Un lampo squarciò il nero cielo di Tokio, in quella serata di fine marzo.

Kaori rabbrividì, chiudendo la finestra giusto un attimo prima che la pioggia cominciasse a scrosciare con violenza. Diede un ultimo sguardo alla strada, sperando di scorgere la figura familiare del suo socio, ma dovette arrendersi all’evidenza: anche per quella sera non sarebbe rientrato presto.

E quando mai d’altronde lo faceva? Si chiese con una punta di rabbia.

Mentre si voltava con uno scatto, inciampò nel pupazzo “Ryo anti-stress” che era andato a finire ai piedi del comodino, in un precedente scontro tète à tète.

Lo prese, stringendolo forte, mentre si sedeva sul letto.

Era mai possibile che Ryo dovesse essere sempre così stronzo con lei? Perché non la degnava di uno sguardo? Perché aveva lasciato che le cose continuassero alla solita maniera dopo il matrimonio di Miki e Falcon?

“Io sopravviverò e lo farò per la persona che amo”

Così aveva detto. Frase dolcissima, carica di un profondo significato… Kaori aveva sperato, si era illusa che le cose potessero finalmente prendere una piega positiva per il loro rapporto… E invece niente.

A volte si chiedeva se non se le fosse immaginate quelle parole, se il suo desiderio di sentirgliele pronunciare avesse offuscato per un attimo la realtà… Ma poi quando ripensava al loro abbraccio nella radura, allo sguardo di Ryo riservato unicamente a lei, al dolce tepore delle sue mani sulle sue spalle… bhe, allora si convinceva che quello che avevano vissuto era realmente successo.

E allora la rabbia si impossessava di lei.

Perché?! Perché?!

Dannazione, perché?

“Ryo sei il solito idiota” gridò assestando un pugno al pupazzo anti-stress, che andò a finire dritto dritto sul comodino, facendo rovesciare la cornice con una foto, che cadde a terra con un tonfo.

Kaori la raccolse da terra, osservandola con un sospiro; era stata scattata durante la festa di compleanno di Miki. Lei era al centro, mentre Mick e Ryo circondavano le sue spalle con il braccio, sorridendo. Le era piaciuta quella foto, perché per una volta Ryo appariva sereno e rilassato, senza fare le solite facce buffe che tanto lo facevano assomigliare ad un depravato maniaco.

“Oh Ryo… Perché non puoi essere un po’ più gentile con me? Un po’ come Mick insomma…” si ritrovò a mormorare, accarezzando lentamente i contorni delle due figure, mentre una lacrima solitaria scendeva sul suo viso.

Un sussurro, flebile.

Parole rimaste sospese nell’aria, il cui eco volteggiava sinuosamente, trasportato dal vento.

Sospirando, rimise a posto la foto, prese il pupazzo anti-stress e lo abbracciò, accucciandosi nel letto, sperando che presto il sonno sarebbe arrivato.

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La pioggia era cessata.

Un leggero vento aveva spazzato via i nuvoloni, ed ora l’aria era fresca e frizzante.

Proprio quello che ci voleva per le due figure che procedevano barcollando nel mezzo della strada, deserta a quell’ora, sostenendosi a vicenda.

“Eppure quella Kioko era veramente carina” biascicò il primo, incollandosi alla bottiglia di sakè.

“Naaa… nessuna è più bella della mia Kaori” ribatté l’altro, alzando il dito solennemente.

Il primo gli lanciò la bottiglia sulla testa, cosicché il liquido denso cominciò a colare impietosamente, inzuppando i suoi – molto pettinati- capelli biondi.

“Ti ricordo che tu ora S-T-A-I  C-O-N-  K-AZ-U-E” sillabò, come per inculcargli nella testa un concetto importante.

Si guardarono un istante poi scoppiarono in una risata sguaiata.

Procedevano allacciati cercando di evitare di finire nelle pozzanghere, mentre continuavano i loro discorsi da ubriachi.

Poi all’improvviso Ryo si fermò.

In un attimo era ritornato lucido, i sensi all’erta. C’era qualcosa nell’aria, una tensione palpabile, ma non riusciva a distinguerne la provenienza.

Anche Mick avvertì la stessa sensazione, mentre la mano correva ai pugnali nascosti nei guanti.

Regnava un silenzio quasi irreale, rotto ogni tanto dal triste miagolio di qualche gatto in cerca di cibo, lungo la via deserta.

I due sweeper si guardarono intorno, cercando di percepire il pericolo.

Poi, così com’era arrivata, quella sensazione scomparve.

Mick si rilassò, scrollando le spalle e muovendo il collo per sgranchire i muscoli tesi per la tensione.

“Ah, amico mio, stiamo proprio invecchiando… Me ne torno a casa, dalla mia Kazue. E anche tu faresti meglio a tornare dalla tua Kaori” lo canzonò prima di allontanarsi.

“Già… forse è meglio” borbottò Ryo, grattandosi la testa.

Eppure non se l’era immaginata, aveva avuto l’impressione che ci fosse qualcosa nell’aria…

Naaa…forse aveva ragione Mick. I suoi sensi non erano più quelli di una volta, pensò, infilandosi le mani in tasca, e scacciando con i piedi una lattina, che dopo una graziosa piroetta, andò a finire dritta nel bidone della spazzatura.

La luna aveva fatto capolino, ed ora il cielo era cosparso di stelle, che si riflettevano sulle pozze d’acqua sparse qua e là.

Le due figure erano ormai un puntino lontano, eppure… Eppure in una di quelle pozzanghere, l’immagine di due volti stava lentamente svanendo, i loro sguardi curiosamente intrecciati.

Poi a quell’immagine se ne sostitui’ subito un’altra: quella di un giovane uomo dai capelli scuri con uno sguardo bonario e insieme malizioso incorniciato da un paio di occhiali .

Infine anche quell’immagine svani’ come per magia, lasciando dietro di se’ il una pozza di acqua scura.