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Autore: Titinina    22/08/2012    1 recensioni
Questa ff è dedicata a Fedeluca, che devo ringraziare per ogni chiacchierata fatta insieme, è stata lei a spingermi e ad incoraggiarmi in questa nuova avventura. Ma giusto per essere corretti: questa è sicuramente una "What if?". Una cosa che caratterizza il rapporto di Ryo e Kaori, secondo me, è che lui continua a fare lo gnorri nei confronti di Kaori perché sa che, in qualunque caso, lei lo aspetterà sempre e comunque. E a questo giro mi sono ribellata! Sicuramente i personaggi saranno meno IC! A prestissimo! ^__________^ Titinina
Genere: Erotico, Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Kaori cercava forsennatamente le chiavi di casa nella sua borsa, borbottando e imprecando sottovoce, si accovacciò per terra e cominciò a perlustrare la borsa tirando fuori tutto sullo zerbino, ma la maniglia si abbassò e la porta si spalancò.

Ryo aveva sentito Kaori dietro la porta, rendendosi conto che la chiave non era ancora stata inserita, si apprestò ad aprirle la porta, la trovò sulle ginocchia, con addosso un vestito elegante e delle cianfrusaglie sparse. Era tornata ora dalla notte passata fuori, lo sapeva, e sapeva bene anche con chi era stata. Ricordare il viso dell’uomo con cui aveva passato la notte fuori Kaori, gli fece stringere un po’ più forte il pomello, caricando quel suo sguardo imperscrutabile e impossibile da decifrare.

Kaori arrestò il fiato, si sentì osservata, lentamente, alzò lo sguardo verso di lui, incontrando la sua mascella serrata, il corpo rigido e lo sguardo nero, come se fosse senza fondo, come se il buio l’avvolgesse con quegli occhi neri. Non si impaurì, non doveva, raccolse le cose lasciate sul pavimento e le rimise dentro la borsa alla rinfusa, alzandosi in piedi. 

- Grazie, non trovavo le chiavi.
- Sei rientrata ora?
- Si, ho passato la notte fuori.
- Vado al poligono. 
- Più tardi vado a controllare la lavagna. 
- Non c’è ne è bisogno, vado comunque a fare un giro io. Tu dovresti dormire, visto che hai fatto le ore piccole.
- Non credo che questo sia un tuo problema.
- L o è se lavori con me.
- Sbagliato Saeba, io lavoro per te. E il mio stipendio è in ritardo. Vorrà dire che non ti pagherò l’affitto di questo mese. 
- Questo è il minore dei problemi, Kaori.
- Si, infatti il maggiore saranno i traslocatori, arrivano oggi pomeriggio a portare i mobili nuovi nell’appartamento di sotto. Perciò oggi pomeriggio non prendere impegni di lavoro.

Ryo non parlò più, oltrepassò Kaori, la sfiorò con una spalla, come un battito d’ali di farfalla, ma che scatenò una tensione inaudita, sentendo un muro tra lui e quella che considerava la sua partner, ora solo di lavoro, e che sembrava quasi sconosciuta ai suoi stessi occhi, e scese, con sguardo indifferente, le scale, preparandosi ad una seduta intensiva al poligono.

Kaori entrò in casa, sbatté violentemente la porta, il rumore sordo si espanse per tutto il palazzo. Scaraventò la borsa a terra e scosse la testa, come erano arrivati a quel punto ormai non lo sapeva, erano oramai quattro settimane che tra loro si era instaurato quel saturo e freddo rapporto. Nessuna parola in più del necessario. 

Ripensò nuovamente al suo sguardo duro di poco fa e Kaori si portò un braccio sugli occhi con fare stanco, non voleva piangere, non gli avrebbe più permesso di essere quella donna impotente davanti all’amore che provava per lui. No, mai più. Aveva deciso di voltare pagina, di continuare per la sua strada e di essere una donna nuova, una che poteva combattere e che di certo non avrebbe lasciato la sua intera vita per non vederlo. 
Rimanere ferma nella sua posizione significava dire a Ryo che lei sarebbe sopravvissuta, con o senza di lui. 

Kaori si sedette sul divano, sentendosi stanca e frustrata. Aveva deciso la sua strada, amava il suo lavoro, non ci avrebbe rinunciato, anche se si fosse ridotta a fargli da semplice segretaria. Non sarebbe scappata da quella casa che considerava sua, non si sarebbe nascosta, non gliela avrebbe data vinta, per niente al mondo. 

La decisione di trasferirsi al piano di sotto fu una naturale conseguenza, lei gli aveva detto che aveva bisogno di spazio, che affittargli l’appartamento del piano inferiore sarebbe stata la soluzione migliore, in modo che entrambi avessero la propria privacy, visto che erano adulti e vaccinati. 

Si rialzò in piedi slacciando i sandali e buttandoli a casaccio, poi, sempre in salotto, slacciò la zip del suo vestito e lo lasciò cadere per terra, decidendo che una doccia calda l’avrebbe rimessa in sesto.
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Scaricò l’ennesimo caricatore, una pioggia di bossoli finì ai suoi piedi, creando quel gioco di suoni e di armi che lo accompagnava fin da bambino, andando a mescolarsi con le decine che giacevano a terra, ricaricò la pistola con gesti accurati e sicuri, automatici, di uno che sapeva cosa fare, del resto lui sapeva quello che faceva con la sua arma in mano, il problema e che non sapeva che fare quando non la doveva utilizzare. 

Questo pensiero gli fece sbagliare la sua famosa One Hole Shot, di pochi millimetri il foro non era perfetto nei suoi sei colpi, e questo lo fece ancora più imbestialire, contraendo la mascella e sbattendo con forza la pistola sul bancone del poligono. 

Come cazzo era possibile che sbagliasse? Quello che per lui era naturale, in questo momento aveva difetto, incredibile, era davvero assurdo e incredibile, lui sapeva che anche solo un millimetro avrebbe decretato la fine di tutto, aveva sbagliato. E questo lo faceva imbestialire come pochi.

Si portò alla gola il secondo bicchiere di whiskey della giornata, precisamente della mattinata, ma non cambiava nulla comunque, la notte passata in bianco non faceva presagire che fosse a stomaco vuoto e che, anzi, quel secondo bicchiere si andava a mescolare agli altri scolati nella nottata.

Nervosamente si portò la mano sul fianco alla ricerca di una bionda che gli riempisse i polmoni col suo veleno, e che allo stesso tempo lo rilassava. Accese quella sigaretta, mentre il fuoco gli illuminava il viso, unica cosa in quel momento che riusciva ad illuminarlo, visto che per il resto era tutto cupo, e aspirò la sua boccata di nicotina, che gli si insidiava nei polmoni, calmando apparentemente i suoi nervi.

Portandosi la sigaretta in bocca e lasciandosela trattenere dalle labbra, riprese in mano la sua pistola, la guardava e la accarezzava come se fosse viva, come si accarezza una donna, come si accarezza un’amante. Il viso di Kaori gli risalì subito alla mente, allora strinse di più la sua fedele pistola. 

Anche se la sua arma era il prolungamento del suo io, quando si trattava del suo cuore, quella pistola era inutile, doveva ammetterlo con sé stesso.

Lo sapeva, ogni minuto che passava, inesorabilmente, la stava perdendo. Aveva lasciato che la sua maschera di indifferenza lavorasse al suo posto, che il suo mutismo desse risposte a lei.

E come scordare il viso duro di lei e le sue parole.

“Eppure non vuoi neanche giustificarti, credi che il messaggio non sia chiaro? Stanne certo Saeba, io non lascio tutto per te. Ricordati, niente potrà farmi andare via da qui, se non mi vuoi, te ne dovrai andare via tu. Non lascerò mai più che tu decida per me.”

E lei poi se ne era andata nella sua stanza sbattendo la porta, facendo in modo che tra loro si innalzasse quel muro di freddezza, trovando solo indifferenza. 

Quelle parole continuarono a ronzargli nelle orecchie, aveva rovinato tutto con le sue mani. 

Risalì le scale per ritornare nell’appartamento e prendere un’altra bottiglia di whiskey che gli facesse compagnia nel suo allenamento.

Sentì lo scroscio della doccia in lontananza, lei era sotto l’acqua ancora. Si avvicinò al mobile bar per prendere la bottiglia, quando notò la scarpa di Kaori, si voltò verso le scale e vide il suo vestito per terra, una nuova immagine prepotentemente arrivò nella sua mente.

Kaori voltata di spalle, mentre la mano di un uomo, adagio, le faceva scivolare il vestito per terra, gli occhi di quell’uomo avvolgevano interamente il corpo di Kaori, mentre si pregustava l’attesa, e poi le toccava la schiena, le toccava la pelle.. E quella mano e quegli occhi non erano i suoi.

Il sangue rombò nelle vene, la sua rabbia montò in maniera incontrollabile, tutta la sua mente si annebbiò prendendo il vestito in mano e stringendolo con forza, i suoi occhi si appannarono dalla furia e il respiro si fece veloce, mentre respirava con le narici a fondo. 

No! Nessuna poteva averla, nessuno. 

Questo digrignò tra i denti mentre prese velocemente le scale per andare verso il piano superiore. Girò subito per andare incontro alla porta del bagno, con una spallata poderosa l’aprì, lasciando Kaori di stucco.

A Kaori il cuore saltò in gola, sentendo quel botto improvviso, si girò e vide Ryo che la squadrava da capo a piedi con quello sguardo scuro, come se stesse per mangiarsela, ma stranamente non aveva paura, quasi vedeva nel suo sguardo tutt’altro, ma si riprese velocemente, e portandosi una mano sul seno per coprirlo, si rivolse contro di lui.

- Che diavolo stai facendo? Ti pare il modo di entrare?

Ryo non ascoltò neanche mezza parola ed entrò nel bagno camminando deciso verso di lei.

- Ryo esci immediatamente da qui!

Gridò Kaori, ma lui fece ancora un passo verso di lei, braccandola, con il viso duro, con il viso di chi doveva dire, di chi doveva parlare. Ora la sua mente si era svuotata completamente, aveva in testa solo lei, e doveva farglielo capire, con le buone o con le cattive.

Scostò di botto la porta della doccia, l’acqua lo bagnava da capo a piedi, compresi i vestiti, era entrato dentro la doccia e Kaori si rintanò nell’angolo in fondo, anche se lo spazio era minimo.

- Ryo sei fuori di testa? Esci di qui!
- No!

Kaori cominciò a non rispondere più di sé e reagì a muso duro, avvicinò il viso al suo, cominciando a spingerlo con le mani, lasciando alla mercé degli occhi di Ryo il suo corpo.

- Và fuori!

Ryo inglobò la figura di Kaori, il suo corpo nudo, il suo sguardo si scurì ancora di più, ma non di rabbia, si inscurì di passione. Prese i polsi di Kaori, li alzò verso l’alto, tenendola ferma, senza farle male, e la mise contro il muro.

Piano, a rallentatore, Kaori si sentì quasi inerme, non poteva più muoversi, ma non aveva paura di lui. Piuttosto era mirata a controbattere ogni sua mossa, poteva tenerla ferma ma non poteva soggiogarla, anche se adesso era addossata contro il freddo delle piastrelle, un brivido le percosse la schiena, l’acqua calda le colava sulla testa, sul collo, sul petto, e il suo respiro si fece più affannoso, mentre le sue mani erano intrappolate da quelle di Ryo. Lui era zuppo d’acqua ed aveva quello sguardo da cacciatore, che non avrebbe mollato di certo la sua preda, con il suo corpo cercava lentamente di addossarsi su di lei per non darle via di fuga, quasi i loro petti si toccavano ogni volta che inspiravano aria allo stesso tempo, affannosi eppure sincronizzati. Il suo viso era serio, la fissava come se volesse mangiarla, come se volesse fissare indelebilmente nel suo sangue tutto sé stesso. 

Si ritrovò a fissare la bocca di Ryo,quella bocca morbida, che conosceva bene, era a pochi centimetri dalla sua, e poi sentì una mano calda sfiorarle il fianco e il suo fiato le si mozzò in gola.

- Va fuori, Ryo.

Riuscì solamente a sussurrare, a bassa voce, roca, con un tono che voleva dire tutt’altro.

- No, non me ne vado. 

Le soffiò Ryo all’orecchio, facendo passare volutamente le sue labbra umide nell’incavo del collo, e in risposta, lo sapeva bene, il corpo di Kaori si inarcò al suo volere, sentendo un lieve gemito che uscì dalla gola di Kaori….
   
 
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