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Autore: _Eleuthera_    09/03/2007    16 recensioni
Parla Calipso, la ninfa che si innamorò di Odisseo, ma che per ordine di Zeus Egioco dovette lasciarlo andare...
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CALIPSO




Lasciamo che nel nostro cuore l’angoscia abbia riposo,
perché niente si ricava dal pianto che agghiaccia.
Questo destino hanno dato gli dèi ai mortali infelici:
vivere afflitti, ma loro sono immuni da pena.
(Omero, Iliade libro XXIV)



Padre Zeus, io non ti ho mai offeso.

Non ho mai disobbedito ai tuo ordini, mai detto una parola contro di te, mai calunniato il tuo potere, mai, mai.

Padre Zeus, io sono sempre stata una figlia obbediente.

Allora perché devo soffrire?

Tu, padre Zeus, rinchiudesti il dolore in un vaso alle porte dell’Olimpo, perché non potesse toccare dèi e dèe, ma solo gli umani.

Padre Zeus, ti sei forse fatto sfuggire le pene maligne dal vaso e hai lasciato che potessero raggiungermi?

Oppure hai voluto punirmi per qualcosa che ti ha offeso?

Cosa ho fatto, padre Zeus? Io ti ho sempre obbedito. Anche quando hai mandato tuo figlio, Hermes Argheifonte, a bussare alla mia porta e ordinarmi di lasciar partire Odisseo, io non ho trascurato il tuo volere e gli ho dato di che costruirsi una zattera e di andarsene.

Io non capisco, padre Zeus. Nella mia immortalità non ho mai sentito tutto questo. Deve essere stato uno di quei dolori che tieni rinchiuso nel vaso. Sì, è stato sicuramente così. Ti sarà sfuggito, padre, per sbaglio hai lasciato che mi raggiungesse.

Io non credevo possibile che gli dèi potessero essere raggiunti dal dolore.

È possibile, padre?

Perché adesso guardo il mare e sospiro, e i miei sospiri di dèa, più candidi e leggeri di quelli di una comune mortale, non se ne vanno ma restano attorno a me, incutendomi timore con la loro oscura presenza?

Perché, padre, mi aspetto di vedere all’orizzonte una veloce nave Achea sopraggiungere all’improvviso, e me la immagino con le ali nere gonfie dal vento affiorare alla mia riva?

E perché, padre, immagino lui, quel mortale, Odisseo dall’ingegno multiforme, scendere dalla nave nera e guardarmi come mi aveva guardata la prima volta?

Ma la nave non appare mai, non approda mai, Odisseo non torna mai.

Quanti anni sono passati? Io non me lo ricordo. Che importanza possono avere gli anni per chi è destinato a vivere in eterno? Lo scorrere del tempo non mi sfiora neppure, ma so che sfiora gli umani al di là della mia isola. So che sfiora Odisseo.

Padre, dov’è Odisseo ora? È tornato alla patria che agognava e per cui mi ha lasciata? Ha riabbracciato sua moglie, la sua vita mortale che presto brucerà come un foglio, si accartoccerà e diventerà cenere, e poi più niente?

Oppure il divino Nettuno ha già spezzato la sua fragile vita e adesso Odisseo giace sul fondo del mare?

Nella mia isola poteva avere l’immortalità. Con me.

Padre, io non sono mai stata ferita da mano umana. Ma adesso sento come una pugnalata nel petto, anche se non so esattamente come sia una pugnalata. Sento la morte, anche se non so veramente cosa sia la morte e non lo saprò mai. È il dolore di quel vaso alle porte dell'Olimpo, padre?





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