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Autore: Ambaraba    30/08/2012    2 recensioni
[Una Scatenata Coppia Di Sbirri]
Entrare nei Corpi Speciali è stato come cambiare pelle, o convertirti a un altro credo. C'è tutta la tua vita, nel tuo lavoro.
A volte pensi persino di non ricordarti più il tuo nome di battesimo, perché tutti i giorni, non importa se è buio, se c'è luce, se piove, nevica o c'è il sole, tu sei abituato a sentirti chiamare soltanto per cognome. Per tutti tu sei Stumpf. Stumpf e basta.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stumpf Ascolti. Il silenzio attorno a te riverbera l'eco del tuo respiro.
Non c'è nessuno. Sei solo, ancora per il momento. Questo è l'unico momento della giornata in cui hai modo di riflettere su te stesso, su quello che fai, su quello che senti. Durante le prossime ventiquattr'ore accantonerai qualsiasi pensiero, qualsiasi sentimento, qualsiasi interferenza di carattere personale. Perché sei il comandante di una squadra e devi essere sempre lucido, sempre pronto.
Richiudi lo sportello dell'armadietto; per un istante incroci il tuo stesso sguardo riflesso sul metallo. Hai appena riposto gli abiti civili e stai per mettere la pistola nella fondina, sul giubbotto antiproiettile. Studiato apposta per avere tutto a portata di mano.
Entrare nei Corpi Speciali è stato come cambiare pelle, o convertirti a un altro credo. C'è tutta la tua vita, nel tuo lavoro.
A volte pensi persino di non ricordarti più il tuo nome di battesimo, perché tutti i giorni, non importa se è buio, se c'è luce, se piove, nevica o c'è il sole, tu sei abituato a sentirti chiamare soltanto per cognome. Per tutti tu sei Stumpf. Stumpf e basta.
È quasi un'onomatopea. Il rumore di qualcosa di pesante, come i passi ingigantiti dagli scarponi neri e tutti uguali che tu e i tuoi uomini indossate. Tu e i tuoi uomini siete un impasto unico; sono uomini impagabili che come te hanno soltanto una priorità: infondere fiducia, ridurre i rischi, gestire le situazioni di pericolo.
Ogni volta che ne hanno bisogno, a qualsiasi ora del giorno o della notte, Carl e Marcus sanno di poter contare su di te e su di loro. Sei fortunato. Hai una schiera di uomini fedeli che si fidano di te ed eseguono i tuoi ordini nella convinzione che siano quelli giusti, sempre, senza discutere.
Ti diverti, anche; perché basta soltanto la vostra presenza a ridimensionare un criminale e a far sentire al sicuro le persone.
Tu e i tuoi uomini arrivate quando la situazione è critica, senza uscita, troppo pericolosa e destinata a finire male. Ti senti addosso il peso di ogni scelta, sei teso ma non lo dai a vedere. Perché tutti, i civili ma anche i tuoi colleghi - gli stessi Carl e Marcus - pensano che tu e i tuoi siate delle specie di macchine indistruttibili, dei Robocop infallibili a cui affidare la sorte di un'operazione ad occhi chiusi, sicuri che si risolverà nel migliore dei modi. Indossi una corazza che ti protegge dal piombo, è vero; sei imponente e forte, il più alto e piazzato tra i tuoi uomini, è vero, e la divise nera, gli scarponi e il giubbotto ti fanno sembrare ancora più grande e più forte di quello che sei. Oltre a tutto questo si aggiunge la tua capacità di dissimulare le emozioni, di mascherare la tensione dietro l'impassibilità. Così lasci che tutti vi credano come vogliono, perché in fondo l'immagine che la gente ha di voi è quella dei supereroi. Voi siete i buoni che arrivano al momento giusto, salvano gli innocenti e castigano i delinquenti. Ci giochi, ti fa ridere e ti lusinga allo stesso tempo; ti piace giocare a fare l'angelo custode, ti piace vedere i volti attorno a te distendersi e ricominciare a sperare quando vedono il furgoncino nero, su cui di solito vi muovete, arrivare in lontananza. Non sorridi perché non puoi tradire quello che hai dentro; ma a volte vorresti metterti a piangere e ridere insieme, quando l'operazione è finita ed è andata bene: perché hai accumulato così tanta adrenalina che ti tremano le vene, ti senti euforico e su di giri, avresti voglia di urlare, anche, oppure di metterti a saltare, abbracciarti con i tuoi compagni di squadra, che condividono esattamente le stesse emozioni che stai provando tu.
pensi che la felicità è il rovescio della medaglia della paura; pensi che quella vibrazione ceh ti senti dentro quando hai finito la tua missione è soltanto consapevolezza di aver rischiato e riconoscenza a Dio di essere ancora al mondo. Perché tu e tutti quelli come te rischiate, lo sapete ma ficcate la paura in un angolino remoto del cervello, la mettete in quarantena come fosse un virus. Carl e Marcus ti prendono in giro, dicono che sei fatto di bulloni, che non mangi ma ti ricarichi le pile, che non dormi ma vai in stand-by. Ti scappa involontariamente un ghigno, ma dentro di te ridi di cuore, perché se fossi fatto d'acciaio poi non sentiresti tutta quella tensione scivolarti addosso, né la gioia febbricitante di avercela fatta ancora una volta impossessarsi di te. Ti farebbe comodo, essere fatto d'acciaio e bulloni, perché ti eviteresti di rimetterci la vita se qualcosa andasse storto. Ma glielo fai credere, che sei un duro, che sei un Rambo, anzi, meglio di Rambo.
Perché un po' di paura ce l'hai, ma giocare a fare Batman ti diverte troppo.

Sei solo e puoi ridere. Puoi appoggiarti allo sportello del tuo armadietto con entrambe le mani e ridere. Ridi perché sei felice di poter fare quello che ti piace; ridi perché ci sei, ci sarai domani e finché avrai i tuoi uomini al tuo fianco; ridi perché ieri è stata una giornata pesante in cui per la prima volta hai creduto di non farcela; ridi perché invece ce l'hai fatta, hai di nuovo fatto il tuo dovere di supereroe e sei così soddisfatto e felice - oh sì, FELICE - ma in un modo così pieno, così assoluto, così incredibilmente totalizzante che sprofondi in una serenità che ti distende i nervi e ti fa riaffiorare dentro quel piccolo desiderio inespresso... Poter piangere di gioia. Sei tranquillo e contento: i tuoi occhi scuri e grandi sono ancora più luminosi. Ieri hai salvato una bambina da uno scontro a fuoco; credevi si spaventasse vedendoti tutto vestito di nero, con il passamontagna e il casco e il mitra a tracolla. Ha avuto un attimo di esitazione, poi tu le hai detto "Vieni qui", la bambina - avrà avuto sì e no 5 o 6 anni - si è lasciata prendere e tu hai avuto un attimo di disorientamento vedendo quelle manine piccole e rosa allungarsi verso le tue, spropositatamente grandi al confronto, e ingigantite dall'imbottitura dei guanti neri.
L'hai presa e riportata dai genitori; non ti sei tolto né casco né passamontagna, nel frattempo, e forse per questo l'attenzione della bambina si è concentrata sui tuoi occhi, l'unica parte visible di te. Forse è per questo che, un attimo prima di posarla in braccio a sua madre, lei si è girata e ti ha detto "Signore grande e nero, tu sei buono. Grazie".
Tu vivi per il tuo lavoro. Soprattutto, vivi per la possibilità di sentirti sciogliere nel sollievo di quelli che salvi, nei loro sguardi riconoscenti e traboccanti di gratitudine. Non ti importa di sentirti dire "Grazie": tu lo leggi nei loro occhi.
E nei tuoi la bambina ha letto che sei buono. Grazie, bambina.

Ti godi gli ultimi istanti di silenzio. Sai che sta per finire.
Respiri.
Poi prendi il passamontagna da una tasca dei pantaloni. In quel momento un brusio agitato nell'altra stanza attira la tua attenzione. Probabilmente si tratta della prima operazione della giornata.
Sorridi. Ehi Batman. Devi correre a salvare Gotham City.
Ti infili il passamontagna, prendi il casco ed esci, spegnendo la luce.

 
  
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