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Autore: silvia_arena    29/08/2012    4 recensioni
«Sono Morfeo» si presentò lo sconosciuto. «Dovevo farvi addormentare, bella fanciulla. È incredibile che voi riusciate a vedermi, non capisco come sia possibile.»
«Farmi addormentare?»
«Come ogni notte.»
«Ogni notte vieni qui?»
«Ogni notte vi conduco nel mondo dei sogni.»
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Alla fine non è una one-shot, anzi: vi avverto, nella mia mente questa storia è infinita! Spero di riuscire a continuarla. Grazie a chi ha recensito e a chi ha letto, spero che gradiate questa continuazione!


Capitolo due - Un dio e una mortale

Quando Diletta si destò, l’indomani, si trovava sola nel suo letto. Era felice del sogno che fece, e sperò di farlo ancora. Magari quella sera avrebbe fatto attenzione e avrebbe davvero scorto Morfeo entrare dalla finestra. Sorrise per quel pensiero. Gli unici ragazzi che le davano corda erano quelli nei suoi sogni, ma a lei andava bene. Non sentiva ancora la necessità di trovarsi un fidanzato.
Si alzò dal letto e si preparò per andare a scuola.

«Non era mai capitato prima d‘ora» raccontò Morfeo all’amico Ermes. «Alcune persone percepiscono la mia presenza. È strano, sì» confermò Morfeo alla faccia stranita del messaggero degli Dei. «Raramente, ma è successo. Però lei mi ha proprio visto, mi ha guardato negli occhi, mi ha parlato, e...»
«Non per interromperti, amico mio» lo interruppe Ermes. «Ma dove hai trascorso questa notte?» Morfeo intuì che Ermes immaginava già la risposta.
«Be', è stata lei a chiedermelo. Mi ha pregato di non andare via, perciò… ah, devi sempre pensar male tu, Ermes?»
«Scusa, rogare licet est» protestò Ermes con un sorriso. «Pensi di vederla ancora?»
«Per forza! È il mio lavoro, Ermes, devo far addormentare la gente.»
«Certo, ma di solito non ti vedono.»
«Per questo sono venuto da te. Noi Dei non abbiamo relazioni con i mortali da quanto, duemila anni?»
«Anno più anno meno» confermò Ermes.
«Zeus sarebbe furioso se lo scoprisse.» Morfeo mise la testa fra le mani, in un gesto di disperazione.
«La chiami relazione, Morfeo? Avete parlato solo per cinque minuti, scommetto non ricordi nemmeno il suo nome.»
Morfeo lo ricordava eccome, ma cambiò discorso. «Zeus s‘arrabbierebbe comunque.»
Ermes si sedette su una roccia, con l’aria da grande pensatore.
«Non puoi lasciarla morire per mancanza di sonno, questo è certo.»
Morfeo trattenne il “Ma dai” solo perché Ermes era suo amico e non voleva ferirlo, e poi stava cercando di aiutarlo.
«Magari ieri è stata un‘eccezione» continuò il messaggero degli Dei. «Insomma, ti aveva mai visto, prima?»
«No» rispose Morfeo. «Come chiunque.»
«Allora forse questa sera non ti vedrà.»
«Lo spero bene.»
«Ma prova a pensare negativo per un attimo» disse Ermes. «Se ti vedesse, cosa farai?»
«Non lo so» ammise Morfeo. «Le ho fatto credere che il nostro incontro di ieri sia stato un sogno.»
«Bella mossa» si congratulò Ermes, ma stranamente, Morfeo pensava che il suo amico fosse sarcastico. «Ora devi scusarmi, Morfeo, ma Zeus ha un importante messaggio per Ade - niente di amichevole, come sempre - che avrei dovuto consegnare già dieci minuti fa. Maledetto te e le tue fiamme. Zeus mi fulminerà.»
«Saremo in due, allora, ad essere fulminati. Ehi, aspetta, chi ha parlato di fiamme…?»
Ma Ermes era già andato via dall’Olimpo, con i suoi sandali alati, in direzione degli Inferi.

Correndo per il corridoio della scuola, Diletta scorse Angela, la sua migliore amica.
Be', “migliore amica” non era il termine esatto. In realtà, Angie - così insisteva che venisse chiamata - era la sua unica amica. E non provava nemmeno una gran simpatia continua per lei. Spesso s’insultavano e si prendevano in giro - e non per scherzare -, ma a volte andavano anche molto d’accordo e chiunque le avrebbe scambiate per sorelle.
Avevano un rapporto molto strano.
«Hai visto quant‘è figo il ragazzo nuovo, verginella?»
Era così che Angie iniziava una conversazione con Diletta, di solito: vedeva un ragazzo carino e glielo faceva notare, anche se sapeva che Diletta non era interessata ai ragazzi. Lo faceva per prenderla in giro.
In realtà anche Angie era vergine. S’interessava ai ragazzi, o a volte fingeva d’interessarsi, ma non chiedeva mai loro di uscire e se erano loro a invitarla, rispondeva loro di girare a largo.
S’interessava a loro solo per infastidire Diletta, ma non si sarebbe mai fidanzata per non deluderla.
Sì, anche questo era uno strano aspetto del loro strano rapporto. Amore-odio. “Chi le capisce è bravo” dicevano tutti.
Ma a loro due andava bene così.
«No, e non m‘importa» ribadì, fredda, Diletta.
«Sai che novità» ribatté Angie, con un ghigno di scherno. «Pronta per la verifica di latino?»
Quella domanda rimembrò a Diletta il suo sogno. Morfeo, il Dio del Sonno… E se fosse stato tutto vero? Se fu proprio Morfeo a donarle quel sogno?
All’improvviso si pentì di non aver studiato a fondo, com’era suo solito fare. Avrebbe voluto approfondire l’argomento. Scoprire di più su Morfeo.
«Pronto?» Angie le diede uno scossone, e Diletta era così immersa nei suoi pensieri che per poco non perse l’equilibrio.
«Cosa? Sì, certo che sono preparata» rispose, ancora stordita dal “brusco risveglio”.
«Allora cerca di collaborare, cervellona, perché io non ho studiato un accidente.»
«Sai che novità» replicò Diletta.

«Ho avuto un‘illuminazione, amico.» Ermes tornò sull’Olimpo e non si sorprese di trovare Morfeo seduto dove l’aveva lasciato.
«Ti ascolto» rispose Morfeo, sollevato che ci fosse un piano diverso da “Vai e scopri che succede”.
«Parla con Apollo. È il Dio della Profezia, no? Magari sa qualcosa.»
«Apollo?» domandò ironico Morfeo. «Ma se l‘unica cosa che può fare è rispondermi “Una ragazza? Dove?” e andare a cercarla!»
«Ehi, io ci ho provato» si giustificò Ermes. «Sei tu che hai chiesto il mio aiuto.»
«Il tuo, infatti» puntualizzò Morfeo.
«Secondo me può aiutarti» concluse Ermes. «Va' da lui.»
Morfeo sospirò e si ritrovò costretto a seguire il consiglio dell’amico.

«Ma lei è così bella, e coraggiosa, e… bella…»
«L‘hai già detto.»
«Andiamo, Artemide!»
«No! Lei è una Cacciatrice! Ha giurato devozione, castità, e…»
«…e bla bla bla. Come tutte, d‘altronde. Ma non potresti fare un‘eccezione? Sono tuo fratello!»
«No» ribadì Artemide. «Va' a rimorchiare qualche mortale, se proprio vuoi.»
«E interrompere la “striscia positiva”?» Apollo guardò Artemide come se fosse pazza, ma in realtà era sarcastico, e Artemide lo capì. Era così che Zeus la pensava: niente accoppiamenti con i mortali, niente semidei, niente guai.
La Dea della Caccia sorrise. «Recati da qualche ninfa, allora.»
«Lo farò, sorella» Apollo le sorrise di ricambio. «Meglio che sprecare il tempo a discutere con te.»
Morfeo non volle interrompere la conversazione fra i due gemelli. Aspettò che Apollo si allontanasse dalla sorella e si avvicinò a lui come se niente fosse. «Salute, Apollo.»
«Morfeo.» Apollo fece un gesto di saluto. «Qual buon vento ti porta da me?»
«Desidererei sapere se per caso tu avessi visto qualcosa…»
Apollo non afferrò il senso della frase. «Scusami?»
«Insomma, c‘è qualcosa che dovrei sapere?»
Apollo si accigliò. «Qualcosa che dovresti sapere… per esempio?»
«Non so, tu hai visto qualcosa?» insisté Morfeo.
«Morfeo, di che parli?»
Il Dio del Sonno si ritrovò costretto a vuotare il sacco: gli spiegò che una ragazza era stata capace di vederlo e che voleva capire com’era stato possibile, perciò Ermes gli aveva consigliato di andare da lui, visto che era il Dio della Profezia, nel caso avesse qualche risposta.
«Amico, non funziona così» disse Apollo. «Cosa credi, che abbia avuto una visione di te che vai da una mortale e lei che riesce a vederti? Non sono mica un veggente o un Oracolo!»
Morfeo in quel momento si sentì molto stupido e maledì Ermes per avergli fatto fare tale figura.
«Però… una ragazza che riesce a vedere gli Dei senza che noi vogliamo, hai detto? Dov‘è che abita?» domandò Apollo, molto interessato, facendo già fantasie su come l’avrebbe scampata al cospetto di Zeus: “Io passeggiavo tranquillo per la città, una ragazza si è avvicinata e mi ha detto «Ehi, tu!» e da lì siamo finiti nel suo letto. Non è colpa mia!”
Morfeo sospirò e scosse la testa. «Arrivederci, Apollo, ti ringrazio comunque» si congedò.

Diletta arrivò a casa, abbattuta per la sua prima C+.
Non era un voto così brutto - Angela avrebbe pagato per prenderlo almeno una volta - ma per lei era una tale vergogna che appena lo lesse, accartocciò il foglio alla velocità della luce e lo infilò dentro lo zaino per impedire a chiunque di vederlo.
Sapeva di dover studiare per l’indomani se non voleva che un voto del genere si ripresentasse, ma era interessata - ossessionata era la parola giusta - a scoprire di più su Morfeo.
Così passò l’intero pomeriggio sui libri di storia e latino, e lesse anche quelli di mitologia dalla libreria.
Dopo diverse ore scoppiò: Oh, ammettilo, Diletta, a te non importa un accidente degli Dei greci; tu stai solo cercando delle prove sull’esistenza di Morfeo. Ma cosa speri di ottenere, eh, Diletta? Sei davvero fuori.
Era piuttosto presto e aveva altro da studiare, ma Diletta era così nervosa, irritata e stanca che mandò tutto all’inferno e si mise sotto le coperte.

L’ora della verità arrivò per Morfeo.
In realtà era arrivata già da ore, ma Morfeo si comportava da codardo e non aveva il coraggio di scoprire se Diletta lo vedesse o no.
Sembrava che la ragazza avesse avuto una giornata pesante e non vedeva l’ora di dormire. Morfeo sbirciava dalla finestra: erano circa tre ore che si girava e rigirava nel letto, non riuscendo - naturalmente - a prendere sonno.
Era mezzanotte inoltrata e Morfeo non voleva farle passare una notte insonne. Mise da parte le sue paure ed entrò dalla finestra.
Non sapeva cosa fare: se avesse fatto rumore l’avrebbe spaventata, ma mostrandosi all’improvviso l’avrebbe spaventata ancora di più. Decise di parlare: «Mia Diletta?» domandò, piano, con voce incerta.
Diletta non si mosse. Morfeo provò a chiamarla più forte, ma niente. Lei si rigirò nel letto, ma non diede segni d’averlo sentito. Morfeo tirò un sospiro di sollievo. Si avvicinò a lei, e si chiese perché non riuscisse a vederlo, e soprattutto per quale assurdo motivo c’era riuscita il giorno prima.
Le accarezzò il viso, pronto ad addormentarla.
È così bella, si ritrovò a pensare Morfeo. Vorrei che mi vedesse, solo per un istante.
Detto fatto, all’improvviso Diletta percepì il suo tocco e spalancò gli occhi. Morfeo, prima bloccato dalla sorpresa, capì che stava per urlare per lo spavento e le coprì la bocca con la mano.
Quando Diletta vide chi era l’intruso nella sua camera, la paura fu subito sostituita da un’immensa gioia.
Tolse la mano di Morfeo dalla sua bocca e la strinse forte nella sua, come se non volesse lasciarlo andare via - in effetti, non voleva proprio.
«Non era un sogno, allora!» esclamò, entusiasta. Si dovette trattenere dal saltargli addosso, tanto era contenta. Ma comunque non dovette aspettare troppo per sentire di nuovo il calore del corpo di Morfeo accanto al suo. Si mise in ginocchio sul letto per essere quasi all’altezza di Morfeo, e iniziò a saltellare sulle ginocchia esclamando «Lo sapevo, lo sapevo!»
Morfeo la cinse fra le sue braccia. «Oh, mia Diletta! Che gioia che riusciate a vedermi anche questa notte! Credo di averne capito la ragione: è perché l‘ho desiderato! Ieri inconsapevolmente, ma oggi lo volevo davvero. È così che funziona, in effetti, solo che io non ho mai avuto la necessità di mostrarmi ai mortali. Ma basta parlare di me, mia bella! Ditemi: perché siete così gaia? Provate forse la stessa felicità che provo io nello stare in vostra compagnia?» Morfeo mollò la presa solo quando finì di parlare, per guardare negli occhi Diletta mentre le porgeva quella domanda.
Morfeo e Diletta avevano le braccia intrecciate, lei in ginocchio sul letto e lui in piedi al suo capezzale, proprio come due innamorati che si vedono dopo tanto tempo.
«Morfeo, ho pensato a te tutto il giorno! Credevo fosse un sogno, ma nel mio cuore sapevo che era reale! Lo sapevo!» Diletta riprese a rimbalzare sul letto dalla felicità. Era strano: la presenza di Morfeo la spingeva a parlare in quel modo antico, ma a lei andava bene; non voleva sentirsi inadeguata - anche se fino al giorno prima avrebbe pensato che fosse Morfeo ad essere inadeguato. «Oh Morfeo, il mio ricordo di ieri sera è così confuso… come se avessi sognato tutto quanto!»
«Mia Diletta, è tutta colpa mia! Sono stato io a farvi credere che fosse stato un sogno, ma me ne pento! Oh, me ne pento così tanto! Non commetterò lo stesso errore anche questa notte, avete la mia parola.»
«Morfeo, resta con me anche questa notte» implorò Diletta, abbracciandolo di nuovo.
«Tutto quello che volete, mia Diletta.»
Così Diletta dormì fra le braccia di Morfeo per la seconda volta, ma l’indomani non si sarebbe svegliata da sola.

   
 
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