Settimo Capitolo: Amici per Sempre
Quando seppi dell’Assassino
Ricattatore da Fill…
Andai
in ufficio dove lì, mi aspettava il capo.
“Ho
sentito tutto il discorso, puoi anche non badare a quelle persone e lasciare il
cas-“
“Mai!”
risposi subito io urlando.
“Capo,
mi scusi, non so cosa mi succeda, un attimo solo, per favore.” Poi mi diedi
degli schiaffi in faccia: “Ora va tutto bene” dissi sorridendo.
Poi
presi il telefono e cominciai a chiamare i rinforzi per proteggere Fil e sua sorella
mentre il mio capo mi parlava sopra dicendo “Jane, non sei costretta a farlo,
guarda, stai tremando.”
In
effetti è vero. Stavo veramente tremando.
Blood
è uno dei più spietati assassini di tutto il mondo, il secondo credo. Come
faremo a prenderlo con le mani in sacco, non lo sapevo.
“Sarò
io stessa a proteggerli: starò sempre con loro anche di giorno, e di notte,
sarò come una sorella, cambierò nome, ma solo per questa indagine così che
Blood non sospetti niente. Sarò la sorella più piccola che è andata in collegio
per degli anni. Fate ora dei finti documenti, per favore. Intanto vado da Fill
e gli spiego il programma, sua sorella sarà scagionata e le racconteremo tutto,
ogni singolo dettaglio: deve sapere cosa sta succedendo, soprattutto, perché riguarda
lei. Capo, non provi a fermarmi.”
Il
capo mi guardò stupito, poi mi sorrise: “Sei sempre la solita Sun…”
Cominciai
ad uscire dalla porta dell’ufficio.
“Chiami
il signor Jonson per nome, è successo qualcosa fra voi due?”
Io
poi, arrossii e urlai: “ASSOLUTAMENTE NIENTE, CAPO!”
Poi
ritornai normale.
“Scusi
di nuovo, sono un po’ strana in questi giorni, arrivederci!”
Poi
uscì dalla porta salutando.
Ero
spaventata ma non facevo conto della paura di Blood, ma, piuttosto, che una
famiglia possa essere infelice: questo è il mio vero scopo, per questo ho fatto
la detective!
~~~~~~
Il
sole batteva forte mentre stavo mangiando un gelato con Fill e sua sorella;
eravamo come una famiglia da una settimana, non accennavamo neanche una volta
il caso e ci divertivamo, come se fossi veramente loro sorella.
All’inizio
Fill non la prese bene, anzi, cominciò a protestare dicendo che non voleva
essere controllato ventiquattro ore al giorno.
Al
contrario sua sorella, quando le raccontai tutto, mi abbracciò forte e mi ringraziò:
dopotutto, è colpa sua se sto indagando su questo caso.
Mi
piacque interpretare il ruolo di sorella minore, era praticamente il sogno
della mia vita vivere una vita normale, avere amici e stare con delle persone
che ti vogliano bene; questo, però, è tutto quello che mi immaginavo, prima o
poi me ne sarei andata da quella famiglia, quindi cercai di non affezionarmi
troppo.
Quando
un giorno mi svegliai in camera mia come ogni mattina, andai in salotto e…
orrore.
Vidi
un corpo sconosciuto per terra da cui traboccava sangue e sulla scena del
crimine c’era anche un’altra persona, con i capelli rossi e corti, col viso
femminile e le mani con del sangue che gocciolava sul pavimento.
Il
volto della ragazza si girò notando una presenza che potesse rovinare il suo
piano.
Era
Susie.
Rimasi
paralizzata per un attimo poi mi ripresi e cercai di tirare fuori la pistola
dal pigiama ma la signora Jonson mi fermò puntandomi una pistola che
nell’attimo si era tirata fuori da una tasca dei pantaloni.
“Se
provi soltanto a muoverti di un altro passo ti uccido.”
Mi
si avvicinò lentamente mentre caricava la pistola.
Il
cuore mi batteva forte.
Eccola
davanti a me, solo dieci centimetri ci distanziavano.
Mi
puntò la pistola alla testa.
“Cosa
intendi fare? Spifferare a tutti chi sono realmente o stare zitta zitta per poi
quando hai tempo chiamare i rinforzi? In tutti e due i casi muori.”
Quel
momento di terrore svanì.
Un
sorrisetto mi si stampò sul viso.
“Grazie
per avermi fatto ricordare una cosa”
La
ragazza mi guardò con faccia interrogativa.
Mi
misi a ridere.
“Per
tua informazione…”
Le
diedi un calcio sul mento e mi allontanai tirando fuori la pistola.
Lei
cercò di sparami ma io schivai tutti i suoi colpi.
“…sono
una detective…”
Sparai
due colpi che la sfiorarono e la distrai, in quei pochissimi secondi corsi
dietro di lei e le puntai la
pistola dietro la schiena.
“…e
non sono sola.”
Da
fuori la porta si sentivano dei calci forti e violenti e l’oggetto si spaccò
lasciando entrare tantissime persone armate.
“Getti
l’arma a terra e metta le mani dietro la testa!”
Urlò
uno di loro puntandole un fucile insieme agli altri.
La
ragazza ubbidì, un uomo armato la perquisì e infine se ne andarono portandosela
dietro puntandole continuamente le pistole.
Presi
il cellulare.
“Ospedale?
Venite subito in via Millefoglie n° 198 è questione di vita o di morte!”
E
chiusi la telefonata guardando il cadavere meravigliata.
Era
la sorella di Fill!
Ma
com’è possibile?! Era quella di prima la sorella!
Pensai
per un po’.
Ed
ecco l’illuminazione.
“Ovvio!
Chirurgia plastica!” Esultai.
Guardando
bene il viso della vittima e notando pure che Susie Jane aveva una voglia dalla
nascita sul braccio e l’assassino non l’aveva e la vittima sì sembra che sia la
signorina Jane quella che sta morendo.
“Un
attimo, Susie sta morendo?!”
In
quel momento Fill arrivò un po’ assonnato (in pigiama ovviamente) e chiese cosa
stava succedendo; io non risposi e riamasi lì a pensare e guardare il corpo ormai
praticamente cadavere finchè non si avvicinò Fill per vedere cosa mi teneva
attenta.
Vide
il corpo di sua sorella e non reagì, si morse solo il labbro.
“Ora
arriva l’ambulanza” informai io il fratello della vittima rassicurandolo anche
se ormai ogni speranza era perduta.
Le
palpebre della sorella si aprirono e Fill si piegò subito per vedere cosa
voleva dire.
“Nick….
Blood si è… travestito… ha fatto finta di essere me per far credere che fossi
io l’assassino e… se non fosse stato per Jane mi avrebbe cambiato viso
facendomi avere il suo…” disse Susie Jonson a suo fratello e nell’ultima frase
mi guardò.
Finalmente
arrivò l’ambulanza e la portarono in ospedale dove ci fu una grande attesa e in
quei minuti io e Fill ci parlammo.
“Andrà
tutto bene, tranquillo” dissi io sicura che era una bugia quel che dicevo.
“Grazie
per mia sorella.” Mi disse lui in tono freddo.
“Sai,
non è niente per noi detective…” guardai Fill senza prestare attenzione a
quello che dicevo veramente.
Lui
si buttò fra le mie braccia.
“Se
lei se ne andrà, chi starà con me?”
Mi
scese una lacrima dall’occhio che arrivò sulla spalla di Fill.
Gli
accarezzai i capelli e confermai sincera.
“Io”