Don't
look so
frightened this is just a passing phase, one of my bad days.
Pink Floyd - One Of My Turns
VOICES
IN MY HEAD SAYING: “SHOOT
THE FUCKER DOWN!”
Oakland, CA –
Agosto 2012
- …e
nelle prossime settimane si prevedono temperature oltre i quaranta
gradi! Se fossi in voi preparerei un viaggio in Alaska!
Hahaha…-
- Non fai ridere,
coglione! – disse l’uomo con voce sprezzante,
asciugandosi la fronte con una
mano per poi spegnere con un pugno la radio da cui usciva la voce
stridula del
DJ più sfigato di tutta la California.
Armstrong, quel giorno,
tornava da una giornata stressante e afosa passata a casa di Mike
insieme a
Trè, entrambi dannatamente presi dalla ripresa del tour.
Mike con le solite
ansie, Trè col solito sovraccarico di energie. Lui, Billie,
dal canto suo era
entusiasta, Oh, Love andava forte
e
sembrava che il pubblico fosse impaziente di scoprire la trilogia.
Eppure c’era
qualcosa che lo rendeva inquieto, una specie di prurito insopportabile
sul
fondo dello stomaco, come una specie di presagio. La stessa sensazione
che lo
stava facendo girare a vuoto da un’ora per tutta Oakland.
- Fanculo! –
esclamò
improvvisamente, inchiodò e scese dalla macchina sbattendo
lo sportello.
- Ma dove cazzo mi trovo?
– domandò a se stesso.
Alle quattro del
pomeriggio, in pieno Agosto, Oakland era deserta, poiché
tutti erano al mare a
bruciarsi sotto il sole o a fare surf.
Si guardò intorno,
percependo un che di familiare in quel posto, ma senza coglierlo.
Rimase fermo
ad osservare l’edificio bianco di fronte a sé per
qualche minuto, a fissare i
movimenti ondulatori degli alberi sfiorati dal caldo vento del Sud.
- Oh porca puttana,
com’è
che ci sono arrivato a Rodeo? – si chiese, riconoscendo dopo
qualche minuto la
Pinole Valley School. Un sorriso increspò le labbra di
Armstrong.
- Oh cazzo! –
esclamò,
passandosi una mano tra i capelli corvini, prima di avvicinarsi
all’insegna
ingiallita posta nel vialetto che portava all’entrata
sbarrata dalle catene.
Sfiorò la scritta di legno con delicatezza, accarezzando la
superficie ruvida
con le punte delle dita ormai incallite.
- Non è cambiato un
cazzo!
– disse, iniziando a perlustrare il perimetro
dell’edificio, trovandosi subito
di fronte al cortile, sede dei primi concerti dei Sweet Children.
- Cristo, che ricordi! –
esclamò a se stesso, continuando la sua
“gita”. Gli bastò percorrere pochi
metri prima di ritrovarsi sotto la finestra della classe di Mike. Per
un attimo
gli sembrò di vederlo, mentre si affacciava per lanciargli
l’ennesimo foglio
stropicciato su cui scriveva gli accordi per una nuova canzone.
- Ci si
vede stasera al Gilman! Mi raccomando, non
fare il solito figlio di puttana che arriva in ritardo!
- Non
dipende da me, Mike, lo sai! Se quella stronza
di mia madre non mi facesse sgobbare…
- Dai,
smettila di lamentarti! Vado! Ho lezione.
- Ciao
secchione!
- Ciao
nano ignorante!
Billie riaprì gli occhi
tornando al presente. Era curioso come quegli anni così
frustranti fossero
ancora vivi nella sua mente, dopo successi mondiali e
vent’anni di carriera.
- Non puoi far finta che io non esista!
Billie sobbalzò. Si
guardò
intorno senza però scorgere nessuno. Eppure aveva sentito
qualcuno parlare, ci
avrebbe scommesso le palle.
- Con sto caldo sto
diventando scemo! – sussurrò a se stesso.
- No, è diverso, sono scemo!
Questa volta gli prese un
colpo sul serio. Aveva sentito quella voce chiaramente, limpida come il
mare di
luglio. Ed era tremendamente famigliare.
- Dove cazzo sei? – gli
sembrò davvero stupido parlare a qualcosa che non riusciva a
vedere e a trovare
nonostante avesse preso a girare a vuoto intorno all’edificio.
- Come dove sono? Nello
stesso posto, coglione! Il bagno!
Sta volta il colpo allo
stomaco arrivò puntuale. Avrebbe giurato che,
vent’anni prima, quelle parole
sarebbero scivolate dalla sua bocca per chiamare l’ennesimo
cliente a cui
avrebbe spulciato due dollari per uno spinello. Raggiunse allora la
finestra,
stranamente spalancata, del bagno dei maschi posta a piano terra e
senza
esitare ci sbirciò dentro.
Un ragazzino, capelli biondi
e vestiti enormi nonostante fosse estremamente magro, era seduto su uno
dei tre
lavelli che ancora, dopo vent’anni, arredavano quel cesso
sporco e puzzolente.
Gambe raccolte al petto e sigaretta in bocca, aveva la fronte
appoggiata alle
ginocchia, il volto nascosto nell’ombra.
- Sei tu che hai parlato?
- Seh. – rispose il
ragazzetto con voce monocorde.
- Come mai tutta sta
voglia di chiuderti in un fottuto cesso di una fottuta scuola?
È estate…
- E allora?
- Beh, che cazzo ne so,
non hai amici con cui andare al mare o per divertirti?
- No, mi hanno lasciato
qui. – disse con tono triste.
Billie si sentì
contorcere
le budella. Perché cazzo quel ragazzetto impertinente gli
faceva tanta
tenerezza?
- Non è tenerezza,
è pena!
- Che? – disse Billie che
rimase a bocca asciutta.
- Sento i tuoi pensieri,
coglione, ancora non
l’hai capito?
Ancora non mi hai riconosciuto. Sei proprio diventato un vecchio di
merda.
- Senti figlio di puttana,
forse tu non hai capito chi sono io.
- E che cosa sarò,
eh?? – disse il ragazzetto,
alzando per la prima volta la testa.
Billie rimase impietrito,
incapace di parlare o pensare qualsiasi cosa.
- Diccelo Armstrong, cosa
siamo diventati? Rock star? Stramiliardari con le ville e le puttane?
Ah, no,
scusaci, c’è Adie, la nostra Adie, che
l’hai fatta diventare una povera
casalinga, illusa che suo marito sia l’uomo più
fedele sulla faccia della
terra!
- Non parlare di lei in
questo modo, stronzo! Non sono il tipo che va a puttane e, stanne
certo,
abbiamo pagato per i nostri errori! – Billie fu sbalordito
dalle sue stesse
parole. Finalmente aveva capito. Quello di fronte a lui era il passato.
Era
Billie, il mocciosetto scapestrato che era stato vent’anni
prima. – Adie ci ha
perdonato ogni errore e non ho intenzione di farne altri.
- Beh, non fino a quando
non troviamo un’altra sconosciuta che ci spalanca le gambe
davanti agli occhi,
vero? – disse il giovane Billie avvicinandosi al davanzale
della finestra con
un sorriso beffardo.
- Smettila di parlare
così. Ho smesso di essere come te!
- Ah si? Beh, ci puoi
contare. A parte il fatto che continui a farci scopare da Mike e da
Frank come
una puttanella di periferia, vero? Beh, non ti nascondo che ti stimo
per
questo!
- Non ho ancora intenzione
di perdere tempo con te, stronzo. Me ne vado.
- Eh si, tu sei abituato
così – disse il giovane, avvicinando la sigaretta
alla bocca e aspirando – Te
ne sei sempre andato da ciò che dimostra la nostra vera
natura. Hai
ridicolizzato il nostro essere puro e sincero su un fottuto
palcoscenico a
Broadway, hai preso ciò che restava di me,
gli hai cambiato faccia e l’hai chiamato Jimmy! Io non sarei mai stato stronzo come te!
- Perché? Che cosa ti
avrei fatto di male, sentiamo!? – Billie ne aveva piene le
palle ormai – Ho
lavorato duro, lo sai questo? Lo sai quanti cazzotti in faccia abbiamo ricevuto, eh? I tuoi cari amici
del Gilman te l’hanno anticipato che si stanno lucidando le
scarpe solo per
prenderti a calci in culo? Lo sai che diventerai padre due volte e
sarà la cosa
più bella del mondo? Neanche un concerto a Woodstock
equivale a tuo figlio che
ti si addormenta tra le braccia. Ma tu che cazzo ne sai? Sei sempre
stato un
fottuto egoista e credi ancora che tutto ciò che facciamo
sia solo ed
esclusivamente per noi stessi! La musica è la nostra vita e
probabilmente non
c’è bisogno che te lo faccia presente.
- E quella che farò tu
la
chiami musica? Ma fammi il piacere! – disse scoppiando a
ridere. – Someone kill the DJ,
shoot the fucking DJ…-
canticchiò il giovane scimmiottando la sua stessa voce
– cazzo, questa si che è
una canzone!
Billie si sentì morire
dentro. Probabilmente, il ragazzetto che aveva di fronte, per una volta
da
quando aveva iniziato a parlare, aveva ragione.
- Io
ho sempre ragione!
- Beh, ciò vuol dire che
anch’io ho ragione.
- Ho detto io,
non noi. Io non sono come te.
- Lo so, ma ho sempre
avuto bisogno di te per resistere e andare avanti. Ma anche tu hai
avuto
bisogno di me e degli altri. Se non
fosse stato per Mike e Trè, all’alba dei
ventisette avremmo assaporato la terra
e dimenticato la luce.
- Wow, che poesia.
Dovresti scriverci una canzone lo sai?
- Per te la vita è
sempre
valsa poco.
- Ciò che è
ingiusto vale
sempre poco.
- Ti sbagli, serve per
crescere!
- Io non voglio crescere!
Sei tu quello che è
diventato un
vecchio di merda montato e paranoico! Sei cresciuto e mi hai lasciato
qui
portandoti via Mike e Frank, gli unici che ancora non sei riuscito ad
ammazzare!
- Io non ti ho ucciso!
- No, mi hai abbandonato,
ma stai tranquillo che quel momento arriverà presto!
- NO! – disse Billie
incerto sul da farsi nonostante la situazione fosse tra le
più assurde che
avesse mai vissuto. – Posso portarti con me!
- Troppo tardi Billie,
dovevi portarmi sempre con te e non lo hai fatto! Mi hai lasciato qui,
in
questo cesso come una merda dimenticando di tirare la catena.
– disse il
giovane mentre gli occhi smeraldini gli si riempivano di lacrime.
Billie si passò una mano
sulle guancie, scoprendole bagnate come quelle di se stesso, giovane,
bello e
incazzato oltre il davanzale di quella finestra.
- Che cazzo vuoi fare? –
disse il ventenne arretrando, mentre Billie si issava sul davanzale e
saltando
nel bagno.
- Non è mai tardi! Vieni
con me, ti prego!
- No, mai! –
urlò Billie,
mentre le lacrime si moltiplicavano insieme ai singhiozzi, le spalle
scosse da
spasmi.
- Calmati, ti prego!
- Non dirmi quello che
devo fare! – e così dicendo, il giovane Billie
sputò in faccia al vecchio –
Dimenticati di me! Io non esisto chiaro?
- Come faccio a dimenticarci? È impossibile! Sei parte
di me, noi
siamo una cosa sola!
- Mai!
- Pensa ai tuoi figli,
Billie!
- Vaffanculo!!!
- No! Pensaci! Pensa a
Frank, Mike!
- Non nominarli, figlio di
puttana! – urlò.
- Pensa a Adie!-
- Stai zitto!!! – e
così
dicendo, il giovane tappò la bocca a Billie con una mano e
lo spinse dentro a
una delle cabine in cui vi erano i cessi. Gli diede un’altra
spinta e lo fece
sedere sulla tazza, immobilizzandolo piantandogli un piede nel petto.
- Stai sbagliando Billie!
- No, tu ti sbagli se
credi che mi farai cambiare idea, Armstrong! È impossibile
“chiedere perdono a
una pietra”, non so se ricordi! – disse il giovane,
la faccia e gli occhi
attraversati da una scossa di follia.
- Ti prego Billie!
- Prega i santi,
Armstrong! Quando ammazzi qualcuno puoi solo pregare. – e
così dicendo portò
una mano alle tasche posteriori dei pantaloni, estraendone una pistola.
- Che cazzo vuoi fare?? –
disse Billie che iniziò a scalciare e a divincolarsi, ma il
giovane premette il
piede sul petto, immobilizzandolo ancora di più.
- Mi pianto una pallottola
in fronte! E la cosa bella è che anche se la pistola la
impugno io, la mano che
mi ammazzerà è la tua!
- Billie non, lo fare, ti
prego. – urlò Billie ormai in preda al panico.
- Va
tutto bene Billie, calmati…
- Chi cazzo ha parlato? –
disse il giovane, ma Billie continuava a dimenarsi sulla tazza del
cesso.
Il giovane ignorò il se
stesso che aveva di fronte e poggiò la canna della pistola
contro la tempia.
- Addio, Armstrong!
-
Billie respira…
- NOOOOOOOOOO! – e Billie
strinse gli occhi prima che lo sparo gli colpisse dolorosamente i
timpani.
Non ebbe il coraggio di
aprire gli occhi. Non voleva vedere se stesso inerme a terra, con un
buco in
testa e i capelli biondi schizzati di sangue. Continuò a
piangere.
-
Billie, apri gli occhi, ti prego!
All’improvviso,
sentì la
pressione che il piede di Billie esercitava sul suo petto.
- Billie? Tutto bene.
Ma quella non era la sua
voce. Aprì gli occhi e fu invaso dall’azzurro.
- M-mike? C-che ci fai
qui?
Mike lo guardava
preoccupato, nonostante avesse iniziato a distendersi in un sorriso.
- Secondo te dove siamo?
- A Rodeo…
- A Rodeo?? Fratello,
abbiamo lasciato la California da un pezzo! Tra un po’
atterriamo in Giappone!
Billie lo guardò
interrogativo, alzò la testa e si guardò intorno,
accorgendosi di essere su un
aereo.
- Era solo un incubo! –
disse Mike dolcemente, asciugando una lacrima che aveva bagnato la
guancia di
Billie. Quest’ultimo lo guardò, disperato ma
felice che ciò che aveva visto non
fosse la realtà.
- Mike?
- Dimmi.
- Secondo te sono un
figlio di puttana, egocentrico, egoista e paranoico?
Mike lo guardò stupito.
Poi gli sorrise e disse: - A me non importa chi sei o cosa fai. Conosco
i
perché, conosco il tuo amore per la musica che è
identico al mio. Non me ne
fotte un gran cazzo dei tuoi difetti, ti voglio e ti accetto per come
sei. Come
feci vent’anni fa!
- Ho parlato ad alta voce
mentre sognavo?
- Parecchio! Come fai
sempre del resto! – disse Mike ridendo.
Billie rilassò i muscoli
e
si aprì in un sorriso.
- Grazie! – disse e
abbracciò il biondo, che ricambiò.
- Ci sarò, sempre!
Sempre,
sempre.
Billie si sentì a casa,
come sempre quando abbracciava Mike.
- Dov’è Frank?
– chiese da
dietro la schiena dell’amico.
Mike lo scostò e gli
fece
cenno dietro le spalle. Billie si voltò e vide Frank
spaparanzato su due sedili,
una busta di patatine rovesciata sul ventre che si abbassava e alzava
pesantemente, gli occhi chiusi e la bocca spalancata. Russava come un
dannato.
Billie si mise a ridere
piano, seguito da Mike. Si voltò verso il finestrino e vide
la lunga linea del
Giappone che si stendeva nell’oceano Indiano.
- Che farei senza di voi?
– disse, poggiando la testa al petto di Mike che non rispose.
Semplicemente lo
strinse a sé, mentre lentamente il loro aereo scivolava
nell’aria, mentre una
nuova era musicale stava per iniziare.
Angolo
della pazza/demente:
Beh,
sono dell’opinione che questa fic si commenti da sola. Ad
ogni modo, trovarci
una vostra recensione non mi dispiacerebbe, specialmente dopo esservi
sorbiti
sta cosa allucinante!