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Autore: Halley Silver Comet    21/08/2012    7 recensioni
E, invece, proprio in quel momento, Ayame incespicò in una piega della stuoia che copriva il pavimento - guarda caso l’unica presente in venti metri di stoffa - e cadde dal palco con ancora in mano la ben nota scatola di coccarde, finendo dritta dritta tra le braccia - tutt’altro che deboli o rammollite - di Falcon, il quale sembrava che si fosse piazzato lì sotto apposta.
«Ed è così che vuoi strabiliare il tuo pubblico?» la canzonò il ragazzo, ridendo di cuore. «Precipitando in maniera maldestra sui poveri e ignari spettatori della platea?»
Come diavolo aveva fatto a percorrere cinque file di poltrone in meno di tre secondi, come se avesse ancora a disposizione la sua Power Stone per la metamorfosi? Impossibile! L’unica spiegazione plausibile era la seguente: quell’idiota doveva aver previsto che sarebbe caduta e quindi aveva giocato d’anticipo per afferrarla al volo e deriderla fino alla nausea.

[N.B. La storia prende spunto dalle vicende dell'anime]
[ Personaggi: Ayame, Edward Falcon ]
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Magie d'Acqua e Fiori di Ciliegio












Ancora qualche piccolo accorgimento e la sua esibizione sarebbe stata perfetta.
Ayame sperava che funzionasse, non aveva mai tentato nulla di così ambizioso e nemmeno di così complesso: combinare insieme i fiori di ciliegio e le fontane d’acqua, le sue due specialità d’esibizione, avrebbe potuto dare al suo spettacolo quella carica di innovazione che cercava da tanto tempo. D’altra parte, viaggiando di continuo da una terra all’altra, ogni tanto il repertorio andava aggiornato, soprattutto quando si tornava per la decima volta nello stesso posto.
Il nonno della fanciulla, fedelissimo allo spettacolo originale, non aveva subito accolto molto bene la proposta, ma per fortuna suo fratello Kikuno l’aveva appoggiata, aiutandola infine a spuntarla.
La ragazza terminò la piroetta e richiuse i due ventagli che stava muovendo con grazia, arrestando i getti dell’acqua. Nel frattempo, gli ultimi petali di fiori di ciliegio stavano planando dolcemente in terra. Aprì la mano e lasciò che qualcuno si posasse sul suo palmo aperto.
Avrebbe voluto che chiunque avesse avuto occasione di vedere il suo nuovo spettacolo non se ne pentisse; si era così impegnata per la piena riuscita del tutto...
Lanciò in aria quei pochi petali rosati che aveva preso e rimase a guardarli, incantata, mentre riprendevano la loro discesa verso il pavimento.
Anche a lui piaceva molto il numero con i fiori di ciliegio.
Anzi, ad essere onesti, c’erano solo due momenti del suo spettacolo, nei quali Ayame era certa che un certo giovane aviatore la guardasse con decisa ammirazione: quando suonava sotto quella cascata floreale e quando si esibiva con le sue fontane d’acqua danzante.
Erano quelli gli attimi in cui si sentiva bella, si dimenticava di avere solo sedici anni - a dirla tutta quasi diciassette - e faceva finta di non essere solamente la più piccola di una compagnia di artisti girovaghi, seppur abili ninja. La sua presenza la intimidiva e imbarazzava, ma nello stesso momento la spronava a dare il massimo.
La fanciulla cominciò a rimettere a posto l’attrezzatura di scena superflua, riordinandola per lo spettacolo dell’indomani.
Ormai, era trascorso quasi un anno da quando le sette Power Stone erano state riunite e di nuovo liberate, la Light Stone aveva sconfitto Valgas e la pace era tornata in tutte le terre del mondo. Quella bizzarra ma entusiasmante avventura aveva concesso ad Ayame l’occasione di conoscere tante persone, di stringere tante amicizie e, soprattutto, di conoscere la persona che era diventata, poco a poco, la sua croce e la sua delizia: Edward Falcon.
Oh... Oh, no! L’aveva nominato! Le guance della fanciulla si imporporarono all’istante, come accadeva puntualmente quando rompeva il tabù di non nominare Falcon, poiché sapeva molto bene quanto la sola idea di lui riuscisse a monopolizzarle la mente per ore e ore. Chissà dove si trovava in quel momento...
Ma perché non poteva far a meno di pensarlo diverse volte al giorno e di chiedersi dove fosse o cosa stesse facendo?
Ayame sapeva per certo che il giovane aveva intrapreso un nuovo viaggio, con lo scopo di migliorare nella lotta - sport nel quale per altro eccelleva -, di conoscere cose nuove, di affrontare avventure ogni giorno diverse.
Talvolta, capitava che i due giovani si rincontrassero, nel corso dei rispettivi vagabondaggi in lungo e in largo e, in quelle occasioni, Falcon non aveva mai rifiutato un invito di lei ad uno degli spettacoli che metteva in scena, viceversa, la ragazza si era prestata volentieri ad andarlo ad assistere ai suoi incontri di pugilato.
Era andata a vederlo tante volte: soffriva ogni qualvolta gli tirassero un gancio ben assestato e gioiva quando riusciva a mettere a tappeto l’avversario. E dopo averlo aspettato sul retro, gli saltava in braccio per congratularsi, come una bambina piccola. Poiché era questo che si sentiva, nel momento in cui Falcon ricambiava il suo abbraccio: il peso di quei cinque anni che li dividevano, che facevano di lui un uomo e di lei una ragazzina, precipitava sulla povera artista come una pioggia di enormi e pesanti macigni.
Si fermò, lasciando che le braccia con le quali stava sorreggendo le clavette le ricadessero lungo i fianchi. Quegli sciocchi che dicevano che a sedici anni non si potesse soffrire per amore, evidentemente, non dovevano mai stati innamorati in vita loro. La ragazza, all’inizio della vicenda, aveva creduto di essersi presa una semplice cotta adolescenziale per quell’aitante e prestante giovane, tuttavia, con il tempo, si era resa conto che il sentimento che provava per lui non solo si era evoluto ma addirittura rafforzato. E di questo Falcon non si era mai accorto, come aveva dato sempre per scontato il fatto che anche Ayame avesse ottenuto e governato con maestria una Power Stone, nonostante la giovane età. Già, troppo impegnato a lasciare che tra i suoi pensieri veleggiasse la bella, affascinante e potente indovina, mentre a lei sarebbe toccato per sempre il ruolo dell’insignificante e puerile mocciosa.
Eppure, nonostante tutto, la fanciulla non riusciva assolutamente ad avercela con Rouge. Da una parte, perché sapeva che ella non ricambiava l’interesse di Falcon nemmeno in scala uno a cinquemila, dall’altra, perché la sentiva affine, in quanto l’indovina era perdutamente innamorata del samurai Ryoma, benché per loro non sembrasse esserci un futuro.
E dire che la leggenda raccontava che chiunque avesse avuto per sé una Power Stone avrebbe visto i suoi desideri divenire realtà! Ah, ora che aveva vissuto l’esperienza di persona, poteva affermare con certezza di non aver mai sentito sciocchezza più grande di quella!
Ayame scosse la testa e scacciò dalla mente i cattivi pensieri. Pensare agli amori non corrisposti, suo e altrui, non avrebbe di certo giovato alla buona riuscita del suo spettacolo.
Lavorò di buona lena per un’altra mezz’ora, cercando disperatamente di tenere il biondo aviatore lontano dai suoi pensieri - cosa molto difficile, dato che il suo cervello aveva deciso di remarle contro, riproponendole fotogramma per fotogramma i ricordi del suo salvataggio nella Terra delle Aquile Maestose da parte di un vigoroso Falcon - e impegnandosi affinché il palco potesse essere più sgombro possibile. Ora che ci pensava non aveva ancora avuto modo di discutere con suo padre e con Kikuno della nuova scenografia. Oh, be’, l’avrebbe fatto durante la cena, in fondo davanti ad una buon piatto di zuppa di pesce, nemmeno suo nonno avrebbe potuto dirle di no. Nessuno avrebbe resistito a lungo davanti ad un piatto succulento: il potere del cibo - altro che Power Stone! - le si era svelato dopo aver visto gli effetti che sortivano i manicaretti di Wang Tang. E chissà che non dovesse ricorrere proprio ad una bella leccornia del bravissimo cuoco, per aiutarsi a conquistare il cuore di...
«Salve, Ayame, hai bisogno di aiuto?»
La fanciulla si voltò di scatto, lasciando cadere malamente la scatola con le coccarde che stava trasportando dietro le quinte, e avrebbe certamente gridato, se non avesse avuto la prontezza di tapparsi la bocca con le mani.
«F-Falcon?» balbettò sorpresa, togliendosi subito le dita dalle labbra e cercando di ridarsi un contegno.
«In carne ed ossa» rispose il ragazzo avanzando dal fondo del tendone in direzione del palco. «Passavo di qui e sono venuto a curiosare. Quanti pacchi... Siete in partenza?»
«No, no, no» negò Ayame, scuotendo nervosamente la testa ma cercando di convincersi a rimanere tranquilla. «Stiamo mettendo su uno spettacolo nuovo».
«Ah, davvero?» si informò Falcon, incuriosito. «Apollo ed io siamo appena giunti qui dalla Terra dell’Oro».
«Oh... Vedo che il vostro viaggio sta proseguendo come programmato» si riprese la ragazza, simulando una tranquillità che non era stata mai così lontana dal possedere. «Come sta il caro Apollo?»
«Fin troppo bene. Sta tentando in tutti i modi di rendersi utile, nonostante l’abbia pregato più di una volta di tornare a casa».
«Tiene molto a te e alla tua salute. Dovresti essere contento di avere una persona come lui al tuo seguito» gli rispose Ayame chinandosi per rimettere le coccarde nella scatola. Per fortuna, stava riprendendo a regolarmente a respirare.
«Sì, sì... Ma a volte è troppo opprimente!» si lamentò il giovane aviatore, alzando gli occhi al cielo.
La ragazza rise, avvertendo che ciò aveva contribuito a scioglierla un poco e a farle riprendere il controllo; riprese in mano la scatola e si tirò su.
Falcon si guardò intorno, indugiando sul cumulo di casse vicino alla giovane artista.
«Sicura di non volere una mano?»
«Oh, no, non preoccuparti. Ce la faccio da sola».
«Ma una fanciulla non dovrebbe fare questi lavori» avanzò egli, con ostentata cavalleria. «Potresti farti male, cara la mia Ayame».
«Ah, smettila di richiamare la iella e di innervosirmi!» replicò, stizzita, costei. Perché aveva quel “cara” le aveva fatto perdere un battito e la concentrazione? Perché?
«E dai! Ti ho solo offerto il mio aiuto!» protestò il giovane, alzando le spalle con aria innocente.
«Non ne ho bisogno, grazie! Trasporto pesi e sistemo la scena da quando avevo tre anni e non mi è mai accaduto niente! E poi devo essere certa che tutto sia al posto giusto. Domani lo spettacolo dovrà essere strabil...»
E, invece, proprio in quel momento, Ayame incespicò in una piega della stuoia che copriva il pavimento - guarda caso l’unica presente in venti metri di stoffa - e cadde dal palco con ancora in mano la ben nota scatola di coccarde, finendo dritta dritta tra le braccia - tutt’altro che deboli o rammollite - di Falcon, il quale sembrava che si fosse piazzato lì sotto apposta.
«Ed è così che vuoi strabiliare il tuo pubblico?» la canzonò il ragazzo, ridendo di cuore. «Precipitando in maniera maldestra sui poveri e ignari spettatori della platea?»
Come diavolo aveva fatto a percorrere cinque file di poltrone in meno di tre secondi, come se avesse ancora a disposizione la sua Power Stone per la metamorfosi? Impossibile! L’unica spiegazione plausibile era la seguente: quell’idiota doveva aver previsto che sarebbe caduta e quindi aveva giocato d’anticipo per afferrarla al volo e deriderla fino alla nausea.
«Mettimi a terra, immediatamente! Te lo ordino, Falcon!» strillò Ayame, mentre avvertiva dentro di sé il sangue ribollire per la rabbia e il nervosismo, oltre che per la vergogna.
«Va bene, va bene! Ti accontento, ma smettila di urlare!» disse il giovane, posandola delicatamente in piedi sul pavimento. «Dovresti ringraziarmi, piuttosto. Ti ho impedito di sfracellarti al suolo».
«Se non mi avessi distratta, non sarei caduta!» ribatté con foga la fanciulla, sperando che Falcon scambiasse il rossore che le devastava le guance per agitazione da spavento e non da imbarazzo.
Si soffermò a guardarlo sottecchi. Quanto era... Arrogante! Sì, era un tipo terribilmente arrogante, sempre a voler pretendere di aver ragione! In più, ora che ci pensava, avrebbe anche potuto definirlo uno sbruffone, considerando il tono sostenuto con il quale le si rivolgeva, e non era nemmeno così carino, a dirla tutta... Oh, no. Figurarsi se Falcon era carino! In effetti, era più che altro... Bello e affascinante. Ayame si pentì immediatamente di quel pensiero, che le costò la terza vampata sul volto in meno di quindici minuti.
«Posso almeno aiutarti a rimettere queste coccarde nella scatola?» domandò il giovane, raccogliendone un paio color lavanda.
«Fa’ come vuoi!» gli rispose, dandogli le spalle, mentre una parte della sua testa gridava rabbiosa “No! Va’ via, brutto idiota!” e l’altra -con estrema coerenza- rispondeva svenevolmente con “Oh sì, Falcon, rimani qui con me!”. Fantastico, ora doveva ringraziare Edward Falcon anche per averla fatta diventare schizofrenica!
«Domani sarà ci sarà il pienone. Spero davvero di trovare un buon posto» commentò il ragazzo, riponendo i fiocchi al loro posto e misurando con lo sguardo la capacità della platea.
«Vuoi dire che verrai a vederm... Ci?» soffiò la ragazza, speranzosa, facendo tremare la scatola, mentre la stava mettendo via.
«Be’, qualcuno deve pur assicurarsi che il pubblico sia tutelato dagli artisti maldestri» notò egli con un ghigno ben disegnato.
«Non fai ridere. Hai una vena comica che fa pena» fece Ayame, acida, incrociando le braccia e facendogli la linguaccia, anche se il suo cuoricino batteva contento: se non altro Falcon sarebbe tornato anche l’indomani e avrebbe visto la sua esibizione floreale preparata con tanta cura. Camelie, rose, mughetti, fiori di ciliegio, viole...
«Ahhh!» esclamò all’improvviso la fanciulla, sobbalzando sul posto.
«Che c’è?» le domandò Falcon, leggermente allarmato.
«Mi sono dimenticata di andare a comprare le viole! Sono fondamentali per la scenografia!»
«E dov’è il problema? Possiamo andarci adesso».
«Mi accompagneresti?» fece ella, sorpresa ed incredula.
«Non te l’ho forse appena offerto?» ribadì il biondo aviatore, con irritata fermezza. «Se dico ti propongo una cosa è perché ne sono convinto».
Ayame non rispose subito. Falcon aveva un forte senso della giustizia e della parola data, lo sapeva molto bene. Viaggiando con lui per tutti quei mesi aveva imparato a conoscerlo e a capirlo. Stava per dirgli grazie, quando si rese conto di ciò che stava per fare: uscire con lui. Poco importava che fosse solo per andare a comprare qualche fiorellino per lo spettacolo, sempre con Falcon sarebbe andata. Tutto d’un tratto, l’aria si fece stranamente calda e irrespirabile.
«Allora?»
«Oh, se proprio ci tieni... Credo che tu possa venire con me» gli concesse, con un tono che sarebbe stato perfetto per un pezzo di ghiaccio.
Certo, un pezzo di ghiaccio al cui interno scorrevano fiumi di lava fusa.

Per fortuna, nonostante fosse piuttosto tardi, trovarono almeno un vivaio ancora aperto ed Ayame riuscì a comprare i vasetti di viole che le occorrevano. Le dinamiche degli acquisti furono piuttosto rapide, dato che il propietario del negozio aveva fretta di chiudere e poca voglia di vendere.
Nel ritornare verso la tenda, decisero di fermarsi per qualche minuto all’ombra di una quercia, per godere della fresca brezza crepuscolare ed osservare il sole estivo sparire dietro ad alcune montagne sullo sfondo.
«Ah, quanto sono stanca!» esclamò la fanciulla, buttandosi sull’erba. «Questo spettacolo sta prosciugando tutte le mie energie, ma deve riuscire benissimo, costi quel che costi».
«Si vede che ci tieni particolarmente» commentò Falcon, appoggiando i vasetti davanti a loro e prendendo posto accanto ad Ayame.
«Questa volta è un’idea completamente mia» gli spiegò. «Penso sia normale che ci tenga».
«Che ne diresti se mi esibissi anch’io nel vostro spettacolo?» le propose, di punto in bianco, non lasciandole capire se fosse serio oppure no.
«Questo vuol dire che finalmente, Falcon, hai trovato il tuo talento nascosto?» ribatté ella, scettica, inarcando un sopracciglio.
«Non mi credi? Sta’ a guardare».
E con un abile mossa, in quattro e quattr’otto, fece spuntare nella propria mano un iris che porse alla ragazza.
«Come vedi, cara Ayame, non sei l’unica a saper fare giochetti con i fiori» si vantò Falcon, dandosi le arie. «Scommetto che non hai visto quando ho comprato e nascosto quest’iris, sebbene l’abbia fatto proprio sotto il tuo naso».
«Ammettendo che sia così, e così non è, dunque il tuo talento nascosto è il pollice verde? Allora dovresti abbandonare il pugilato e darti al giardinaggio».
«Tu sì che hai un particolare talento nello smontare la gente» le rispose egli, con evidente e amaro sarcasmo.
«Almeno io ne ho uno».
L’aviatore fece una smorfia tra l’offeso e il punto sul vivo: evidentemente non gli erano ancora andate giù le prese in giro che gli avevano inferto i compagni dopo aver vantato il suo talento di comico provetto, rivelandosi invece un pessimo narratore di barzellette.
«Antipatica.»
«Scherzavo! So quanto sia importante per te il pugilato, fin da quando eri un bambino».
«Esatto. Nonostante Valgas si sia rivelato non proprio quello che credevo, non ho mai pensato di abbandonarlo».
«È stata la prima cosa che mi ha chiesto Gunrock l’altro giorno, a proposito di te: era ansioso di sapere come te la stai cavando nella lotta. Secondo lui sarebbe stato un peccato se avessi rinunciato» gli disse Ayame, pensierosa.
«Lo hai visto?» domandò Falcon, mettendosi in una posizione più comoda.
«Sì, è venuto con Cassie e i loro bambini a vedere il nostro spettacolo».
«Ma davvero? E come stanno?»
«Molto bene, Cassie sembra molto contenta con la sua famiglia. Gunrock si è dimostrato il marito ideale per lei!» commentò la ragazza, soffermando la sua attenzione sui petali freschi ed intensamente colorati delle viole.
«Mi fa piacere che Cassie sia felice e che si sia dimenticata di me. Era troppo appiccicosa e melensa».
«Ah, già, è vero a te piacciono solo le donne dal fascino maturo. Come Rouge...» la fanciulla tacque immediatamente: non voleva parlar male dell’amica. Ma la gelosia le stava facendo dire cose che non avrebbe mai voluto: le era semplicemente scappato. Rimase zitta, cercando di scorgere sul volto di Falcon i segni della sua reazione. Ma costui rimase impassibile.
«Ho lasciato perdere Rouge mesi fa. Ora ha molte responsabilità come nuova indovina della Terra del Fuoco, ma è soddisfatta di ciò che fa, in più è tornata a lavorare con la sua maestra Gana» dichiarò, dopo qualche secondo.
«Sei... Sei andato a trovarle?»
«Sarebbe abbastanza impreciso. Come sai ho ripreso a viaggiare e sono tornato anche nella Terra del Fuoco: ci siamo incontrati per puro caso. Nella sua sfera ha letto che dovrà aspettare ancora molto prima che Ryoma torni da lei. E ha voluto sbirciare anche nel mio futuro: ha detto che per me ci sono in programma ancora tanti luoghi da visitare e avversari da battere. Invece, il tempo per il vero amore è ancora distante, tuttavia pare certo che io abbia già conosciuto la mia futura moglie. Sentenza molto sibillina. Da vera indovina, aggiungerei» spiegò il ragazzo, dimostrandosi generoso nel raccontare i particolari.
«Mica tanto. Magari vuol dire semplicemente che sei innamorato di una ragazza attualmente impegnata» insistette Ayame, fingendosi distaccata, ma, in realtà, intimamente corrosa dalla gelosia.
«Non credo proprio» disse egli, pigramente, distendendosi sul prato ad occhi chiusi. La brezza soffiò più forte e scarmigliò i capelli di entrambi. L
artista si tolse una ciocca molesta che le copriva il viso e, decisa a saperne di più, lo mise alle strette: «Oh, su, non farti pregare come tuo solito. Perché non vuoi dirmelo? Avanti, Falcon, c’è qualcun’altra che ti piace?»
«Mmm... Forse».
Forse. Non era una risposta precisa, avrebbe potuto significare un sì, avrebbe potuto significare un no. Uffa, dacché si era dimostrato propenso a parlare ora si era fatto così misterioso! Che personalità altamente instabile!
La fanciulla abbassò lo sguardo, stringendo le dita intorno al fiore. Quanto le sarebbe piaciuto sapere di chi si fosse innamorato questa volta Falcon - preferibilmente senza doversi corrodere il fegato -, cercando di strappargli altre informazioni in merito; certamente doveva essere una donna di grande bellezza e fascino, non c’era dubbio...
E, all’improvviso, una strana sensazione di calore si irradiò a partire dalla guancia per arrivare fino al suo cuoricino. Ci mise un po’ per elaborare e quando si voltò verso il ragazzo, che le stava sorridendo tra il dolce e il sornione, non ebbe più dubbi: le aveva appena dato un bacio.
La giovane si sentì avvampare da capo a piedi: doveva essere - accidentaccio a lui! - diventata dello stesso colore di un gambero arrostito. E non era forse quella una dichiarazione aperta dei suoi sentimenti per quel giovane? Le aveva estorto la verità con un’abilissima serie di trucchetti! Chissà per cosa poi. Anzi, Ayame lo sapeva benissimo: per farsi quattro risate alle spalle di una ragazzina innamorata.
«Falcon, sei proprio un brutto maleducato! Non si fanno queste cose ad una signorina senza chiedere il permesso!»
«Cosa? Il permesso?» chiese egli, sbigottito. «Solo per un...»
«Sì, il permesso!» lo rimbeccò aspramente la fanciulla, fermandolo prima che egli potesse dire la parola bacio.
«Non era mia intenzione offenderti...» le disse piano: si vedeva molto chiaramente che si trovava parecchio in difficoltà. Dopo questo, il biondo aviatore non parlò più, restandosene fermo e composto, seppur a testa china. Ayame, nel vederlo, si pentì un po’ per il suo scatto: era, sì, riuscita a far ammutolire Edward Falcon, ma non l’aveva fatto né con grazia, né con piena ragione. Quindi non è che ci fosse poi molto di cui vantarsi.
«Perché mi hai dato un bacio?» trovò il coraggio di chiedergli, augurandosi che le rispondesse e che non la trattasse male, anche se non avrebbe potuto biasimarlo, contando il modo poco ortodosso con il quale lo aveva apostrofato.
Eppure, quando egli alzò il capo, l’espressione dipinta sul suo volto la tranquillizzò subito, facendole capire che non l’avrebbe rimproverata. La guardò solamente per qualche istante, poi sospirò.
«Per il medesimo motivo per il quale vengo a vederti durante i tuoi spettacoli. E potrebbe essere anche lo stesso per cui tu vieni a vedere me».
La piccola artista sussultò: Falcon sapeva, l’aveva capito. Ma, a conti fatti, anche uno stolto se ne sarebbe accorto poiché non aveva fatto nulla per nascondergli i sentimenti che provava per lui.
«Ma adesso è ancora presto per approfondire. Te lo spiegherò quando sarai cresciuta un altro po’, Ayame.»
Non l’aveva detto con intenti offensivi o di ludibrio, ma ella provò lo stesso una piccola fitta di dolore: la considerava ancora una mocciosa.
La ragazza gli prese delicatamente un braccio, gli sfilò il guantone di cuoio e si portò la mano di lui, asciutta e calda, contro la propria guancia. Il giovane la scrutò, stranito e confuso.
«Che... Che significa questo?»
«Te lo spiegherò quando non giocherai più agli indovinelli come un bambino, Falcon» gli rispose con simulata altezzosità, lasciandolo immediatamente, seppur a malincuore. «Ti intrattieni con Rouge con la scusa delle profezie, pensi ad un’altra ragazza, già impegnata per giunta, e poi mi baci. Si può sapere cosa vuoi?»
Il giovane fece per rimettersi il guanto ma poi cambiò idea: si sporse verso di lei e le alzò il viso con due dita della mano non coperta.
«Vuoi sapere davvero cosa voglio? Allora non te ne farò più mistero: vorrei poter sposare te.»
Ayame avvampò violentemente - arrivando a sei volte in meno di un’ora -, mentre quelle poche ultime parole pronunciate con tanta decisione le rimbombavano in testa. Perché Falcon doveva essersi fatto deciso proprio in quell’occasione?
«Anche se non subito» si affrettò ad aggiungere, alquanto in difficoltà, forse perché aveva preso coscienza di quanto espresso a voce alta. «Ecco... È già da un po’ che ho inteso di volerti bene, solo che non sapevo come farlo capire a te. Non avrei voluto arrivare ad essere così diretto, ma non mi hai lasciato altra scelta. Ayame, sei tu la ragazza che devo aspettare.»
Fece una piccola pausa e, approfittando del fatto che la giovane non riusciusse a spiccicar parola, completò: «E, comunque, se vogliamo dirla tutta, in un certo senso anche tu dovrai aspettarmi: ci sono ancora tanti viaggi e tante avventure che mi attendono. Inoltre sono un lottatore che si sta formando: vorrei avere il modo di fronteggiare gli avversari più forti di ogni terra».
La fanciulla rimase muta. La misteriosa ragazza amata dal suo aviatore preferito era proprio lei. Se Rouge in persona le avesse predetto che Falcon - quello stesso Falcon che le piaceva tanto e che non la considerava neppure un essere di genere femminile - le avesse detto quelle cose, non ci avrebbe mai creduto.
«Ovviamente si deve tenere conto della cosa più importante, ovvero che anche tu mi voglia...» borbottò poi all’improvviso il ragazzo, al mo’ di conclusione, arrossendo discretamente.
Ayame non poté impedirsi di pensare che fosse anche giusto che toccasse a lui, per una volta, diventare scarlatto.
Si fissarono a lungo, senza proferire mezza parola, poi con una lentezza esasperante la fanciulla annuì.
«Vuoi... Vuoi dire sì?» esalò egli, incredulo.
«Se uno annuisce, Falcon, di solito è per dire sì» fece, imbarazzata, voltandosi dall’altra parte. «Anch’io ti voglio bene da tanto tempo, ma tu non te ne sei mai accorto. Cos’è, dopo il rifiuto di Rouge, hai deciso di ripiegare su di me?»
Be’, non era stata esattamente il ritratto della dolcezza. Cos’è che fanno di solito le ragazze quando ricevono una dichiarazione dal ragazzo dei loro sogni? Ah, sì, piangono a dirotto e cominciano a singhiozzare stupide frasi senza senso. Magari Falcon si era aspettato che anche lei facesse una cosa del genere... O peggio, magari stava mentamente rimpiangendo di non aver chiesto alla stucchevole Cassie-Amore-Tesoro di sposarlo quando ne aveva avuto l’occasione.
«Tu non sei assolutamente un ripiego, Ayame» le rispose dolcemente il giovane. «Io tengo seriamente a te, è solo che ci ho messo un po’ ad accettarlo. Temo che abbia giocato a nostro sfavore anche la differenza di età».
A quanto pareva, il biondo aviatore aveva deciso proprio di stupirla, continuando a fare il contrario di quanto immaginato da lei. Prima che il suo cervello potesse elaborare una frase, le sue labbra, mosse da volontà propria, avevano già detto la loro: «E cosa è cambiato ora tra di noi, Falcon?»
«Semplicemente, il mio modo di vedere le cose. Non è impossibile stare insieme, dobbiamo solo aspettare».
Calò un silenzio di tensione. Sì, doveva ammettere che Falcon aveva piena ragione. Restava il fatto che ad Ayame, che si era data già per sconfitta, che aveva creduto di essere un’ennesima vittima degli amori a senso unico, sembrava troppo bello per essere vero.
«Prima non volevo metterti in imbarazzo, scusami» le sussurrò improvvisamente il giovane, mettendosi in piedi e guardando il tronco della quercia. «Ma penso che sia giusto che sappia che, ecco, sì, insomma... Tu... Tu mi piaci, Ayame.»
Una nuova vampata di calore la investì, ma ella non ci badò: oramai aveva perso il conto e, in tutta sincerità, allo stato attuale non è che le importasse più di tanto, considerando che sia lei che Falcon viravano alle stesse gradazioni di rosso. Però, nonostante il forte impaccio, doveva comunque trovare il coraggio di dirgli qualcosa.
«E-Edward?» sussurrò la ragazza, alzandosi a sua volta: era la prima volta che lo chiamava per nome.
«Sì?» le rispose, voltandosi. Ayame gli fece un grazioso inchino degno del più caloroso applauso di un pubblico pienamente soddisfatto.
«Grazie per l’iris».
Un velo di stupore coprì l’espressione di Falcon, ma ben presto si dissolse per lasciare posto ad un barlume di serenità.
«Be’, non è il significato del tuo nome? Ho pensato che fosse un dono molto appropriato».
La ragazza incurvò le labbra e si appuntò il fiore tra i capelli: «Come sto?»
«M-Molto bene» le rispose Falcon, il cui viso era ormai in tinta con la propria tuta, cercando di nascondere l’imbarazzo chinandosi a raccogliere i vasetti con i fiori. «Ti aiuto a portare queste viole fino alla tenda. Posso concederti il mio aiuto o rischio un sonoro rimprovero?»
Ayame gli fu vicino in un istante e si strinse al braccio del giovane, guardandolo intensamente.
«Sei un pugile, no? Vediamo se hai il fegato di rischiare anche questo!»
Il giovane inarcò un sopracciglio, ma la fanciulla gli rispose con un dolce sorriso: aveva scoperto cosa provava per lei Falcon, la ricambiava pienamente e, come se non bastasse, le aveva regalato un iris, il quale significava anche promessa di speranza e annuncio di buona novella. E Ayame avrebbe atteso quel giorno in un futuro che ora sapeva non troppo lontano.
«Su, ora andiamo, altrimenti rischiamo di fare tardi!» lo esortò con un’allegria contagiosa, trascinandolo via.
Si dice che chi possiede una Power Stone ha il potere di far sì che i desideri diventino realtà.
Ma potrebbe esserci l’eventualità che chi non ne abbia una, oppure l’abbia perduta, da solo, riesca a fare persino di meglio.







***
I personaggi qui presenti appartengono alla Capcom e allo Studio Pierrot. Io li ho solo presi in prestito per giocarci un po'. L'unica cosa che appartiene a me è la grafica del titolo.
***

Salve a tutti!
In verità non avrei dovuto pubblicare niente di simile. Ma il caso ha voluto che mi riguardassi da capo questo vecchio e dimenticato anime/videogioco e che mi mettessi all
opera. Ed ecco qui quello che ne è uscito.
Non sarà una grande prova ma, dopo tutti questi mesi di assenza come autrice, ho deciso di ricominciare con qualcosa di semplice, poco elaborato e propriamente “fluff”, sebbene abbia cercato comunque di dare alla fiction un tono, dato che le cose stucchevoli non rientrano propriamente nel mio stile.
Orbene, ringrazio Sumirechan e il suo blog che mi hanno dato una mano nel trovare la giusta ispirazione, chiunque leggerà quanto scritto e ancor di più chiunque sarà così gentile da dirmi la sua in merito, sperando che abbiate gradito la storia almeno un poco.
Saluti,
Halley S. C.
  
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