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Autore: Wrong_And_Right    18/08/2012    4 recensioni
Questa è la storia di una Directioner.
Questa è la storia di una ragazza con una vita difficile.
Questa è la storia di un ragazzo che potrebbe riportarle il sorriso sul volto.
Questa è la storia di Eloise, conosciuta anche come Hope, che ha trovato il suo futuro grazie alle sue parole.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1.

<< Signorina Lenter, vieni qui un attimo >>, mi apostròfò Mr. Holmes subito dopo il suono della campanella. Mi fermai sulla porta della classe, chiedendomi che cosa ancora mi costringesse a rimanere in quel posto quando non desideravo altro che andarmene.
<< Sì, professor Holmes? >>, chiesi titubante, avvicinandomi a testa bassa alla cattedra.
<< Come sta tuo padre, Eloise? >>, mi domandò. L’anziano professore, alzò i suoi occhi grigi verso di me e quello che vidi mi fece inorridire: pietà, nient’altro che pietà. Quella stessa pietà che nella mia vita non avevo mai chiesto né cercato.
<< Lui sta… molto meglio. L’hanno operato mercoledì ed è guarito completamente, adesso deve solo chiudersi la ferita. Lo dimetteranno dall’ospedale oggi, o domani al massimo >>, risposi, arrendendomi all’idea che ormai tutta la scuola sapeva quello che era successo. Era la prima volta, da quando ero arrivata a Londra l’anno precedente, che tanti miei coetanei mi rivolgevano la parola. Non ero mai stata una ragazza loquace e in quel periodo lo ero meno che mai.
<< Se hai bisogno di qualcosa, se non riesci a stare al passo con i compiti o hai bisogno di assentarti qualche giorno, devi solo dirlo, ok? Sei una brava studentessa e stai attraversando un momento difficile, vorrei che riservassi più tempo alla tua famiglia >>.
<< La ringrazio professore. Adesso devo andare, scusi tanto >>.
<< Aspetta, Eloise… >>, non sentii quello che il professore stava dicendo. Mi allontanai in fretta dalla classe, dai miei compagni che mi guardavano con sguardi ricchi di compassione, dai corridoi affollati di gente che non conoscevo e non sopportavo.
Uscii dal liceo che frequentavo alla periferia di Londra e accesi il cellulare.
Quando vidi la letterina in alto sullo schermo, pregai che il messaggio fosse di mio fratello.
 
Papà sta bene, lo porto a casa stasera.
Buon lavoro, sorellina
Nath x
 
Nathan era mio fratello maggiore. Alto, capelli scuri e occhi di ghiaccio, rappresentava i sogni proibiti di decine di ragazze, ma per me era semplicemente il mio Nath, l’unico con cui potessi parlare liberamente. Peccato che fosse a Londra di rado: lavorava per una qualche agenzia a Dublino e se in quel momento era a casa era solo perché nostro padre era malato. Nostra madre… sinceramente non so cosa le sia successo, so solo che non la vedo da quando avevo sei mesi.
Chiusi il cellulare e lo infilai nello zaino, mentre mi incamminavo verso la fermata della metropolitana, seguendo la folla. Sentivo attorno a me le risate della gente, gli scherzi e le battutacce che solo chi era appena entrato nell’adolescenza poteva fare. Gli studenti passeggiavano in gruppo, prendendo di mira chi, come me, stava da solo.
<< Ehi, ma tu non hai amici? Come fai a stare sempre da sola? Sei sempre stata così, o lo sei diventata quest’anno?>>, gridava un ragazzo alle mie spalle, suscitando le risa degli altri. O sghignazzi, più che risa.
C’era chi riceveva scherzi che lo ferivano molto di meno, ma comunque diventava rosso e tentava una risposta. Qualcuno, non io. Ormai non ascoltavo più quelle persone, avevo imparato a ignorare tutto quello che dicevano e a farmi gli affari miei. Non ero mai stata popolare, in nessuna delle scuole in cui ero andata. Non ero una ragazza che si potesse definire bella: avevo degli anonimi capelli castani e un paio di occhi color nebbia. Non ero nemmeno una che faceva amicizia con facilità; l’unica persona che potessi davvero definire amica abitava in Italia e la sentivo solo tramite Skype. Nonostante tutto, non potevo dire che avessi voglia di fare amicizia con quel branco di animali da zoo.
Per far capire bene a tutti che le loro parole non mi interessavano, infilai le cuffie del cellulare nelle orecchie e cominciai ad ascoltare la musica.
 
You need me, man, I don’t need you.
You need me, man I don’t need you.
You need me, man, I don’t need you, at all.
 
Conoscete Ed Sheeran? È un genio assoluto e le sue canzoni mi facevano sentire bene. Certo non quanto quelle di…
<< Oh mio Dio >>, strillò una ragazzina alla mia sinistra, indicando un cartellone che occupava tutta la parete della stazione della metro.
<< I One Direction faranno un concerto qui. I miei mi compreranno sicuramente un biglietto, sanno quanto sono importanti per me >>, continuò. Le sue urla probabilmente stavano raggiungendo la frequenza del verso di un delfino o, meno carino, di un fischietto per cani.
Mi allontanai da lei e mi fiondai nel primo vagone che trovai con un po’ di posto. Il mio morale, come avrete capito, non era alle stelle.
I miei idoli avrebbero fatto un altro concerto lì e io, come al solito, non sarei potuta andare. I biglietti costavano troppo e io non avrei avuto nemmeno il tempo. Non con mio padre malato e mio fratello che presto sarebbe ripartito per l’Irlanda.
Il treno si fermò sferragliando proprio sotto la City e l’ si svuotò quasi del tutto. Anch’io scesi, seguendo la massa, ma invece che a pranzo in un ristorante italiano o in un appartamento di lusso, mi diressi verso il negozio in cui tutte le ragazzine volevano lavorare e fare shopping. Avete presente l’Accessorize? Quel negozio tutto rosa, pieno di foto di Londra e di cappellini che si vedono sempre in testa alle star.
<< Ciao, Eloise, tutto bene? >>, mi chiese il mio capo, una donna sui trent’anni che gestiva il negozio quasi completamente da sola, se non si contavano le poche ore alla settimana in cui veniva aiutata da adolescenti che volevano guadagnare un po’ di soldi. Già, io ero tra queste.
<< Tutto bene, Katrina, grazie >>.
<< Senti, El, ho chiamato Diana per sostituirti oggi. Forse è meglio che ti prendi una pausa finchè tuo padre non starà meglio >>, disse. << Non preoccuparti per i soldi, ti pagherò lo stesso >>, aggiunse, quando vide che stavo per ribattere.
<< Grazie mille, Katrina >>, risposi dopo un attimo di incertezza. Avevo un sacco di compiti da fare e un po’ di tempo libero non mi avrebbe fatto che bene. Non ero proprio nella disposizione d’animo adatta per sorridere per due ore alle ragazzine, mentre magari queste discutevano su chi fosse il più carino tra i One Direction. A proposito, erano tutti e cinque, anche se non potevo nascondere una predilezione per i ricci di Harry.
Vi starete chiedendo come una ragazza come me, che sembrava più un tipo da Metal, ascoltasse proprio quei cinque bravi ragazzi inglesi. Beh, avete mai sentito nella vostra vita il bisogno di trovare qualcosa che vi facesse sentire vivi e…diversi? Io sì e avevo trovato questo qualcosa in loro.
<< A presto >>, salutai uscendo dal negozio.
Andai di corsa alla fermata del bus e presi il primo che portava nelle vicinanze di casa mia: non avevo voglia di infilarmi di nuovo nella massa di studenti londinesi che prendevano la metro solo per vantarsi del fatto che nella loro città ce ne fosse una. Quando vivevo nel Cheshire non avevo mai avuto problemi viaggiando con i cari vecchi bus.
<< Oh, ciao, Eloise. Come sta tuo padre? >>, chiese la mia vecchia vicina di casa mentre frugavo nella borsa per trovare le chiavi.
<< Sta molto meglio, grazie signora Jones >>, risposi un attimo prima di chudermi la porta alle spalle.
Mi preparai qualcosa da mangiare e cominciai subito a fare i compiti, con l’obbiettivo di finire quelli per tutta la settimana e prepararmi ai giorni seguenti, che non sarebbero stati per niente facili. Alla fine potei dirmi abbastanza soddisfatta e finalmente accendere il mio amato comp
uter.
Il file della sera prima era ancora aperto, ricordandomi che dovevo scrivere l’ultima parola.
Fine, digitai sulla tastiera, chiudendo, probabilmente per sempre, quella storia che mi aveva tenuto compagnia nelle ultime sere.
Senza un ultimo sguardo alla cartella che conteneva tutti i miei racconti, aprii il mio profilo Twitter e scrissi qualche frase, di quelle che mi venivano in mente al momento, a seconda della situazione.
Poi, tanto per passare il tempo, cominciai a scorrere la mia timeline, fino a chè non notai una frase che mi colpì.
Certe volte avere un’identità segreta è necessario quanto respirare.
Quanto potevo essere d’accordo con quel ragazzo. Era per quello che ero su Twitter, per essere qualcun altro, per scrivere ciò che pensavo senza venir giudicata. Per vivere un’altra vita.
Guardai il profilo del ragazzo che aveva scritto quelle parole: Jace_Black e, accanto, “ti segue”. Non mi ero accorta che fosse tra i miei follower. Lo seguii subito, ma, un attimo prima che cominciassi a guardare i suoi Tweet, sentii la porta di casa che si apriva.
<< Eloise, sono a casa >>.
 
 
Beh, che posso dire?! Sono di nuovo io, ma con una nuova storia. Come avete visto, la nostra Eloise è una Directioner con una vita, familiare e non solo, un po’ complicata. Presto però succederà qualcosa che farà tornare il sorriso sul suo volto. Non dico altro, aggiungo solo che spero che questa storia vi piaccia e vi chiedo di lasciare una recensione, anche piccolina.
Ci vediamo al prossimo capitolo,
Eli ^_^
P.s. per chi avesse letto l’altra mia ff, anche Eloise come Alma vorrebbe tanto diventare una scrittrice. Già, entrambe sono un po’ me, credo che più o meno ogni mia protagonista sia così.
Ciao

   
 
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