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Autore: secretdiary    22/08/2012    1 recensioni
Racconto vincitore del contest Lo scrigno indetto dal forum FanFictionist Portal.
Maria e Pietro sono due giovani italiani, ebrei.
Come influirà sul loro amore la deportazione fascista?

Spero che vi piaccia!
Bisous
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali, Olocausto
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Piccola annotazione prima di iniziare:
Cari lettori, innanzitutto vi ringrazio per aver aperto questa storia e per aver scelto di spendere un po' del vostro tempo per leggerla.
Vi rubo solo un paio di righe prima di lasciarvi al racconto: è finalmente uscito il mio primo romanzo.
Ora, finalmente, sono un'autrice pubblicata.
Se amate le storie fantasy, nel campo destinato al mio profilo, trovate tutte le informazioni relative al romanzo.

Grazie per l'attenzione ;)
Buona lettura!!
Bisous *-*

La stella del mio popolo la stella del mio cuore

 

Pietro guardò l'oggetto che sua nonna gli stava porgendo.

«Appartiene alla mia famiglia da generazioni» disse con un sorriso dolce e malinconico che le tirò il visto candido e fragile. «È giusto che ora tu lo dia a Maria».

Gli occhi della nonna brillarono, animati da una scintilla che faceva risplendere le sue iridi nere.

Pietro sfiorò il piccolo astuccio di velluto verde scuro e con un dito percorse i tratti del tesoro che esso conteneva.

Un meraviglioso anello riempiva i suoi occhi d'ossidiana, proprio come quelli di sua nonna e di suo padre.

«È bellissimo» mormorò come rapito dalla luce che il piccolo diamante dalle mille sfaccettature catturava, come se volesse fare suo tutto il bagliore del mondo per splendere maggiormente.

Era vanitoso il diamante e desiderava che la luce rendesse omaggio solo alla sua bellezza.

Pietro ne ammirò la corona d'oro bianco, screziata, che abbracciava il diamante puro e altero come il ghiaccio con dolcezza, a proteggerlo.

Come un giaciglio la montatura accoglieva la pietra preziosa, la proteggeva e le permetteva di riposare e mostrare la sua bellezza a chiunque la scorgesse.

Egli non poté fare a meno di immaginare quell'oggetto magico adornare la mano esile di Maria.

Sarebbe stato perfetto: la bellezza che incontra la bellezza, senza difetti, senza errori.

In realtà, un errore poteva esistere: lui.

Pietro in quell'esatto momento venne colto da un senso di sconforto ed inferiorità.

«E se rifiutasse? Non ho nulla da offrirle, sono solo un muratore».

La nonna si sporse dalla poltrona rivestita con una copertina lavorata ad uncinetto e prese il volto del giovane nipote tra le mani.

«Le offrirai il dono più importante: la tua anima».

Istintivamente Pietro condusse la sua mano forte e callosa al suo cuore.

Sulla camicia biancastra troneggiava una stella a sei punte.

Il marchio che Mussolini aveva imposto a tutti gli ebrei, il segno che lo identificava come diverso, come sporco, come uomo da disprezzare ed insultare come se fosse privo di sentimenti.

Il giovane accennò un sorriso in risposta allo sguardo vispo della donna e la sua bocca circondata da un leggero prato di barba incolta rivelò una luce più calda di quella dell'anello.

«Allora... vado?» domandò Pietro esitante.

«Cosa aspetti? Vai! Vai!» lo esortò la nonna scacciandolo anche con una mano.

La sua risata roca venne ben presto interrotta da spossanti colpi di tosse che le dilaniavano il corpo smagrito e fragile, ma Pietro aveva già raggiunto il cortile della sua casa a ringhiera per prestarle soccorso.

Il giovane attraversò i campi che collegavano Cavaione a Trucazzano, sfiorando con le mani le foglie delle piante di mais, come se volessero complimentarsi con lui per la sua decisione.

Ben presto Pietro arrivò al panificio Levi.

Si sistemò la camicia sporca di vernice nei pantaloni che successivamente accolsero il gesso dalle sue mani, infine il giovane entrò.

Un uomo gigantesco con le mani bianche di farina alzò il viso tondo dal bancone per osservare il nuovo giunto.

Appena ne ebbe riconosciuto le fattezze, si distese in un sorriso divertito e con un cenno del capo gli indicò il retrobottega.

Pietro ringraziò quello che sognava sarebbe diventato suo suocero e seguì la sua indicazione.

Una meravigliosa giovane donna apparve innanzi ai suoi occhi.

Ella era semplicemente splendida.

Minuta di fisico, possedeva una seducente pelle ambrata, lunghi capelli neri arricciati in boccoli e due smeraldi per occhi.

Era vestita di rosso e sopra l'abito era allacciato un grembiule, anch'esso ornato con una stella a sei punte, la stessa che copriva il cuore di Pietro.

Maria stava infornando delle michette, ma il giovane le sottrasse il vassoio di mano, cogliendola all'improvviso.

«Che spavento!» esclamò Maria dissipando poi la sorpresa con una fresca risata «Come mai sei qui? Vuoi un altro cornetto senza pagare?».

La sua voce era accogliente e il suo tono ironico punzecchiava il giovane che per tutta risposta le cinse la vita, sollevandola da terra e girando assieme a lei.

«Niente affatto: è una cosa importante» replicò baciandola poi velocemente sulle labbra di ciliegia.

«Se mio padre ci vede...» mormorò Maria allontanando maliziosamente il capo e tornando a terra.

Pietro avrebbe voluto dirle che presto non avrebbe più avuto importanza se il signor Levi li avesse visti o meno, quando con un colpo secco la porta del retrobottega venne divelta violentemente.

Maria e Pietro si voltarono repentinamente e scorsero due uomini in divisa nera.

«Pietro Corinaldi e Maria Sara Levi? Dovete venire con noi» disse il primo uomo mentre il secondo spuntava due voci da un elenco.

Maria intravide suo padre salire mestamente su una camionetta, scortato da un terzo uomo.

Istintivamente singhiozzò e si portò le mani alla bocca.

Pietro avvertì il suo cuore battere più velocemente mentre una parola si dipinse chiara nella sua testa: deportazione.

Era un sussurro trasportato dal vento in tutta Italia, un termine pronunciato a metà, una parola che nessuno voleva sentire anche se ormai tutti conoscevano.

Mentre Pietro si avvicinava ai gendarmi, avvertiva il peso dell'astuccio contenente l'anello nella sua tasca destra.

Non poteva permettere che Maria scendesse nell'Inferno senza aver lottato prima.

Il panificio possedeva un'uscita secondaria, posta accanto al forno e Pietro ora si trovava esattamente tra le due camicie nere.

Una di esse gli posò una mano sulla spalla. Il giovane lo intese come un segnale.

Era forte, il suo lavoro gli aveva plasmato i muscoli mentre il suo amore gli aveva dato più coraggio. Con una spallata spinse indietro il primo soldato, dopodiché si gettò sul secondo, facendolo cadere sotto il suo peso.

«Scappa Maria!» gridò mentre lottava con l'uomo.

La giovane indugiò un istante, dopodiché si gettò fuori dal panificio e cominciò a correre slacciandosi il grembiule e lasciandolo cadere a terra per non essere intralciata.

Pietro si rimise in piedi e gettò il vassoio addosso ai due uomini, dopodiché fuggì, seguendo Maria.

La ragazza non aveva mai corso così velocemente in vita sua. I polmoni erano in fiamme, come se respirassero spilli anziché ossigeno, mentre le sue gambe sembravano diventate macigni che si muovevano in virtù della forza della disperazione.

Nelle sue orecchie risuonava solo il tamburo impazzito che era il suo cuore.

Non poteva credere che Pietro fosse stato preso, doveva continuare a sperare che fosse riuscito a salvarsi anche lui.

Maria arrestò la sua fuga appena raggiunto un piccolo capanno ormai in disuso erto in mezzo ad un campo di granoturco.

Spesso, durante le sere d'estate, vi ci si recava assieme a Pietro per ammirare le lucciole e il cielo stellato. La giovane sapeva quindi che il ragazzo l'avrebbe raggiunta lì.

Appena fu dentro, si accasciò su una parete e si lasciò scivolare a terra, scoppiando in lacrime.

Non sapeva cosa fare, dove nascondersi. Non aveva soldi, né amici a cui chiedere aiuto.

Con un gemito Maria trattenne il respiro appena udì il rumore di alcune foglie spezzarsi.

Tremante si aggrappò alla parete di pietra per rimettersi in piedi.

Sulla soglia apparve Pietro.

Il suo volto era madido di sudore e cinereo, ma Maria non vi fece caso e corse tra le sue braccia.

Il giovane cedette e si lasciò cadere sul corpo della ragazza che amava da quando aveva undici anni.

Solo ora Maria notò una macchia rossa allargarsi velocemente sulla schiena.

«No» mormorò singhiozzando.

Dolcemente lo adagiò a terra, sostenendogli il capo.

Le labbra di Pietro erano quasi viola mentre i suoi occhi ballavano incapaci di restare fissi ad osservare il volto di Maria.

«Ti prego» sussurrò la giovane.

Il suo fragile corpo era sconvolto da tremiti e spasmi di paura.

Pietro ansimante ed agonizzante allungò una mano derubata della sua solita forza e provò a pescare qualcosa dai pantaloni, ma la sua presa non era salda e non riuscì nell'intento.

Maria comprese il desiderio del giovane ed annuì recuperando una piccola scatoletta verde.

Ella comprese immediatamente cosa sarebbe dovuto succedere quella mattina.

Le lacrime erano un fiume che scorreva lungo le sue guance mentre scopriva il tesoro dell'astuccio.

Pietro stava cercando di rimanere cosciente, lottando contro se stesso e la stanchezza che stava attanagliando le sue membra sussurrandogli seducente all'orecchio di lasciarsi andare e dormire, riposare.

Maria gli prese il volto tra le mani.

«No no no, non lasciarmi».

Il suo respiro fresco si insinuò tra le labbra dischiuse di Pietro.

Egli sorrise.

«Vuoi...».

Un colpo di tosse seguito da un fischio insano spezzò le parole del giovane che venne colto da spasmi incontrollati.

Gemendo si posizionò su un lato e sputò un bolo di sangue e saliva.

Maria lo tenne per le spalle, accarezzandogli poi il capo.

«Sì» rispose a quella domanda rimasta in sospeso, ma Pietro scosse violentemente il capo.

Doveva essere lui a chiederglielo.

«Sposarmi?» mugolò caparbiamente.

Tra i singhiozzi Maria ripeté la sua risposta e indossò l'anello, mostrandoglielo.

«Ti sposo, vedi? Ho l'anello! Ma tu devi restare con me... lotta per me!».

Pietro sorrise nuovamente, un'espressione serena e rassegnata.

«La mia stella» sussurrò chiamandola come la prima volta che si erano dichiarati rispettivo amore.

Chiuse gli occhi.

Maria si chinò su di lui gemendo ed accarezzandogli il capo.

«Non puoi andartene» disse tra le lacrime.

Strinse il corpo di Pietro al suo petto, dondolandosi.

Il suo cuore voleva gridare, anche se così l'avrebbero sentita, ma a Maria ora non importava più nulla.

Urlò il suo dolore, l'unico suono a squarciare la quiete della campagna.

Un lamento di sofferenza e rabbia, di furia e impotenza.

Il lamento di un'anima uccisa.

Maria accarezzò la schiena di Pietro, tenendolo sempre tra le sue braccia.

Le sue mani si inzupparono del sangue del suo amore.

Gocce scarlatte percorsero le sue dita affusolate andandosi a scontrare con il metallo candido dell'anello.

Il sangue avviluppò il diamante, spegnendo la sua luce per sempre.

   
 
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