Film > Star Wars
Segui la storia  |       
Autore: Sophie Hatter    11/03/2007    6 recensioni
"Litigavano di cuore come spesso fanno le persone che si amano, ma non vogliono capirlo."
(Laura Mancinelli, "I dodici abati di Challant")
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chew Becca, Han Solo, Luke Skywalker, Principessa Leia Organa
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
   >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
1 - “I’d Just As Soon Kiss A Wookie”




I am nothing more than
A little boy inside
That cries out for attention,
Yet I always try to hide
cause I talk to you like children,
Though I don’t know how I feel
But I know I’ll do the right thing
If the right thing is revealed

(Staind, “Epiphany”)
 





Buffo che quasi non consideri affatto una fortuna l’essere sopravvissuto.
Dal momento in cui avevo rimesso piede nella base, dopo aver affidato Luke alle cure dei paramedici ed essermi scrostato il ghiaccio residuo di dosso, tutti gli ufficiali di grado inferiore o superiore al mio mi hanno battuto almeno una volta una vigorosa pacca sulla spalla, congratulandosi con me per il mio coraggio e per lo scampato pericolo. In realtà, penso volessero soltanto lavarsi la coscienza per avermi dato del pazzo furioso nel momento in cui avevo deciso di saltare in groppa al mio Tauntaun e avventurarmi in quella tempesta di neve crepuscolare per andare a salvare un uomo che, secondo le normali probabilità di sopravvivenza, avrebbe dovuto essere già spacciato.
Solo lei non ha osato sfiorarmi con un dito.
Non una stretta di mano, un colpetto sull’avambraccio, un lieve tocco sulla scapola, soltanto uno sguardo muto e tagliente, le labbra strette, serrate in una linea sottile, un muscolo lievemente contratto sulla guancia destra. Mi è sembrato che avesse gli occhi lucidi, ma sono quasi sicuro di essermi sbagliato. Figurarsi se sua altezza reale potrebbe concedersi di apparire debole ed emozionata di fronte a me. Tutto ciò che le è uscito di bocca è stato un grazie pronunciato con un filo di voce; successivamente, senza quasi lasciarmi nemmeno il tempo di risponderle con un ironico “Non c’è di che”, è corsa via dietro la barella di Luke, camminandogli a fianco mentre gli accarezzava i capelli e gli sussurrava parole di dolce conforto all’orecchio. Io, disgustato da quella scena così drammaticamente stucchevole, non ho fatto altro che ritrarmi nell’ombra, salutare Chewbacca cercando di evitare lo strangolamento e andare a chiudermi nella cabina di pilotaggio del Falcon. Ho trascorso lì circa un’ora senza quasi muovere un muscolo, fissando il vuoto con la fronte aggrottata e la bocca semichiusa, mentre mi sentivo formicolare il cervello nel tentativo di non pensare a niente. Dire che mi aspettavo un abbraccio commosso è forse troppo, ma almeno un segno d’affetto, una frase gentile, non le sarebbero costati poi così tanto.
Ho cominciato a spaventarmi, chiedendomi per quale motivo ho compiuto un simile gesto di folle eroismo gratuito. Perché volevo davvero salvare Luke da morte certa, o perché mi aspettavo di essere idolatrato da lei per il mio atto di provvidenziale coraggio? Tutti qui hanno preso a trattarmi da tempo come uno di loro, uno di quelli che agisce per il bene universale in nome di un innato altruismo intriso di generosità, ma la verità è che probabilmente sono rimasto lo stesso Han Solo che contrabbandava per Jabba de’ Hutt, quello che in vita sua non ha mai fatto niente per niente.
Tuttavia di questa crisi esistenziale, a dire la verità, in fin dei conti mi importa ben poco; quello che davvero mi interessava era sentirmi per una volta oggetto della sua ammirazione. Non perché io abbia bisogno di ricevere la sua approvazione per ogni mio gesto, e nemmeno perché il mio ego smisurato sente la necessità di essere adulato da una persona che non ha mai riconosciuto i miei meriti. No, è che semplicemente avrei voluto ricevere un indizio del fatto che lei nutra un qualche tipo di squallido e patetico sentimento nei miei confronti, dato che per me disgraziatamente è così: provo qualcosa per lei, qualcosa che mi vergogno perfino ad ammettere con me stesso e che sicuramente non ho mai provato prima nel corso della mia vita di perfetto egoista. Ad ogni modo, considerato che entro poco tempo mi toccherà partire senza nemmeno la certezza di poter fare ritorno su questo stramaledetto pianeta di ghiaccio, avrei gradito da parte sua un minimo di conforto, di sollievo dalle mie ridicole pene.
E invece, niente di niente.
È corsa da Luke, dopo avermi a malapena degnato di uno sguardo e di una parola a mezza voce. Nonostante ci fossi anch’io a rischiare di morire assiderato là fuori. Evidentemente, però, il sottoscritto è totalmente indegno di ricevere il suo affetto prezioso.
Sono talmente irritato che potrei rischiare di prendere a calci la mia stessa nave, motivo per cui decido di allontanarmi e di andare a vedere come sta Luke. So bene che probabilmente la troverò lì al suo capezzale ad osservarlo con le lacrime agli occhi, ma ormai il mio autolesionismo ha raggiunto limiti tali che questa è solo una bazzecola al confronto. Magari potrò anche divertirmi a bersagliarla con battutine sarcastiche per farle notare quanto sia stata impietosamente ingrata nei miei riguardi, così poi la farò irritare e finiremo per litigare di nuovo, insultandoci come d’abitudine. Ma almeno la smetterà di stare col fiato sul collo a Luke.
Chiamo Chewie e ci avviamo tutti e due verso l’area medica, senza scambiare una parola. So che mi sta tenendo d’occhio con aria preoccupata perché percepisce la mia evidente frustrazione, ma non ho voglia di parlarne e lui lo sa. Ha notato che ormai da un po’ di tempo sono strano, che da quando ho deciso che era il momento di abbandonare questo branco di ingenui sognatori per andare a salvarmi la pelle da Jabba sono diventato ancora più irritabile del solito, che tutte le volte che Leia mi passa davanti io mi irrigidisco e assumo un’espressione cupa. Ma non ha senso abbandonarsi a confidenze sconsolate, non risolverebbe assolutamente niente: io continuerei ad avere una pericolosa taglia sulla testa, e lei a non ricambiare i miei sentimenti.
Mi faccio indicare seccamente il luogo in cui hanno portato Luke, e pochi attimi dopo faccio il mio ingresso trionfale in una stanza asettica in cui il mio amico galleggia privo di coscienza in una vasca piena di chissà quale liquido, un respiratore che lo tiene in vita e un droide medico che assiste all’intera operazione producendo occasionali brontolii meccanici. Lei è lì, come previsto. Non emette un suono né muove un solo muscolo, fino a quando non le rendo manifesta la mia presenza camminando verso di lei, mentre tento inutilmente di ostentare una fredda indifferenza. Getto prima un’occhiata fugace a Luke, rabbrividendo per lui: non ho mai tollerato nessun genere di cure mediche, nemmeno nelle condizioni di salute peggiori, e se fossi stato io quello che delirava a faccia in giù nella neve con le membra congelate, credo che avrei preferito rimanerci piuttosto che farmi manipolare da una serie di assurdi macchinari. Meglio lui che me, insomma. Faccio un altro paio di passi e mi affianco a Leia, tenendo le mani incrociate dietro la schiena, domandandomi quale potrebbe essere l’argomento più adatto con cui dare avvio alla conversazione. Le condizioni di Luke? Scontato. La sua freddezza nei miei confronti? Irriverente. I miei sentimenti per lei? No, non posso davvero pensare di dirglielo, suonerei assurdo alle mie stesse orecchie.
Però forse la sua espressione sbalordita mi procurerebbe un briciolo di sciocca soddisfazione.
“Come sta?” ho optato per l’ipotesi scontata, considerata la potenziale pericolosità delle altre due: una mi avrebbe portato a sgolarmi con grida di rabbia, l’altra a polverizzare in un solo istante tutta la dignità che ancora posso vantarmi di possedere.
“È fuori pericolo, per fortuna,” mi risponde, con un insolito calore. Evidentemente sentiva il bisogno di qualcuno su cui sfogare il suo sollievo, non ha importanza se anche si tratta di una persona che detesta.
“Magnifico.”
Un pizzico di sarcasmo mi sfugge. Non era proprio mia intenzione – o forse sì. Al diavolo. Purtroppo non sono in grado di correggere il tiro. Incrocio le braccia sul petto e appoggio il peso sulla gamba sinistra, sforzandomi di non gettarle più di un’occhiata di sbieco.

“Tu stai… bene?”
Distolgo lo sguardo dal corpo di Luke che galleggia inerte nella vasca, fissando Leia dritto negli occhi con un’espressione apertamente stupita. Per un attimo sono davvero pronto a illudermi che si stia sinceramente preoccupando per me, ma poi, per grazia dei Sith, il mio onnipresente scetticismo interviene a riportarmi con i piedi per terra.
“Mi reggo in piedi senza problemi, non lo vedi?” rispondo, questa volta calcando intenzionalmente il sarcasmo nel mio tono di voce. Lei storce la bocca in un’espressione di disgusto, distogliendo lo sguardo da me.
“Hai ragione, non so proprio perché ho perso tempo a domandartelo.”
Già, è la stessa cosa che mi chiedo anch’io. Non vedo perché senta ancora il bisogno di sbrigare simili formalità tra di noi; non sono così stupido da illudermi che le importi veramente qualcosa della mia salute, quando fino ad ora non si è staccata un momento dal capezzale di Luke.
“Ti ringrazio comunque per il sincero interessamento,” borbotto a denti stretti, anche se probabilmente avrei fatto meglio a trattenermi; mi ero proposto di imboccare la strada delle frasi di circostanza, non quella dello scontro aperto.
“Cosa pretendevi, di essere riverito regalmente?”
Oh, è riuscita a cogliere l’ironia della mia affermazione. Magnifico. Non la facevo così sagace. Ormai sono nei guai fino al collo, tanto vale che prosegua su questa linea di condotta.

“No, Principessa, sono ben consapevole del fatto che questo genere di onori è applicabile solo a te,” le rispondo, forzando i toni e incrociando più strettamente le braccia, mentre sento l’irritazione invadermi da capo a piedi.
“E allora per quale motivo sei venuto qui ad attaccarmi?”
“Perché ritenevo che per aver salvato la vita al tuo protetto meritassi qualcosa di più dei tuoi freddi ringraziamenti.”
Devo riconoscerlo, non sono mai stato particolarmente furbo nell’intuire quando è il momento più opportuno per lasciar cadere una discussione e ritirarmi in un dignitoso silenzio, reprimendo il mio bisogno innato di avere sempre l’ultima parola, soprattutto nei casi in cui il mio interlocutore è una principessa altezzosa e saccente che risponde ad ogni mia provocazione con scoppi di rabbia assolutamente entusiasmanti. L’unico effetto collaterale di questa mia mancanza è che in certi casi le sue reazioni risultano essere particolarmente dannose per il sottoscritto, soprattutto nei momenti in cui intervengo a forzare la mano mentre lei è evidentemente sotto pressione. Questa è proprio una di quelle volte, perciò posso soltanto sospirare in modo quasi impercettibile e osservarla stringere le labbra e fissarmi con uno sguardo infuocato che mi provoca un’ambigua eccitazione, nella mia sostanziale impossibilità di mantenermi serio di fronte a lei.
“Non mi sembra né il luogo né il momento adatto per le tue discussioni infantili, Han,” mi dice, nel classico tono secco e perentorio di chi non ammette repliche. Sarò anche un caso senza speranze, ma adoro vederla arrabbiata. Forse perché è l’unico tipo di occasione in cui giunge pericolosamente vicina a perdere il controllo. Senza contare che mi manda in visibilio quando pronuncia il mio nome in quel modo. Come ha fatto ieri, quando mi ha rincorso fuori dalla sala comandi, per dirmi che credeva che sarei rimasto…
“Per te non esistono mai un luogo e un momento adatti,” rispondo, a denti stretti. Non ho più voglia di discutere. Il ricordo della discussione del giorno prima ha risvegliato in me una serie di sensazioni spiacevoli che non desideravo rivivere proprio ora, in un momento in cui mi sarebbe fondamentalmente necessario mantenere la mia superiorità distaccata.
“Senti, ti siamo tutti estremamente grati per quello che hai fatto, ma ogni tanto mitigare le tue manie di protagonismo ti farebbe soltanto bene…”
“E a te farebbe bene smetterla di nasconderti dietro quel plurale di convenienza. Se tu mi sei grata, perché non me lo dici chiaramente?”
La sto provocando oltre ogni limite, ma in questi giorni mi risulta impossibile trattenermi. Potrei sparire completamente dalla circolazione non appena lascerò questo blocco di ghiaccio, potrei rimetterci la pelle nel tentativo di salvarmela, e morirei con il rimpianto di non averle mai gridato in faccia quanto la odio per aver giocato spietatamente con i miei sentimenti.
“L’ho già fatto, ma evidentemente deve esserti sfuggito,” replica lei, inarcando un sopracciglio. Io mi pianto saldamente sulle gambe, affrontandola a viso aperto.
“Ed è il massimo di cui sei capace?”
“Non riesco a capire che pretese tu abbia!”
“Perché evidentemente le tue capacità affettive si esauriscono del tutto nei confronti del ragazzino.”
Questo non avrei dovuto dirlo, nella maniera più assoluta. La mia pretesa di ottenere la rivincita dopo la delusione di ieri è decisamente legittima, ma non doveva tradursi in termini simili. Magnifico, Han. Le hai espressamente detto che sei geloso marcio di Luke, complimenti davvero. Ora puoi anche scordarti di condurre il gioco.
“Ti comporti come un bambino,” sentenzia lei, in tono tagliente. Io mi stringo nelle spalle, sforzandomi di ostentare la massima noncuranza di cui sono capace. Sono estremamente bravo a fingere, è una delle mie scarse caratteristiche che mi sono utili quando mi devo tirare fuori dai guai.
“Dovresti provare ad ascoltarti, sei… un vero idiota.”
Si mette sempre d’impegno quando si tratta di insultarmi, credo che dovrei considerarlo un vero onore.
“Perfetto, la prossima volta mi metterò da parte e lascerò che sia qualcun altro ad addentrarsi in una bufera di neve con cinquanta gradi sotto zero.”
In questo momento, la parte più nera della mia coscienza mi sta sibilando all’orecchio che forse davvero l’ho fatto soltanto perché speravo nella sua calorosa riconoscenza.
“Nessuno ti ha chiesto di farlo.”
Si sta infervorando sul serio, e io non riesco a fare altro se non crogiolarmi in questo ennesimo diverbio, dando sfogo a tutte le mie esigenze di impulsività.
“Hai ragione, ma d’ora in poi mi chiamo fuori. La parte dell’eroe non mi soddisfa nemmeno un po’,” sentenzio, fiero di me stesso.
“Sicuramente ti si addice molto meno rispetto a quella del mercenario arrogante.”
“Ammettilo, è proprio questo che ti piace di me.”
“Ora basta, Han, sparisci!”
Con le guance imporporate di un rossore violento, gesti bruschi poco consoni per una persona del suo rango e il fuoco negli occhi tipico di quando riesco a pungerla sul vivo, Leia mi spinge verso l’uscita in preda ad una furia incontrollata. Io assecondo i suoi gesti, troppo sorpreso e inebetito per opporre una qualche resistenza, e come reazione di conseguenza mi sfugge dalla gola una risata incredula. In una debolissima frazione di secondo riesco anche a concentrarmi sulla pressione delle sue mani a contatto con la mia schiena, ma arriviamo troppo presto alla porta perché la sensazione possa risultare apprezzabile.
Mi volto di scatto, aggrappandomi allo stipite della porta, fermo in piedi davanti a lei, mentre mi sforzo di ergermi in tutta la mia altezza per sovrastarla e intimidirla, in realtà riuscendo soltanto a sentirmi avvampare per la pericolosa vicinanza che ho involontariamente instaurato tra me e lei.
Per un attimo la tensione trionfa, pesando su di noi come una cappa di nebbia e facendoci rimanere immobili l’uno di fronte all’altra, senza proferire una sola parola, gli sguardi che faticano ad incrociarsi. Ed è in quell’attimo che realizzo l’entità del mio impellente desiderio di baciarla. Istintivamente terrorizzato dalla prospettiva di compiere un gesto così fuori controllo, spingo la testa all’indietro come per allontanarmi quel tanto che basta da raggiungere una distanza di sicurezza dalle sue labbra, dopodiché la fisso dritto negli occhi e mi concedo un’espressione di sorridente e sfacciata malizia atta soltanto a farla sentire in imbarazzo.
“Ti sarei grato se prima di cacciarmi tu potessi restituirmi il Wookie,” le dico, scandendo le parole su una tonalità volutamente provocante. Lei mi restituisce uno sguardo a metà fra il velenoso e l’imbarazzato.
“Certo, se tu volessi attuare il tuo proposito di baciarne uno, posso sempre lasciartelo a disposizione per il tempo che ti serve…”
La porta mi si chiude in faccia con uno scatto secco. Rimango a fissarla a labbra strette per qualche secondo, nel disperato tentativo di scacciare dalla mia testa tutte quelle fastidiose voci interiori che continuano a darmi dello stupido. Trascorso questo breve lasso di tempo, Chewie mi compare davanti cogliendomi nella mia perfetta immobilità, e solo allora riesco a riscuotermi e a ridarmi un contegno.
“Ok, amico, andiamocene via,” gli dico, senza attendere conferma. Mentre mi incammino per i corridoi semivuoti, il rauco ruggito del mio fedele compagno peloso mi risuona alle spalle con insistenza. Sospirando, mi blocco su due piedi e mi volto a guardarlo.
“No, non ho esagerato. È lei che non si può permettere di trattarmi così.”
Lo sguardo che Chewie mi riserba non è proprio così concorde e sostenitore come mi aspettavo. In risposta ricevo un ruggito sommesso, indagatore, dubbioso.

Mi stringo nelle spalle, sfoderando un sorriso obliquo di mera consolazione.
“Ad ogni modo, non ti ha dato nessun bacio. Questo significa che preferisce me a un Wookie, per quanto si affanni ad affermare il contrario.”
Chewie mi guarda senza dire niente, reclinando la testa di lato.
“Senza offesa, è chiaro,” aggiungo, prima di tornare ad incamminarmi verso l’hangar principale. Riflettendoci in silenzio, giungo alla conclusione che forse la mia osservazione non è poi così campata in aria, dopotutto. Magari se me lo ripeto un paio di volte di seguito finirà per sembrarmi un’argomentazione convincente, e riuscirò a riacquistare un briciolo di sicurezza in me stesso.
 





Piccola nota su dove voglio andare a parare: a parte il puro piacere di scrivere su questa coppia che adoro follemente fin da quando avevo sì e no 9 anni, il mio scopo è quello di mettere a nudo le insicurezze di Han, le sue frustrazioni e il suo pessimismo riguardo al suo rapporto con Leia. Anche se spesso e volentieri questo suo modo di porsi lo conduce a fraintendere numerosi atteggiamenti di Leia nei suoi confronti. Si deve tener conto che il punto di vista è quello di Han, perciò non deve stupire se spesso Leia viene vista e intesa come una persona che pare non nutrire alcun interesse nei suoi confronti: Leia è contorta, non esprime mai i suoi sentimenti in modo diretto, e quando si sente forzata reagisce con una buona dose di cattiveria. Ergo, Han interpreta tutto nel modo peggiore possibile, si sente amareggiato e frustrato, e si crogiola in questa sua sorta di “ottusità”. Il mio progetto è quello di inserire al massimo quattro episodi in questa raccolta, tutti considerabili come dei missing moments di ESB o ROJ. Il prossimo sarà ambientato nel momento in cui Han, Leia, Chewie e 3BO sono sul Falcon nascosti nella cavità dell’asteroide e stanno tentando di riparare alla meglio il “pezzo di ferraglia”. Le altre due saranno ambientate una su Bespin, prima che Lando riveli il suo tradimento e loro finiscano nelle grinfie di Vader, l’altra subito dopo che Han è stato liberato e Jabba distrutto, mentre se ne stanno andando da Tatooine. Ultima cosa: ringrazio infinitamente Beatrice, che mi ha fatto da beta reader in modo egregio.
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Star Wars / Vai alla pagina dell'autore: Sophie Hatter