I mille volti di un
becchino
Undertaker
non poteva credere di stare per ricevere una visita di Vincent Phantomhive fino al momento in cui non lo vide comparire
sulla soglia della porta d’ingresso del proprio loft. L’uomo si presentò in
tutta la sua eleganza con un sorriso appena accennato sul viso come un
accessorio indispensabile per apparire perfetto.
“Ma che sorpresa, caro Vincent!” esclamò Undertaker
ostentando un’espressione gioconda e appena maligna.
“Ti trovo davvero bene, nonostante siano mesi che
non ci vediamo” disse Vincent entrando nell’appartamento e richiudendosi la
porta alle spalle con un gesto fluido e armonico, come se fosse una manovra
facente parte della sua quotidianità.
“A cosa devo l’onore della tua visita? Tè?” offrì il
padrone di casa e, prima ancora che il suo ospite potesse rispondere, si avviò
in cucina per preparare due tazze fumanti della bevanda.
Vincent si accomodò su di una delle sedie del
soggiorno. Accavallò le gambe e poggiò le mani in grembo in attesa del ritorno
dell’altro uomo. Questi non tardò a ricomparire al suo cospetto con il tè.
“Avrei tanto voluto venire per poter chiacchierare
con te del più e del meno, ma sono qui per tutt’altro motivo in verità.” L’uomo
parlava con un linguaggio forbito e decisamente antiquato per il ventunesimo
secolo. Deformazione professionale, l’avrebbe definita qualcuno. Essendo un
insegnante di recitazione, specializzato più precisamente su opere teatrali
shakespeariane, il suo mestiere aveva profondamente contagiato il suo modo di
parlare rendendolo antico, quasi aulico, cosa che aveva da subito divertito
molto Undertaker.
All’inizio questi aveva pensato che Vincent fosse
talmente calato nella parte del Conte Phantomhive da parlare così anche fuori
dal set solo per immedesimarsi meglio nella parte, ma in seguito, conoscendolo
privatamente, aveva scoperto che il collega era genuinamente arcaico di suo.
Era stato un incontro casuale, in verità.
Per
quel giorno il lavoro di Vincent era terminato.
Il
giovane regista aveva dato lo stop. “Bene, dato che abbiamo ancora un paio di
ore a disposizione”, diceva questi, “direi che possiamo continuare le riprese
nella biblioteca degli shinigami. È arrivato Undertaker?”
“Si
parlava di me?” rispose l’interpellato.
Il
regista saltò dalla sedia come un gatto a cui venga pestata la coda. “Un-undertaker… non potresti evitare di sbucarmi all’improvviso
alle spalle?”
L’attore,
già vestito con i suoi abiti di scena, rispose con una scrollata di spalle. “Si
chiama immedesimazione: se non apparissi di soppiatto che Becchino sarei?”
Vincent
aveva assistito alla scena da lontano e non riuscì a trattenere una risatina
divertita. “Si verificano spesso questi allegri siparietti?” chiese rivolto a
Ciel.
“Purtroppo
sì. Quando c’è Undertaker il livello di
professionalità cala drasticamente.”
“Non
essere così serioso, nipotino” gli disse Vincent, scompigliandogli
amorevolmente i capelli con la mano destra. “Instaurare un certo grado di
simpatia con i propri colleghi è indispensabile per lavorare sereni.”
“Sono
assolutamente d’accordo.” Fu Undertaker a parlare,
ancora una volta sbucato all’improvviso da chissà dove e intrufolatosi nella
discussione senza permesso. “Sbaglio o poco fa avete chiamato Ciel ‘nipotino’?”
“Non
sono affari che ti…” berciò Ciel, ma Vincent lo interruppe. “No, non si
sbaglia. Ciel è proprio mio nipote. È figlio di mio fratello, per essere
precisi.”
“Oh,
ma che cosa curiosa. Avendo entrambi lo stesso cognome ero convinto che foste
davvero padre e figlio, per non parlare della somiglianza.” In quel momento più
che mai, a Ciel Undertaker sembrò del tutto simile ad
una vecchia zitella pettegola il cui unico passatempo è curiosare nelle vite
private degli altri.
Tossicchiò
per attirare l’attenzione su di sé. ‘E’ una convinzione di molti, in effetti’
stava dicendo Vincent. “Zio, non avevi detto che andavi piuttosto di fretta?”
“Non
riesco a ricordare di averlo detto.”
“Sì,
invece, l’hai detto. Tu adesso hai molta fretta!”
Vincent
notò un certo imbarazzo in Ciel: evidentemente quella conversazione sulla loro
parentela doveva metterlo a disagio. Finse di ricordare un impegno improvviso e
si portò teatralmente la mano alla testa. “Temo che Ciel abbia ragione. Devo proprio
andare ora. È stato un vero piacere conoscerla Undertaker”
e sulla scia di queste parole, si diresse verso il proprio camerino.
“Un
tipo davvero singolare tuo zio.” Il tono fin troppo lusinghiero del suo collega
non piacque molto a Ciel. Ignorò le sue parole e silenzioso si allontanò dall’altro
per evitare qualche domanda imbarazzante.
Di
certo, non avrebbe mai immaginato che, una volta che tutti gli attori si
fossero ritirati nei propri camerini, Undertaker
avrebbe trovato nel proprio un biglietto scritto dallo zio in cui lo invitava a
bere qualcosa insieme.
Finite le riprese della nota serie, i due avevano
mantenuto i contatti solo per qualche tempo, ma il lavoro di insegnante di
Vincent aveva assorbito molto del suo tempo. In seguito al successo di
‘Kuroshitsuji’, la discreta fama che il personaggio del padre di Ciel aveva
ottenuto, benché fosse un personaggio molto secondario, unita alla notizia che
lo stesso Ciel era stato suo allievo, aveva impennato il numero di iscrizioni
alla sua scuola del triplo e questo si traduceva in molti più alunni da
seguire, costringendo Vincent a raddoppiare di fatto le ore di lavoro
giornaliero.
Certo, avrebbe potuto chiudere definitivamente le
iscrizioni una volta raggiunto un certo limite di alunni, ma lui non voleva
tarpare le ali ai sogni di quelle giovani menti così entusiaste, anche se
sapeva che molti di loro avevano deciso di intraprendere la strada della
recitazione solo per capriccio e che presto l’avrebbero abbandonata per seguire
un altro sogno, abbandonando poi anche quello.
Ma chi era lui per giudicare? Nessuno! Avrebbe
continuato ad insegnare a chiunque avesse voluto imparare.
“Non dirmi che si tratta di lavoro.” Il sorriso di
Undertaker si spense per far posto ad un’espressione delusa, così insolita da
vedere sul suo viso.
“Precisamente” ammise Vincent, in parte amareggiato
di essersi presentato a lui solo per discutere di affari e non per farsi una
chiacchierata. Girò il cucchiaino nel suo tè fumante, prendendo la tazza per
avvicinarla alle labbra e berne un sorso. “Immagino che tu conosca gli ultimi
sviluppi del manga. Il personaggio del Becchino è stato completamente
rivoluzionato, anche se sarebbe più corretto dire rivalutato. La reazione del
pubblico non ha tardato a farsi sentire. Alla produzione della serie tv sono
arrivate numerose lettere in cui si incitava a girare un remake di Kuroshitsuji
che fosse più inerente alla trama del manga e solo perché i fan desiderano
vedere il Becchino in azione dal vivo.” Si fermò per bere altri due sorsi,
lasciando che la bevanda gli inumidisse le labbra. “Chiaramente questo progetto
non è ancora fattibile, non fino a quando il manga non si concluderà. Ma la
voce dei fan è molto forte e, si sa, essa porta non solo idee, ma anche tanto
denaro. Così il produttore ha deciso di accontentarli almeno in parte.” Fece
una pausa d’effetto per dare maggiore enfasi a quanto avrebbe appena rivelato.
Non c’erano dubbi, era davvero un ottimo attore:
sapeva come calamitare l’attenzione del pubblico, persino quella di Undertaker,
un uomo attratto da diverse cose contrastanti contemporaneamente e la cui
concentrazione era più sfuggente di una biscia. Vincent era una delle poche
persone che riusciva a mantenere vivo il suo interesse, attirando il suo
sguardo di giada attraverso la cortina della frangia d’ardesia.
“Vuole girare un nuovo OAV. Un prequel di
Kuroshitsuji, in cui il Conte Vincent Phantomhive, cane da guardia della
Regina, risolverà un caso a Londra in compagnia del Becchino!”
“Ma non mi dire” commentò Undertaker,
minimizzando con queste poche parole tutto il pathos del momento. Si concentrò
sul suo tè, ormai bevuto per due terzi. Aprì la biscottiera accanto a sé e ne
estrasse un biscotto a forma di osso. Nella realtà quelli sarebbero stati un
alimento per cani, ma Undertaker li aveva appositamente commissionati alla
pasticceria che si era occupata della loro produzione durante le riprese di
Kuroshitsuji: si era in un certo senso affezionato a quel vezzo e voleva
conservarlo. “Fammi indovinare. Quella carogna del produttore ti ha mandato qui
per convincermi ad accettare questo nuovo lavoro, ben sapendo che se me lo
avesse chiesto lui avrei rifiutato.”
“Il tuo acume è sorprendente. Ma a dire il vero non
capisco perché dovresti rifiutare.”
Il viso di Undertaker si rabbuiò d’un tratto. Molti
aspetti del suo vero carattere coincidevano con quelli del personaggio del
Becchino, ma c’erano anche delle differenze sostanziali. In fondo, Undertaker
era un essere umano e come tale non poteva permettersi il lusso di prendere
alla leggera la vita, il lavoro o qualsiasi altra questione davanti alle quali
il Becchino si sarebbe fatto una sonora risata. Lui era un essere eterno,
Undertaker no.
L’uomo si sollevò la folta frangia, rivelando così
il suo sguardo affilato, quasi felino. Si ravviò i capelli, lasciando che
qualche ciocca argentea gli rigasse la fronte.
Vincent provava sempre un brivido quando aveva
l’onore di vedere i suoi occhi smeraldini e l’interezza del suo volto dai
tratti nobili, affascinante come poche persone al mondo. Egli come insegnante
di teatro era un intenditore in tale campo e Undertaker era il prototipo
dell’attore magnetico a cui bastava un semplice sguardo per trasmettere e
suscitare mille emozioni in coloro che lo guardavano. Aveva il fascino dell’attore
d’altri tempi, quelli dei film in bianco e nero il cui volto è rimasto
indelebile nelle menti di migliaia di persone in tutto il mondo.
Per Vincent poter lavorare al fianco di un attore
suo pari era un grande privilegio. Eppure non comprendeva perché un uomo così
bello e con un grande potenziale si accontentasse di ricoprire ruoli marginali,
bizzarri e che offuscavano la sua bellezza. Avrebbe potuto avere il mondo ai
suoi piedi se solo lo avesse voluto, eppure, nonostante avesse intrapreso la
carriera dell’attore, non sembrava essere la fama ad interessarlo.
“Io ho scelto di interpretare il ruolo del Becchino
perché era un personaggio divertente, frizzante. Quando entrava in scena lui le
risate erano assicurate per il pubblico. La gente lo amava nonostante non
avesse mai mostrato il suo volto. C’erano già fin troppi uomini affascinanti in
quella serie che attiravano le attenzioni femminili.” Rivolse a Vincent un
sorriso malizioso, intendendo chiaramente che anche lui era incluso in quel
gruppo di ‘uomini affascinanti’. L’amico
gli sorrise di rimando, ma senza prendere parola. “Adesso mi stanno chiedendo
di cambiare questo personaggio e di degradarlo al livello di un belloccio solo
per soddisfare le fantasie delle fan: no, non ho intenzione di umiliare il
Becchino in questo modo!”
“Credo che tu stia drammatizzando la situazione. Il
personaggio non verrà stravolto, semplicemente acquisirà delle sfaccettature
nuove.”
“Queste nuove sfaccettature che tu dici non faranno
altro che offuscare le vecchie, quelle che il pubblico conosce e che ha sempre
apprezzato. Lo so che ormai nel manga il Becchino è diventato una specie di sex
symbol, ma io preferisco preservare la sua immagine
comica almeno nella trasposizione televisiva. Io ho sempre sognato di fare l’attore
comico, ma sono sempre stato scartato perché, a quanto pare, la mia faccia non
era adatta a ricoprire simili ruoli. Il Becchino era perfetto per me. Che ci
posso fare, io non sono un figo: è che mi disegnano così!” Scrollò le spalle in
segno di rassegnazione pur ostentando un sorriso divertito.
Vincent sospirò. Non poteva costringere l’amico ad
accettare di recitare un ruolo che non sentiva suo e obbligarlo quindi ad
abbandonare ogni suo principio per abbassarsi al livello di quegli attori di
poco valore che andavano avanti solo grazie al loro fascino, suscitando urla
isteriche e una eccessiva salivazione nelle donne al loro passaggio.
Posò la tazza piena di tè ancora a metà. Disincrociò
le gambe e si issò in piedi osservando il collega con un’espressione di muta
rassegnazione. “Bene, non insisto oltre. Il produttore non la prenderà bene, ma
penserò io a spiegargli ogni cosa. Mi ha fatto molto piacere rivederti e grazie
per il tè.” Si incamminò verso la porta con lo sguardo di Undertaker conficcato
nella schiena come un dardo. Aveva la netta sensazione che l’altro avesse
voluto dirgli qualcos’altro, ma ciò non avvenne. Aprì la porta e la richiuse
alle sue spalle con il silenzio dell’amico in sottofondo. L’ultimo suono che
udì fu quello di un biscotto che veniva spezzato in due tra i denti di
Undertaker.
Gli alunni dai quindici ai
diciannove anni erano seduti in cerchio sul pavimento di parquet mentre
ammiravano rapiti il loro maestro. L’argomento della lezione era la gestualità
del teatro e Vincent muoveva le mani disegnando arabeschi nell’aria per
accompagnare le proprie parole e dar loro corpo.
“Essere o non essere: questo è il problema; s'egli
sia più nobile soffrire nell'animo le frombole e i dardi dell'oltraggiosa
Fortuna, o prender armi contro un mare di guai, e contrastandoli por fine ad
essi.” Il celeberrimo monologo dell’Amleto era sempre stato il suo cavallo di
battaglia. Era stato proprio lui a proporre di usare la famosa opera shakespeariana
come tema cardine del primo OAV di Kuroshitsuji. “
Morire, dormire... nient'altro; e con un sonno dire che noi poniam
fine alla doglia del cuore, e alle mille offese naturali, che son retaggio
della carne; è un epilogo da desiderarsi devotamente, morire e dormire!
Dormire, forse sognare, sì, lì…”
La melodiosità della sua voce fu spezzata dal suono
di tacchi che avanzavano verso di loro come una serie di note stonate nel bel
mezzo di una sinfonia al pianoforte.
L’uomo girò la testa nella direzione da cui
provenivano i passi e così fecero tutti gli studenti, ventitré in tutto.
“Sono spiacente, ragazzi, ma per oggi la lezione è
terminata” esordì il nuovo arrivato coronando la frase con una risatina
sarcastica.
Un coro di esclamazioni stupite si levò nella grande
stanza e tutti iniziarono a bisbigliare tra loro. ‘È Undertaker!’ dicevano
alcuni, ‘Sì, è proprio lui!’ esclamavano altri in un brusio crescente.
Vincent batté le mani una sola volta per attirare
l’attenzione di tutti. “Ragazzi, vi prego, un po’ di educazione. La lezione
finisce qui per oggi, altri impegni richiedono la mia presenza. Cercheremo di
recuperare il tempo perduto oggi durante la prossima settimana.”
Undertaker sfoggiò un ampio sorriso. Era
spettacolare vedere tutti quei giovanissimi ragazzi, in un’età solitamente poco
incline all’ubbidienza, mentre andavano via senza controbattere nulla: la proprietà
di linguaggio di Vincent e la sua capacità di modulare la voce nel modo più
ammaliante possibile avrebbero permesso a quell’uomo di ingannare persino il
diavolo in persona.
Erano passati tre giorni dal loro precedente
incontro e Vincent sembrava seriamente stupito della visita di Undertaker,
presentatosi a lui con uno dei suoi soliti completi a dir poco improponibili,
un genere di vestiario che poteva stare bene solo indosso ad un uomo eccentrico
come lui: giacca e pantalone viola con righe nere, camicia di una tonalità di
viola più scura e cravatta lilla. “Non è stato molto educato da parte tua
venire qui ben sapendo che stavo tenendo una lezione e per di più ordinando ai
miei alunni di andare via.”
“Non potevo aspettare” si giustificò Undertaker con
una scrollata di spalle.
“Cosa ti preme così tanto?”
“Ho riflettuto sul contratto di lavoro che mi hai
proposto. Sai, devo dire che mi hai davvero deluso.” Undertaker si avvicinò
all’amico a passi lenti ma ampi, fino a portare la distanza a circa un metro.
Vincent teneva puntati i suoi occhi nocciola in
quelli verde giada dell’altro, le braccia incrociate sul petto, le gambe
leggermente divaricate e la schiena dritta e fiera. Non era offeso dalle parole
del collega, solo molto curioso. “In particolare cosa ho fatto di così
deludente?”
Un sorriso sornione fece capolino sulle labbra di
Undertaker. “In ‘Kuroshitsuji’ il Becchino e il primo Conte Phantomhive non
hanno purtroppo una singola scena in cui compaiono insieme, benché la storia
lasci intendere che i due si conoscevano. Tuttavia, noi ci siamo comunque
incontrati sul set e abbiamo avuto modo di allacciare una certa amicizia al di
fuori di esso. Quando sei venuto a propormi di girare un OAV insieme, nel tuo
sguardo ho visto chiaramente una scintilla di gioia. Il progetto ti
entusiasmava e non perché avresti avuto un ruolo da protagonista,
assolutamente, tu sei un maestro, tu vivi di luce riflessa dal successo dei
tuoi allievi. Semplicemente, ti piaceva l’idea di poter finalmente recitare al
mio fianco e imprimere su una pellicola cinematografica l’amicizia che ha
legato il Becchino al Conte, esattamente come quella che lega noi due.”
Undertaker fece una pausa e Vincent prese la parola.
“Ancora non capisco dove ti abbia deluso in tutto questo.”
“Non hai insistito” fu la lapidaria risposta del
collega.
“Sei un adulto assolutamente capace di intendere e
di volere. Io ho rispettato la tua scelta e non mi sarei mai potuto permettere
di forzarti a fare qualcosa che non volevi.”
“Magari lo volevo eccome!” Il sorriso di Undertaker
si aprì fino a mostrare una chiostra di denti bianchi e lucidi come una fila di
perle.
Gli occhi di Vincent, da prima seri e
imperscrutabili, mostrarono stupore e un accenno di timore persino. D’istinto
portò indietro la testa come se volesse allontanarsi, ma riprese subito il
controllo del proprio corpo rimanendo fermo dov’era. “E tutto il tuo discorso
sul personaggio del Becchino e sul non volerlo umiliare?”
“Siamo attori!” esclamò giulivo Undertaker
allargando le braccia e facendo una mezza piroetta su se stesso. Percorse la
stanza quadrata pavimentata in parquet ad ampie falcate. “Possiamo far credere
al nostro prossimo tutto quello che vogliamo. Mi sorprende come tu, maestro,
non sia riuscito a notare la finzione dietro la mia recita. Oh, che delusione
sei stato!” conclude Undertaker imprimendo alla voce un tono volutamente
melodrammatico, come se avesse subito un terribile tradimento.
Vincent accennò un sorriso divertito dinanzi quella
pantomima. “Questo vuol dire che accetterai il contratto?”
“No.” Con un solo passo, Undertaker gli fu
nuovamente vicino, molto più vicino di prima. “Come detto mi hai deluso.”
“E cosa posso fare per farti cambiare idea?”
Undertaker gli afferrò il mento con l’indice e il
pollice, badando a non ferire il bel volto nobile di Vincent con le unghie
lunghe, un altro vezzo appartenuto al personaggio del Becchino che aveva
conservato fuori dal set. “Se davvero ci tieni a recitare fianco a fianco con
me…” le labbra si arcuarono in un sorriso mefistofelico, “… dimostramelo.”
Vincent deglutì rumorosamente a quella provocazione.
Il tono di voce di Undertaker era diventato spaventosamente sensuale e le sue
labbra carnose distavano solo pochi millimetri dalle sue.
Quella sera stessa, Vincent portò il
contratto per il nuovo OAV di Kuroshitsuji al produttore con apposta la firma
di Undertaker, simile ad uno scarabocchio.
Poggiò i fogli sulla scrivania dell’uomo con
un’espressione tronfia e pienamente soddisfatta: il produttore avrebbe supposto
che fosse per la buona riuscita del suo compito, non potendo immaginare che
dietro quel sorriso compiaciuto si nascondeva ben altro.
“Bene, bene, bene: ottimo lavoro! Sapevo che
Undertaker non ti avrebbe detto di no. Quell’uomo è troppo strano per me, non
so mai cosa gli passi per la testa. Ho fatto proprio bene ad affidarmi
completamente a te. Ma dimmi, come hai fatto a convincerlo così presto? Pensa
che mi ha chiamato tre giorni fa dicendomi che eri appena stato da lui e che
accettava il contratto. Incredibile! Stentavo quasi a credere che ci fossi
riuscito!”
Vincent sbarrò gli occhi per lo sgomento. “Un
momento: hai detto che tre giorni fa ti ha chiamato per confermarti tutto?”
“Sì, è quello che ho detto ed è quello che mi ha
detto lui. Lo dici come se non lo sapessi.”
Vincent si morse la morbida carne della guancia
interna per non rischiare di rivelare quanto accaduto. Quell’Undertaker lo
aveva ingannato sin dal primo momento! Aveva deciso di accettare il contratto
non appena Vincent gliene aveva parlato, mettendo in piedi una sceneggiata
davvero lodevole.
Si sarebbe persino congratulato con lui per la sua
maestria. Non c’è che dire: lo aveva praticamente fottuto, in tutti i sensi!
“Capisco” si limitò a dire Vincent, mostrando una
pacatezza nella voce e una seraficità nei gesti che ben mascheravano
l’irritazione che provava dentro. Aveva ammaestrato il proprio corpo e le
proprie corde vocali affinché non si lasciassero mai guidare dalla rabbia o
dalla frustrazione. “Sono certo che sarà molto divertente questo OAV!”
Undertaker
si era preso gioco di lui, ma anche Vincent sapeva essere un ottimo
commediante: non gliela avrebbe fatta passare liscia e di tempo per vendicarsi
ne avrebbe avuto.
Come aveva detto Undertaker
‘Siamo attori!’ ed erano abituati ad indossare una maschera che celasse la loro
vera faccia.
Note
dell’autrice
Finalmente
mi sono decisa ad apportare le dovute modifiche a questa shot
che era già un po’ di mesi che macerava nel mio pc. Alla fine dovevo solo
inserire qualcosina ma proprio non trovavo la voglia di farlo.
È
un ennesima fic su una coppia a dir poco bislacca in
questo fandom (e la seconda con protagonista Phantomhive padre), ma mi piace sperimentare nuove cose e i
due insieme non mi dispiacevano. Non so se ritenermi del tutto soddisfatta. La scena
lemon non l’ho inserita perché non ce la vedevo
molto, a dirla tutta.
Anche
questa storia è tratta dall’OAV ‘The Making of’
quindi non ho inserito l’avvertimento AU di proposito.
Spero
vi sia piaciuta e ricordo che ogni commento, anche solo di un rigo, mi fa
sempre tanto piacere :3
Questa
storia partecipa alla challenge: Diamo
visibilità a chi non ne ha.