma assoluta, accovacciato
nel suo
letto.
E Axel
percepì ogni singolo
movimento del corpo di Sora, ogni brivido che le sue labbra riuscivano
a
procurargli. Un sottile gemito fiorì dalle sue labbra
morbide, udibile
abbastanza da risvegliare quella fame del felino che era, un cacciatore
ormai
senza preda, un predatore fallito.
E le mani di
Axel iniziarono ad
avere una fame tremenda, che solo la pelle di Sora poteva saziare.
Fu proprio
per questo che le dita
sottili si azzardarono a trafficare con quella volgare stoffa che aveva
la
pretesa di coprire quel corpicino ancora immaturo, che profumava ancora
di
innocenza, quell’innocenza che non importava quanto provasse,
Axel non riusciva
ad agguantare. Perché
non gli apparteneva.
Love
is a banquet on which we feed.
Ma Sora
glielo lasciava fare,
come sempre. Era il prezzo da pagare per poter chiudere gli occhi e
fingere che
quelle carezze fossero di qualcun altro. Non doveva far altro che
pretendere di
avere quella personalità che non sentiva sua, nonostante il
mondo intero glielo
ripetesse in continuazione. Siete la
stessa cosa.
E quella
reciproca fame non
veniva affatto saziata, ma cresceva in maniera incontrollata,
finchè i loro corpi
non iniziarono ad urlare per la frustrazione, le loro pelli che
cercavano ad
ogni modo un contatto prolungato, per alimentare quella fiamma, e
trasformarla
in un incendio.
Avrebbero
compiuto quella
missione, lo dovevano a loro stessi.
L’uno
la puttana dell’altro, si
distesero sulla terra cruda e fredda.
Come
on now, try and understand the way I feel when
I’m in your hand.
E il corpo
di Sora iniziò a
trasformarsi, non era più uno strumento per la salvezza dei
mondi.
Era tornato
quello che era, una
scultura di carne, sangue e desiderio, trasmutata dalle abili mani di
Axel, che
a sua volta smetteva di vestire i panni del semplice coltello affilato
per uno
scopo ben più nobile.
Nessuno
dei due avrebbe sofferto, quella notte.
Sancirono
quella loro personalissima,
blasfema benedizione con l’ennesimo bacio, rubandosi
reciprocamente particelle
di anime distanti.
Take
my hand, come undercover.
La voce di
Sora intonò un
delizioso canto che aveva il suono del nome di Axel.
Note
discordanti scandite da
gemiti e respiri troppo corti, mentre le dita sottili delle fiamme
danzanti si
accingevano a bruciarlo del tutto, completamente.
Ma lui non
l’avrebbe ferito, al
contrario. L’avrebbe protetto.
Perché
Axel sapeva cosa voleva
dire servire gli altri e perdere ciò che si ha di
più caro.
They
can’t hurt you now, can’t hurt you now,
can’t
hurt you now…
Nonostante
gli occhi di Sora
iniziassero ad urlare qualcosa di rabbioso verso Axel, qualcosa del
tipo Perché non sei lui?, Axel
iniziò a
sentirsi appagato da quelle adorabili reazioni. Altri tremolii, altre
carezze
incerte, altri respiri abortiti e sospiri affamati.
E Sora
pianse, pianse perché non
poteva essere ferito, certo. Ma a proteggerlo non c’era chi
voleva ci fosse.
Ma quella
finzione non stava
affatto perdendo di significato, pensò, mentre lo sguardo
ceruleo si posava
sulla pelle candida di Axel, perdendosi volutamente sui lineamenti
spigolosi,
decisi, eccitanti.
Ma
non erano i suoi.
Per quella
notte, un’altra notte, si
sarebbe accontentato.
Perché
l’eccitazione saliva, e
gli affollava la mente con così tante sensazioni discordanti
che Sora non aveva
il tempo per curarsi del vuoto che lo annichiliva.
Because
the night belongs to lovers, because the night
belongs to lust.
Un terrore
sconosciuto si
impossessò del giovane tra le braccia abili di Axel. Stava
accadendo di nuovo.
Il velenoso
sapore di Axel aveva
ucciso il suo autocontrollo.
Come
spiegare allora quei
movimenti ora non più incerti, quella decisa voglia di
sentire ancora di più…sentire…non
sapeva cosa…era senza dubbio qualcosa che Axel sapeva
offrirgli, ma che non
voleva da lui.
Axel non era
bello, in quel
momento. Con la luce della luna a creare soffusi giochi di luci e ombre
su
quell’aspetto stravagante, Axel era perfetto.
Era
desiderio puro, era la
momentanea risposta alle sue temporanee richieste.
Era un
angelo della lussuria che
lo avrebbe condotto nel più dolce dei peccati, era il
demonio che l’avrebbe
salvato da dannazione certa.
Era Axel, e
non lo era.
E per un
secondo si rammaricò che
non fosse suo.
Love
is an angel disguised as lust
…ma
ancora, non era lui quello
che nei suoi sogni appariva, col sadico intento di tormentarlo
più di quanto
non facesse già il resto del mondo.
Non era
quello il cui nome
rispondeva ai suoi silenzi malinconici.
E Axel, Axel
cosa aveva da dire a
riguardo?
Nulla,
perché la sua mente era
già annebbiata da fantasie traditrici sul corpo di Sora.
E ora, ora
non era più Sora.
Quel dorato
bagliore che il Keyblade
Wielder emanava, quell’aura che riusciva ad incantare chiunque avesse avuto la fortuna di
incontrarlo, lo accecò.
Axel
riusciva a
sentire qualcosa, mentre violava i suoi desideri più intimi,
mentre faceva
sobbalzare quel gemente angelo dagli occhi azzurri sfiorando quei punti
che gli ricordavano
che anche lui era un
essere umano.
…until
the morning comes…
Sora non
sapeva
se sarebbe riuscito a sopportarlo. Si sentiva sporco a concedersi a
qualcuno
che non faceva parte dei battiti del suo cuore, a qualcuno che non
affollava la
sua giovane mente mentre si sfiorava in silenzio nella solitudine del
suo
letto.
E proprio
questo
suo sentirsi corrotto lo faceva stare bene. Poteva ancora sentire,
anche se lui
non era lì.
E forse
sarebbe
impazzito per tutta la notte, avrebbe ritrovato la solita
sanità, sarebbe
ritornato innocente solo quando il sole lo avrebbe guardato quasi con
disprezzo, ricordandogli chi era e quale fosse la sua missione.
Ma ora la
luna
glielo concedeva. Impazzisci, Sora. Gemi
tra le sue braccia. Urla il suo nome, chiedigli di farti venire.
Non si fece
pregare ancora.
Come
on
now try and understand, the way I feel under your command
Axel lo
sovrastava, verissimo, ma era Sora a condurre il gioco.
Era il suo
respiro che accelerava o decelerava a segnalargli i punti in cui doveva
toccarlo,
erano le sue sottili preghiere ad indurlo ad avvolgergli il sesso nella
calda
trappola che era la sua bocca.
Era il suo
odore
ad intossicarlo come eroina.
Se Sora
voleva di
più, Axel avrebbe dato di più.
Perché
era sotto
l’incantesimo di quel blu ora non più innocente,
quel blu che gli ricordava
così tanto lui.
E Sora lo
aveva
clementemente perdonato quando, dopo averlo condotto verso il suicidio
della
ragione, Axel gli aveva sussurrato Ti
voglio, Roxas.
In fin dei
conti,
che diritto aveva lui di biasimarlo?
Anche lui,
quando
chiudeva gli occhi, vedeva i peculiari capelli di Axel trasformarsi in
una
pioggia argentea, vedeva i suoi occhi color smeraldo diventare due
stelle
azzurre.
Lui
aveva visto Riku su di sé, mentre l’orgasmo lo
aggrediva.
E
così, ancora
languido glielo concesse. Prendimi. Te lo
sei meritato.
Axel non era
tipo
da resistere a quei richiami.
With
doubt the vicious circle turn and burns…
Faceva
dannatamente male, ma era bellissimo. Non
smettere ti prego.
Piacere,
dolore,
gioia, sofferenza. Era disposto a provare tutto, purchè non
pensasse a lui.
Era
diventato la
sua affamata troietta, ma Axel era schiavo dei suoi bisogni.
Chi stava
dominando chi?
Nel riflesso
delle loro menti, Riku e Roxas si stavano stringendo, accarezzando, distruggendo fino all’apice.
Su quella
strada,
semplicemente, Axel e Sora stavano scopando.
Almeno,
così
sarebbe sembrato al primo estraneo che sarebbe passato di lì
e li avrebbe
visti.
Ma in
realtà,
loro due stavano creando, artisti di un mondo fantastico fatto di sesso
e
sofferenza.
I
believe
it's time, too real to feel, so touch me now, touch me now, touch me
now…
Sora
continuava a
sussurrare il suo nome, scuotendolo come un terremoto, l’eccitazione
stava diventando insopportabile per
il povero Axel, che percepiva quei suoni sulla sua pelle come frustate.
Ma non
voleva che smettesse. Sora lo stava guidando, gli stava indicando la
giusta via
verso quel piacere negatogli da troppo tempo.
Avrebbe
vissuto
per sempre sotto l’incantesimo di quella voce.
Non voleva
arrivare, ma allo stesso tempo, ne aveva bisogno.
E Sora
ancora una
volta era la chiave.
Verso il
delirio
dei sensi, verso la fuga.
Sora in quel
momento fingeva di appartenergli, e lui fingeva di possederlo.
Ti
prendo in prestito, solo per un po’.
E
poi ti getterò via, perché tu non sei
lui…
E se ad
entrambi
stava bene, cosa importava davvero?
Ancora, di
più.
Non
smettere.
Riku,
stringimi…
Roxas,
guardami…
Non mancava
nulla, finalmente.
Riuscirono
entrambi a vedere la loro isola smarrita, ad afferrare
l’illusione che
credevano perduta…
Mentre
veniva,
Sora stava baciando Riku, e Axel stava provando l’appagamento
di un orgasmo donatogli
da Roxas.
Tutto era
perfetto, finalmente. Nessuno dei due era più solo.
Quella
meravigliosa
quanto inconcludente recita li aveva finalmente resi completi.
-A…Axel…-
sussurrò Sora, con gli occhi languidi, lucidi, ladri di
un’attenzione che non
avevano nemmeno il diritto di richiedere.
Axel lo
fissò,
altrettanto scosso da quel vortice che lo aveva intrappolato. Per la
prima
volta, da quando avevano cominciato, riuscì a vedere Sora.
-Dimmi…-
sussurrò, la voce virile trasformata in una zuccherosa
brezza.
Sora prese
un
lungo respiro, prima di parlare, prima di infilare un’altra
chiave nella serratura
e sganciare l’ennesimo lucchetto della catena che li teneva
uniti.
-Ancora,
Axel…-
Gli occhi
smeraldini lo fissarono ancora una volta, le labbra dischiuse, il
battito
ancora irregolare.
Osservò
il cielo,
diede un rapido sguardo alla signora Luna. Alla dea di quelle loro
notti. Le
chiese quasi il permesso, possiamo?
Nessuna
risposta.
Lì, lontana. Fredda spettatrice.
Amabile
complice.
Ti
godi lo spettacolo, eh?
Axel si
chinò su
di lui, per cibarsi ancora di quel veleno, per accontentare i capricci
di quel
bambino voglioso tra le sue braccia.
-Stringimi
ancora, Axel…non smettere…
…finchè
l’incendio del nostro dolore non ci consumerà del
tutto.
Because
tonight there are two lovers
if we believe in the night we trust.
Note
dell’autrice:
“Because
the
night” di Patti Smith ha ispirato questa One-shot, e i versi
di questa
meravigliosa canzone hanno adornato quest’insignificante
accozzaglia di parole.
Quella canzone è desiderio puro, di una
sensualità sconcertante. Vi chiedo di
ascoltarla, se non la conoscete…
E’
la prima volta
che scrivo qualcosa di vagamente maturo. Perdonatemi se non
è buono, e…
Metto il
rating
rosso giusto per sicurezza, che dite?
Mi
importerebbe
sapere cosa ne pensate, ma per me è già tanto se
avete aperto questa storia…
Grazie
mille,
significa molto per me.
Bloody Road.