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Autore: Milla Chan    25/08/2012    2 recensioni
Non gli interessa quanto farà male. Ah, ma non intende il dolore della morte. Quello accadrà in fretta, molto in fretta, tanto da non accorgersene. La cosa più dolorosa sarà tornare in vita, lo sa bene. Non sopporta la sua natura, il suo salvarsi a tutti i costi, in ogni situazione. Lui non è fatto per essere salvato.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Islanda
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Eirik si affaccia alla finestra e sente un vuoto nello stomaco.
 
Vuoto.
 
È la parola chiave di tutto.
Il vuoto che sente dentro il petto, il dolore conseguente, il vuoto nella testa, dove non trova vie di fuga, il vuoto attorno a lui, la sensazione di non poter rimediare in alcun modo alla solitudine.
 
Il vuoto. Il vuoto lo sta uccidendo.
 
Lentamente, giorno dopo giorno, del dolore peggiore e più devastante, lo sta decomponendo, lo sta facendo rinchiudere in un guscio dove sperava di trovare la sua libertà, ma che di fatto sta diventando sempre più opprimente, riempiendosi del vuoto.
 
Ne ha avuto abbastanza, basta, davvero basta.
 
Non sta impazzendo. È solo terribilmente, terribilmente stufo.
Da quanto va avanti? Anni.
Avevano detto che sarebbe passato con il tempo.
Avevano detto che ci si sarebbe abituato e quella brutta sensazione sarebbe sparita.
Avevano detto che toccava a lui combattere quella condizione.
Ma non ne è in grado. Non è così forte, non lo è abbastanza.
Perché, quando si guarda allo specchio, realizza che vorrebbe romperlo, per non vedere più il suo riflesso penoso, guarda le occhiaie che gli contornano gli occhi e si dice che non c’è niente, niente, assolutamente niente al mondo che lui detesti di più.
 

Non vuole fare cose plateali, non griderà pateticamente come nei film, non avrà il cuore che batterà a mille né lo sguardo spaventato.
 
È paradossale. Quello che lo ucciderà non sarà il vuoto. Sarà la terra, dopo il vuoto, e non lo turba neanche un po’. Lo fa sentire sollevato.
 
Più fastidioso è sapere di non poter far smettere tutto, veramente, per sempre.
 
Ma lui non sta affrontando la situazione con leggerezza, l’idea che sarà solo per poco tempo non smorza il tutto. Non è vero che non deve preoccuparsi della sua salute o della sua vita perché “tanto poi si rivive”. No, non va affatto così.
 
È tanto importante quanto quella degli umani, la loro vita. Ogni volta che muore, qualcosa in lui se ne va e non torna più. Un piccolo, piccolissimo pezzo della sua anima, forse non fondamentale, ma sicuramente importante.
 
Si siede sul davanzale e appoggia una spalla allo stipite, guardando distrattamente la stanza spoglia e sentendo l’aria leggera che gli accarezza i capelli.
 
Non gli interessa quanto farà male.
Ah, ma non intende il dolore della morte. Quello accadrà in fretta, molto in fretta, tanto da non accorgersene.
La cosa più dolorosa sarà tornare in vita, lo sa bene.
Non sopporta la sua natura, il suo salvarsi a tutti i costi, in ogni situazione.
Lui non è fatto per essere salvato.
 

Il male del secondo in cui tocca terra prolungato per minuti interminabili, il cuore che torna a battere contro la sua volontà e che gli stringe il petto in una morsa dolorosa. Una fitta insopportabile, che gli fa sentire il sangue caldo scorrere nelle vene, prendendosi gioco di lui mentre affoga nell’aria, sopportando le ferite esterne e interne che si rimarginano.
Questo. Questo sarà il rivivere.
Farà male, farà dannatamente male, forse urlerà anche, per il dolore. Ma se riuscisse a piangere, forse sarà un po’ meno doloroso e si scioglierà anche quel peso sul petto.
 

Si è chiesto se ne valga la pena.
 

Poi ha capito che, sì, l’importante è avere la mente sgombra da tutto.
Il dolore non importa, ci è abituato. Metterà fine a tutto e sarà bellissimo, anche se solo per poche ore. O minuti. Tanto non se ne renderà conto. Gli sembrerà di dormire, riposarsi senza sosta per giornate intere, senza incubi né sogni.
Stare in pace con se stesso. Non vorrebbe altro.

Tira un lungo, lunghissimo sospiro.

Non esita e scivola indietro, il volto rilassato e gli occhi chiusi.
 
Si assapora l’attimo in cui cade nel nulla, decine di metri che spariscono in pochissimi secondi, avvolto dal vuoto in cui vive, che tanto ama e tanto detesta.

 
Dischiude le palpebre per un momento e solo allora nota quanto il cielo grigio sia davvero luminoso, prima che tutto diventi nero.
 
 
C’è una leggerezza densa e silenziosa, riflessa negli occhi opachi.
 
 
 



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Oh hey, ciao, chi si vede, qual buon vento, sono tornata con una cosa super deprimente!
Tanto per cambiare!
...Ora alla mia lista di temi trattati nelle mie fanfiction aggiungerò “suicidio” dopo i gioiosi “violenza psicofisica”, “stupro”, “pestilenza”, “morte”, “pazzia” e “solitudine”.
...Sono una scrittrice molto allegra, a quanto pare! XD
Basta, d’ora in poi mi dedicherò al fluff estremo!

   
 
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