“Il re fu generato da suo padre
Atum,
quando il cielo ancora non era,
quando la terra ancora non era,
quando gli uomini ancora non esistevano,
quando ancora non erano stati generati gli dei,
quando non esisteva neppure la morte”
Testi delle Piramidi,
PT 571~
.: Nysut-Bity :.
Quando il falco scese in picchiata, l’uomo quasi
cadde bocconi tra la polvere: sugli occhi calò un velo d’ombra e il profilo
della valle cotta dal giorno si disfece in stracci imbevuti di nero.
In principio aveva visto il rapace planare sopra la
casa del vasaio, il corpo liquido di sole, le ali un incendio bruno: una voce silente
si era levato dal grande tempio, intrecciato al barrito gemente dell’elefante,
e gli aveva gonfiato il petto, sospingendolo a lasciare il fresco della dimora
e le carezze della moglie tanto cara per seguire lo stendardo creato da quel
piumaggio scuro.
Il vento che arriccia barbe di spuma sulle onde del
Nilo aveva reso veloce i suoi passi e aveva lavato via ogni fatica. Non aveva
sentito nulla, nella consapevolezza della sua corsa : non la spossatezza, non
il fiato rovente, non le esclamazioni del popolo che lo richiamavano, a
recedere dalla follia. Senza sandali aveva seguito il corso del fiume, a petto
nudo aveva accolto il vento che bramiva tra i papiri, senza idea o pensieri,
colmo solo d’ispirazione e parole senza suono.
Quale fosse la destinazione, solo il Dio Falco lo
sapeva ed era là che lo stava conducendo.
E là, nella vale che dominava lo stendersi della regione
fin dove l’occhio poteva guardare e si estendeva il suo potere, il Dio Falco lo
aveva infine condotto.
Il cuore si fece leggero e veloce nell’apprendere,
parole alate sgorgarono dalle labbra aride per lodare la gloria dello Sparviero
Dorato.
Come freccia scoccata dall’arco, il falco guizzò d’improvviso
tra le canne di papiro, sparendo alle vista. Un frangersi accartocciato di
foglie, come suono lontano di battaglia, l’agitarsi verde e oro del fogliame,
riflessi di penne e piume nell’avvoltolarsi dell’acqua.
Ignorò le proteste delle ginocchia stanche,
s’avvicinò d’un passo.
Il falco schizzò in alto dal canneto, un giunco ben
stretto tra gli artigli: stridette, e nelle sfolgorare delle ali spiegate apparve
la vastità del mondo. Catene di rocce a stringere l’orizzonte, foglie verdi e
fiori d’ogni colore a cingere la fronte della terra, animali di tutte le forme
ad abbeverarsi alle fonti entro cui si specchiava il cielo, tutti gli uomini a
respirare il fiato delle divinità dalle quali avevano tratto la vita.
Un unico Fiume, Dono e Maledizione, Grazia e
Capriccio, per ogni popolo della Terra Nera.
Il falco gridò, inneggiò, cantò. In un barbaglio di
luce s’involò e scomparve.
Scomparve a nord, lasciandogli cadere fra le mani il
giunco strappato con la forza.
E quando il clangore delle mazze, il sibilare dell’arco,
il frusciare dell’impennaggio ruscellarono nel suo cuore come nuovo sangue,
Menes capì.
Solo uno avrebbe fatto di Uno Solo l’Egitto diviso.
Note
Finali
Che Thot sia lodato, alla fine sono
riuscita a scrivere un’Original sull’Antico Egitto.
…Sperando che non sia una vaccata
immensa Ma non ci metterei la mano sul fuoco. Ma comunque.
Passiamo ai dettagli tecnici.
Nysut-Bity:
Re
dell’Alto e del Basso Egitto.
Menes/Narmer è il nome del
sì-no-forse leggendario Faraone della Dinastia O che portò all’Unificazione
delle Due Terre.
“Il Canone di Torino distingue
chiaramente il primo "Re dell’Alto e del Basso Egitto" (Nysut-Bity): Meni, di cui ripete due
volte il nome, infatti, esso è scritto con un determinativo divino. Questo
Meni, scritto Menes da Erastostene e Manetone, è, come si ritiene generalmente,
Narmes, ovvero, come avviene nei testi egiziani, è semplicemente un modo per
dire "Una certa persona, un tale" in senso generale, un
personaggio del quale si è perso il nome? Si potrebbe pensare, in tale caso, al
re Scorpione, o a qualche sovrano, il cui nome è giunto sino a noi. In ogni
modo, non si capisce perché egli è citato due volte. Forse perché è passato
dalla generica situazione di "una certa persona" a quella di
"una certa persona di carattere regale, un re indefinito"
cambiando nello stesso tempo nome e rango, poiché il documento vedeva in costui
l’incarnazione generica di tutti coloro che avevano detenuto localmente il
potere, fusi in una sorta di archetipo dell’unità nazionale? Questo
spiegherebbe perché la Pietra di Palermo considera come primo sovrano d’Egitto
un Aha, nome che potrebbe essere il "Nome di Horo" di
Narmer-Menes..” (Storia dell’Antico Egitto, Nicolas Grimal)
Ecco anche perché ho voluto lasciare
una certa vaghezza del personaggio, svelandone il nome solo alla fine –usando,
per giunta, l’indefinito "Menes"- e utilizzando l’espressione
"Solo uno" nella totale ambiguità e incertezza, giocando poi sull’Uno
Solo dell’Egitto finalmente unito.
Il falco era il simbolo del Sud (e della città di Hierakonpolis, la città del Falco, appunto, di cui ci sono rimaste
oltre a due birrerie e la dimora di un panettiere, la casa del vasaio, giunta fino a noi perché trasformatasi
praticamente in argilla dopo un incendio. Centro della città era il tempio, entro cui sono stati trovati
i resti di un elefante. Altri resti di un animale sono stati trovati nella
necropoli accostata alla città) e il gesto di tenere il giunco di papiro tra
gli artigli richiama all’immagine della Tavolozza
di Narmer, in cui il rapace trattiene il simbolo del Nord (Una testa
sovrastata da giunchi di papiro).
L’Egitto
è un dono del Nilo,
scriveva Erodoto, ma se non si riusciva a controllarne le piene poteva essere
la disfatta dell’intera Terra Nera.