Scese dall’auto: lo vedeva già, steso a terra, il volto
contratto in una smorfia di dolore.
Camminava senza fretta. Sapeva che stava bene.
Si sedette sul cumulo di terra, proprio accanto a lui. Nella
sua testa quelle parole: “Buon viaggio. Ti amo.”
Quando gli aveva chiesto cosa aveva voluto dire, con quella
frase, lui le aveva risposto che era un po’ su di giri. Non si controllava. Ma
lei sentiva, sapeva che non era così.
-Stai bene?
-Mai stato meglio.
Lui la guardò; allungò il braccio a prendere quello di lei.
Le loro mani scivolarono l’una verso l’altra, e si intrecciarono.
Dio solo sa quanto aveva avuto paura di perderlo, quell’essere
così cinico e crudele! Quanto aveva odiato l’FBI… Aveva avuto paura che
morisse. Aveva avuto davvero, davvero paura.
Ma ora era là, con lei, la mano nella sua. Era suo.
“Patrick…”
Avrebbe voluto dire tante cose, ma non spezzò quel momento.
Rimasero lì, in silenzio, circondati da urla, sirene della polizia, circondati
dal caos più totale, eppure soli. Soli in mezzo a tanta gente.